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Document 52018AE1595

Parere del Comitato economico e sociale europeo su «L’impatto della sussidiarietà e della sovraregolamentazione sull’economia e l’occupazione» (parere esplorativo richiesto dalla presidenza austriaca)

EESC 2018/01595

GU C 440 del 6.12.2018, p. 28–36 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

6.12.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 440/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «L’impatto della sussidiarietà e della sovraregolamentazione sull’economia e l’occupazione»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza austriaca)

(2018/C 440/05)

Relatore:

Dimitris DIMITRIADIS

Correlatore:

Wolfgang GREIF

Consultazione

Presidenza austriaca del Consiglio dell’UE, 12.2.2018

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

4.9.2018

Adozione in sessione plenaria

19.9.2018

Sessione plenaria n.

537

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

192/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la richiesta della presidenza austriaca del Consiglio dell’Unione europea di elaborare un parere esplorativo sul tema «L’impatto della sussidiarietà e della sovraregolamentazione sull’economia e l’occupazione». Il presente parere arricchisce, e allarga ad altri aspetti, il dibattito in corso sui modi di migliorare la qualità della legislazione («legiferare meglio») al fine di garantire certezza del diritto e chiarezza normativa e far sì che «gli oneri normativi per le imprese, i cittadini e le pubbliche amministrazioni siano ridotti al minimo» (1). L’attuazione della normativa europea non deve indurre a mettere in discussione il livello di protezione dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori, degli investitori e dell’ambiente già garantito negli Stati membri.

1.2.

Il CESE ribadisce con forza che le questioni riguardanti il futuro, compresi i dibattiti sulle competenze e sul livello delle regolamentazioni, devono essere affrontate a livello nazionale ed europeo con il pieno coinvolgimento delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile. Tale coinvolgimento è un’espressione fondamentale della democrazia partecipativa multilivello e deve pertanto essere rafforzato nell’UE e negli Stati membri.

1.3.

Il CESE sottolinea l’importanza capitale dei principi di sussidiarietà e proporzionalità al fine di garantire la completezza e la correttezza del processo legislativo europeo, e sottolinea che la Commissione europea dovrebbe concentrarsi sugli ambiti in cui l’intervento legislativo dell’UE apporta un significativo valore aggiunto. La Commissione dovrebbe pertanto individuare le questioni che, per essere trattate nel modo più efficiente, è veramente necessario siano affrontate a livello di Unione europea. Ogniqualvolta, per prendere una decisione, sia necessario tenere in debito conto le specificità nazionali, regionali e locali, le autorità dei relativi territori dovrebbero disporre di uno spazio di manovra per precisare tali aspetti, coinvolgendo attivamente i portatori di interessi pertinenti, comprese le parti sociali.

1.4.

In seno al CESE la «sovraregolamentazione» suscita opinioni diverse, che rispecchiano i differenti punti di vista dei vari attori in esso rappresentati. Benché manchi una definizione chiara e precisa di «sovraregolamentazione», questo termine viene in genere riferito alle situazioni in cui, nel recepire la normativa europea nel diritto nazionale, gli Stati membri introducono requisiti che vanno al di là di quelli stabiliti dagli atti legislativi (principalmente dalle direttive) dell’UE. La Commissione europea dovrebbe definire orientamenti che aiutino gli Stati membri a recepire correttamente i requisiti posti da un atto normativo osservando al contempo i principi di proporzionalità e di sussidiarietà nonché garantendo condizioni di concorrenza eque.

1.5.

Il CESE osserva che — in particolare alla luce dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, e in linea con il diritto europeo — gli Stati membri conservano la facoltà esclusiva di introdurre misure aggiuntive, rispetto a quelle previste dai requisiti (minimi) dell’UE, che rispecchino le caratteristiche specifiche di ciascuno di essi. Tali decisioni dovrebbero essere prese in modo trasparente, previa consultazione con le parti sociali e gli altri soggetti interessati, e dovrebbero essere conformi alla legislazione dell’UE. A tal proposito, il CESE non mette affatto in discussione la sovranità, la libertà e la responsabilità degli Stati membri nell’adottare leggi e pratiche nazionali.

1.6.

Il CESE invita le istituzioni europee e gli Stati membri a moltiplicare gli sforzi per ridurre gli oneri amministrativi inopportuni al fine di promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro sostenibili.

1.6.1.

Nell’ambito della preparazione del quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027, il CESE esorta la Commissione ad adottare rapidamente misure volte a eliminare gli oneri amministrativi non necessari che ostacolano gravemente gli investimenti finanziati dai fondi SIE — aiuti di Stato, adempimenti in materia di appalti, prassi in materia di audit e adozione tardiva o persino retroattiva di orientamenti dettagliati universali.

1.6.2.

Il CESE sottolinea che gli oneri normativi e amministrativi non necessari rappresentano un ostacolo alla massimizzazione dei benefici e alla riduzione al minimo dei costi di conformità per le imprese, i cittadini e gli enti pubblici; e ribadisce la necessità di una regolamentazione più semplice, coerente e di migliore qualità, che sia meglio compresa e meglio attuata, con il coinvolgimento, altrettanto indispensabile, di tutti e quattro i livelli di governance — europeo, nazionale, regionale e locale.

