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Document 52017AE5490
Opinion of the European Economic and Social Committee on the ‘Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council establishing a framework for screening of foreign direct investments into the European Union’ (COM(2017) 487 final — 2017/0224 (COD))
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea» [COM(2017) 487 final — 2017/0224 (COD)]
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea» [COM(2017) 487 final — 2017/0224 (COD)]
EESC 2017/05490
GU C 262 del 25.7.2018, p. 94–100
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
25.7.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 262/94 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea»
[COM(2017) 487 final — 2017/0224 (COD)]
(2018/C 262/16)
Relatore: |
Christian BÄUMLER |
Correlatore: |
Gintaras MORKIS |
Consultazione |
Consiglio, 15.11.2017 |
Base giuridica |
Articolo 207 del TFUE |
|
|
Sezione competente |
Relazioni esterne |
Adozione in sezione |
28.3.2018 |
Adozione in sessione plenaria |
19.4.2018 |
Sessione plenaria n. |
534 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
203/1/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE sottolinea che gli investimenti esteri diretti sono un’importante fonte di crescita, posti di lavoro e innovazione, e hanno sempre rappresentato un fattore essenziale di uno sviluppo economico e sociale positivo nell’Unione europea. Il CESE è favorevole a un contesto aperto agli investimenti e accoglie con favore gli investimenti esteri diretti. |
1.2. |
Il CESE rileva che gli investimenti esteri non hanno solo lati positivi, bensì possono anche comportare rischi e costituire una minaccia per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico in uno o più Stati membri. |
1.3. |
Il CESE invita ad accompagnare l’atteggiamento di apertura dell’Unione nei confronti degli investimenti esteri diretti con misure strategiche solide ed efficaci. |
1.4. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea, presentata dalla Commissione, ma osserva che l’entità del problema non è ancora del tutto nota, dato che la Commissione, nell’avviare l’iter legislativo, non ha analizzato i flussi di investimenti e i relativi impatti. |
1.5. |
La verifica degli investimenti in imprese o beni che hanno un valore strategico per la sicurezza nazionale e per l’ordine pubblico dell’UE viene condotta in maniera lacunosa e scoordinata: alcuni paesi dispongono di una procedura di controllo, mentre altri ne sono privi e non sottopongono quindi ad alcuna verifica gli investimenti in entrata. Un sistema a livello dell’UE dovrà ovviare a questa lacuna, eliminare le disparità tra Stati membri e garantire la tutela degli interessi nazionali ed europei. |
1.6. |
Bisogna provvedere affinché tanto gli Stati membri in cui vigono procedure per la verifica degli investimenti esteri diretti, quanto quelli in cui tali procedure sono assenti, trasmettano e ricevano informazioni di affidabilità equivalente, anche sotto forma di relazioni annuali presentate alla Commissione europea nel caso in cui gli Stati membri o la Commissione stessa constatino che un investimento estero diretto, previsto o già effettuato in uno Stato membro, possa compromettere la sicurezza o l’ordine pubblico. |
1.7. |
Il CESE si compiace del fatto che il regolamento proposto stabilisca i requisiti procedurali essenziali applicabili ai meccanismi di controllo, quali la trasparenza, la non discriminazione tra paesi terzi e il riesame giudiziario, e accresca così la certezza degli investimenti e del diritto. |
1.8. |
Il CESE fa osservare che la competenza esclusiva in materia di investimenti esteri diretti ricade sull’UE. Laddove negli Stati membri siano presenti sistemi nazionali di controllo, è necessario dotarli di una base giuridica, per evitare una situazione di incertezza giuridica. |
1.9. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la Commissione si riservi la facoltà di controllare gli investimenti solo nel caso in cui possano incidere su progetti o programmi di interesse dell’Unione. Nei casi in cui gli investimenti esteri diretti hanno effetti transfrontalieri sull’intera UE o su parti di essa, l’UE deve assumere la competenza di controllarli. |
