Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO recante modifica del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti /* COM/2014/01 final - 2014/0005 (COD) */
RELAZIONE 1. CONTESTO DELLA PROPOSTA A giugno 2005 il Consiglio dell’Unione europea
ha adottato il regolamento (CE) n. 1236/2005 sul commercio di determinate
merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o
per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, che è entrato in
vigore il 30 luglio 2006. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, diventata giuridicamente vincolante a dicembre 2009 con l’entrata in
vigore del trattato di Lisbona, si applica alle istituzioni, agli organi e agli
organismi dell’Unione, come pure agli Stati membri quando attuano il diritto
dell’Unione. Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 1352/2011,
entrato in vigore il 21 dicembre 2011, la Commissione europea ha modificato gli
allegati II e III del presente regolamento, in primo luogo per introdurre
controlli all’esportazione mirati a impedire l’uso di determinati prodotti
medicinali per la pena di morte (esecuzione tramite iniezione letale). Questa modifica
è stata accompagnata da linee guida sull’applicazione degli articoli 5 e 6 del
regolamento (CE) n. 1236/2005, contenute nel documento di lavoro dei
servizi della Commissione SEC(2011) 1624 del 20 dicembre 2011. La Commissione ha poi dato avvio a un processo
di revisione complessiva del regolamento (CE) n. 1236/2005, soprattutto in
risposta alla risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010[1]. In esito all’invito a
presentare candidature bandito dalla Commissione nella primavera 2012, è stato
creato un gruppo di esperti che ha coadiuvato la Commissione in questo lavoro
di revisione. Tra luglio 2012 e luglio 2013 il gruppo di esperti si è riunito
sei volte a Bruxelles con i servizi della Commissione interessati. 2. CONSULTAZIONE DELLE PARTI
INTERESSATE E VALUTAZIONI D’IMPATTO Dopo la pubblicazione del regolamento di
esecuzione (UE) n. 1352/2011 della Commissione, una serie di produttori di
prodotti medicinali dell’Unione si sono opposti all’impiego dei propri prodotti
per la pena di morte: i produttori di un medicinale non soggetto ai controlli
all’esportazione, ma che potrebbe essere utilizzato per praticare iniezioni
letali negli Stati Uniti d’America, hanno comunicato alla Commissione europea
le misure adottate per garantire che i loro distributori nei paesi terzi
prevengano l’utilizzo del prodotto per la pena di morte. Tanto i produttori che
esportano quanto le autorità competenti hanno fatto presente che l’attuale
sistema di controlli all’esportazione dei prodotti medicinali, che ogni anno
implica numerosissime operazioni di esportazione, è inutilmente gravoso. Durante il processo di revisione il gruppo di
esperti ha dato un importante contributo, principalmente con riguardo alla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e alle merci in
commercio che si prestano a finalità coercitive e che possono essere impiegate
per praticare la tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani o
degradanti. Gli esperti si sono detti a favore di ulteriori misure che
contribuiscano a prevenire le violazioni dei diritti umani, ma hanno fatto
presente che le restrizioni agli scambi vanno valutate anche in un’ottica che
non si riduca al divieto di utilizzare attrezzature che si prestano a finalità
coercitive. 3. ELEMENTI GIURIDICI DELLA
PROPOSTA 3.1 Controlli all’esportazione specifici
per la pena capitale Una delle sezioni dell’allegato III, entrato
in vigore il 21 dicembre 2011, riguarda i «Prodotti che potrebbero essere
utilizzati per l’esecuzione di esseri umani tramite iniezione letale»; i controlli
all’esportazione di questi prodotti sono intesi a prevenirne l’utilizzo per la
pena di morte nei paesi terzi. Il regolamento (CE) n. 1236/2005
prevede attualmente un regime di controlli all’esportazione mirato a evitare
che le merci esportate dall’Unione vengano impiegate per praticare la tortura o
altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti. Per chiarire gli scopi
e le modalità di questi controlli, è opportuno inserire nel regolamento un
capitolo specifico sui controlli all’esportazione intesi a impedire che le merci
soggette a controlli siano utilizzate per la pena di morte e un elenco
specifico delle merci soggette a controlli (di seguito “allegato III bis”). La tortura e altri trattamenti o pene crudeli,
inumani o degradanti sono ritenuti tendenzialmente pratiche illegali, non
estese in molti casi a tutto il territorio nazionale, soprattutto perché
vietate, senza eccezioni, da una serie di strumenti internazionali. Di contro la
pena di morte è una pratica legale nei paesi che non l’hanno abolita. Si pone
quindi il problema se determinati paesi vanno esentati dai controlli volti a
prevenire la pena di morte. La Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (di seguito «Convenzione europea
dei diritti dell’uomo») è stata integrata nel 1983 dal protocollo n. 6
relativo all’abolizione della pena di morte. Il protocollo n. 6 stabilisce
che uno Stato può prevedere nella propria legislazione la pena di morte per
atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra. Il
protocollo n. 13 del 2003 prevede invece l’abolizione della pena di morte
in tutte le circostanze. I due protocolli sono stati ratificati dagli Stati
membri dell’UE e da una serie di altri Stati membri del Consiglio d’Europa.
Albania, Andorra, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Islanda, Liechtenstein, ex
Repubblica jugoslava di Macedonia, Moldova, Montenegro, Norvegia, San Marino,
Serbia, Svizzera, Turchia e Ucraina li hanno ratificati e hanno abolito la pena
capitale in tutte le circostanze, mentre l’Armenia e l’Azerbaigian hanno
ratificato unicamente il protocollo n. 6. Nel 1989 l’Assemblea generale delle Nazioni
Unite ha adottato e proclamato il secondo protocollo facoltativo al Patto
internazionale sui diritti civili e politici, mirato all’abolizione della pena
di morte: gli Stati contraenti si impegnano a abolire la pena di morte ma
possono, in virtù della riserva prevista all’articolo 2 e formulata all’atto
della ratifica o dell’adesione, applicare la pena di morte in tempo di guerra a
seguito di una condanna per un delitto di natura militare di gravità estrema
commesso in tempo di guerra. Oltre agli Stati membri dell’UE e a una serie di
altri Stati europei, hanno aderito senza riserva al protocollo Argentina,
Australia, Benin, Bolivia, Canada, Capo verde, Colombia, Costa Rica, Gibuti,
Ecuador, Guinea-Bissau, Honduras, Kirghizistan, Liberia, Madagascar, Messico,
Mongolia, Mozambico, Namibia, Nepal, Nuova Zelanda, Nicaragua, Panama,
Paraguay, Filippine, Ruanda, Sao Tomé e Principe, Seychelles, Sudafrica, Timor Leste,
Turkmenistan, Uruguay, Uzbekistan e Venezuela, mentre Azerbaigian, Brasile e
Cile vi hanno aderito avvalendosi però della riserva dell’articolo 2. Dati i fermi impegni internazionali derivanti
dal protocollo n. 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo o dal
secondo protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e
politici, senza la riserva dell’articolo 2, le esportazioni di merci verso gli
Stati firmatari di uno di questi due strumenti non hanno bisogno di specifiche
autorizzazioni per prevenirne l’uso per la pena di morte. Basterà in questi
casi un’autorizzazione generale di esportazione, che dovrà prevedere adeguate
condizioni per evitare che le merci vengano riesportate verso paesi che non
hanno abolito la pena di morte e non richiederà il previo esame delle autorità
competenti. L’autorizzazione generale dovrà riguardare quindi solo i casi in
cui l’utente finale delle merci esportate è stabilito nel paese di destinazione
e le merci non vengono riesportate verso altri paesi. Se non sussistono queste
condizioni, sarà necessario richiedere alle autorità competenti un’autorizzazione
specifica o generale. 3.2 Ulteriori misure riguardanti
le merci elencate Per quanto riguarda gli attuali controlli all’esportazione
che mirano a evitare che le merci esportate dall’UE vengano utilizzate per la
pena di morte, la tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani o
degradanti, è stato proposto che le attuali restrizioni agli scambi siano
integrate da restrizioni sui servizi di intermediazione, assistenza tecnica e
transito. Nell’esaminare la necessità e la proporzionalità di queste
restrizioni al fine di evitare, da un lato, che le merci elencate all’allegato
III bis siano utilizzate per la pena di morte o, dall’altro, che le
merci elencate all’allegato III siano utilizzate per la tortura e altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, si pongono questioni simili.