1.6.3.

Come ha già fatto in diversi altri pareri (2), il CESE raccomanda alla Commissione di condurre, nell’effettuare le sue valutazioni d’impatto, un test approfondito delle ripercussioni per le PMI («test PMI»).

1.7.

Il CESE ribadisce che le norme minime europee, in particolare nell’ambito delle politiche dell’UE in materia sociale, di consumatori e di ambiente, mirano al ravvicinamento delle condizioni di vita e di lavoro in tutta l’Unione europea nell’ottica di una convergenza verso l’alto. Le norme minime prescritte dalle direttive dell’UE non dovrebbero essere intese come un «livello massimo» da non superare mai nel corso del loro recepimento negli ordinamenti giuridici nazionali. A giudizio del CESE, peraltro, l’accettazione del processo di integrazione europea da parte dei cittadini non dovrebbe essere messa a repentaglio da una competizione normativa all’abbassamento degli standard. Tutte le decisioni devono essere prese in maniera trasparente e nel quadro di un dialogo aperto con le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile.

2.   Introduzione

2.1.

La presidenza austriaca del Consiglio dell’UE ha richiesto al CESE un parere esplorativo sul tema «L’impatto della sussidiarietà e della sovraregolamentazione sull’economia e l’occupazione».

2.2.

Il CESE osserva che tale richiesta riguarda sia il principio di sussidiarietà che la sovraregolamentazione e ha l’effetto di ampliare il dibattito in corso sul miglioramento della qualità normativa («legiferare meglio»), sul quale il CESE ha già espresso i suoi punti di vista in una serie di pareri adottati negli ultimi anni (3).

2.3.

Recentemente la questione della sussidiarietà ha acquisito nuova importanza, anche in seguito al Libro bianco sul futuro dell’Europa. La task force per la sussidiarietà e la proporzionalità, istituita nel novembre 2017 dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ha presentato una relazione contenente raccomandazioni per migliorare l’applicazione dei principi di sussidiarietà (4).

Il CESE reputa che tale relazione sia per certi versi limitata, in ciò rispecchiando la composizione ristretta della task force, ragion per cui raccomanda vivamente che le iniziative che daranno seguito alla relazione siano aperte alla partecipazione attiva dei rappresentanti della società civile. Il CESE ritiene urgente affrontare la questione della proporzionalità dell’azione europea e quella — ancora più importante — degli ambiti in cui l’UE dovrebbe intensificare, ridurre o addirittura sospendere il proprio intervento in linea con gli interessi dei cittadini, dell’economia e delle altre componenti della società.

2.4.

Secondo il CESE, tali questioni, così legate al futuro dell’Europa, devono essere affrontate a livello nazionale e di Unione europea, con la partecipazione delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile. Accordando a queste organizzazioni uno spazio pari a quello dei livelli locale e regionale nella preparazione e nell’attuazione delle politiche nazionali ed europee, si contribuirebbe direttamente all’esercizio visibile della sussidiarietà orizzontale.

2.5.

Il CESE accoglie con favore il riconoscimento, da parte della presidenza austriaca, dell’utilità di avvalersi delle ampie competenze delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile nella concezione, nell’attuazione e nella valutazione degli interventi delle politiche nazionali ed europee. Tale coinvolgimento è un’espressione fondamentale della democrazia partecipativa multilivello e deve pertanto essere rafforzato nell’UE e negli Stati membri.

2.6.

A tal proposito, il CESE invita la suddetta task force a tenere nella dovuta considerazione i suoi pareri in materia di sussidiarietà e proporzionalità, che sono altresì alla base delle osservazioni e delle raccomandazioni formulate nel presente parere.

3.   Il principio di sussidiarietà

3.1.

I principi di sussidiarietà e di proporzionalità, come definiti all’articolo 5 del TUE, mirano a garantire che l’azione dell’UE non ecceda quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi del trattato e che l’UE intervenga nei settori che non sono di sua competenza esclusiva solo nel caso in cui gli obiettivi di una misura legislativa possano essere conseguiti in maniera più efficace a livello di Unione europea piuttosto che a livello nazionale, regionale o locale.

3.2.

Il CESE sottolinea l’importanza capitale di tali principi in una comunità sovranazionale come l’UE ed accoglie con grande favore gli strumenti istituiti dal trattato di Lisbona per garantire il rispetto del principio di sussidiarietà — dal controllo della sussidiarietà compiuto prima dell’adozione di un atto legislativo alla presentazione, anche a nome degli organi legislativi nazionali degli Stati membri, di ricorsi per violazione di tale principio mediante un atto legislativo già adottato.

3.3.