1.10. |
La proposta della Commissione non chiarisce adeguatamente le nozioni di «sicurezza» e di «ordine pubblico». Il CESE fa osservare che nei settori economici potenzialmente coinvolti nel controllo ci si chiede se anche i settori strategici e le tecnologie fondamentali siano coperti da tali nozioni, e invita la Commissione europea a compiere ulteriori sforzi per chiarire tale questione. |
1.11. |
Il CESE accoglie con favore l’obbligo di istituire punti di contatto negli Stati membri, ed è favorevole alla costituzione di un gruppo di coordinamento dei controlli sugli investimenti nell’UE. Tuttavia il ruolo di questi due organismi, il livello di rappresentanza e la relazione tra essi non sono del tutto chiari, e la Commissione dovrebbe fornire precisazioni in materia. |
1.12. |
Il CESE raccomanda di coinvolgere in maniera appropriata le parti sociali e la società civile. |
1.13. |
Il CESE suggerisce di estendere il controllo degli investimenti a settori sensibili delle infrastrutture e a impianti che garantiscono funzioni di rilevanza sociale, quali la fornitura di energia e di acqua, i trasporti, l’infrastruttura digitale, i servizi e i mercati finanziari e la sanità. |
1.14. |
Il CESE è dell’avviso che i controlli sugli investimenti dovrebbero essere estesi al settore delle tecnologie fondamentali, quando gli investitori siano controllati dal governo di un paese terzo o collegati a esso. Il CESE propone di prevedere nel regolamento una procedura specifica di controllo per gli investimenti esteri diretti operati da investitori statali o collegati a governi di paesi terzi. |
1.15. |
Il CESE è convinto che il processo di controllo sia più efficace quando si applica agli investimenti esteri diretti in previsione, piuttosto che a quelli già conclusi, e invita la Commissione a tenere conto di ciò nella proposta di regolamento. Il CESE raccomanda soprattutto un controllo successivo all’investimento. |
1.16. |
Ai fini della sicurezza degli investimenti, il CESE raccomanda di fissare dei termini temporali sia per la decisione relativa all’avvio del controllo di un investimento, che per la durata complessiva del controllo stesso. |
1.17. |
Il CESE fa presente che, per evitare un effetto dissuasivo sui potenziali investitori, occorre salvaguardare la riservatezza dei dati delle imprese durante la procedura di controllo. |
1.18. |
Il CESE raccomanda di stabilire con gli Stati Uniti e altri partner commerciali una collaborazione in materia di controllo degli investimenti, e di perseguire un’armonizzazione internazionale delle regole sulla verifica degli investimenti esteri diretti. In tale contesto, può servire da modello la Commissione per gli investimenti esteri negli Stati Uniti (Committee on Foreign Investment in the United States). |
1.19. |
Benché il tema della reciprocità non venga affrontato nella proposta di regolamento, il CESE chiede alla Commissione di applicare il principio di reciprocità in tutti i negoziati tra UE e paesi terzi sugli investimenti esteri diretti, dato che un numero maggiore di investitori di paesi terzi acquista imprese ed entità dell’UE, mentre gli investitori dell’UE si trovano spesso ad affrontare ostacoli quando investono in altri paesi. Il Comitato chiede soprattutto che vengano accelerati i negoziati sull’accordo in materia di investimenti con la Cina. |
2. Considerazioni generali
2.1. |
Il CESE condivide in linea di principio le posizioni di base espresse nella proposta di regolamento, presentata dalla Commissione, che istituisce una procedura per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’UE, ossia che l’UE è aperta agli investimenti esteri diretti e che questi ultimi contribuiscono alla crescita dell’Unione, rafforzando la sua competitività, creando posti di lavoro, apportando capitali, tecnologie, innovazione e competenze e aprendo nuovi mercati per le esportazioni dell’UE. |
2.2. |