Si può pertanto procedere a un’unica valutazione della necessità e della
proporzionalità, anche se le finalità e le eventuali esenzioni saranno diverse. 3.2.1 Servizi di intermediazione
riguardanti le merci elencate all’allegato II Per quanto riguarda i dispositivi e le merci
elencati all’allegato II, le attuali disposizioni (articoli 3 e 4) coprono già la
fornitura di assistenza tecnica, mentre le definizioni di importazione e di
esportazione garantiscono che l’entrata e l’uscita di merci e dispositivi in
transito rientrino nei divieti. Per la fornitura di servizi di intermediazione
riguardanti le merci e i dispositivi in questione non è però previsto alcun
divieto. Partendo dalla definizione di servizi di intermediazione di cui al
regolamento (CE) n. 428/2009 che istituisce un regime di controllo delle
esportazioni, del trasferimento, dell’intermediazione e del transito di
prodotti a duplice uso, si potrebbe vietare l’intermediazione di merci e
dispositivi non ubicati nell’UE e in tal caso il divieto acquisirebbe un’ulteriore
dimensione utile rispetto alla situazione attuale, limitata ai dispositivi e alle
merci ubicati nell’UE. Poiché è vietato l’unico uso possibile dei dispositivi e
delle merci elencate all’allegato II, l’estensione del divieto alla fornitura
di servizi di intermediazione è una misura necessaria e proporzionata per
tutelare la morale pubblica. 3.2.2 Servizi di intermediazione
riguardanti le merci elencate all’allegato III o all’allegato III bis e relativo
transito Le esportazioni dei dispositivi e delle merci
di cui all’allegato III o all’allegato III bis sono soggette a
controlli. Si tratta di dispositivi e merci che possono avere usi legittimi e
non, caratteristica comune con i prodotti a duplice uso controllati in forza
del regolamento (CE) n. 428/2009, che non prevede controlli estensivi per la
prestazione di servizi di intermediazione, né prevede il controllo completo di
tutti i prodotti in transito. In casi specifici le autorità competenti possono
informare l’intermediario che il prodotto in questione è o può essere
destinato, in tutto o in parte, ad una utilizzazione collegata allo sviluppo,
alla produzione, alla movimentazione, al funzionamento, alla manutenzione, alla
conservazione, all’individuazione, all’identificazione o alla disseminazione di
armi chimiche, biologiche o nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari
oppure allo sviluppo, alla produzione, alla manutenzione o alla conservazione
di missili che possano essere utilizzati come vettori di tali armi. Per gli
stessi motivi le autorità competenti possono vietare il transito di merci
specifiche. Mentre il divieto di tortura o di altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti e della pena di morte deriva dal
diritto internazionale, le restrizioni agli scambi che ne conseguono non sono
disciplinate da norme internazionali. Questo differenzia il regolamento (CE) n. 1236/2005
dal regolamento (CE) n. 428/2009, che dà effetto a una serie di regimi
internazionali di controlli all’esportazione. Il regolamento del 2009 riguarda
la sicurezza internazionale e la raccolta da parte degli Stati membri e di
paesi terzi di informazioni sulle armi nucleari, chimiche e biologiche e
relativi vettori ed è quindi ben concepito. Per quanto riguarda invece i
dispositivi e le merci che potrebbero essere utilizzati per la pena di morte,
la tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, una tale
raccolta di informazioni è improbabile e difficilmente le autorità competenti
dispongono dei dati necessari per informare un esportatore circa l’uso finale
previsto. Quando applicate, le restrizioni agli scambi
devono rimanere proporzionate. Questa esigenza è ritenuta un ostacolo all’applicazione
di controlli esaustivi sul transito e la fornitura di servizi di
intermediazione riguardanti i dispositivi e le merci elencati all’allegato III
o all’allegato III bis, dato che le merci e i dispositivi in questione
possono essere destinati tanto a usi legittimi quanto alla tortura o a altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, in un caso, o alla pena di
morte, nell’altro. Trattandosi di pratiche che violano la morale pubblica, è importante
che gli intermediari con sede nell’UE non traggano profitto da scambi che le
promuovono o le agevolano. È quindi opportuno proibire la fornitura di servizi
di intermediazione laddove l’intermediario sia consapevole che i dispositivi o
le merci soggetti a controlli, destinati a un paese terzo ma che non si
trovano nell’UE, sono o possono essere destinati a un tale uso. Un tale divieto
si applicherà anche nei casi eccezionali in cui le autorità competenti
dispongono di dati sufficienti per informare l’intermediario circa l’uso finale
previsto. Le merci in transito che lasciano il territorio
doganale dell’UE per una destinazione in un paese terzo vengono spedite
da un altro paese terzo. Il divieto di esportazione di queste merci
verso un paese terzo da parte di un operatore economico consapevole che
le merci sono o possono essere finalizzate alla pena di morte, alla tortura o a
altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti riguarda logicamente operatori
economici che non hanno sede nell’UE e deve essere quindi applicato in un paese
terzo. Poiché gli operatori economici che trasportano le merci in transito
all’interno del territorio doganale dell’Unione europea non dispongono
in genere di informazioni sugli utenti finali, non si ritiene proporzionato
imporre un divieto al trasportatore. Non sarebbe quindi appropriato introdurre un
divieto basato sulla conoscenza, da parte dell’operatore economico, dell’uso
previsto delle merci in transito elencate all’allegato III o all’allegato III bis. 3.2.3 Assistenza tecnica riguardante
le merci elencate all’allegato III o all’allegato III bis Quanto all’assistenza tecnica riguardante le
merci elencate all’allegato III o all’allegato III bis, la sua fornitura
ai paesi terzi non è attualmente soggetta a controlli. Il regolamento
(CE) n. 428/2009, pur non contemplando disposizioni specifiche sull’assistenza
tecnica, ricomprende nella definizione di “esportazione” la trasmissione di
software o di tecnologie (elencati). La “trasmissione di tecnologie” ha
probabilmente un’accezione leggermente più ridotta rispetto all’”assistenza