Il CESE sottolinea inoltre che in tutti i settori contemplati dal TFUE è necessaria un’Unione europea che funzioni bene, e reputa che il principio di sussidiarietà non debba essere sfruttato per contrastare le azioni dell’UE che abbiano un chiaro valore aggiunto europeo, per accordare a priori la precedenza alle impostazioni nazionali o addirittura per escludere in anticipo l’Unione europea da ambiti d’intervento di importanza cruciale. Dovrebbero essere adottate soltanto disposizioni che apportino un valore aggiunto europeo. Il CESE ritiene che le sfide a cui il nostro continente deve attualmente far fronte non richiedano una rinazionalizzazione delle politiche (direzione «meno Europa»), bensì iniziative coraggiose in direzione di un’Europa migliore e più vicina ai cittadini che promuova altresì la coesione.

3.4.

Il CESE riconosce che gli Stati membri svolgono un ruolo fondamentale nell’attuazione della legislazione dell’UE soprattutto nel caso del recepimento delle direttive, che sono vincolanti per quanto attiene al risultato da conseguire ma che lasciano alle autorità nazionali la scelta della forma e dei metodi di attuazione, nonché la decisione — in linea con il diritto dell’UE — di migliorare le norme minime quando ciò sia ritenuto utile. Al tempo stesso, tale recepimento non dovrebbe essere di ostacolo alla garanzia di condizioni di concorrenza eque per tutti gli operatori del mercato interno, che è un requisito importante per il corretto funzionamento di quest’ultimo.

3.5.

Sebbene gli Stati membri siano responsabili del tempestivo e accurato recepimento delle direttive, spetta alla Commissione europea, in qualità di custode dei Trattati, vigilare sulla corretta attuazione a livello nazionale. Tale «responsabilità condivisa» dovrebbe essere evidente fin dalle prime fasi del processo legislativo: il successo dell’attuazione di una nuova legislazione europea dipende dal fatto che questa si basi su una valutazione d’impatto chiara, trasparente e comprensiva, nonché su una proposta formulata in maniera semplice e chiara, e sia corredata di termini realistici per tale attuazione.

3.6.

Il CESE avverte che, anche laddove i suddetti requisiti siano soddisfatti, tuttavia l’attuazione a livello nazionale, regionale e locale può dimostrarsi insufficiente e/o inefficace; e a tal proposito ribadisce il suo appello alla Commissione europea affinché moltiplichi sistematicamente i suoi sforzi, conformemente alla sue competenze, per reagire in maniera più rapida e rigorosa — una volta esplorata ogni possibilità di cooperazione — nei casi in cui gli Stati membri non recepiscono in modo corretto la legislazione dell’UE o non la recepiscono affatto (5).

3.7.

Il CESE osserva che, in una serie di casi, gli impegni giuridici e politici chiesti dall’UE agli Stati membri sono stati percepiti come interventi che dilatano eccessivamente la competenza delle istituzioni europee e interferiscono con le prerogative e le scelte degli stessi Stati membri (è il caso, ad esempio, delle iniziative che incidono sulle relazioni industriali e sindacali nazionali, sui sistemi pensionistici, sanitari e di protezione sociale o sulla regolamentazione delle professioni, ad esempio riguardo ai criteri di qualificazione nel settore sanitario).

Alla luce di tali considerazioni, il CESE si oppone tanto a questa pratica delle istituzioni europee consistente nel dilatare eccessivamente le loro competenze quanto al trasferimento al livello nazionale, con il pretesto della sussidiarietà, di competenze normative assegnate dal TFUE all’UE in ambiti importanti quali la protezione dei consumatori, gli standard di protezione dell’ambiente e la politica sociale.

4.   Evitare gli oneri normativi e amministrativi non necessari: la sovraregolamentazione

4.1.   Il dibattito sulla sovraregolamentazione (gold-plating)

4.1.1.

Nel recepire la normativa europea, gli Stati membri introducono talora misure più rigorose o più avanzate rispetto a quelle stabilite da tale normativa (e in particolare dalle direttive) oppure non si avvalgono delle possibilità di semplificazione che essa offre. In numerosi documenti, questo fenomeno viene indicato con il termine «sovraregolamentazione» (gold-plating): nel primo caso si parla di «sovraregolamentazione attiva», nel secondo di «sovraregolamentazione passiva».

4.1.2.

In seno al CESE esistono opinioni diverse in merito alla «sovraregolamentazione», che rispecchiano altresì i diversi punti di vista dei vari attori in esso rappresentati. Alcuni portatori di interessi ravvisano in questo fenomeno un eccesso di norme, orientamenti e procedure accumulatisi ai livelli nazionale, regionale e locale che comporta oneri amministrativi non necessari e interferisce con gli obiettivi politici che ci si attende di conseguire con il recepimento della normativa. Altri portatori di interessi, invece, sono del parere che l’uso del termine stigmatizzato di «sovraregolamentazione» rischi di mettere in discussione alcune norme più avanzate adottate democraticamente dagli Stati membri e da questi introdotte nei loro ordinamenti giuridici, in particolare in materia di diritto del lavoro, dei consumatori e dell’ambiente nonché di libere professioni.

4.1.3.

Il CESE chiede di adottare un approccio pragmatico ed equilibrato, e, ai fini del presente parere, avrà cura di adoperare una terminologia neutra e più precisa, in linea con l’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del maggio 2016.

4.2.   Definire la sovraregolamentazione.

4.2.1.