Suscita tuttavia preoccupazione il fatto che investitori esteri, specialmente imprese statali, acquisiscano, in base a considerazioni strategiche, imprese europee dotate di tecnologie fondamentali, e si accingano a rilevare infrastrutture, tecnologie emergenti di primo piano e altri beni capitali che sono importanti per garantire la sicurezza degli Stati membri e dell’intera UE. |
2.3. |
Negli ultimi dieci anni gli investimenti esteri nell’UE sono cresciuti sensibilmente. La comunicazione della Commissione europea Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali riporta dati statistici attestanti che la maggior parte degli investimenti provengono da Stati Uniti, Canada e Svizzera, e in parte anche da Brasile, Cina e Russia. Durante la crisi finanziaria del 2008, gli investimenti cinesi negli Stati dell’UE sono aumentati di ben dieci volte, passando dai 2 miliardi di euro del 2009 ai quasi 20 miliardi del 2015. Nel solo 2016, gli investimenti diretti cinesi nell’UE sono ammontati a 35 miliardi di euro, con un aumento del 77 % rispetto al 2015 e addirittura del 1 500 % rispetto al 2010. Per contro, sempre nel 2016, gli investimenti di imprese dell’UE in Cina si sono ridotti del 25 %. |
2.4. |
Nel febbraio 2017, tre Stati membri, Francia, Germania e Italia, hanno esortato la Commissione europea a rivedere le regole sugli investimenti esteri diretti nell’Unione europea. La loro richiesta era motivata dalla preoccupazione per il deflusso di conoscenze tecnologiche verso paesi terzi, dovuto all’acquisto di tecnologie dell’UE da parte di un numero crescente di investitori di paesi terzi, per finalità strategiche di detti paesi, laddove gli investitori dell’UE incontrano spesso ostacoli ai loro investimenti in altri paesi. I tre Stati membri hanno anche fatto presente che, quando gli investitori dell’UE ottengono un accesso limitato ai mercati al di fuori dell’UE, occorrerebbe far valere il principio di reciprocità. I tre Stati membri hanno chiesto alla Commissione di elaborare uno strumento europeo per prevenire i danni derivanti dagli investimenti diretti unilaterali da parte di acquirenti esteri in settori sensibili dal punto di vista della politica industriale o di sicurezza, e per garantire la reciprocità, essendo gli strumenti statali attualmente disponibili a livello degli Stati membri dell’UE inadeguati a provvedere a tale protezione. |
2.5. |
Nella sua risoluzione del 5 luglio 2017, il Parlamento europeo invitava la Commissione e gli Stati membri a esaminare gli investimenti esteri diretti dei paesi terzi nelle industrie, nelle infrastrutture e nelle tecnologie d’avanguardia essenziali dell’UE che rivestono importanza strategica. |
2.6. |
La Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un quadro giuridico per la verifica degli investimenti provenienti da paesi terzi. |
2.7. |
La Commissione europea ha deciso di limitare detta proposta ai settori sicurezza e ordine pubblico, per raggiungere un accordo minimo tra gli Stati membri. In base alla proposta della Commissione, tali settori comprendono le comunicazioni elettroniche, la cibersicurezza, la tutela delle infrastrutture critiche e la competitività industriale nei prodotti e servizi per la cibersicurezza. |
2.8. |
Le nozioni di «sicurezza» e di «ordine pubblico» mancano già di per sé, nel contesto in questione, della chiarezza necessaria per evitare problemi e divergenze di interpretazione. Il CESE fa osservare che nei settori economici potenzialmente coinvolti nel controllo ci si chiede se anche i settori strategici e le tecnologie fondamentali siano coperti da tali nozioni, e invita la Commissione europea a compiere ulteriori sforzi per chiarire tale questione. |
2.9. |
Il CESE constata che la Commissione europea riconosce pienamente l’esigenza di assicurare agli Stati membri la necessaria flessibilità in relazione al controllo degli investimenti esteri diretti (cfr. COM(2017) 494). Ciò significherebbe che solo gli Stati membri potrebbero prendere decisioni in materia di investimenti esteri diretti provenienti da paesi terzi. |
2.10. |
Il CESE è sempre stato dell’avviso che la politica dell’UE in materia di commercio e investimenti dev’essere coerente e compatibile con la politica economica e le altre politiche dell’Unione, comprese quelle in materia di tutela dell’ambiente, lavoro dignitoso, salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Un’efficace strategia dell’UE in materia di investimenti è essenziale per mantenere la competitività dell’UE in un momento di rapide trasformazioni economiche e di importanti spostamenti degli equilibri di potere economico a livello mondiale. |
