17.11.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 277/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La partecipazione della società civile all'attuazione dei piani d'azione nell'ambito della politica europea di vicinato nei paesi subcaucasici (Armenia, Azerbaigian, Georgia)

(2009/C 277/07)

Relatore: ADAMCZYK

Nel corso della sessione plenaria del 15-16 febbraio 2007 il Comitato economico e sociale europeo, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

La partecipazione della società civile all'attuazione dei piani d'azione nell'ambito della politica europea di vicinato nei paesi subcaucasici (Armenia, Azerbaigian, Georgia).

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 aprile 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore ADAMCZYK.

Alla sua 453a sessione plenaria, dei giorni 13 e 14 maggio 2009 (seduta del 14 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni

1.1.   Il Caucaso meridionale è una regione estremamente eterogenea dal punto di vista etnico, linguistico, storico, religioso e politico. Questa situazione, le interminabili dispute territoriali e una storia di secolare dominazione straniera fanno sì che in questa regione la costruzione di un vero e proprio Stato, l'identità nazionale e la difesa dell'indipendenza assorbano notevoli energie, anche per le organizzazioni della società civile.

1.2.   Dall'inizio dei negoziati sugli accordi di partenariato e di cooperazione - poi firmati nel 1999 - e sui piani d'azione nell'ambito della politica europea di vicinato (PEV) per il periodo 20072011, né le parti sociali né le altre organizzazioni della società civile hanno finora svolto un ruolo sufficiente nell'elaborazione e nell'attuazione di tali strumenti.

1.3.   Sia la realizzazione dei piani d'azione e i previsti negoziati degli accordi di associazione, che sono strumenti bilaterali, sia l'iniziativa del partenariato orientale, che ha carattere multilaterale, offrono l'opportunità di coinvolgere la società civile organizzata nelle azioni attinenti a queste iniziative. Tuttavia, per poter conseguire questo obiettivo, è necessario l'impegno sia delle istituzioni europee che degli Stati membri.

1.4.   La Commissione europea dovrebbe incoraggiare i governi dei paesi del Caucaso meridionale a cooperare attivamente con le parti sociali e con le organizzazioni della società civile nell'attuazione dei piani d'azione e degli accordi di partenariato e di cooperazione.

1.5.   Nel contempo, le istituzioni europee dovrebbero, nel contesto dei negoziati riguardanti i piani d'azione, porre l'accento sul rispetto dei diritti dell'uomo e dei principi democratici, nonché dei principi del dialogo sociale e di quelli del dialogo civile. Le relazioni annuali sull'attuazione dei piani d'azione dovrebbero includere una valutazione di tali questioni. Ciò potrebbe contribuire a rafforzare il ruolo della società civile e l'indipendenza delle sue organizzazioni, nonché influire positivamente sul rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e della parità fra i sessi.

1.6.   La creazione di un forum della società civile, prevista nell'iniziativa del partenariato orientale, può agevolare il dialogo tra le organizzazioni dei paesi interessati dal partenariato, nonché il dialogo tra tali organizzazioni e le autorità. Occorre tuttavia assicurarsi che le organizzazioni partecipanti al forum siano davvero rappresentative e indipendenti, e il Comitato economico e sociale europeo (CESE) può svolgere un ruolo importante nell'assicurarsi che tali criteri siano rispettati nonché nel funzionamento del forum.

1.7.   Occorre favorire contatti a tutto campo tra le persone e tra le organizzazioni dei paesi della regione e degli Stati membri dell'UE, anche su base bilaterale. Per far ciò, è indispensabile facilitare l'ottenimento del visto per i cittadini dei paesi del Caucaso meridionale.

1.8.   Le istituzioni europee, che possono contribuire ai tentativi di risolvere i conflitti tra i paesi del Caucaso meridionale, dovrebbero sforzarsi di coinvolgere nel processo di pace le organizzazioni della società civile, che a loro volta possono influire positivamente sul processo di riconciliazione.

2.   Introduzione

2.1.   La regione del Caucaso meridionale comprende tre paesi («paesi subcaucasici»): l'Armenia, l'Azerbaigian e la Georgia. Benché poco estesa, questa regione è estremamente eterogenea dal punto di vista etnico, linguistico, storico, religioso e politico.