Il CESE propone di definire la sovraregolamentazione in modo più accurato. Per i casi in cui gli Stati membri recepiscono il contenuto della legislazione dell’UE in modo più ambizioso (sul piano sostanziale o procedurale) o si sforzano di garantirne la coerenza con la loro legislazione nazionale, si potrebbero utilizzare espressioni quali «disposizioni più avanzate», «disposizioni più severe» o «requisiti più rigorosi». Il termine «sovraregolamentazione», invece, dovrebbe essere riservato ai casi di aggiunte inopportune e superflue alla legislazione dell’UE nel corso del suo recepimento nel diritto nazionale, per le quali non sia possibile trovare alcuna giustificazione alla luce di uno o più obiettivi della misura proposta o che comportino oneri amministrativi supplementari non necessari. In ogni caso, il termine «sovraregolamentazione» (in inglese: gold-plating) è molto generico, in molte lingue nazionali è tradotto in modo fuorviante e dovrebbe essere sostituito con un termine assai più preciso.

4.2.2.

Indipendentemente dal termine adottato (e anche quando si potrebbe parlare di «sovraregolamentazione»), il CESE ribadisce che occorrerebbe evitare di ricorrere a tale concetto per riferirsi in particolare ai seguenti casi:

innalzamento — nel corso del recepimento e dell’attuazione della legislazione europea — degli standard stabiliti in ambiti quali il diritto del lavoro, della protezione sociale, dei consumatori o dell’ambiente;

adozione di misure nazionali che non hanno alcun legame (oggettivo o temporale) con il recepimento del diritto dell’UE;

consolidamento di disposizioni generali del diritto dell’UE nel corso del relativo recepimento (per esempio introduzione di sanzioni giuridiche concrete per i casi di violazione);

applicazione di una tra le diverse opzioni esplicitamente disponibili per il recepimento del diritto dell’UE;

adozione di disposizioni nazionali avanzate, che vanno al di là delle norme minime europee, in virtù di «clausole di non regresso» contenute nel diritto dell’UE;

applicazione del contenuto di una direttiva a casi analoghi al fine di garantire la coerenza e l’omogeneità delle legislazioni nazionali.

4.2.3.

Il CESE ribadisce che il principio di sussidiarietà consente agli Stati membri di introdurre misure più rigorose in quanto ciò rientra nell’esercizio del loro diritto di garantire il conseguimento di obiettivi diversi (ad esempio economici, sociali o ambientali) e dimostrare il loro impegno ad assicurare un livello elevato di tutela, rispettando il carattere specifico di atti giuridici come le «direttive» nonché talune limitazioni di competenze. Il CESE sottolinea peraltro che questi impegni più stringenti dovrebbero essere assunti soltanto in seguito a un dibattito trasparente e inclusivo con le parti sociali e gli altri soggetti interessati, in uno spirito di comprensione reciproca e nel quadro di un processo decisionale equilibrato.

4.3.   Sovraregolamentazione e miglioramento della regolamentazione.

4.3.1.

Nell’ottica del programma «Legiferare meglio», la Commissione europea riconosce il diritto degli Stati membri di andare oltre le norme stabilite nella legislazione dell’UE (gold-plating = sovraregolamentazione), ma teme la mancanza di trasparenza in questo ambito. Il Regno Unito, i Paesi Bassi, il Belgio, la Germania e l’Austria hanno istituito dei propri sistemi per individuare i casi di sovraregolamentazione. Nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, in particolare, la sovraregolamentazione è soggetta a politiche ufficiali centralizzate, intese a promuovere la crescita economica.

4.3.2.

Il CESE non mette certo in discussione le disposizioni dei Trattati esistenti, e segnatamente le competenze dell’UE o degli Stati membri, bensì ribadisce l’importanza di rispettare «i principi generali del diritto dell’Unione quali la legittimità democratica, la sussidiarietà, la proporzionalità e la certezza del diritto». Ciò significa, tra l’altro, rispettare la sovranità democratica, la libertà e la responsabilità degli Stati membri di elaborare leggi e pratiche nazionali che tengano in debita considerazione il ruolo delle parti sociali al riguardo. Il CESE ha sempre chiesto di promuovere la semplicità, la chiarezza e la coerenza nella redazione delle normative dell’UE, nonché di garantire una maggiore trasparenza del processo legislativo.

4.3.3.

Il CESE ha sottolineato a più riprese che «la regolamentazione europea è un fattore fondamentale di integrazione e non costituisce affatto un onere o un costo da ridurre: se ben equilibrata, proporzionata e non discriminatoria, essa è anzi un’importante garanzia di protezione, di promozione e di certezza del diritto per tutti i cittadini e gli altri soggetti europei» (6). Il CESE ribadisce che, a suo avviso, la legislazione svolge un ruolo essenziale per realizzare gli obiettivi del trattato e per creare le condizioni di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, a vantaggio dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori (7). Conformemente all’articolo 3 del TFUE, la legislazione contribuisce altresì a migliorare il benessere, a tutelare l’interesse generale e i diritti fondamentali, a promuovere un livello elevato di protezione sociale e ambientale e a garantire la certezza e la prevedibilità del diritto Inoltre, essa dovrebbe impedire le distorsioni di concorrenza e le pratiche di dumping sociale (8).