2.11. |
Il CESE fa osservare che l’economia dell’UE è una delle più aperte agli investimenti esteri diretti, che affluiscono nell’Unione a un ritmo crescente, concentrandosi sempre più su settori scelti strategicamente e su imprese più grandi della media. Essi traggono origine in misura crescente da imprese di Stato o da investitori che intrattengono strette relazioni con organi di governo. |
2.12. |
Per contro, a livello globale, a giudizio della Commissione, le restrizioni agli investimenti esteri diretti sono in aumento dal 2006. Spesso gli investitori dell’UE non godono nei paesi terzi degli stessi diritti di cui beneficiano gli investitori nell’UE. Già nel 2011 il CESE ha espresso rammarico per il fatto che la Commissione, nello sviluppare il percorso «Verso una politica globale europea degli investimenti internazionali», non si fosse pronunciata sull’acquisizione di imprese strategiche, e ha auspicato una riflessione sulla reciprocità. |
2.13. |
Il CESE sottolinea che i tre Stati membri all’origine dell’iniziativa volta a sviluppare uno strumento europeo per il controllo degli investimenti hanno segnalato che occorre far valere il principio di reciprocità se viene limitato l’accesso degli investitori dell’UE ai mercati esterni all’Unione. Il progetto di regolamento non affronta la questione della reciprocità. Tuttavia, per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti, il principio di reciprocità dovrebbe essere applicato in tutti i casi di negoziati dell’UE con paesi terzi in materia di investimenti esteri diretti. |
2.14. |
La priorità strategica degli investimenti esteri nell’UE consiste inoltre nell’acquisire imprese europee che sviluppano tecnologie o mantengono infrastrutture essenziali per lo svolgimento di funzioni critiche nella società e nell’economia. La combinazione di tali sviluppi ha suscitato nei cittadini, nelle imprese e negli Stati membri dell’UE giustificate preoccupazioni, che richiedono misure appropriate, come quelle annunciate nel documento di riflessione della Commissione del 10 maggio 2017 sulla globalizzazione, nonché nel discorso sullo stato dell’Unione del 13 settembre 2017. |
2.15. |
Il CESE invita ad accompagnare l’atteggiamento di apertura dell’Unione nei confronti degli investimenti esteri diretti con misure strategiche solide ed efficaci. |
2.16. |
Il CESE sottolinea che, come una parte degli Stati membri ha già da tempo rilevato, gli investimenti esteri non hanno soltanto lati positivi, bensì possono anche comportare rischi e costituire una minaccia per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico. È il caso, in particolare, degli investimenti diretti verso imprese e beni di importanza strategica. Proprio per questo detti Stati membri hanno istituito regimi nazionali di controllo degli investimenti esteri. |
2.17. |
Il CESE fa osservare che la verifica degli investimenti in imprese o beni che hanno un valore strategico per la sicurezza nazionale o per quella dell’UE viene condotta in maniera lacunosa e scoordinata: alcuni paesi dispongono di una procedura di controllo, mentre altri ne sono privi e non sottopongono quindi ad alcuna verifica gli investimenti in entrata. In tali condizioni risulta chiaramente impossibile tutelare gli Stati membri o la stessa UE da investimenti volti ad acquisire imprese e beni importanti, quando un paese terzo, con intenti politici ed economici, pianifica in modo mirato le proprie possibilità di manovra. Il sistema che l’UE adotterà dovrà rimuovere le disparità tra Stati membri e garantire la tutela degli interessi nazionali ed europei. |
2.18. |
Il controllo degli investimenti proposto dalla Commissione europea costituisce, a giudizio del CESE, un primo passo nella giusta direzione, ma non risponderà, nel complesso, a dette esigenze. La proposta non obbliga gli Stati membri neppure a istituire un proprio controllo degli investimenti. |