tecnica”, ma è soggetta a controlli estensivi. Il regolamento (CE) n. 428/2009
riguarda la sicurezza internazionale e dà effetto a una serie di regimi
internazionali di controlli all’esportazione mirati a prevenire la
proliferazione di armi nucleari, chimiche e biologiche e relativi vettori e in
tal senso controlla la trasmissione di software e tecnologie per evitare che un
dato paese sviluppi capacità proprie di fabbricare merci che l’UE controlla e
non esporterebbe verso quel paese. Lo scopo del regolamento (CE) n. 1236/2005
è invece evitare forniture verso determinati utenti finali che potrebbero
avvalersi di dispositivi o merci dell’UE per infliggere la tortura o altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti o per la pena di morte: il suo
scopo non è evitare che un paese terzo acquisisca tecnologie riguardanti
quei dispositivi o quelle tecnologie. Non sono ritenuti quindi proporzionati controlli
estensivi sulla fornitura di assistenza tecnica riguardante i dispositivi e le
merci elencati. Poiché la pena di morte, la tortura e altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti sono contrari alla morale pubblica, è importante
che i fornitori di assistenza tecnica con sede nell’UE non traggano profitto da
scambi che li promuovono o li agevolano. È quindi opportuno proibire la
fornitura di assistenza tecnica da parte di chiunque sia consapevole che l’assistenza
tecnica che fornisce a un paese terzo riguarda dispositivi o merci controllati
che sono o possono essere destinati a tali usi. Il divieto dovrà inoltre applicarsi
nei casi eccezionali in cui le autorità competenti dispongono di dati
sufficienti per informare il fornitore di assistenza tecnica circa l’uso finale
previsto delle merci oggetto dell’assistenza. 3.3 Definizione di tortura e altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti La definizione di tortura contenuta nel
regolamento (CE) n. 1236/2005 è ripresa dalla convenzione ONU del 1984
contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti.
Sebbene provenga dalla convenzione ONU del 1984, l’espressione “altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti” non vi è definita. La
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo indica la necessità di
rivedere la definizione del regolamento (CE) 1236/2005. Come stabilito dall’articolo
52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea:
laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli
conferiti dalla suddetta convenzione. Il regolamento (CE) n. 1236/2005, nella
versione inglese, definisce attualmente “tortura” qualsiasi atto che infligge severe
pain or suffering e “altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti”
qualsiasi atto che infligge significant pain or suffering (in italiano “dolore
o sofferenze forti” in entrambi i casi). Più che basarsi su diversi gradi di
dolore o sofferenza, la distinzione tra questi due tipi di atti dovrebbe
prendere in considerazione la presenza o meno dell’intenzione di infliggere
dolore o sofferenza e l’uso del dolore o della sofferenza a uno dei fini previsti
nella definizione di tortura. Nella sentenza del 13 dicembre 2012, Khaled
El-Masri c. Macedonia (fascicolo n. 39630/09), la Corte europea dei
diritti dell’uomo ha stabilito quanto segue con riguardo all’articolo 3 della
convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla luce della precedente
giurisprudenza: «196. Perché possa rientrare nel campo di
applicazione dell’articolo 3, il maltrattamento deve presentare un livello
minimo di gravità. La valutazione di questo minimo dipende da tutte le
circostanze del caso, quali la durata del trattamento, i suoi effetti fisici o
mentali e, in alcuni casi, il sesso, l’età e lo stato di salute della vittima
[...] Altri fattori comprendono lo scopo per il quale è stato inflitto il
trattamento e l’intento o la motivazione degli autori [...] 197. Per stabilire se una particolare forma di
maltrattamento debba essere classificata come tortura, la Corte deve tenere
conto del distinguo che l’articolo 3 opera tra questo concetto e quello di
trattamento inumano o degradante. Questo distinguo sembra essere stato
introdotto dalla convenzione per bollare di “tortura” unicamente quei
trattamenti inumani deliberati che infliggono sofferenze molto acute e crudeli
[...] Oltre alla gravità del trattamento deve sussistere un elemento intenzionale,
come riconosciuto dalla convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, entrata in vigore il 26
giugno 1987, che definisce la tortura come qualsiasi atto con cui sono inflitti
intenzionalmente dolore o sofferenze acuti al fine di ottenere informazioni,
confessioni o per punire (articolo 1) [...]». Per quanto riguarda l’esclusione, in entrambe
le definizioni, del dolore o delle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni
legali, un chiarimento è d’obbligo. Sebbene la privazione della libertà sia, in
linea di principio, una pena legittima, secondo la Corte europea dei diritti
dell’uomo ciascuno Stato garantisce che le condizioni di detenzione siano
compatibili con il rispetto della dignità umana, che il modo e i metodi di
esecuzione della misura non arrechino alla persona detenuta afflizioni o
sofferenze di intensità superiore rispetto al livello inevitabile di sofferenza
inerente alla detenzione e che, date le esigenze pratiche di reclusione, la
salute e il benessere della persona detenuta siano adeguatamente tutelati.
Dalla giurisprudenza della Corte risulta che possono costituire una violazione
dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo gli
effetti cumulati delle condizioni di detenzione, soprattutto il
sovraffollamento e l’insalubrità delle celle. Le seguenti sentenze della Corte
europea dei diritti dell’uomo forniscono esempi di queste violazioni: sentenza del 15 luglio 2002, V. Kalashnikov c.
Russia (fascicolo n. 47095/99), sentenza del 4 febbraio 2003, F. Van der Ven c.
Paesi Bassi (fascicolo n. 50901/99), sentenza dell’11 marzo 2004, P. Iorgov c. Bulgaria
(fascicolo n. 40653/98), sentenza dell’8 luglio 2004, I. Ilaşcu e
altri c. Moldova e Russia (fascicolo n. 48787/99), sentenza del 20 novembre 2008, A. Işyar c.
Bulgaria (fascicolo n. 391/03), sentenza del 2 luglio 2009, M. Kochetkov c.
Estonia (fascicolo n. 41653/05), sentenza del 16 luglio 2009, I. Sulejmanovic c.