2.2.   La situazione è resa ancor più complessa dal fatto che due paesi della regione, Armenia e Azerbaigian, si affrontano da 20 anni in un conflitto per il Nagorno-Karabakh, mentre la Georgia ha da tempo perso il controllo di due sue province, l'Abcasia e l'Ossezia meridionale, dove la situazione si è ulteriormente complicata in seguito alla recente guerra contro la Russia.

2.3.   Benché diversi per tradizioni, storia ed evoluzione culturale, i paesi subcaucasici sono accomunati da un passato di appartenenza all'Unione sovietica, che ha lasciato tracce molto evidenti in numerosi settori, soprattutto della vita economica e sociale.

2.4.   Tenuto conto del carattere multietnico del Caucaso meridionale e degli incessanti conflitti armati, il rafforzamento dell'identità nazionale, la costruzione di un vero e proprio Stato e delle relative istituzioni, e la difesa dell'indipendenza costituiscono questioni prioritarie per tutti e tre i paesi subcaucasici, nonché per le loro organizzazioni della società civile.

2.5.   La situazione politica della regione è caratterizzata da un grave deficit democratico. Dopo la riconquista dell'indipendenza, ossia da quasi venti anni a questa parte, nella regione si sono avuti colpi di Stato, guerre civili e rivoluzioni più o meno riuscite. I governi che si sono succeduti al potere hanno cercato di limitare l'attività dell'opposizione politica, di controllare i media e di influire sulla società civile organizzata, e in particolare sulle parti sociali. In Georgia, è solo dopo la «rivoluzione delle rose» che si è compiuta un'evoluzione in senso democratico, sebbene sia organizzazioni indipendenti che osservatori esterni continuino a denunciare numerose carenze nel funzionamento di tale democrazia.

2.6.   La situazione economica resta preoccupante. La mancanza di infrastrutture moderne, l'arretratezza della tecnologia, l'insufficienza dei capitali di investimento nazionali, le spese sostenute per gli armamenti e le installazioni militari, e il venir meno degli sbocchi offerti dal mercato delle altre repubbliche ex sovietiche sono le cause principali di questa grave situazione economica. L'Azerbaigian, grazie ai giacimenti di petrolio e di gas che possiede, si trova in una situazione diversa, benché la dipendenza della sua economia da questo settore e la perdita del Nagorno-Karabakh e delle regioni azere circostanti siano responsabili del persistere di gravi problemi economici.

2.7.   La situazione sociale è anch'essa estremamente difficile. Una parte considerevole della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, le differenze di reddito tra ricchi e poveri aumentano in maniera drammatica, e i problemi sociali sono enormi, specialmente tra gli anziani e i malati. L'elevato tasso di disoccupazione e la presenza di numerosi rifugiati di guerra, specialmente in Georgia e Azerbaigian, non migliorano certo la situazione. Inoltre, secondo alcune stime, fino al 60 % del reddito del Caucaso meridionale deriverebbe dal settore informale, il che crea ulteriori gravi problemi sociali. Questa situazione già di per sé sconfortante è poi aggravata dalla crisi economica globale attualmente in corso. A tutto ciò si aggiunge infine il problema di una diffusa corruzione.

2.8.   La situazione geopolitica dei paesi subcaucasici è estremamente complessa, in un contesto di difficili relazioni reciproche e con i paesi vicini. È evidente che per questi paesi sarà difficile superare la loro situazione di isolamento geografico rispetto al resto del mondo senza la partecipazione attiva di grandi nazioni vicine come la Turchia e la Russia, per cui è anche nel loro interesse normalizzare e stabilizzare nel modo migliore possibile le loro relazioni con questi paesi. In proposito potrebbe risultare utile il fatto che tutti e tre i paesi subcaucasici partecipino, insieme con la Russia e la Turchia, alla Sinergia per il Mar Nero - una nuova iniziativa multilaterale di cooperazione regionale.

2.9.   Una delle risorse potenziali dei paesi subcaucasici potrebbe essere l'agricoltura, che è però arretrata e logorata sia dalla politica irrazionale un tempo condotta dallo Stato che dalla mancanza di investimenti. Per stimolare lo sviluppo del settore agricolo, il fattore essenziale sarebbe quindi la completa apertura delle relazioni commerciali fra questi tre paesi subcaucasici e il loro mercato tradizionale, quello russo.