2.19. |
Il CESE prende atto che la Commissione, con il regolamento in esame, si sforza di garantire la certezza giuridica agli Stati membri che hanno creato meccanismi nazionali di controllo degli investimenti. |
2.20. |
Il CESE si compiace del fatto che il regolamento proposto stabilisca i requisiti procedurali essenziali applicabili ai meccanismi di controllo, quali la trasparenza, la non discriminazione tra paesi terzi e il riesame giudiziario, accrescendo così la certezza degli investimenti. |
2.21. |
Sebbene il regolamento sia inteso a raccogliere nell’UE maggiori informazioni sugli investimenti esteri diretti e a sorvegliare l’uso dei meccanismi di selezione da parte degli Stati membri, nella pratica sarà molto difficile garantire un’attuazione armonizzata a livello dell’UE. Bisogna provvedere affinché tanto gli Stati membri in cui vigono procedure per la verifica degli investimenti esteri diretti, quanto quelli in cui tali procedure sono assenti, trasmettano e ricevano informazioni di affidabilità equivalente, anche sotto forma di relazioni annuali presentate alla Commissione europea nel caso in cui gli Stati membri o la Commissione stessa constatino che un investimento estero diretto, previsto o già effettuato in uno Stato membro, possa compromettere la sicurezza o l’ordine pubblico. |
2.22. |
Il CESE sostiene la proposta della Commissione relativa all’istituzione di punti di contatto da parte degli Stati membri e alla creazione di un gruppo di coordinamento composto da rappresentanti degli Stati membri. Tuttavia il ruolo di questi due organismi, il livello di rappresentanza e la relazione tra essi non sono del tutto chiari, Il CESE raccomanda di coinvolgere in maniera appropriata le parti sociali e la società civile. |
2.23. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la Commissione riservi il controllo ai soli investimenti che possono incidere su progetti o programmi di interesse dell’Unione. Se la responsabilità di controllare gli investimenti esteri diretti ricade principalmente sugli Stati membri, c’è il rischio che un investitore estero, intenzionato ad acquisire imprese e beni importanti, scelga come punto di ingresso il paese meno tutelato contro tali investimenti, e si assicuri così, attraverso il mercato interno, l’accesso a paesi con un controllo più rigoroso. |
2.24. |
Il CESE fa osservare che l’UE ha la competenza esclusiva sugli investimenti esteri diretti, che rientrano, come sancito dal trattato di Lisbona, nel settore, di competenza esclusiva, della politica commerciale comune. A norma dell’articolo 207 del TFUE, gli investimenti esteri diretti rientrano nella politica commerciale comune dell’UE. Conformemente all’articolo 206 del TFUE, l’Unione contribuisce «alla graduale soppressione delle restrizioni (agli scambi internazionali e) agli investimenti esteri diretti». |
2.25. |
Il CESE ritiene che l’UE debba esercitare la sua competenza sugli investimenti esteri diretti quando l’investimento ha un impatto transfrontaliero sull’intera UE o su parti di essa. Sia il controllo degli investimenti che la decisione sulla loro ammissibilità devono competere alla Commissione. Gli Stati membri devono beneficiare di diritti di consultazione vincolanti ed essere coinvolti, attraverso il previsto gruppo di coordinamento, nei processi decisionali sugli investimenti esteri diretti. |
2.26. |
Il CESE rileva che l’UE ha definito, nella direttiva sulle infrastrutture critiche europee e nella direttiva sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, dei settori sensibili che incidono su essenziali interessi di sicurezza. Infrastrutture critiche, ai sensi della direttiva in materia, sono gli impianti, i sistemi o le parti di questi che sono essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere economico e sociale. La direttiva sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi riguarda gli operatori che creano le condizioni per attività sociali ed economiche «fondamentali», tra cui l’energia, i trasporti, i servizi e i mercati finanziari, il settore sanitario e la fornitura di acqua. |
2.27. |