Italia (fascicolo n. 22635/03), sentenza del 10 gennaio 2012, S. Ananyev e altri
c. Russia (fascicoli n. 42525/07 e n. 60800/08), sentenza del 22 maggio 2012, T. Idalov c. Russia
(fascicolo n. 5826/03). 3.4 Poteri di esecuzione o poteri
delegati Il regolamento (CE) n. 1236/2005
autorizza la Commissione europea a modificare gli allegati. A eccezione dell’allegato
I, la Commissione è assistita da un comitato composto di rappresentanti degli
Stati membri e si applica la procedura d’esame di cui al regolamento (UE) n. 182/2011
(articolo 13, paragrafo 1, lettera c)). La Commissione ha formulato proposte sull’attribuzione
dei poteri di esecuzione e della delega di potere in materia di politica
commerciale comune (COM(2011) 82 e COM(2011) 349). A giugno 2013 il
Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo su come procedere
ulteriormente, prevedendo di adottare, negli ultimi mesi del 2013, un
regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio
anche in modo da coprire la delega di potere. È rimasto comunque in sospeso se bisogna applicare
una procedura d’urgenza per modificare alcuni allegati del regolamento (CE) n. 1236/2005
del Consiglio. La Commissione ritiene che ciò sia opportuno quando si tratta di
modificare gli elenchi di merci vietate e controllate, soprattutto quando dispositivi
o merci nuove fanno ingresso sul mercato ed è imperativo che la relativa misura
sia immediatamente applicata onde evitare la creazione di scorte durante il
periodo di due mesi di cui dispongono il Parlamento europeo e il Consiglio per
sollevare obiezioni (sempre che tale periodo non venga esteso). 2014/0005 (COD) Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO recante modifica del regolamento (CE) n. 1236/2005
del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere
utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO
DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, in particolare l’articolo 207, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo
ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa
ordinaria, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1236/2005
del Consiglio[2],
approvato nel 2005, è entrato in vigore il 30 luglio 2006. In risposta agli
appelli del Parlamento europeo del 2010 e a indicazioni secondo cui farmaci
esportati dall’Unione erano stati utilizzati per eseguire la pena capitale in
un paese terzo, gli elenchi di merci vietate e sottoposte a controlli di
cui agli allegati II e III del regolamento sono stati modificati dal
regolamento di esecuzione (UE) n. 1352/2011 della Commissione.[3] La Commissione,
coadiuvata da un gruppo di esperti, ha esaminato la necessità di ulteriori
modifiche del regolamento (CE) n. 1236/2005 e relativi allegati. (2) Il 1° dicembre 2009, con l’entrata
in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea è diventata giuridicamente vincolante.[4]
La definizione di tortura di cui al regolamento (CE) n. 1236/2005, tratta
dalla convenzione ONU del 1984 contro la tortura e altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti, continua a essere valida. È però opportuno
modificare la definizione di “altri trattamenti o pene crudeli, inumani o
degradanti”, che non figura nella convenzione, per allinearla con la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. È inoltre opportuno
chiarire il significato del termine “sanzioni legali” utilizzato nella
definizione di “tortura” e in quella di “altri trattamenti o pene crudeli,
inumani o degradanti”, alla luce della relativa giurisprudenza e della politica
dell’Unione sulla pena di morte. (3) Gli articoli 5, 6 e 7 del
regolamento (CE) n. 1236/2005 stabiliscono un regime di autorizzazioni all’esportazione
concepito per prevenire l’uso delle relative merci per la pena capitale, la
tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti. (4) Queste misure devono essere
proporzionate e non devono quindi impedire l’esportazione di prodotti
medicinali utilizzati a fini terapeutici legittimi. (5) La pena di morte, da un lato,
e la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, dall’altro,
presentano caratteristiche diverse ed è quindi opportuno istituire un sistema
di autorizzazioni di esportazione specifico per prevenire l’uso di alcune merci
finalizzato alla pena di morte. Un tale sistema dovrà tener presente che una
serie di paesi hanno abolito la pena di morte, indipendentemente dal tipo di
reato, e hanno sottoscritto un impegno internazionale in tal senso. Per ovviare
al rischio di riesportazioni verso paesi che non hanno abolito la pena di
morte, conviene stabilire determinati requisiti e condizioni al momento di
autorizzare le esportazioni verso paesi che hanno abolito la pena di morte. Per
le esportazioni verso i paesi che hanno abolito la pena di morte per qualsiasi
tipo di reato e hanno sottoscritto un impegno internazionale in tal senso è
quindi opportuno rilasciare un’autorizzazione generale di esportazione. (6) Per i paesi che non hanno
abolito la pena di morte secondo queste modalità, è opportuno che, nell’esaminare
una domanda di autorizzazione di esportazione, le autorità competenti
verifichino se sussiste il rischio che l’utente finale nel paese di
destinazione utilizzi le merci esportate per eseguire la pena capitale. Conviene
porre condizioni e requisiti adeguati per controllare la vendita o il
trasferimento a terzi da parte dell’utente finale. In caso di spedizioni
multiple tra uno stesso esportatore e un utente finale, è opportuno che le
autorità competenti abbiano facoltà di riesaminare periodicamente lo status
dell’utente finale, per esempio ogni sei mesi, piuttosto che ogni volta che
rilasciano un’autorizzazione, fermo restando il loro diritto di annullare,
sospendere, modificare o revocare le autorizzazioni già concesse conformemente
all’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1236/2005. (7) Per limitare l’onere
amministrativo che grava sugli esportatori, è opportuno che le autorità
competenti abbiano facoltà di rilasciare un’autorizzazione generale per tutte
le spedizioni di prodotti medicinali da parte di un esportatore verso un
determinato utente finale durante un arco di tempo stabilito, specificando un
quantitativo corrispondente all’uso normale delle merci da parte dell’utente, se
lo ritengono necessario. Conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1236/2005, una tale autorizzazione avrà una validità
non superiore a dodici mesi, prorogabile al massimo di altri dodici mesi. (8) Il rilascio di un’autorizzazione
generale è inoltre opportuno nei casi in cui un produttore esporta prodotti
medicinali controllati in forza del regolamento (CE) n. 1236/2005 verso un
distributore in un paese che non ha abolito la pena di morte, a condizione che
l’esportatore e il distributore abbiano concluso un accordo giuridicamente
vincolante in forza del quale il distributore è tenuto a applicare una serie di
misure adeguate atte a garantire che i prodotti medicinali non vengano
utilizzati per la pena di morte. (9) I prodotti medicinali di cui al
regolamento (CE) n. 1236/2005 possono essere controllati in forza delle
convenzioni internazionali sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope, come la
convenzione del 1971 sulle sostanze psicotrope. Scopo di questi controlli è prevenire
il traffico di stupefacenti e non già evitare che i prodotti medicinali
esportati siano utilizzati per la pena di morte ed è quindi opportuno che i
controlli all’esportazione di cui al regolamento (CE) n. 1236/2005 si
applichino in aggiunta a quelli internazionali. Gli Stati membri andrebbero
tuttavia incoraggiati a avvalersi di un’unica procedura per entrambi i sistemi
di controllo. (10) Per limitare l’onere
amministrativo che grava sugli esportatori, è opportuno che le autorità
competenti abbiano facoltà di rilasciare agli esportatori un’autorizzazione