4.3.4.

Nel recepire le direttive nel diritto nazionale, gli Stati membri aggiungono talora degli elementi che non hanno alcuna relazione chiara con la legislazione europea in questione. Ebbene, il CESE reputa che tali aggiunte vadano messe in evidenza nell’atto di recepimento [NdT: per l’Italia, la «legge di delegazione europea»] oppure in altri atti giuridici pertinenti. In generale, la legittimità degli Stati membri ad integrare gli atti dell’UE volti a introdurre un’armonizzazione minima deve essere riconosciuta nella misura in cui tale integrazione sia effettuata in maniera trasparente e nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. Vi sono molti esempi di recepimento non minimalista delle direttive negli Stati membri che possono essere considerati casi di sovraregolamentazione.

4.3.5.

Il CESE sottolinea che, laddove l’armonizzazione è minima, gli Stati membri conservano la facoltà di introdurre disposizioni che mirino a creare occupazione, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro, a garantire una protezione sociale adeguata, a conseguire un tasso di occupazione elevato e sostenibile e a lottare contro l’emarginazione (articolo 151 TFUE), alla promozione e allo sviluppo delle PMI e a stabilire standard elevati in materia di salute e di protezione dei consumatori (articoli 168 e 169 TFUE) nonché di tutela dell’ambiente (articolo 191 TFUE), senza tuttavia introdurre oneri normativi o amministrativi non necessari.

4.4.

Il CESE ritiene che le seguenti misure contribuiranno a evitare gli oneri normativi e amministrativi non necessari:

la Commissione europea dovrebbe effettuare valutazioni d’impatto (VI) integrate della legislazione europea tenendo in debito conto gli oneri superflui e qualsiasi altro impatto che ogni testo normativo rilevante comporterebbe;

le normative europee devono essere valutate secondo i loro meriti, caso per caso, al fine di conseguire un’armonizzazione mirata che consenta, a seconda delle circostanze, una forma di armonizzazione più avanzata in alcuni settori e meno in altri. Spetta alla Commissione, mediante le valutazioni d’impatto, raccomandare il livello di armonizzazione più appropriato, tenuto conto dell’esigenza di un livello elevato di protezione;

nel recepire la legislazione dell’UE, gli Stati membri dovrebbero, a livello sia nazionale che regionale, dar prova di una completa trasparenza in relazione a qualsiasi requisito supplementare che potrebbe arrecare nocumento al mercato unico, alla competitività e alla crescita;

il fatto che un determinato Stato membro imponga norme meno rigorose rispetto a un altro non significa necessariamente che le norme di quest’ultimo siano sproporzionate e incompatibili con il diritto dell’UE. Spetta allo Stato membro valutare ogni singolo caso, tenendo conto dei punti di vista di tutte le parti interessate nonché dell’intero contesto normativo in cui la norma si colloca. E a tal fine la valutazione d’impatto potrebbe costituire uno strumento importante;

eventuali requisiti aggiuntivi introdotti nella fase di recepimento delle direttive dovrebbero essere accompagnati da documenti che spieghino chiaramente i motivi specifici di tali aggiunte.

4.5.

Onde evitare che le imprese e gli altri portatori di interessi subiscano uno svantaggio competitivo rispetto ai loro omologhi di altri Stati membri, la Commissione europea dovrebbe definire orientamenti che aiutino gli Stati membri a recepire correttamente i requisiti posti da un atto normativo osservando al contempo i principi di proporzionalità e di sussidiarietà nonché garantendo condizioni di concorrenza eque. In proposito il CESE ribadisce con forza il suo appello a coinvolgere il più possibile le parti sociali e gli altri portatori di interessi pertinenti nelle attività di recepimento nonché ad associare strettamente gli Stati membri e i loro parlamenti nazionali e regionali alle rispettive valutazioni ex post (9).

4.6.

Raccomandazioni del CESE per un recepimento efficiente

4.6.1.

Gli Stati membri dovrebbero prestare attenzione ai pertinenti termini per il recepimento, al fine di garantire che vi sia tempo sufficiente per consultare tutti i portatori di interessi:

nel preparare le posizioni quadro nazionali per i negoziati iniziali in seno agli organi di lavoro degli Stati membri, occorre prestare attenzione al termine per il recepimento;

in particolare si dovrebbe verificare se le direttive UE non prevedano due termini diversi, uno per l’adozione della normativa interna di attuazione e l’altro per la decorrenza degli effetti giuridici di tale normativa;

la disposizione che fissa il termine per il recepimento deve essere seguita e monitorata lungo l’intero processo legislativo;

i piani di attuazione della Commissione europea offrono sostegno e assistenza.

4.6.2.