Già nel 2011 (1) il CESE sottolineava che partner commerciali come il Canada e gli Stati Uniti dispongono di meccanismi di controllo degli investimenti esteri diretti, e che gli investimenti devono far parte di una politica estera a vasto raggio dell’UE. |
2.28. |
Il CESE fa notare che gli Stati Uniti dispongono di uno strumentario ampio e flessibile per il controllo degli investimenti esteri, i quali vengono esaminati a livello federale dalla Commissione per gli investimenti esteri negli Stati Uniti (Committee on Foreign Investment in the United States — CFIUS), che ha il potere di sospendere, vietare o assoggettare a specifiche condizioni un’operazione alla quale si oppone. Il suo compito principale consiste nel valutare il rischio derivante alla sicurezza nazionale da fusioni e acquisizioni che potrebbero portare un’impresa statunitense sotto il controllo di un soggetto estero. Il rischio per la sicurezza nazionale è definito come una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti derivante dall’acquisizione di una tecnologia fondamentale o di componenti dell’infrastruttura. Le modalità di controllo sono definite dalla CFIUS nelle proprie disposizioni interne, cosa che consente il loro adeguamento. Questa forma di controllo degli investimenti potrebbe rivestire interesse anche per l’UE. |
2.29. |
In Cina vigono restrizioni settoriali sugli investimenti esteri. La Commissione per lo sviluppo nazionale e la riforma (NDRC) e il ministero del Commercio (MOFCOM) di questo paese hanno adottato la versione 2017 del catalogo settoriale per orientare gli investimenti esteri, contenente un elenco nazionale dei settori in cui gli investimenti esteri sono soggetti a restrizioni o vietati, laddove «soggetto a restrizione» significa che è necessaria un’autorizzazione preliminare del ministero del Commercio. Tale elenco, attraverso il quale il governo applica restrizioni e condizioni, include settori politicamente sensibili, come la stampa, ma anche l’intera industria automobilistica, per la quale vigono tuttavia disposizioni speciali in caso di joint venture. Per i settori non soggetti a restrizioni, il governo richiede solo la registrazione dei progetti di investimenti esteri. |
2.30. |
Il CESE rileva che, nel documento strategico Made in China 2025, la Cina indica i seguenti settori chiave: tecnologie dell’informazione di nuova generazione, tecnica di controllo digitale e robotica di punta, attrezzature aerospaziali, attrezzature per la meccanica navale e la cantieristica ad alta tecnologia, attrezzature ferroviarie ad alta tecnologia, veicoli a basso consumo o con propulsori di nuovo tipo, attrezzature elettriche, macchine e attrezzature per l’agricoltura, nuovi materiali, biomedicina e apparecchiature mediche di punta. Sono questi i settori nei quali è più facile prevedere l’acquisizione di imprese europee. |
2.31. |
Il CESE rileva che le riserve concernenti gli investimenti esteri diretti non riguardano solo la Cina: gli investimenti della Russia, specie in campo energetico, suscitano, nei paesi interessati, preoccupazioni circa possibili dipendenze in tale settore di importanza strategica. |
2.32. |
Il CESE considera troppo limitato il campo di applicazione del proposto controllo degli investimenti, e propose di estendere tale controllo a settori strategici, e in particolare alle tecnologie fondamentali. Detti settori strategici andrebbero individuati facendo riferimento al documento Made in Cina 2025. |
2.33. |
Il CESE ritiene che un tale controllo degli investimenti, comprendente anche tecnologie fondamentali di rilevanza strategica, sia conciliabile con le norme dell’OMC. L’UE ha ratificato l’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (Agreement on Subsidies and Countervailing Measures — ASMC), e pertanto il rigetto di investimenti esteri diretti è possibile quando sono in questione i fondamentali interessi di sicurezza, ossia, a giudizio del CESE, quando bisogna tutelare i valori di una società. Un’ulteriore restrizione degli investimenti esteri diretti è possibile qualora l’investitore sia controllato da un governo, o vicino ad esso. |
2.34. |