generale per l’esportazione delle merci soggette a controlli in modo da impedire
che vengano utilizzate per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli,
inumani o degradanti. (11) È opportuno che i controlli
all’esportazione di cui al regolamento (CE) n. 1236/2005 non si applichino
alle merci la cui esportazione è controllata in forza della posizione comune 2008/944/PESC
del Consiglio[5],
del regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio[6] e del regolamento (UE) n. 258/2012
del Parlamento europeo e del Consiglio[7]. (12) È necessario vietare agli
intermediari dell’Unione la fornitura di servizi di intermediazione riguardanti
le merci la cui esportazione e importazione sono vietate in quanto merci
praticamente utilizzabili solo per la pena di morte, per la tortura o per altri
trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti. Il divieto di fornire questi
servizi serve a tutelare la morale pubblica. (13) Nei casi in cui si applicano i
controlli all’esportazione, è opportuno vietare la fornitura di servizi di
intermediazione e di assistenza tecnica riguardanti una qualsiasi delle merci
elencate laddove l’intermediario o il fornitore di assistenza tecnica siano al
corrente che i prodotti in questione sono o possono essere destinati alla pena
di morte, laddove i controlli si applichino per prevenirne l’uso finalizzato
alla pena di morte o alla tortura o a altri trattamenti o pene crudeli, inumani
o degradanti e laddove i controlli servano a prevenirne un tale uso. Un
operatore economico ha motivo di sospettare che le merci sono o possono essere
destinate a un tale uso non legittimo se, per esempio, un’autorità competente
lo ha informato che le merci sono o possono essere destinate a tal fine. (14) È opportuno prevedere un breve
periodo di transizione che accordi agli operatori economici e alle autorità
responsabili dell’attuazione il tempo di modificare adeguatamente le rispettive
procedure operative per rispettare e far rispettare questi divieti. (15) È opportuno che le autorità
doganali siano tenute a condividere determinate informazioni con le altre
autorità doganali e, ove individuino esportazioni o importazioni di merci
vietate o esportazioni di merci che non hanno ricevuto la necessaria
autorizzazione, informino le autorità competenti in modo che l’operatore
economico che ha commesso l’infrazione sia soggetto a sanzione. (16) È opportuno chiarire che il
trattamento e lo scambio di informazioni, nella misura in cui riguardano i dati
personali, devono rispettare la normativa applicabile sul trattamento e lo
scambio di dati personali conformemente alla direttiva 95/46/CE del Parlamento
europeo[8]
e al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio[9]. (17) Al fine di adottare le
disposizioni necessarie all’applicazione del regolamento (CE) n. 1236/2005,
dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti
conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea riguardo alla modifica degli allegati I, II, III, III bis, III ter,
IV e V del regolamento stesso. È di particolare importanza che durante i lavori
preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di
esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la
Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata
trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (18) È opportuno prevedere l’applicazione
immediata dell’atto della Commissione quando, in caso di modifica degli
allegati II, III o III bis del regolamento (CE) n. 1236/2005, sussistono
motivi imperativi d’urgenza. (19) La Commissione non svolge
funzioni collegate al mantenimento dell’ordine pubblico, all’azione repressiva
o all’esecuzione delle sentenze penali e non si rifornisce quindi di
attrezzature che servono a assolvere a queste funzioni. È quindi opportuno
istituire una procedura che permetta alla Commissione di ricevere informazioni
su attrezzature e prodotti commercializzati nell’Unione e utilizzati a fini
repressivi che non sono inclusi negli elenchi di merci vietate e soggette a
controlli onde garantire l’aggiornamento degli elenchi alla luce di nuovi
sviluppi. Quando riceve da uno Stato membro una richiesta debitamente motivata
di aggiungere determinate merci all’allegato II, all’allegato III o all’allegato
III bis, è opportuno che la Commissione ne informi le autorità
competenti degli altri Stati membri prima di adottare la decisione che modifica
l’allegato interessato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Il regolamento (CE) n. 1236/2005 del
Consiglio è così modificato: 1) l’articolo 1 è sostituito dal
seguente: «Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le norme dell’Unione
che disciplinano gli scambi con i paesi terzi di merci che potrebbero
essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti
o pene crudeli, inumani o degradanti, come anche la fornitura di servizi di
intermediazione e di assistenza tecnica riguardanti queste merci.” 2) L’articolo 2 è così modificato: (a)
le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti: “a) “tortura”: qualsiasi atto mediante il quale
sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche
o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona
informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona
ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su
di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi
altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore
o tali sofferenze siano inflitti da un agente della funzione pubblica o da ogni
altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo
consenso espresso o tacito. Tale termine non include tuttavia il dolore o le
sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legali, inerenti a tali sanzioni o
ad esse connessi, ma comprende il dolore o le sofferenze causati dagli effetti
cumulati di condizioni di detenzione inadeguate, come l’esiguità dei locali, la
mancanza di igiene o di cure e assistenza mediche, il divieto di contatti con
il mondo esterno, o un regime detentivo carente, indipendentemente da qualsiasi
intenzione specifica o dichiarata dei responsabili del carcere o di altro luogo
di detenzione di infliggere dolore o sofferenza, anche nei casi in cui una
persona fisica è privata della libertà nel rispetto della legge. In nessuna
circostanza la pena di morte è ritenuta una sanzione legale; b) “altri trattamenti o pene crudeli, inumani o
degradanti”: qualsiasi atto mediante il quale sono inflitti ad una persona
dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, qualora tale dolore o tali
sofferenze siano inflitti da un agente della funzione pubblica o da ogni altra
persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo
consenso espresso o tacito. Tale termine non include tuttavia il dolore o le
sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legali, inerenti a tali sanzioni o
ad esse connessi, ma comprende il dolore o le sofferenze causati dagli effetti
cumulati di condizioni di detenzione inadeguate, come l’esiguità dei locali, la
mancanza di igiene o di cure e assistenza mediche, il divieto di contatti con
il mondo esterno, o un regime detentivo carente, indipendentemente da qualsiasi
intenzione specifica o dichiarata dei responsabili del carcere o di altro luogo
di detenzione di infliggere dolore o sofferenza, anche nei casi in cui una persona
fisica è privata della libertà nel rispetto della legge. In nessuna circostanza
la pena di morte è ritenuta una sanzione legale;” (b)
La lettera h) è sostituita dalla seguente: “h) “autorità competente”: un’autorità di uno
degli Stati membri, che figura nell’elenco dell’allegato I, abilitata a
prendere decisioni sulle richieste di autorizzazioni a norma dell’articolo 8;” (c)
Dopo la lettera i) sono aggiunte le lettere