3.   La politica europea di vicinato (PEV) nel Caucaso meridionale

3.1.   Il Caucaso meridionale non era originariamente incluso nella politica europea di vicinato (PEV). È in seguito ai segni di interesse manifestati dai paesi della regione per una relazione più stretta con l'Unione europea e, soprattutto, alla «rivoluzione delle rose» in Georgia, che si sono aperte nuove prospettive di cooperazione.

3.2.   I piani d'azione per i tre paesi sono stati adottati nel novembre 2006, al termine di due anni di negoziati, e costituiscono la base della cooperazione per il periodo 2007-2011. Le priorità di tali piani sono simili per l'Armenia, l'Azerbaigian e la Georgia, e includono tra l'altro i seguenti obiettivi:

rafforzare lo Stato di diritto, in particolare mediante una riforma del sistema giudiziario secondo i principi fissati dal Consiglio d'Europa,

consolidare la democrazia e garantire il rispetto dei diritti umani, anche grazie alla promozione degli enti locali,

creare condizioni che garantiscano l'indipendenza dei media,

migliorare la situazione dell'economia grazie alla creazione di condizioni migliori per gli affari e l'iniziativa economica, la riforma del sistema fiscale e la lotta contro la corruzione,

conseguire una maggiore stabilità mediante il sostegno a uno sviluppo economico sostenibile, la coesione sociale, la riduzione delle aree di povertà e le azioni nel campo della tutela dell'ambiente,

rafforzare la cooperazione regionale nel Caucaso meridionale,

sforzarsi di trovare una soluzione pacifica ai conflitti territoriali.

3.3.   Nella sua forma attuale, la PEV non riguarda l'eventuale adesione degli Stati subcaucasici all'Unione europea; tuttavia, essa individua degli ambiti di cooperazione rafforzata che potrebbero contribuire ad avvicinare questi paesi agli standard dell'acquis comunitario e, in prospettiva, condurre anche alla loro adesione allo Spazio economico europeo, qualora tali paesi lo desiderino.

3.4.   Finora, sia le parti sociali che le altre organizzazioni della società civile non hanno svolto un ruolo di rilievo in questo processo, né nei negoziati sui principi degli accordi di partenariato e di cooperazione e dei piani di azione né nella loro attuazione, anche se la situazione varia a seconda del paese e della dinamica delle singole organizzazioni. Quelle organizzazioni che si sono sforzate di partecipare a questo processo talvolta lo hanno fatto di propria iniziativa e più contro la volontà delle autorità che su invito di queste ultime.

3.5.   Sia la realizzazione dei piani di azione, che sono lo strumento privilegiato dell'approccio bilaterale, sia la nuova iniziativa multilaterale di partenariato orientale, offrono l'occasione di coinvolgere maggiormente le organizzazioni della società civile nel lavoro che si sta svolgendo e nelle relative misure. Tuttavia, affinché tali organizzazioni siano realmente autorizzate a collaborare, sono necessari l'iniziativa e il monitoraggio da parte delle istituzioni europee, ma anche l'aiuto delle organizzazioni omologhe dei paesi dell'Unione europea.

4.   I datori di lavoro

4.1.   Le organizzazioni dei datori di lavoro nei tre paesi subcaucasici appaiono soggette alla forte influenza delle autorità, anche perché una parte importante dell'attività economica si svolge nel settore statale. Tuttavia, non in tutti questi paesi le cause e i meccanismi alla base di questa influenza sono gli stessi.

4.2.   La caratteristica comune delle organizzazioni imprenditoriali è l'importanza fondamentale attribuita alle camere di commercio e industria. Benché non costituiscano organizzazioni datoriali nel senso stretto del termine e i loro compiti e il loro campo di azione esulino dalla rappresentanza delle imprese in quanto parti sociali, i loro stretti legami con i governi e spesso il loro status quasi pubblicistico ne fanno degli organismi certo molto competenti ma anche non molto indipendenti.