Consultazioni:

a livello di Unione europea, l’assistenza fornita dalla Commissione nel corso del processo di attuazione, ad esempio con le raccomandazioni da essa formulate e con i dibattiti in seno ai gruppi di esperti, potrebbe essere utile e contribuire a un’interpretazione comune da parte degli Stati membri;

la Commissione europea dovrebbe adeguare la metodologia di recepimento esistente (orientamenti), non solo per evitare che il recepimento delle direttive abbia luogo in contrasto con il diritto europeo, ma anche per garantire l’efficacia del recepimento stesso;

iniziative della Commissione come quelle volte a mettere a disposizione piattaforme specializzate basate sul web (come l’attuale interfaccia per la notifica elettronica) o una banca dati elettronica dei singoli atti normativi dell’UE al fine di permettere la condivisione di buone pratiche potrebbero essere sviluppate ulteriormente. Occorrerebbe promuovere la governance multilivello e coinvolgere tutti i portatori di interesse pertinenti.

4.6.3.

Terminologia e atti delegati:

gli Stati membri sono invitati a verificare l’accuratezza e la concordanza delle formulazioni durante l’intero processo di negoziazione in seno al Consiglio;

i termini e le definizioni di base devono essere definiti con chiarezza il prima possibile nelle prime fasi dei negoziati;

i diversi significati dei termini e delle definizioni negli Stati membri devono essere tenuti in considerazione dalla Commissione;

le definizioni contenute in un atto legislativo specifico dovrebbero essere coerenti con quelle fornite in altre normative dell’UE;

gli atti delegati dovrebbe essere soggetti a requisiti, come sancito dall’articolo 290 TFUE, fornendo definizioni chiare ed esplicite nel testo legislativo di base;

si dovrebbe considerare la possibilità di ricorrere agli atti delegati solo per gli elementi non essenziali dell’atto legislativo, e dovrebbe essere possibile integrare o modificare solo queste parti (10).

5.   Settori sensibili specifici

5.1.   Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE)

5.1.1.

Gli strumenti della politica di coesione europea, ossia i fondi strutturali e in particolare il Fondo sociale europeo, sono attuati in un contesto amministrativo, istituzionale e normativo complesso e rappresentano un ambito specifico in cui un recepimento non necessario e oneroso potrebbe avere conseguenze negative sulle politiche dell’UE. In tale contesto, spesso le norme nazionali e/o regionali «si sommano» ai requisiti minimi (europei) anziché limitarsi a garantire che tali requisiti siano trasposti nel diritto interno. Molte di queste norme comportano oneri amministrativi supplementari. Occorre sottolineare che i requisiti supplementari spesso si basano sul presupposto che essi siano importanti, utili, necessari, nonché sul risultato di un processo democratico.

5.1.2.

Nel quadro della preparazione del QFP per il periodo 2021-2027, il CESE esorta la Commissione ad adottare rapidamente misure volte a eliminare gli oneri amministrativi non necessari che ostacolano gravemente gli investimenti finanziati dai fondi SIE — aiuti di Stato, adempimenti in materia di appalti, prassi in materia di audit e adozione tardiva o finanche retroattiva di orientamenti dettagliati universali. Quella di evitare — o quantomeno ridurre — gli oneri amministrativi non necessari è una responsabilità comune che incombe a tutti gli attori pertinenti.

5.1.3.

Pratiche inappropriate potrebbero generare sfiducia nel sistema di attuazione dei fondi SIE nel suo complesso. Tra queste, basti menzionare una generale avversione al rischio a tutti i livelli, la mancanza di coerenza nelle risposte interpretative delle diverse DG della Commissione, lacune persistenti nell’armonizzazione delle norme relative ai fondi SIE a livello nazionale, locale e regionale, il timore di violare le norme in materia di aiuti di Stato, diversità di impostazioni nei confronti della politica in materia di appalti pubblici tra il livello europeo (dove si pone l’accento sulla trasparenza) e quello nazionale (dove si pone l’accento sul rapporto costi-benefici) e culture amministrative nazionali divergenti.

5.1.4.

Pratiche inappropriate potrebbero inoltre recare pregiudizio sia ai beneficiari che agli organi preposti ai programmi e far lievitare i costi e gli oneri amministrativi dell’attuazione dei fondi SIE, rendendola meno attrattiva. L’assenza di sistemi alternativi per la risoluzione delle controversie potrebbe avere effetti negativi per le imprese, soprattutto se piccole e medie, costrette a fare i conti con pagamenti tardivi, sovraccarico di lavoro amministrativo, controlli non appropriati, progetti rifiutati, esclusione da azioni collettive ecc., ragion per cui il CESE esorta a mettere in atto sistemi specifici per la risoluzione delle liti.

5.1.5.

Raccomandazioni per interventi futuri nel periodo 2021-2027:

5.1.5.1.

Ridurre gli oneri amministrativi nell’ambito della gestione e del controllo:

occorre intervenire rapidamente, a livello europeo e nazionale, per individuare e, se possibile, eliminare le pratiche, i processi e le procedure ridondanti e per raccomandare soluzioni più efficaci sulla base delle buone prassi;

la «gestione condivisa» è una delle cause principali all’origine della complessità dei fondi SIE, ragion per cui occorrerebbe applicare un «approccio integrato» dove la gestione e il controllo di tali fondi sono eseguiti sulla base di norme nazionali («gestione decentrata»);

gli Stati membri dovrebbero esaminare essi stessi i propri sistemi di verifica, gestione e controllo al fine di individuare ed eliminare le ridondanze e le sovrapposizioni normative continuando al tempo stesso a garantire l’impiego corretto dei fondi europei;

la Commissione europea dovrebbe tenere maggiormente conto dell’intensità degli aiuti e delle caratteristiche specifiche dei diversi modelli e meccanismi di attuazione (ossia sovvenzioni, strumenti finanziari, semplificazione dei costi ecc.) al momento di elaborare le relative norme e procedure.

5.1.5.2.

Il CESE invoca la semplificazione e la razionalizzazione delle norme in materia di aiuti di Stato, anche mediante la rimozione di qualsiasi fonte di incertezza riguardo alla loro applicazione. Occorrerebbe considerare possibili modifiche, ove necessario anche alle norme applicabili, in modo che i progetti simili finanziati con fondi SIE siano trattati alla stregua di quelli finanziati mediante il FEIS e dei programmi gestiti direttamente dalla Commissione, come Orizzonte 2020. Nel contempo, il CESE avverte che è necessario porre un limite alle note interpretative e orientative e ai documenti basati su domande e risposte, in modo che non diventino di fatto un ulteriore strato di legislazione, e raccomanda di sostituirli con un’ampia opera di diffusione delle buone prassi, come anche di evitarne l’applicazione retroattiva. Inoltre, invita la Commissione ad astenersi dall’elaborare orientamenti che siano validi per tutti gli Stati membri in seguito a richieste — o segnalazioni di problematiche — riguardanti soltanto uno od alcuni Stati membri.

5.1.5.3.

Per affrontare il problema della diversità di impostazioni relativamente alle norme in materia di appalti pubblici, il CESE raccomanda di istituire una task force congiunta, composta dai rappresentanti delle DG competenti e dai responsabili dei fondi pertinenti, che interpreti le norme, laddove necessario, in maniera coerente e assicuri una consulenza omogenea e un approccio uniforme in merito alle correzioni finanziarie.

5.1.5.4.

Il CESE è dell’avviso che, nell’attuare i fondi SIE, la sussidiarietà debba essere applicata meglio, lasciando alle autorità nazionali il compito di verificare il rispetto delle norme nazionali; e invita gli Stati membri a sfruttare appieno le opzioni di semplificazione previste nel nuovo periodo di programmazione, ad astenersi dalla sovraregolamentazione — termine con cui si intendono qui tutte le norme, gli orientamenti e le procedure di attuazione che possono essere considerati non necessari ai fini degli obiettivi politici stabiliti dalle autorità preposte — e ad eliminare gli oneri amministrativi non necessari.

5.2.   Verso una normativa di migliore qualità

5.2.1.

Il CESE sottolinea che gli oneri normativi e amministrativi non necessari rappresentano un ostacolo per le imprese, i cittadini e gli enti pubblici; ribadisce la necessità di una regolamentazione più semplice, coerente e di migliore qualità, che sia compresa e attuata correttamente e in maniera trasparente, con il coinvolgimento, altrettanto indispensabile, di tutti e quattro i livelli di governance — europeo, nazionale, locale e regionale.

5.2.2.

Alcuni Stati membri dispongono di comitati nazionali di fronte ai quali i governi sono chiamati a giustificare i casi in cui introducono norme più rigorose rispetto ai requisiti minimi stabiliti dalla legislazione dell’UE («sovraregolamentazione»). Negli Stati membri in cui tali istanze non esistono non è necessario istituire nuovi organi amministrativi, purché in questi paesi ogni eventuale requisito superiore agli standard dell’UE sia adottato con un processo trasparente.

5.2.3.

Come già in precedenti pareri (11), il CESE raccomanda di eseguire in modo più efficiente i «test PMI» nelle valutazioni d’impatto relative alle proposte di nuovi atti legislativi europei. Chiede inoltre agli Stati membri di sfruttare le possibilità di accordare alle microimprese, nel rispetto del diritto dell’UE, esenzioni da determinati obblighi; e ribadisce la sua convinzione che gli obiettivi di riduzione dell’onere normativo debbano basarsi su una valutazione globale che includa il dialogo con la società civile e le parti direttamente interessate. L’attuazione della normativa europea non deve indurre a mettere in discussione il livello di protezione dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori, degli investitori e dell’ambiente già garantito nello Stato membro (12).

5.2.4.

Il CESE ribadisce la parità e l’omogeneità dei diversi obiettivi delle politiche dell’UE ai sensi del trattato, sottolineando in particolare quelli relativi a un’economia di mercato socialmente responsabile e fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, come pure a un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente.

5.2.5.

Il CESE invita la Commissione a considerare la possibilità di ricorrere, ove giustificato e opportuno, a modelli basati su incentivi e a norme e orientamenti internazionali.

6.   Impatto sugli standard in materia di lavoro, consumatori e ambiente

6.1.

Negli ultimi decenni, a livello di UE sono state stabilite numerose norme minime in materia di protezione dei consumatori, dell’ambiente e dei lavoratori il cui scopo è garantire una convergenza «verso l’alto» delle condizioni di vita e di lavoro all’interno dell’Unione, ossia quella maggiore convergenza sociale prescritta all’articolo 151 del TFUE.

6.2.

Il legislatore europeo ha deliberatamente lasciato agli Stati membri un certo margine di manovra nell’attuare le norme minime in conformità con i principi del trattato UE, pur e soprattutto nel rispetto del principio di proporzionalità. Di conseguenza, le direttive prevedono che, nel processo di attuazione, gli Stati membri tengano conto degli standard più elevati eventualmente presenti nei loro ordinamenti interni. Il CESE sottolinea che, ogni qual volta gli Stati membri decidano di optare per livelli di tutela più ambiziosi, si potrebbe tener conto, tra altre considerazioni, anche dei principi del miglioramento normativo (programma «Legiferare meglio»).

6.3.

Tali standard a livello nazionale sono il frutto di processi di negoziazione democratica cui hanno partecipato in larga misura le parti sociali europee e nazionali e vanno a vantaggio dei lavoratori, dei consumatori e delle imprese. In linea con gli obiettivi del trattato UE, l’adozione di tali norme minime dovrebbe puntare a garantire un funzionamento migliore del mercato interno e nel contempo non incidere negativamente sui livelli di tutela più elevati eventualmente già previsti a livello nazionale. In molti casi le norme minime di diritto dell’UE comprendono persino delle clausole esplicite di «non regresso», in base alle quali l’attuazione della direttiva in questione non può essere utilizzata per giustificare l’abbassamento al livello della norma europea di eventuali standard nazionali più elevati. Ciò non significa, tuttavia, che gli standard nazionali siano scolpiti nel marmo e non possano in alcun caso essere modificati.

6.4.

Nel recepire il diritto europeo nel proprio diritto nazionale, gli Stati membri potrebbero utilizzare valutazioni d’impatto per accertarne i possibili effetti sociali, economici e di altra natura.

6.5.

In materia di politica sociale, così come di protezione dei consumatori e dell’ambiente, il legislatore europeo si è assicurato che gli standard più elevati previsti negli Stati membri non risultassero compromessi ma venissero anzi salvaguardati, fermo restando il coinvolgimento nelle valutazioni d’impatto di tutte le parti interessate. A tal proposito, il CESE ha ripetutamente osservato che il programma «Legiferare meglio» dovrebbe sì garantire una produzione normativa europea di qualità, ma senza che ciò comprometta gli obiettivi fondamentali delle politiche o eserciti una pressione a favore della deregolamentazione per quanto concerne gli standard di protezione sociale e ambientale come anche i diritti fondamentali (13).

6.6.

Il CESE ribadisce che le norme minime europee, in particolare nell’ambito della politica sociale dell’Unione, mirano al ravvicinamento delle condizioni di vita e di lavoro in tutta l’UE nell’ottica di una convergenza sociale verso l’alto. Le norme minime prescritte dalle direttive dell’UE non dovrebbero essere intese come un «livello massimo» da non superare nel corso del loro recepimento negli ordinamenti giuridici nazionali.

6.7.

Il CESE sostiene il processo di miglioramento della regolamentazione («legiferare meglio») e ne riconosce il valore aggiunto. Nel contempo, però, il CESE avverte che tale processo non dovrebbe in alcun caso essere addotto come pretesto per un abbassamento degli standard, specialmente in ambiti quali la tutela dei consumatori o dell’ambiente, il diritto del lavoro, la promozione della prosperità, della crescita e della creazione di posti di lavoro sostenibili; e fa presente che, qualora ciò avvenisse, alimenterebbe il crescente euroscetticismo tra ampie fasce della popolazione dell’UE: a giudizio del CESE, infatti, l’accettazione del processo di unificazione europea da parte dei cittadini non dovrebbe essere messa a repentaglio da una competizione normativa all’abbassamento degli standard.

Bruxelles, 19 settembre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  https://ec.europa.eu/info/law/law-making-process/planning-and-proposing-law/better-regulation-why-and-how_it

(2)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 1.

(3)  GU C 434 del 15.12.2017, pag. 11, GU C 13 del 15.1.2016, pag. 192, GU C 303 del 19.8.2016, pag. 45, GU C 487 del 28.12.2016, pag. 51, GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22.

(4)  https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/report-task-force-subsidiarity-proportionality-doing-less-more-efficiently_1.pdf.

(5)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22, GU C 18 del 19.1.2017, pag. 10.

(6)  Cfr., tra l’altro, il punto 1.2 del parere del CESE sul tema «REFIT» (GU C 303 del 19.8.2016, pag. 45).

(7)  COM(2012) 746 final, pag. 2.

(8)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 45, punto 2.1.

(9)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22, punto 1.2.

(10)  CES248-2013 (relazione informativa); (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 145).

(11)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 1.

(12)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22, punti 4.7.1 e 4.8.3.

(13)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22 (punti 1.1 e 3.4), GU C 303 del 19.8.2016, pag. 45 (punti 2.1-2.2 e 2.5) e GU C 13 del 15.1.2016, pag. 192 (punto 2.4).


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