Il CESE condivide il giudizio della Commissione secondo cui nel controllo degli investimenti occorre considerare se un investitore estero sia controllato dal governo di un paese terzo, anche attraverso ingenti risorse finanziarie. Il CESE propone di prevedere nel regolamento una procedura specifica di controllo per gli investimenti esteri diretti operati da investitori statali o collegati a governi di paesi terzi. |
2.35. |
Il CESE è convinto che il processo di controllo sia più efficace quando si applica agli investimenti esteri diretti in previsione, piuttosto che a quelli già conclusi, e invita la Commissione a tenere conto di ciò nella proposta di regolamento. Il CESE raccomanda soprattutto un controllo successivo all’investimento. |
2.36. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento presentata dalla Commissione, ma è evidente che l’entità del problema non è del tutto nota. La Commissione non ha analizzato i flussi di investimento e i loro effetti sin dall’avvio del processo legislativo, bensì solo in un secondo momento. |
3. Osservazioni specifiche
3.1. |
Il CESE raccomanda di collaborare con gli Stati Uniti e gli altri partner commerciali. Il ravvicinamento internazionale delle norme in materia di controllo degli investimenti esteri diretti potrebbe limitare i conflitti e promuovere la certezza degli investimenti. Occorre quanto meno avviare, con paesi come la Cina, un dialogo in merito alla loro politica di investimenti in patria e all’estero, al fine di pervenire ad accordi commerciali e di tutela degli investimenti orientati alle norme europee e ai principi della reciprocità. Il Comitato chiede soprattutto che vengano accelerati i negoziati sull’accordo in materia di investimenti con la Cina. |
3.2. |
La durata di un controllo potrebbe diventare un importante ostacolo per i potenziali investitori e in generale per la competitività del paese. Per ridurre tali effetti negativi, la durata del controllo degli investimenti previsto dall’UE non dovrebbe superare quella stabilita dalle procedure nazionali. |
3.3. |
Bisogna inoltre valutare l’opportunità di stabilire un importo minimo al di sopra del quale sia necessario il controllo dell’investimento, onde evitare oneri amministrativi aggiuntivi. In tale contesto occorre tenere presente che anche l’avvio di nuove imprese può essere molto importante per una tecnologia fondamentale. |
3.4. |
Sebbene il regolamento sia inteso a raccogliere più informazioni sugli investimenti esteri diretti nell’UE e a sorvegliare l’uso dei meccanismi di controllo da parte degli Stati membri, nella pratica sarà molto difficile garantire un’attuazione armonizzata a livello dell’UE. Ciò è dovuto al fatto che tra gli Stati membri che dispongono di meccanismi di controllo degli investimenti esteri diretti e quelli che ne sono privi intercorrono delle differenze. Il sistema non deve creare disparità in termini di diritti e obblighi nel quadro della cooperazione per lo scambio di informazioni tra i paesi e la Commissione europea, nei casi in cui determinati investimenti esteri in programma o già effettuati possano incidere sulla sicurezza o l’ordine pubblico. |
3.5. |
Il regolamento non obbliga gli Stati membri che ricevono osservazioni da altri Stati membri a tenerle nella dovuta considerazione. Lo stesso vale per i pareri della Commissione destinati a uno Stato membro che non sia necessariamente in grado di dar loro seguito. Questi casi richiedono spiegazioni più esaurienti. Non è chiaro quali (eventuali) conseguenze siano da prevedere qualora lo Commissione non consideri adeguate le spiegazioni di uno Stato membro. |
3.6. |
Per lo sviluppo futuro dello strumento di controllo degli investimenti si dovrebbero quanto meno considerare altri fattori in grado di influenzare la sicurezza e l’ordine pubblico: pratiche che distorcono l’equo commercio, limitazione della concorrenza, mancanza di trasparenza degli investimenti. La politica degli investimenti e quella commerciale devono essere parte integrante della politica industriale dell’UE. |
Bruxelles, 19 aprile 2018.
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Luca JAHIER
(1) Parere del CESE Verso una politica globale europea degli investimenti internazionali, relatore: Peel (GU C 318 del 29.10.2011, pag. 150).