A causa della loro debolezza, della loro scarsa rappresentatività e del legame che li unisce ai poteri pubblici, che assume per lo più la forma di una dipendenza, le organizzazioni datoriali non sono nella posizione di svolgere un ruolo di parti sociali a pieno titolo nei negoziati con i sindacati, i quali, volenti o nolenti, sono costretti a discutere molte questioni direttamente con il governo. Le caratteristiche delle organizzazioni datoriali sono tuttavia diverse a seconda del singolo paese considerato.

4.3.1.   In Georgia, malgrado la forte pressione a favore della privatizzazione da parte di un governo orientato verso il mercato, una parte notevole dell'industria è controllata dallo Stato e la maggior parte delle imprese private appartiene a investitori russi o kazaki. Questa situazione rafforza ulteriormente la volontà e la capacità del governo di ingerire negli affari degli imprenditori.

4.3.2.   In Armenia, i principali settori di attività economica sono nelle mani di veterani della guerra del Nagorno-Karabakh, che hanno finito per costituire un gruppo privilegiato di imprenditori. Nel contempo si perpetua, in materia finanziaria, commerciale e politica, l'interdipendenza tra uomini d'affari, parlamentari ed esponenti del governo. Con la graduale futura uscita di scena della generazione dei combattenti del Nagorno-Karabakh e per effetto della cooperazione con le omologhe organizzazioni europee, le organizzazioni datoriali armene potrebbero iniziare ad assumere il ruolo più classico di parti sociali.

4.3.3.   In Azerbaigian, l'economia è dominata al 90 % dal settore energetico, che continua a trovarsi sotto il diretto controllo del presidente. Tale situazione, e il fatto che l'élite dei circoli finanziari anche negli altri settori dell'economia sia formata da dirigenti, perlopiù giovani, fedeli alle autorità statali e in gran parte istruiti e formati in Europa occidentale e negli Stati Uniti, aiutano le organizzazioni datoriali ad iniziare sempre più ad assumere un ruolo di parte sociale.

5.   I sindacati dei lavoratori

5.1.   I sindacati dei lavoratori dei tre paesi subcaucasici differiscono notevolmente tra loro, il che dipende in gran parte dal fatto di operare in contesti economici, sociali e politici diversi. Caratteristiche comuni a ciascuno di essi sono l'aver conosciuto negli anni una notevole e progressiva diminuzione del numero degli iscritti e l'aver cercato, con minore o maggiore successo, di riformare strutture e metodi di gestione obsoleti. Malgrado alcuni sforzi in tal senso, non è riuscita a emergere alcuna organizzazione sindacale realmente alternativa, cosicché in pratica l'esclusiva della rappresentanza dei lavoratori rimane in mano alle organizzazioni che esistevano al momento della conquista dell'indipendenza.

Tuttavia, le organizzazioni sindacali differiscono tra loro per il grado di indipendenza dalle autorità pubbliche del loro paese e di vicinanza alle organizzazioni delle loro controparti datoriali.

5.2.1.   In Georgia, i sindacati mantengono una relativa indipendenza dal governo e dall'amministrazione presidenziale, con i quali si trovano anzi in conflitto. In un contesto di accuse di scarso patriottismo o addirittura di sabotaggio in un paese in stato di guerra, la situazione dei sindacati è senz'altro difficile. Essa è però anche inevitabile, di fronte all'arroganza del potere politico e della sua indifferenza verso l'opinione delle parti sociali. I diritti dei sindacati e dei lavoratori sono spesso violati, e il nuovo codice del lavoro è stato introdotto senza consultarli.

5.2.2.   In Armenia, lo Stato subcaucasico in cui la riforma delle organizzazioni sindacali è stata avviata più tardi, i sindacati hanno assai di rado sostenuto una posizione critica, o quantomeno indipendente, nei confronti delle autorità e, dopo la fase di distacco dalle strutture pansovietiche, hanno a lungo tardato ad avviare riforme di rilievo. Tale situazione è stata causata dallo stato di guerra e dalla specifica regola di correttezza politica che impone il sostegno al potere come un dovere patriottico in sé. Il cambiamento di dirigenza della confederazione sindacale intervenuto nel 2007 offre a questa organizzazione la possibilità di acquisire una maggiore dinamica di azione e una maggiore indipendenza.