seguenti: “j) “territorio doganale dell’Unione”: il territorio
ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2913/92*; k) “servizi di intermediazione”: (a)
la negoziazione o l’organizzazione di transazioni
dirette all’acquisto, alla vendita o alla fornitura delle merci interessate da
un paese terzo verso qualunque altro paese terzo, oppure (b)
la vendita o l’acquisto delle merci interessate
ubicate in un paese terzo per il loro trasferimento verso un altro paese
terzo. Ai fini del presente regolamento, la sola
fornitura di servizi ausiliari è esclusa da questa definizione. Per servizi
ausiliari si intendono il trasporto, i servizi finanziari, l’assicurazione o
riassicurazione, o la pubblicità generica o promozione; l) “intermediario”: qualunque persona fisica o
giuridica o consorzio residente o stabilito in uno Stato membro dell’Unione che
presti i servizi definiti alla lettera k) dall’Unione verso il territorio
di un paese terzo; m) “fornitore di assistenza tecnica”: qualunque
persona fisica o giuridica o consorzio residente o stabilito in uno Stato
membro dell’Unione che fornisca assistenza tecnica come definita alla lettera
f) dall’Unione verso il territorio di un paese terzo; n) “esportatore”: qualsiasi persona fisica o
giuridica o consorzio per conto del quale è resa una dichiarazione di esportazione,
vale a dire la persona che sia titolare di un contratto concluso con il
destinatario nel paese terzo e abbia la facoltà di decidere l’invio di
prodotti al di fuori del territorio doganale dell’Unione al momento dell’accettazione
della dichiarazione. Qualora non sia stato concluso alcun contratto o il titolare
del contratto non agisca per proprio conto, l’esportatore è la persona che ha
la facoltà di decidere l’invio delle merci al di fuori del territorio
doganale dell’Unione. Qualora, ai sensi del contratto in base al quale è
effettuata l’esportazione, risulti essere titolare del diritto di disporre
delle merci una persona non stabilita nell’Unione, la qualità di esportatore è
assunta dal contraente stabilito nell’Unione; o) “autorizzazione generale di esportazione dell’Unione”:
autorizzazione per le esportazioni verso determinati paesi di destinazione,
concessa a tutti gli esportatori che ne rispettano le condizioni e i requisiti
d’uso elencati all’allegato III ter; p) “autorizzazione di esportazione specifica”:
autorizzazione rilasciata a uno specifico esportatore per le esportazioni verso
un utente finale o un destinatario di un paese terzo e riguardante una o
più merci; q) “autorizzazione generale di esportazione”:
autorizzazione rilasciata a un determinato esportatore per un tipo di merci,
valida per le esportazioni verso uno o più utenti finali specifici o verso un
distributore, nel caso in cui l’esportatore è un produttore di merci di cui all’allegato
III bis; r) “distributore”: un operatore economico che
svolge attività all’ingrosso riguardanti prodotti medicinali o sostanze attive,
quali l’acquisto presso i produttori, l’immagazzinamento, la fornitura o l’esportazione
di prodotti medicinali o sostanze attive; le attività all’ingrosso non
comprendono l’acquisto di prodotti medicinali da parte di un ospedale, un
farmacista o un professionista del settore medico esclusivamente finalizzato
alla distribuzione al pubblico. * Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio,
del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 301
del 19.10.1992, pag. 1).” 3) Dopo l’articolo 4 è inserito il
seguente articolo: “Articolo 4 bis Divieto
di servizi di intermediazione È fatto divieto a un intermediario di fornire
a qualsiasi persona, entità o organismo in un paese terzo servizi di
intermediazione riguardanti le merci elencate all’allegato II,
indipendentemente dalla loro origine.” 4) All’articolo 5, il paragrafo 1 è
sostituito dal seguente: “1. Tutte le esportazioni di
merci elencate all’allegato III sono soggette a autorizzazione,
indipendentemente dalla loro origine. Tuttavia non è soggetta ad autorizzazione
la merce solo in transito attraverso il territorio doganale dell’Unione, vale a
dire quella cui non è attribuita una destinazione doganale diversa dal regime
di transito esterno previsto dall’articolo 91 del regolamento (CEE) n. 2913/92
del Consiglio, tra cui il deposito di merci non unionali in una zona franca
sottoposta a controlli di tipo I o in un deposito franco. L’allegato III contiene le merci seguenti che
potrebbero essere utilizzate per la tortura o per altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti: (1)
merci utilizzate principalmente per finalità
coercitive e (2)
merci che, tenendo conto del modello e delle
caratteristiche tecniche, sono esposte concretamente al rischio di essere
utilizzate per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o
degradanti. L’allegato III non comprende: (1)
le armi da fuoco soggette a controlli in forza del
regolamento (UE) n. 258/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio; (2)
i prodotti a duplice uso soggetti a controlli in
forza del regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio e (3)
le merci soggette a controlli conformemente alla
posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio.” 5) All’articolo 6, il paragrafo 1 è
sostituito dal seguente: “1. Le decisioni riguardanti le
richieste di autorizzazioni di esportazione delle merci elencate all’allegato
III bis sono prese caso per caso dalle autorità competenti soppesando
tutte le considerazioni pertinenti, in particolare se una richiesta relativa a
un’esportazione sostanzialmente identica è stata respinta da un altro Stato
membro nei tre anni precedenti, come anche le considerazioni circa l’uso finale
previsto e il rischio di sviamento.” 6) Dopo l’articolo 7 è inserito il
seguente articolo: “Articolo 7 bis Divieto
di determinati servizi 1. È fatto divieto a un
intermediario di fornire a qualsiasi persona, entità o organismo in un paese
terzo servizi di intermediazione riguardanti le merci elencate all’allegato
III, indipendentemente dalla loro origine, qualora sia a conoscenza o abbia
motivo di sospettare che una parte qualsiasi di una spedizione di tali merci è
o può essere destinata a un uso finalizzato alla tortura o a altri trattamenti
o pene crudeli, inumani o degradanti in un paese che non appartiene al territorio
doganale dell’Unione. 2. È fatto divieto a un
fornitore di assistenza tecnica di fornire a qualsiasi persona, entità o
organismo in un paese terzo servizi di assistenza tecnica riguardanti le
merci elencate all’allegato III, indipendentemente dalla loro origine, qualora
sia a conoscenza o abbia motivo di sospettare che una parte o la totalità delle
merci interessate è o può essere destinata a un uso finalizzato alla tortura o
a altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti in un paese che non appartiene
al territorio doganale dell’Unione.” 7) Dopo l’articolo 7 bis è inserito
il seguente capo: “CAPO III bis Merci
che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte Articolo 7 ter Obbligo
di autorizzazione di esportazione 1. Tutte le esportazioni di
merci elencate all’allegato III bis sono soggette a autorizzazione,
indipendentemente dalla loro origine. Tuttavia non è soggetta ad autorizzazione
la merce solo in transito attraverso il territorio doganale dell’Unione,
vale a dire quella cui non è attribuita una destinazione doganale diversa dal
regime di transito esterno previsto dall’articolo 91 del regolamento (CEE) n. 2913/92
del Consiglio, tra cui il deposito di merci non unionali in una zona franca
sottoposta a controlli di tipo I o in un deposito franco. L’allegato III bis contiene le merci che
potrebbero essere utilizzate per la pena di morte e che sono state approvate o sono
realmente utilizzate a tal fine da uno o più paesi terzi che non hanno
abolito la pena di morte. L’allegato III bis non comprende: (a)
le armi da fuoco soggette a controlli in forza del
regolamento (UE) n. 258/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio; (b)
i prodotti a duplice uso soggetti a controlli in
forza del regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio e (c)
le merci soggette a controlli conformemente alla
posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio. 2. Qualora l’esportazione di
prodotti medicinali richieda un’autorizzazione all’esportazione conformemente
al presente regolamento e sia inoltre soggetta a requisiti di autorizzazione in
conformità con le convenzioni internazionali sugli stupefacenti e le sostanze
psicotrope, come la convenzione del 1971 sulle sostanze psicotrope, gli Stati
membri possono utilizzare una procedura unica per ottemperare agli obblighi
loro imposti dal presente regolamento e dalla convenzione pertinente. Articolo 7 quater Criteri
di rilascio delle autorizzazioni di esportazione 1. Le decisioni riguardanti le
richieste di autorizzazioni di esportazione delle merci elencate all’allegato
III bis sono prese caso per caso dalle autorità competenti soppesando
tutte le considerazioni pertinenti, in particolare se una richiesta relativa a
un’esportazione sostanzialmente identica è stata respinta da un altro Stato membro
nei tre anni precedenti, come anche le considerazioni circa l’uso finale
previsto e il rischio di sviamento. 2. L’autorità competente non
rilascia alcuna autorizzazione se vi sono fondati motivi di ritenere che le
merci elencate all’allegato III bis potrebbero essere utilizzate per la
pena di morte in un paese terzo. 3. Al momento della verifica
dell’uso finale previsto e del rischio di sviamento, valgono le seguenti linee
guida: 3.1. se il produttore di un
prodotto medicinale contenente una delle sostanze attive elencate all’allegato
III bis chiede un’autorizzazione per esportare il prodotto verso un
distributore in un paese terzo, l’autorità competente valuta gli accordi
contrattuali tra l’esportatore e il distributore e le misure da loro adottate
per garantire che i prodotti medicinali non vengano utilizzati per la pena di
morte; 3.2. se è richiesta l’autorizzazione
per esportare le merci elencate all’allegato III bis verso un utente
finale in un paese terzo, l’autorità competente valuta il rischio di
sviamento tenendo presenti gli accordi contrattuali in vigore e la
dichiarazione sull’uso finale firmata dall’utente finale, ove presente. In
assenza di una dichiarazione sull’uso finale, incombe all’esportatore
dimostrare chi è l’utente finale e a quale uso sono destinate le merci. Se l’esportatore
non fornisce informazioni sufficienti per valutare il rischio di sviamento, si
ritiene che l’autorità competente abbia motivi fondati di ritenere che le merci
possono essere utilizzate per la pena di morte. Articolo 7 quinquies Divieto
di determinati servizi 1. È fatto divieto a un
intermediario di fornire a qualsiasi persona, entità o organismo in un paese
terzo servizi di intermediazione riguardanti le merci elencate all’allegato
III bis, indipendentemente dalla loro origine, qualora sia a
conoscenza o abbia motivo di sospettare che una parte qualsiasi di una
spedizione di tali merci è o può essere destinata alla pena di morte in un
paese che non appartiene al territorio doganale dell’Unione. 2. È fatto divieto a un
fornitore di assistenza tecnica di fornire a qualsiasi persona, entità o
organismo in un paese terzo servizi di assistenza tecnica riguardanti le
merci elencate all’allegato III bis, indipendentemente dalla loro
origine, qualora sia a conoscenza o abbia motivo di sospettare che una parte o
la totalità delle merci interessate è o può essere destinata a un uso
finalizzato alla pena di morte in un paese che non appartiene al territorio
doganale dell’Unione.” 8) L’articolo 8 è sostituito dal
seguente: “Articolo 8 Tipi di autorizzazioni e autorità
competenti al rilascio 1. Il presente regolamento
stabilisce per alcune esportazioni un’autorizzazione generale di esportazione
dell’Unione di cui all’allegato III ter. L’autorità competente dello Stato membro in cui è
stabilito l’esportatore può vietare a quest’ultimo di utilizzare l’autorizzazione
qualora sussista un ragionevole sospetto circa la sua capacità di rispettare i
termini dell’autorizzazione o una disposizione della normativa sui
controlli all’esportazione. Le autorità competenti degli Stati membri procedono
a scambi di informazioni sugli esportatori privati del diritto di usare un’autorizzazione
generale di esportazione dell’Unione, a meno che non accertino che l’esportatore
non tenterà di esportare le merci elencate all’allegato III bis
attraverso un altro Stato membro. A questo fine è utilizzato un sistema per lo
scambio di informazioni sicuro e criptato. 2. L’autorità competente dello
Stato membro in cui è stabilito l’esportatore, elencata all’allegato I,
rilascia un’autorizzazione per le esportazioni diverse da quelle di cui al
paragrafo 1, per le quali è richiesta un’autorizzazione conformemente al
presente regolamento. Se riguarda le merci elencate all’allegato III o all’allegato
III bis questa autorizzazione può essere specifica o generale. Per le
merci elencate all’allegato II è richiesta un’autorizzazione specifica. 3. L’autorità competente dello
Stato membro in cui ha sede il museo, elencata all’allegato I, rilascia un’autorizzazione
per le esportazioni per le quali è richiesta un’autorizzazione ai sensi del
presente regolamento. Per le merci elencate all’allegato II è richiesta un’autorizzazione
specifica. 4. Un’autorizzazione per la
fornitura di assistenza tecnica riguardante le merci elencate all’allegato II è
rilasciata: (1)
dall’autorità competente dello Stato membro in cui
è stabilito il fornitore del servizio, elencata all’allegato I, se l’assistenza
è destinata a un museo in un paese terzo; oppure (2)
dall’autorità competente dello Stato membro in cui
ha sede il museo, elencata all’allegato I, se l’assistenza è destinata a un
museo nell’Unione. 5. I richiedenti mettono a
disposizione delle autorità competenti tutte le informazioni pertinenti
necessarie a una domanda di autorizzazione specifica o generale di esportazione
o di autorizzazione specifica di importazione, in modo da fornire informazioni
complete, in particolare per quanto riguarda l’utente finale, il paese di
destinazione e l’uso finale delle merci. L’autorizzazione può essere soggetta a
una dichiarazione sull’uso finale, se opportuno. 6. In deroga al paragrafo 5,
quando i prodotti medicinali sono esportati da un produttore verso un
distributore, il produttore fornisce informazioni sugli accordi e le misure
presi per impedire che i prodotti siano utilizzati per la pena di morte, sul
paese di destinazione e, se disponibili, sulla destinazione finale e sugli
utenti finali delle merci. 7. Gli Stati membri trattano le
domande di autorizzazioni specifiche o generali entro termini da stabilire
nella legislazione o secondo la prassi nazionale.” 9) All’articolo 11 è aggiunto il
seguente paragrafo: “5 Tutte le notifiche richieste
dal presente articolo sono effettuate tramite un sistema per lo scambio di
informazioni sicuro e criptato.” 10) Dopo l’articolo 11 è inserito il
seguente articolo: “Articolo 11 bis Scambio
di informazioni da parte delle autorità doganali 1. Per la gestione dei rischi
doganali, le autorità doganali si scambiano le informazioni utili,
conformemente all’articolo 4 octies del regolamento (CEE) n. 2454/93
della Commissione.* 2. Le autorità doganali
informano le autorità competenti dello Stato membro in cui si svolgono le
esportazioni o le importazioni di merci vietate in forza dell’articolo 3 o
dell’articolo 4. Le autorità doganali informano inoltre le suddette autorità
competenti nel caso di esportazioni senza autorizzazione di cui all’articolo 5
e all’articolo 7 ter. * Regolamento (CEE) n. 2454/93 della
Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione
del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice
doganale comunitario (GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1).” 11) L’articolo 12 è sostituito dal
seguente: “Articolo 12 Modifica
degli allegati Alla Commissione è conferito il potere di
adottare atti delegati conformemente all’articolo 15 bis per
modificare gli allegati I, II, III, III bis, III ter, IV e V. I
dati riguardanti le autorità competenti degli Stati membri di cui all’allegato
I sono modificati in base alle informazioni fornite dagli Stati membri. Qualora, in caso di modifica degli allegati
II, III o III bis, motivi imperativi d’urgenza lo richiedano, la
procedura di cui all’articolo 15 ter si applica agli atti delegati
adottati ai sensi del presente articolo.” 12) Dopo l’articolo 12 è inserito il
seguente articolo: “Articolo 12 bis Richieste
di aggiunta di merci a uno degli elenchi 1. Gli Stati membri possono
presentare alla Commissione una richiesta debitamente motivata di aggiungere
agli allegati II, III o III bis merci concepite o commercializzate per
finalità coercitive. La richiesta comprende: (a)
informazioni riguardanti la concezione e le
caratteristiche delle merci; (b)
informazioni riguardanti tutte le finalità alle
quali le merci possono essere destinate e (c)
informazioni riguardanti le norme internazionali o
nazionali che potrebbero essere violate dall’eventuale utilizzo delle merci per
finalità coercitive. 2. La Commissione può chiedere, entro
tre mesi, allo Stato membro richiedente di fornirle ulteriori informazioni se
ritiene che la domanda ometta uno o più punti rilevanti o che siano necessarie ulteriori
informazioni su uno o più punti rilevanti. La Commissione comunica i punti sui
quali occorre fornire ulteriori informazioni. 3. Se non ritiene necessario
chiedere ulteriori informazioni o se ha ricevuto le ulteriori informazioni richieste,
la Commissione avvia entro sei mesi la procedura per l’adozione della modifica
richiesta oppure comunica allo Stato membro richiedente i motivi per cui non
apporta la modifica.” 13) Dopo l’articolo 13 è inserito il
seguente articolo: “Articolo 13 bis Trattamento dei dati personali Il trattamento e lo scambio di dati personali
sono conformi alle norme di cui alla direttiva 95/46/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio* e al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento
europeo e del Consiglio**. * Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con
riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di
tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). ** Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle
persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle
istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali
dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).” 14) L’articolo 15 è soppresso. 15) Dopo l’articolo 15 sono inseriti i
seguenti articoli: “Articolo 15 bis Esercizio
della delega 1. Il potere di adottare atti
delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente
articolo. 2. Il potere di adottare atti
delegati di cui all’articolo 12 è conferito alla Commissione per un periodo di
cinque anni a decorrere da …. La Commissione elabora una relazione sulla delega
di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque
anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica
durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale
proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui
all’articolo 12 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo
o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi
specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli
atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto
delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e
al Consiglio. 5. L’atto delegato adottato ai
sensi dell’articolo 12 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il
Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla
data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine,
sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che
non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi
su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 15 ter Procedura
d’urgenza 1. Gli atti delegati adottati ai
sensi del presente articolo entrano in vigore immediatamente e si applicano
finché non siano sollevate obiezioni conformemente al paragrafo 2. La notifica
di un atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del
ricorso alla procedura d’urgenza. 2. Il Parlamento europeo o il
Consiglio possono sollevare obiezioni a un atto delegato secondo la procedura
di cui all’articolo 15 bis, paragrafo 5. In tal caso, la Commissione
abroga l’atto immediatamente a seguito della notifica della decisione con la
quale il Parlamento europeo o il Consiglio hanno sollevato obiezioni. 15) Gli allegati sono modificati come
segue: (1)
all’allegato III, la sezione 4 è soppressa; (2)
è aggiunto un nuovo allegato III bis, che
figura all’allegato I del presente regolamento; (3)
è aggiunto un nuovo allegato III ter, che
figura all’allegato II del presente regolamento. Articolo 2 Il presente regolamento entra in vigore il terzo
giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione
europea. Il paragrafo 6 dell’articolo 1 e, nella
misura in cui introduce l’articolo 7 quinquies, il paragrafo 7
dell’articolo 1 si applicano a partire dal 1º gennaio 2015. Il presente regolamento è
obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno
degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il Per il Parlamento europeo Per
il Consiglio Il Presidente Il
Presidente [1] Risoluzione P7_TA(2010)0236 (GU C 236 E, del 12.8.2011,
pag. 107). [2] Regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, del 27
giugno 2005, relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere
utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti (GU L 200 del 30.7.2005, pag. 1). [3] Regolamento di esecuzione (UE) n. 1352/2011 della
Commissione, del 20 dicembre 2011, recante modifica del regolamento (CE) n. 1236/2005
del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere
utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene
crudeli, inumani o degradanti (GU L 338 del 21.12.2011, pag. 31). [4] GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1. [5] Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell’8
dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni
di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99). [6] Regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio, del 5
maggio 2009, che istituisce un regime comunitario di controllo delle
esportazioni, del trasferimento, dell’intermediazione e del transito di
prodotti a duplice uso (GU L 134 del 29.5.2009, pag. 1). [7] Regolamento (UE) n. 258/2012 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 14 marzo 2012, che attua l’articolo 10 del protocollo
delle Nazioni Unite contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da
fuoco, loro parti e componenti e munizioni, addizionale alla convenzione delle
Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata (protocollo
delle Nazioni Unite sulle armi da fuoco), e dispone autorizzazioni all’esportazione,
misure di importazione e transito per le armi da fuoco, loro parti e componenti
e munizioni (GU L 94 del 30.3.2012, pag. 1). [8] Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con
riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di
tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). [9] Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone
fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle
istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali
dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).