5.2.3.   In Azerbaigian, le autorità statali, dopo l'avvento al potere dell'attuale squadra di governo, dedicano molta attenzione al dialogo sociale e alla questione del mantenimento della pace sociale, mentre i sindacati, che sostengono tale politica, mirano a ottenere i maggiori vantaggi possibili per i lavoratori evitando però di innescare aspri conflitti sociali e di mettere in pericolo l'unità nazionale. Si è così configurato uno specifico modello sindacale, di tipo corporativo, specialmente nei rami di attività più ricchi, ossia in quelli dell'energia e dei servizi pubblici. I sindacati, che godono di un grado relativamente elevato di indipendenza, rivendicano attivamente i diritti sociali e il benessere dei propri iscritti, evitando tuttavia di scontrarsi direttamente con il governo: una strategia che, nella fase attuale, sembra essere l'unica possibile.

6.   Le organizzazioni non governative che rappresentano altri interessi

6.1.   A seconda della forma di finanziamento delle loro attività, le organizzazioni non governative (ONG) dei paesi subcaucasici si suddividono in tre gruppi:

quelle indipendenti - che finanziano la loro attività con i contributi degli iscritti, la remunerazione dei servizi prestati all'esterno o il patrimonio accumulato o ereditato,

quelle costituite, finanziate e controllate dal governo e

quelle dipendenti da donatori esterni, perlopiù stranieri.

6.2.   Le caratteristiche peculiari delle ONG subcaucasiche sono la notevole diversità degli obiettivi perseguiti e dei compiti svolti, nonché, in molti casi, il loro carattere effimero: non di rado, infatti, esse si estinguono dopo aver assolto una particolare funzione o quando vengono meno i finanziamenti.

6.3.   L'assenza di una tradizione di attività delle organizzazioni della società civile, i conflitti armati e le difficoltà di finanziamento di tali attività fanno sì che la creazione di organizzazioni realmente indipendenti incontri una serie di ostacoli.

Di fronte al disastro economico e allo sconvolgimento sociale prodottisi nei primi tempi dopo il crollo dell'Unione sovietica, buona parte delle organizzazioni della società civile si è dedicata alla lotta contro la povertà e al miglioramento delle condizioni di vita.

6.4.1.   Il paese subcaucasico in cui la società civile sembra svilupparsi con maggior vigore è la Georgia. In questo paese, un centinaio di ONG, che sono state riconosciute dagli osservatori indipendenti, sono attive nel campo della lotta contro la corruzione, della promozione dello Stato di diritto, dei diritti umani e di quelli delle minoranze, della libertà dei mezzi d'informazione, della tutela dell'ambiente e della sicurezza energetica.

6.4.2.   In Armenia, i principali gruppi di ONG riuniscono, da un lato, quelle che, su incarico diretto da parte del governo o di organizzazioni internazionali, operano nel campo delle analisi politiche e dell'elaborazione di documenti strategici e, dall'altro, quelle che attuano progetti in settori quali l'istruzione, la tutela della salute o la sicurezza sociale. Un fenomeno interessante è la trasformazione delle ONG, una volta portato a termine il loro progetto, in piccole imprese di servizi commerciali.

6.4.3.   In Azerbaigian il Forum nazionale delle ONG, istituito nel 1999 con il sostegno del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo rappresenta una compagine di oltre 400 ONG, in parte tributarie dello Stato, di finanziatori stranieri o di partiti di opposizione, mentre le poche altre si finanziano facendo pagare i loro servizi. Ciò nonostante, esiste anche un piccolo numero di ONG che si mantiene politicamente neutrale e in futuro potrebbe svolgere un ruolo più importante nella formazione dell'opinione pubblica.

7.   Prospettive e raccomandazioni

L'attuazione dei piani d'azione adottati nell'ambito della PEV costituisce un'opportunità finora non sfruttata di rafforzare il dialogo sociale e civile nel campo della cooperazione europea dei paesi subcaucasici.

7.1.1.   La Commissione europea dovrebbe incitare i governi degli Stati subcaucasici a consultare le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile riguardo ai piani d'azione e ad iniziare a cooperare con loro nell'attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione di tali piani. Neppure le migliori prassi in materia di contatti diretti tra rappresentanze dell'UE e organizzazioni selezionate possono supplire a queste misure, che sarebbero utili e importanti sia per attuare i piani d'azione che per accrescere il peso e il ruolo della società civile.

7.1.2.   Nella fase dei colloqui relativi ai piani d'azione e agli accordi di partenariato e cooperazione, la Commissione dovrebbe porre maggiormente l'accento sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, nonché dei principi del dialogo sociale e di quelli del dialogo civile, e in particolare sul diritto di associazione e su quello di contrattazione collettiva. Sarebbe opportuno includere una valutazione approfondita di tali questioni nelle relazioni annuali sull'attuazione dei piani d'azione.

7.1.3.   I governi dei singoli paesi dovrebbero, in collaborazione con le istituzioni europee e in stretta cooperazione con le organizzazioni della società civile, condurre un'ampia campagna di informazione riguardo all'Unione europea, alle sue istituzioni e all'acquis comunitario, nonché alla politica di vicinato e all'attuazione dei piani d'azione. A tale scopo è necessario creare strumenti e forme di finanziamento appropriati. Uno di questi strumenti potrebbe consistere nell'offrire la possibilità di ottenere piccole sovvenzioni dell'Unione europea appositamente previste a tal fine e destinate alle organizzazioni della società civile.

7.2.   La nuova iniziativa del partenariato orientale offrirà una nuova possibilità di rafforzare i contatti tra le organizzazioni della società civile dei paesi subcaucasici e quelle dell'Unione europea nonché, soprattutto, di stimolare il dialogo civile in loco.

La proposta, inclusa nell'iniziativa del partenariato orientale, di costituire un forum della società civile con l'obiettivo di promuovere la cooperazione fra le organizzazioni e di facilitare il loro dialogo con le autorità è un'iniziativa lodevole, ma andrebbe accompagnata da un monitoraggio da parte delle istituzioni europee per garantire che tale dialogo sia autentico.

7.3.1.   Occorre inoltre assicurarsi che la nomina dei rappresentanti al forum avvenga in maniera democratica e che, per la sua composizione, il forum riunisca le organizzazioni maggiormente rappresentative, democratiche e indipendenti. Il Comitato potrebbe svolgere un ruolo importante nell'assicurarsi che tali criteri siano rispettati nonché nel funzionamento del forum.

7.3.2.   Il forum, in quanto organismo di cui farebbero parte anche gli altri paesi interessati dal partenariato orientale, offrirebbe anche alle società civili subcaucasiche l'opportunità di estendere la formula della cooperazione multilaterale a paesi situati al di fuori della regione del Caucaso meridionale.

7.4.   Il partenariato orientale dovrebbe favorire contatti efficaci tra le persone e le organizzazioni in materia di istruzione, scienza, cultura, lotta contro la discriminazione e l'intolleranza e conoscenza delle reciproche culture. Per raggiungere tale risultato, è indispensabile agevolare l'ottenimento del visto per i cittadini dei paesi subcaucasici.

7.5.   Sia la politica europea di vicinato che il partenariato orientale offrono alla società civile dei paesi subcaucasici non solo la possibilità di stabilire e mantenere contatti con le istituzioni europee, ma anche quella di collaborare a livello bilaterale con le organizzazioni partner. In proposito, sarebbe molto utile creare un meccanismo di sostegno legato alla cooperazione con le organizzazioni omologhe dei paesi dell'UE.

7.6.   Una delle sciagure che affliggono i paesi subcaucasici è costituita dagli interminabili conflitti armati. Oltre alle istituzioni europee, che svolgono un ruolo di evidente rilievo negli sforzi di composizione dei conflitti, anche le organizzazioni della società civile sembrano poter svolgere un ruolo di sostegno al processo di pace, in particolare nella promozione di tale processo presso i cittadini dei loro paesi. In tale contesto, le iniziative regionali congiunte possono assumere una particolare importanza, consentendo che il difficile processo di riconciliazione possa prendere avvio dai contatti instaurati dalle organizzazioni partner dei paesi in conflitto.

Bruxelles, 14 maggio 2009

Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI