ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 288

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

60° anno
31 agosto 2017


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

526a sessione plenaria del CESE del 31 maggio e 1o giugno 2017

2017/C 288/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo su L'intelligenza artificiale — Le ricadute dell'intelligenza artificiale sul mercato unico (digitale), sulla produzione, sul consumo, sull'occupazione e sulla società (parere d'iniziativa)

1

2017/C 288/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Un’eventuale riforma in profondità della PAC (parere esplorativo)

10


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

526a sessione plenaria del CESE del 31 maggio e 1o giugno 2017

2017/C 288/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Le nuove imprese leader dell'Europa: l'iniziativa Start-up e scale-up[COM(2016) 733 final]

20

2017/C 288/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adatta agli articoli 290 e 291 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo[COM(2016) 799 final — 2016/0400 (COD)]

29

2017/C 288/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: a) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, che istituisce una procedura di notifica dei regimi di autorizzazione e dei requisiti relativi ai servizi, e che modifica la direttiva 2006/123/CE e il regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno[COM(2016) 821 final — 2016/0398 (COD)] b) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni[COM(2016) 822 final — 2016/0404 (COD)] c) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al quadro giuridico e operativo della carta elettronica europea dei servizi introdotta dal regolamento… [regolamento ESC][COM(2016) 823 final — 2016/0402 (COD)] d) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce una carta elettronica europea dei servizi e le relative strutture amministrative[COM(2016) 824 final — 2016/0403 (COD)]

43

2017/C 288/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto con riguardo all'applicazione temporanea di un meccanismo generalizzato di inversione contabile alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi al di sopra di una determinata soglia[COM(2016) 811 final — 2016/0406 (CNS)]

52

2017/C 288/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro[COM(2017) 11 final — 2017/0004 (COD)]

56

2017/C 288/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul Piano d'azione europeo in materia di difesa[COM(2016) 950 final]

62

2017/C 288/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un piano pluriennale per gli stock di piccoli pelagici nel Mare Adriatico e per le attività di pesca che sfruttano tali stock[COM(2017) 97 final — 2017/0043 (COD)]

68

2017/C 288/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE al fine di mantenere gli attuali limiti dell'ambito di applicazione relativo alle attività di trasporto aereo e introdurre alcune disposizioni in vista dell'attuazione di una misura mondiale basata sul mercato a partire dal 2021[COM(2017) 54 final — 2017/0017 (COD)]

75

2017/C 288/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Nuovo slancio all'innovazione nel settore dell'energia pulita[COM(2016) 763 final]

81

2017/C 288/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Una strategia europea per i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi, prima tappa verso una mobilità cooperativa, connessa e automatizzata[COM(2016) 766 final]

85

2017/C 288/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul mercato interno dell’energia elettrica (rifusione); [COM(2016) 861 final – 2016-379-COD, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2005/89/CE; COM(2016) 862 final – 2016-377-COD, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (rifusione); COM(2016) 863 final – 2016-378-COD, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (rifusione)COM(2016) 864 final – 2016-380-COD]

91

2017/C 288/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Seconda relazione sullo Stato dell'Unione dell'energia[COM(2017) 53 final] e sulla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni -— Relazione sui progressi compiuti in materia di energie rinnovabili[COM(2017) 57 final]

100

2017/C 288/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi, degli uffici e delle agenzie dell’Unione, nonché la libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE[COM(2017) 8 final — 2017/0002 (COD)]

107

2017/C 288/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/59/CE sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, e la direttiva 2006/126/CE concernente la patente di guida[COM(2017) 47 final/2017/0015 (COD)]

115

2017/C 288/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio - Verso una strategia dell’Unione europea per le relazioni culturali internazionali[JOIN(2016) 29 final]

120

2017/C 288/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona della convenzione dell’Organizzazione regionale di gestione della pesca per il Pacifico meridionale (SPRFMO)[COM(2017) 128 final – 2017/0056 (COD)]

129

2017/C 288/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 per l’anno civile 2017[COM(2017) 150 final — 2017/0068 (COD)]

130


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

526a sessione plenaria del CESE del 31 maggio e 1o giugno 2017

31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «L'intelligenza artificiale — Le ricadute dell'intelligenza artificiale sul mercato unico (digitale), sulla produzione, sul consumo, sull'occupazione e sulla società»

(parere d'iniziativa)

(2017/C 288/01)

Relatrice:

Catelijne MULLER

Decisione dell'Assemblea plenaria

22.9.2016

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

4.5.2017

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

159/3/14

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L'intelligenza artificiale (IA) attraversa attualmente una serie di importanti sviluppi e sta trovando applicazioni in tempi rapidi nella società. Il mercato dell'IA fa registrare cifre di circa 664 milioni di USD, che, secondo le stime, saliranno a 38,8 miliardi di USD entro il 2025. Poiché l'IA può avere un impatto sia positivo che negativo sulla società, il CESE si è impegnato a monitorare con attenzione gli sviluppi in materia di IA, non soltanto dal punto di vista tecnico ma espressamente anche sotto il profilo etico, sociale e della sicurezza.

1.2.

Nei prossimi anni, il CESE, nella sua qualità di rappresentante della società civile organizzata europea, intende definire, centralizzare e stimolare il dibattito nella società attorno al tema dell'IA, coinvolgendo tutte le parti interessate: i decisori politici, l'industria, le parti sociali, i consumatori, le ONG, gli istituti di insegnamento, le strutture di assistenza sanitaria, gli esperti e i docenti universitari di diverse discipline (tra cui IA, sicurezza, etica, economia, scienze del lavoro, giurisprudenza, scienze del comportamento, psicologia e filosofia).

1.3.

In questo momento, il tema dominante del dibattito è quello della superintelligenza, il quale è certamente importante ma fa passare in secondo piano quello sull'impatto delle applicazioni attuali dell'IA. Questo processo avrà quindi, in particolare, il compito e l'obiettivo di migliorare e ampliare le conoscenze sull'IA e di contribuire così a generare un dibattito informato ed equilibrato senza scenari apocalittici o eccessiva relativizzazione. Il CESE si adopererà per promuovere lo sviluppo dell'IA al servizio del genere umano. Tuttavia, questo processo avrà anche il compito e l'obiettivo importanti di individuare, denominare e monitorare le evoluzioni dirompenti collegate direttamente o indirettamente allo sviluppo dell'IA, in modo da poterle affrontare adeguatamente e in tempo utile. Tutto questo contribuirà a migliorare il coinvolgimento, la fiducia e il consenso a livello della società nei confronti dell'ulteriore sviluppo sostenibile dell'IA e del suo impiego.

1.4.

L'impatto dell'IA è transfrontaliero, per cui occorre definire dei quadri strategici sovrannazionali. Il CESE raccomanda all'UE di assumere un ruolo di leader mondiale nell'adozione di quadri strategici uniformi e di valenza universale per l'IA, in linea con i valori e i diritti fondamentali europei. Il CESE può e intende dare il suo contributo in questo senso.

1.5.

Al momento attuale, il CESE individua 11 settori nei quali l'IA pone sfide per la società: l'etica; la sicurezza; la privacy; la trasparenza e la rendicontabilità; il lavoro; l'istruzione e le competenze; la (dis)uguaglianza e l'inclusività; le disposizioni legislative e regolamentari; la governance e la democrazia; la guerra; la superintelligenza. Il CESE formula le raccomandazioni che seguono.

1.6.

Il CESE raccomanda di adottare, nei confronti dell'IA, l'approccio « human-in-command », con la condizione essenziale che l'IA sia sviluppata in maniera responsabile, sicura e utile, e che la macchina rimanga macchina e l'uomo ne mantenga il controllo in ogni momento.

1.7.

Il CESE chiede di introdurre un codice etico per lo sviluppo, la diffusione e l'utilizzo dell'IA, in modo tale che questi sistemi siano compatibili durante tutto il loro ciclo operativo con i principi della dignità umana, dell'integrità, della libertà, della privacy e della diversità culturale e di genere, nonché con i diritti umani fondamentali.

1.8.

Il CESE auspica che venga definito un dispositivo di normazione per la verifica, la convalida e il controllo dei sistemi di IA, sulla base di un'ampia serie di norme in materia di sicurezza, trasparenza, comprensibilità, rendicontabilità e valori etici.

1.9.

Il CESE chiede che sia sviluppata un'infrastruttura di IA europea, costituita da ambienti di apprendimento a codice sorgente aperto (open source) e rispettosi della privacy, ambienti di collaudo in condizioni reali (real life) e serie di dati di elevata qualità per lo sviluppo e l'addestramento dei sistemi di IA. Il CESE richiama l'attenzione sul vantaggio (concorrenziale) che l'UE può acquisire sul mercato mondiale grazie allo sviluppo e alla promozione di «sistemi di IA responsabili europei», provvisti di certificazione ed etichettatura europee.

1.10.

L'UE, i governi degli Stati membri e le parti sociali devono individuare insieme i settori del mercato del lavoro che saranno influenzati dall'IA, valutando la misura e i tempi di tale impatto, e cercare soluzioni per alleviare le conseguenze sull'occupazione, sui contenuti lavorativi, sui sistemi sociali e sulla (dis)uguaglianza. Occorre inoltre investire nei settori del mercato del lavoro nei quali l'IA ha un'influenza scarsa o nulla.

1.11.

Il CESE raccomanda a queste parti interessate di cooperare per lo sviluppo di sistemi di IA complementari e la loro creazione congiunta sul posto di lavoro, quali squadre uomo-macchina, in cui l'IA integri e migliori le prestazioni umane. Le parti interessate devono inoltre investire nell'apprendimento formale e informale, nell'istruzione e nella formazione per tutti, affinché le persone possano lavorare con l'IA, ma anche per consentire loro di sviluppare le competenze che non saranno o non potranno essere acquisite dall'IA.

1.12.

Occorre, fin da ora, valutare concretamente le norme e i regolamenti dell'UE nei sei settori critici, indicati dall'unità di valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche (STOA) del Parlamento europeo, che potrebbero necessitare un riesame o un adeguamento. Il CESE può e intende svolgere un ruolo in questo processo di valutazione. Il CESE è contrario a introdurre una forma di personalità giuridica per i robot o per l'IA. In tal modo verrebbe infatti compromesso l'effetto di correzione preventiva della nozione di responsabilità giuridica, con possibilità di azzardo morale, sia nello sviluppo che nell'impiego dell'IA, e conseguentemente di abusi.

1.13.

Occorre promuovere e incentivare attivamente, sia a livello pubblico che privato, lo sviluppo delle applicazioni di IA che sono utili alla società, promuovono l'inclusione e migliorano la vita delle persone. La Commissione europea dovrebbe finanziare, nell'ambito dei suoi programmi, la ricerca in merito all'impatto sociale dell'IA e delle innovazioni in materia di IA finanziate dall'UE.

1.14.

Il CESE appoggia l'appello rivolto da Human Rights Watch e altre organizzazioni a mettere al bando i sistemi d'arma autonomi. Il CESE accoglie con favore l'annuncio di una consultazione sul tema in seno alle Nazioni Unite, ma ritiene che essa dovrebbe riguardare anche le applicazioni di IA nel settore della guerra cibernetica.

2.   Intelligenza artificiale

2.1.

Non esiste una definizione precisa e univoca di IA. Si tratta di una nozione generica che abbraccia una vasta serie di (sotto)branche quali l'informatica cognitiva (cognitive computing: algoritmi capaci di ragionamento e comprensione a un livello superiore, ossia più simile alla mente umana), apprendimento automatico (machine learning: algoritmi in grado di apprendere autonomamente determinate mansioni), intelligenza aumentata (augmented intelligence: collaborazione tra uomo e macchina), robotica intelligente (AI robotics: intelligenza artificiale incorporata nei robot). L'obiettivo centrale delle attività di ricerca e sviluppo nel campo dell'IA è tuttavia quello di automatizzare il comportamento intelligente come la capacità di ragionare, raccogliere informazioni, pianificare, apprendere, comunicare, manipolare, rilevare e addirittura creare, sognare e percepire.

2.2.

L'IA può essere suddivisa schematicamente in IA «stretta» (narrow AI) e IA «generale» (general AI). L'IA stretta è in grado di portare a termine mansioni specifiche, mentre quella generale può eseguire qualsiasi compito intellettuale che un essere umano è in grado di svolgere.

2.3.

In questi ultimi anni, nel settore dell'IA stretta sono stati compiuti notevoli progressi, in particolare grazie all'aumento della potenza di elaborazione computazionale, alla disponibilità di grandi volumi di dati e allo sviluppo dell'apprendimento automatico. Quest'ultimo è il risultato di algoritmi in grado di apprendere mansioni specifiche, senza essere programmati per questo scopo. Tale metodo si fonda sul trattamento di «dati di addestramento» (training data) in base ai quali l'algoritmo impara a riconoscere dei modelli e a ricavare delle regole. Una forma di apprendimento automatico è rappresentata dall'«apprendimento profondo» (deep learning), il quale utilizza determinate architetture (reti neurali), basate approssimativamente sul cervello umano, che apprendono attraverso l'allenamento e il feedback. Questa evoluzione ha fatto sì che (grazie ad algoritmi) i sistemi di IA siano ora in grado di apprendere da soli e di operare in maniera autonoma e adattativa.

2.4.

Le attività di ricerca e sviluppo nel campo dell'IA sono concentrate ormai da qualche tempo sulla capacità di ragionare, di acquisire cognizioni, di pianificare, di comunicare e di percepire (a livello visivo, uditivo e sensoriale). Questo avanzamento ha consentito di sviluppare numerose applicazioni basate sull'IA: assistenti virtuali, automobili a guida autonoma, aggregazione automatica di notizie, riconoscimento vocale, traduzione automatica, programmi di sintesi vocale (text-to-speak), operazioni finanziarie automatiche, individuazione elettronica in ambito giudiziario (e-Discovery) ecc.

2.5.

Il CESE osserva che negli ultimi anni il numero delle applicazioni e il volume degli investimenti nell'IA sono aumentati in modo esponenziale. Il mercato dell'IA fa registrare attualmente cifre di circa 664 milioni di USD, e si prevede che saliranno a 38,8 miliardi di USD entro il 2025.

3.   Opportunità e rischi legati all'IA

3.1.

Praticamente nessuno mette in dubbio che l'IA possa apportare vantaggi considerevoli per la società: si pensi ad esempio alle applicazioni per un'agricoltura sostenibile, per una circolazione stradale più sicura, per un sistema finanziario più affidabile, per processi produttivi più rispettosi dell'ambiente, per una sanità migliore, per una maggiore sicurezza sul posto di lavoro, per un'istruzione più personalizzata, per una giustizia più efficace e per una società più sicura. L'IA può persino contribuire a eliminare malattie e povertà e può inoltre contribuire in misura significativa a sostenere la crescita dell'industria e a migliorare la competitività dell'UE.

3.2.

Come tutte le tecnologie rivoluzionarie, l'IA comporta però anche dei rischi e pone complesse sfide strategiche sul piano della sicurezza e della controllabilità, dell'impatto socioeconomico, dell'etica, della privacy, dell'affidabilità ecc.

3.3.

Quello attuale è un momento cruciale per stabilire le condizioni (essenziali) che regoleranno lo sviluppo e l'impiego odierni e futuri dell'IA. Questi benefici potranno avere carattere durevole soltanto se si affronteranno in modo adeguato anche le sfide che l'IA porta con sé. A tal fine è necessario operare delle scelte politiche.

a)

Etica

3.4.

Lo sviluppo dell'IA solleva numerosi interrogativi di ordine etico. Che influenza ha l'IA autonoma (in grado di apprendere) sulla nostra integrità personale, autonomia, dignità, indipendenza, uguaglianza, sicurezza e libertà di scelta? In che modo si può garantire che le nostre norme fondamentali, i nostri valori e i diritti umani siano rispettati e salvaguardati?

3.5.

Inoltre, lo sviluppo dell'IA viene portato avanti al momento attuale in un ambiente omogeneo, costituito essenzialmente da giovani uomini bianchi, con la conseguenza che nell'IA vengono integrate (intenzionalmente o meno) disparità culturali e di genere, anche perché questi sistemi apprendono sulla base di dati di addestramento. Tali dati devono essere esatti, ma anche di buona qualità, diversificati, sufficientemente approfonditi e imparziali. Si tende in genere a ritenere che i dati siano obiettivi per definizione, ma questa è un'idea sbagliata: i dati sono facili da manipolare, possono essere di parte, possono rispecchiare preconcetti e preferenze culturali, di genere e di altro tipo e contenere errori.

3.6.

I sistemi di IA che sono attualmente in fase di sviluppo non sono «corredati» di valori etici. Spetta a noi, esseri umani, fare in modo che tali sistemi e l'ambiente in cui essi vengono impiegati ne siano dotati. Lo sviluppo, la diffusione e l'utilizzo dei sistemi di IA (sia pubblici che commerciali) devono avvenire entro i limiti delle nostre norme, dei nostri valori, delle nostre libertà e dei nostri diritti umani fondamentali. Il CESE sollecita pertanto a elaborare e definire un codice etico globale uniforme per lo sviluppo, la diffusione e l'utilizzo dell'IA.

b)

Sicurezza

3.7.

L'impiego dell'IA nel mondo reale solleva innegabilmente interrogativi sul piano della sicurezza. A tal riguardo, si può distinguere tra sicurezza interna e sicurezza esterna.

Sicurezza interna: il sistema di IA è sufficientemente solido da poter (continuare a) funzionare correttamente? L'algoritmo è ben programmato? Non va in crash, è a prova di pirateria informatica? È efficace? È affidabile?

Sicurezza esterna: l'IA può essere impiegata con sicurezza nella società? Funziona in modo sicuro non soltanto in condizioni normali, ma anche in situazioni ignote, critiche o imprevedibili? Che influenza ha la capacità di autoapprendimento sul grado di sicurezza, considerando anche che il sistema continua ad apprendere dopo la sua messa in funzione?

3.8.

Il CESE ritiene che i sistemi di IA possano essere messi in funzione soltanto se soddisfano requisiti specifici in materia di sicurezza interna ed esterna, i quali devono essere stabiliti congiuntamente dai decisori politici, dagli specialisti di IA e di sicurezza, dalle imprese e dalla società civile organizzata.

c)

Trasparenza, comprensibilità, controllabilità e rendicontabilità

3.9.

L'accettazione come anche lo sviluppo e l'applicazione durevoli dell'IA dipendono dalla possibilità di comprendere, controllare e spiegare, anche a posteriori, il funzionamento, le azioni e le decisioni dei sistemi di IA.

3.10.

Le azioni e le decisioni dei sistemi di IA (risultanti da algoritmi intelligenti) hanno un'influenza sempre maggiore sulla vita delle persone. Si pensi, ad esempio, all'impiego dell'IA nelle attività di polizia basate sull'intelligence, nella valutazione delle richieste di mutui ipotecari o nella procedura di autorizzazione di coperture assicurative. In tutti questi casi la comprensibilità, la controllabilità e la rendicontabilità del processo decisionale di un sistema di IA sono aspetti essenziali.

3.11.

Già ora numerosi sistemi di IA sono assai difficili da capire per gli utilizzatori. Ma questo vale ormai sempre di più frequentemente anche per gli sviluppatori stessi di tali sistemi. In particolare, le reti neurali, sono spesso delle «scatole nere» nelle quali si svolgono processi (decisionali) che sono diventati ormai insondabili e per i quali non esiste alcun meccanismo esplicativo.

3.12.

Il CESE raccomanda che i sistemi di IA siano trasparenti, comprensibili e controllabili, e che il loro funzionamento sia rendicontabile anche a posteriori. Occorre, inoltre, stabilire quali processi decisionali possano o non possano essere lasciati ai sistemi di IA e in quali casi debba essere auspicabile o richiesto l'intervento umano.

d)

Privacy

3.13.

Il rispetto della privacy in relazione ai sistemi di IA è un tema che desta preoccupazione. Sono ormai numerosi i prodotti (di consumo) dotati di IA integrata: elettrodomestici, giocattoli per bambini, automobili, dispositivi per monitorare la salute (health tracker) e smart phone. Tutti questi prodotti trasmettono dati (spesso personali) alle piattaforme di cloud computing dei produttori. Visto che il commercio di dati è in piena espansione, nel senso che i dati generati non rimangono presso il produttore ma vengono rivenduti a terzi, è lecito chiedersi se il rispetto della vita privata sia sufficientemente garantito.

3.14.

Inoltre, mediante l'analisi di numerosi dati (spesso) personali, l'IA è in grado di influenzare le scelte delle persone in numerosi ambiti (dalle decisioni commerciali alle decisioni di voto nelle elezioni e nei referendum). In questo contesto, una categoria particolarmente vulnerabile è rappresentata dai minori. Il CESE esprime preoccupazione riguardo alle applicazioni di IA destinate esplicitamente a influenzare il comportamento e i desideri dei minori.

3.15.

Bisogna evitare che l'applicazione dell'IA in relazione ai dati personali limiti la libertà reale o percepita dei cittadini. Il regolamento generale UE sulla protezione dei dati prevede un livello significativo di tutela della riservatezza delle informazioni personali fornite in formato digitale. Alla luce degli sviluppi sul fronte dell'IA, occorre monitorare attentamente se nella pratica sia sufficientemente garantito non soltanto il diritto al consenso informato e alla libertà di scelta nella trasmissione di dati, ma anche quello di accedere ai dati trasmessi e di poterli modificare e verificare.

e)

Norme, standard e infrastrutture

3.16.

Occorre sviluppare nuove procedure di normazione per la verifica e la convalida dei sistemi di IA, sulla base di un'ampia gamma di standard, al fine di poter valutare e controllare la sicurezza, la trasparenza, la comprensibilità, la rendicontabilità e la responsabilità etica di tali sistemi.

3.17.

Il CESE chiede all'UE di sviluppare una propria infrastruttura di IA, costituita da ambienti di apprendimento a codice sorgente aperto e rispettosi della privacy, con serie di dati di elevata qualità per la messa a punto e l'addestramento dei sistemi di IA. A questo riguardo, l'UE può inoltre ottenere un vantaggio (concorrenziale) sul mercato mondiale promuovendo «sistemi di IA responsabili europei». Il CESE raccomanda di esaminare le possibilità di certificazione ed etichettatura europee di tali sistemi.

f)

Impatto sul lavoro, sull'occupazione, sulle condizioni di lavoro e sui sistemi di protezione sociale

3.18.

Benché le opinioni divergano in merito alla velocità e alla misura, è ovvio che l'IA avrà un impatto sul livello di occupazione come anche sulla natura e sul carattere di molti lavori e quindi anche sui sistemi di protezione sociale.

3.19.

In relazione agli sviluppi tecnologici attuali (tra cui l'IA), Brynjolfsson e McAfee del Massachusetts Institute of Technology (MIT) parlano di «seconda età delle macchine». Vi sono però due importanti differenze: i) le macchine di «vecchia generazione» sostituivano in primo luogo l'energia muscolare, mentre quelle di nuova generazione sostituiscono le capacità intellettuali e cognitive, per cui questa evoluzione non ha ripercussioni solo sui lavoratori poco qualificati («colletti blu»), ma anche su quelli delle categorie con qualifiche medio-alte («colletti bianchi»); e ii) l'IA è una tecnologia generica (general purpose technology), che ha un impatto su quasi tutti i settori allo stesso tempo.

3.20.

L'IA può offrire vantaggi significativi se impiegata per operazioni pericolose, pesanti, faticose, sgradevoli, ripetitive, noiose o in condizioni di sporcizia. Ma anche le operazioni eseguibili in routine, l'elaborazione e l'analisi di dati e le attività consistenti essenzialmente nel pianificare o prevedere, svolte spesso da addetti altamente qualificati, possono essere effettuate sempre più spesso da sistemi di IA.

3.21.

Tuttavia, la maggior parte dei posti di lavoro comprende attività diverse tra loro. Sembra quindi poco probabile che tutte le attività che una persona compie vengano rilevate dall'IA o da robot. Tuttavia, per quasi tutti i lavoratori alcuni aspetti delle loro mansioni professionali finiranno per essere automatizzati. Il tempo così risparmiato potrà essere utilizzato per altri compiti, purché le autorità pubbliche e le parti sociali si adoperino in tal senso. A questo riguardo bisogna tener conto dell'impatto che questi sviluppi possono avere sui professionisti e sui dirigenti, e occorre promuoverne il coinvolgimento in modo che essi mantengano il controllo di tali sviluppi e non ne diventino invece vittime.

3.22.

Questa evoluzione porterà anche alla nascita di nuovi posti di lavoro. Nessuno è però in grado di prevedere quali e quanti saranno questi nuovi lavori e con quale rapidità verranno creati. Imprese come Google e Facebook riescono a generare un enorme valore con un numero relativamente ridotto di dipendenti. Inoltre, questi nuovi posti di lavoro non sempre sono di qualità. La preoccupazione è che con l'ulteriore sviluppo dell'IA rimarranno presto soltanto delle «mini-mansioni» poco retribuite per una fascia crescente di lavoratori «flessibili».

3.23.

L'IA non inciderà soltanto sulla quantità di lavoro disponibile, ma anche sulla natura di quello esistente. I sistemi di IA offrono sempre maggiori possibilità di seguire e monitorare i lavoratori, il che può mettere in discussione l'autonomia e il rispetto della privacy. Già oggi, il lavoro viene spesso definito e ripartito da algoritmi, senza alcun intervento umano, e questo ha un impatto sulla natura del lavoro e sulle condizioni di lavoro. Il ricorso ai sistemi di IA comporta il rischio di impoverimento delle attività e la perdita di competenze importanti.

3.24.

Un fatto è certo, però: la tecnologia non è qualcosa che ci «accade». I governi e le parti sociali hanno la possibilità di determinare il modo in cui l'IA viene ulteriormente sviluppata e applicata nei processi lavorativi e devono avvalersi pienamente di tale possibilità. A questo riguardo, è importante concentrarsi non soltanto su ciò che l'IA è capace di fare, bensì anche su quello che gli uomini sono in grado di fare essi stessi (creatività, empatia e cooperazione), su ciò che vogliamo che essi continuino a fare e sulla ricerca di modi che consentano di migliorare la collaborazione tra l'uomo e la macchina (complementarità).

3.25.

L'intelligenza aumentata (complementarità), in cui l'uomo e la macchina cooperano e si rafforzano reciprocamente, costituisce l'applicazione più interessante dell'IA in quanto si tratta del concetto di «uomo in associazione con la macchina», in contrapposizione a quello di «uomo al posto della macchina». La co-creazione è tuttavia molto importante: i lavoratori devono essere coinvolti nello sviluppo di questi sistemi di IA complementare, in modo da garantire che tali sistemi siano utilizzabili, che il lavoratore mantenga un sufficiente grado di autonomia e di controllo (human-in-command) e che il lavoro rimanga gratificante e piacevole.

g)

Istruzione e competenze

3.26.

Per poter adattarsi ai rapidi sviluppi in atto nel settore dell'IA è necessario conservare e acquisire le competenze digitali. Con l'iniziativa della coalizione per le competenze e le occupazioni digitali, la Commissione europea si sta adoperando con grande impegno nello sviluppo delle competenze digitali. Tuttavia, non tutti avranno le capacità per codificare o saranno interessati a diventare programmatori. Le strategie politiche e le risorse finanziarie dovranno quindi essere dirette a sostenere l'insegnamento e lo sviluppo delle competenze nei settori che non saranno minacciati dalla diffusione dei sistemi di IA (per esempio, le mansioni che richiedono prima di tutto l'interazione umana, nelle quali l'uomo e la macchina lavorano insieme o che vogliamo che sia l'uomo a continuare a svolgere).

3.27.

Se si punta sulla complementarità tra l'uomo e l'IA (intelligenza aumentata), è necessario prevedere per tutti e fin da una giovane età percorsi didattici che insegnino a utilizzare l'IA e a lavorare con tali sistemi, in modo che le persone possano mantenere autonomia e controllo nel loro lavoro (human-in-command). In questo contesto è importante in particolare l'educazione all'etica e al valore dei dati personali, in quanto l'IA ha un impatto significativo su tali ambiti.

h)

Accessibilità, (dis)uguaglianza sociale, inclusività e distribuzione

3.28.

Lo sviluppo dell'IA e di tutte le sue componenti (piattaforme di sviluppo, dati, conoscenze e competenze) è in gran parte nelle mani di cinque grandi società tecnologiche (Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft). Queste società sono certamente a favore dello sviluppo aperto dell'IA, e alcune di esse offrono le loro piattaforme di sviluppo in questo campo in forma open source, ma ciò non garantisce la piena accessibilità dei sistemi di IA. Al riguardo, l'UE, i responsabili delle politiche internazionali e la società civile organizzata hanno un importante ruolo da svolgere nel garantire non soltanto che i sistemi di IA siano accessibili a tutti, ma anche che il loro sviluppo avvenga in un ambiente aperto.

3.29.

I cambiamenti tecnologici che favoriscono il capitale, in cui le innovazioni recano vantaggi soprattutto ai loro proprietari, indeboliscono la posizione del lavoro rispetto a quella del capitale. Le evoluzioni tecnologiche possono determinare anche disparità (di reddito) tra i cittadini (sia a livello locale che a livello regionale e mondiale). L'IA può accentuare ulteriormente queste tendenze.

3.30.

La cosa importante è che tali sviluppi siano monitorati con attenzione e affrontati in maniera adeguata. Da alcune parti si invoca l'introduzione di una tassa sull'IA, un dividendo dell'IA o la condivisione della proprietà dei sistemi di IA tra i lavoratori e i datori di lavoro. Si parla anche sempre più spesso della necessità di un reddito di base incondizionato.

3.31.

In un precedente parere (1), il CESE ha formulato la possibilità di un dividendo del digitale e di una sua equa ripartizione al fine di ottenere effetti positivi per la crescita. Il CESE attribuisce particolare importanza all'analisi di queste soluzioni, e sottolinea che occorre trovare un giusto equilibrio tra lo sviluppo dei sistemi di IA che recano benefici all'uomo e gli eventuali effetti di freno derivanti da tali soluzioni. Occorre inoltre evitare il rischio morale connesso al trasferimento della responsabilità dei sistemi di IA a un'entità che di fatto non può essere ritenuta responsabile.

i)

Legislazione e regolamentazione

3.32.

L'IA ha notevoli ricadute sulle disposizioni legislative e regolamentari vigenti. Nel giugno 2016, l'unità di valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche (STOA) del Parlamento europeo ha pubblicato una sintesi degli atti legislativi e regolamentari europei che saranno interessati dagli sviluppi nel settore della robotica, dei sistemi ciberfisici e dell'intelligenza artificiale. La STOA indica sei ambiti (trasporti, sistemi a duplice uso, libertà civili, sicurezza, salute ed energia) nei quali bisognerà probabilmente rivedere o adeguare ben 39 atti dell'UE tra regolamenti, direttive, dichiarazioni e comunicazioni, oltreché la Carta europea dei diritti fondamentali. Tale valutazione va realizzata con urgenza e determinazione, e il CESE può e intende svolgere un ruolo in tale processo.

3.33.

Si discute molto sulla questione di chi debba essere ritenuto responsabile se un sistema di IA causa un danno. In particolare, nei casi in cui si tratti di sistemi che apprendono autonomamente e continuano ad apprendere anche dopo la loro messa in funzione. Il Parlamento europeo ha formulato delle raccomandazioni concernenti norme di diritto civile sulla robotica, proponendo di esaminare l'opportunità di introdurre il concetto di «personalità elettronica» per i robot, in modo tale che essi possano essere ritenuti civilmente responsabili degli eventuali danni causati. Il CESE è contrario all'introduzione di una forma di personalità giuridica per i robot o per l'IA (o i sistemi di IA), in quanto essa comporterebbe un rischio inaccettabile di azzardo morale. Dal diritto in materia di responsabilità civile deriva una funzione preventiva di correzione del comportamento, la quale potrebbe venir meno una volta che la responsabilità civile non ricade più sul costruttore perché è trasferita al robot (o al sistema di IA). Inoltre, vi è il rischio di un uso inappropriato e di abuso di uno status giuridico di questo tipo. In questo contesto, il confronto con la responsabilità limitata delle società è fuori luogo, in quanto è sempre la persona fisica a essere responsabile in ultima istanza. A tale riguardo, si dovrebbe esaminare in che misura la normativa nazionale e dell'UE vigente e la giurisprudenza in materia di responsabilità (per danno da prodotti difettosi e di rischio) e colpa propria sia sufficiente a rispondere a tale questione e, in caso contrario, quali soluzioni si impongano sul piano giuridico.

3.34.

Inoltre, per un corretto approccio legislativo e regolamentare in materia di IA è fondamentale comprendere con chiarezza ciò che l'IA può fare, ciò che non può fare e ciò che, nel breve, medio e lungo termine, sarà in grado di fare.

3.35.

L'IA non si ferma alle frontiere. È quindi importante esaminare la necessità di una regolamentazione a livello mondiale, in quanto le normative regionali non saranno sufficienti e avranno anzi effetti indesiderati. In considerazione del sistema di norme sui prodotti e sulla sicurezza di cui l'UE si è dotata, delle tendenze protezionistiche in atto in altri continenti, dell'elevato livello di conoscenze esistente all'interno dell'Europa, del sistema di diritti fondamentali e valori sociali europei e del dialogo sociale, il CESE raccomanda all'UE di assumere un ruolo guida nella definizione di quadri strategici uniformi a livello internazionale in materia di IA, e di promuovere tale processo a livello mondiale.

j)

Politica e democrazia

3.36.

Le applicazioni di IA possono contribuire a migliorare il coinvolgimento dei cittadini nelle politiche pubbliche e ad aumentare la trasparenza dei processi decisionali in ambito amministrativo. Il CESE esorta l'UE e le autorità pubbliche ad avvalersi dell'IA in questo contesto.

3.37.

Il CESE esprime preoccupazione in merito all'utilizzo mirato dei sistemi di IA (sotto forma di algoritmi intelligenti) per l'aggregazione di notizie, ad esempio, sui media sociali, che sembra aver ridotto il pluralismo dell'informazione e aver determinato un'ulteriore spaccatura della società (si pensi, ad esempio, alle «bolle di filtraggio» e alle «false notizie» su Twitter e Facebook durante le elezioni americane).

3.38.

Il CESE è anche preoccupato per i segni che fanno pensare a un probabile utilizzo dei sistemi di IA al fine di influenzare il comportamento (di voto) dei cittadini. L'impiego di algoritmi intelligenti sembra aver consentito di prevedere e influenzare in maniera mirata le preferenze e i comportamenti delle persone. Si tratta di una minaccia a una democrazia giusta e aperta. Nell'attuale epoca di polarizzazione e di delegittimazione delle istituzioni internazionali, la precisione e la potenza di questo tipo di tecnologia di propaganda può provocare rapidamente ulteriori disgregazioni della società. Questo è uno dei motivi che rendono necessaria l'introduzione di standard in materia di trasparenza e controllabilità degli algoritmi (intelligenti).

k)

Attività belliche

3.39.

Nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite su determinate armi convenzionali è stato deciso di chiedere a esperti di confrontarsi, nel corso del 2017, in merito alle implicazioni delle armi autonome. Il CESE accoglie con favore e appoggia l'appello rivolto da Human Rights Watch e altre organizzazioni a mettere al bando i sistemi d'arma autonomi. Ritiene che questa messa al bando debba essere esaminata e presa in considerazione seriamente. Tale misura non sarà però sufficiente ad affrontare in maniera adeguata le possibilità di applicazione dell'IA nelle situazioni di guerra e di conflitto. Occorre che questa consultazione delle Nazioni Unite riguardi anche le applicazioni dell'IA nella guerra cibernetica.

3.40.

Inoltre, bisogna evitare che l'IA finisca nelle mani di individui o regimi che intendono utilizzarla a fini terroristici.

l)

Superintelligenza

3.41.

Infine, si pone la questione di quali siano le opportunità e i rischi legati allo sviluppo della superintelligenza. Secondo Stephen Hawking, lo sviluppo dell'IA generale può significare la fine dell'umanità. Come sostiene Hawking, a un certo punto, infatti, l'IA si evolverà a un ritmo con il quale l'uomo non potrà più tenere il passo. Taluni esperti consigliano pertanto di prevedere un cosiddetto pulsante di emergenza (kill-switch) o di resettaggio (reset-button) che consenta di disattivare o resettare un sistema di IA superintelligente «impazzito».

3.42.

Il CESE raccomanda di adottare l'approccio «human-in-command», con la condizione essenziale che l'IA sia sviluppata e applicata in maniera responsabile e sicura, e che la macchina rimanga macchina e l'uomo possa continuare a mantenerne il controllo in ogni momento. Il dibattito sulla superintelligenza è importante, ma al momento sta oscurando eccessivamente quello sull'impatto delle applicazioni attuali dell'IA.

4.   L'IA al servizio del genere umano

4.1.

Alcuni colossi commerciali hanno ormai intrapreso diverse iniziative per uno sviluppo dell'IA aperto, sicuro e responsabile sul piano sociale (strada, questa, seguita ad esempio dalla società di ricerca OpenAI). I decisori politici non possono però lasciare tale compito alle imprese e devono invece intervenire. Occorre mettere in campo misure e incentivi mirati a sostegno della ricerca sulle sfide che l'IA comporta per la società e sullo sviluppo di sistemi di IA sicuri e solidi.

4.2.

I programmi dell'UE, tra cui Orizzonte 2020, sono ideali per far fronte a questa sfida. Il CESE ha constatato che i finanziamenti, in particolare, nell'ambito del pilastro «Sfide per la società» di Orizzonte 2020 sono inferiori rispetto a quelli per gli altri due pilastri «Eccellenza scientifica» e «Leadership industriale» e sono stati riveduti al ribasso. Il CESE esorta ad attribuire, nel quadro del pilastro «Sfide per la società», un ruolo importante alla ricerca sulle grandi sfide per la società e sulle applicazioni dell'IA in ambito sociale.

4.3.

Occorre inoltre affrontare i possibili effetti trasversali dell'IA. Parallelamente al finanziamento dello sviluppo di innovazioni rivoluzionarie in materia di IA, bisogna finanziare anche la ricerca in merito all'impatto di queste innovazioni sulla società e i modi per affrontare tale impatto.

4.4.

Le attività di ricerca e sviluppo in materia di IA al servizio del genere umano richiedono anche una serie di dati di addestramento e di test di elevata qualità e liberamente accessibili e di ambienti di collaudo in condizioni reali (real life). Fino ad oggi le infrastrutture di IA e buona parte dei dati di qualità sono stati disponibili solo presso e per un numero limitato di soggetti privati, ed è difficile testare l'IA nell'ambiente pubblico, il che ostacola l'applicazione dell'IA in altri settori. Per giungere a sistemi di IA sicuri, solidi e utili è fondamentale sviluppare dati di elevata qualità e liberamente accessibili e creare infrastrutture europee di IA.

5.   Monitoraggio e adozione delle misure necessarie

5.1.

Non è ancora possibile valutare pienamente il vasto impatto che l'IA può avere sulla società. È però innegabile che si tratterà di un impatto di grande portata. In questo momento gli sviluppi in materia di IA si susseguono a ritmo sostenuto, il che impone un monitoraggio critico, partendo da una prospettiva ampia, al fine di poter affrontare adeguatamente e in tempo utile gli sviluppi importanti e dirompenti, dal punto di vista sia tecnico che sociale, collegati direttamente o indirettamente all'IA («fattori di svolta»).

5.2.

I fattori di svolta di carattere tecnico possono essere costituiti da progressi sorprendenti e significativi nello sviluppo delle capacità di IA, che possono preludere al raggiungimento dell'IA «generale». A livello della società, i fattori di svolta possono essere rappresentati da una perdita considerevole di posti di lavoro senza la prospettiva di una loro sostituzione, da situazioni di insicurezza, da un fallimento sistemico, da sviluppi imprevisti a livello internazionale ecc.

5.3.

È necessario che i decisori politici, l'industria, le parti sociali, i consumatori, le ONG, gli istituti di insegnamento, le strutture di assistenza sanitaria, i docenti universitari e gli specialisti di diverse discipline (tra cui IA (applicata), etica, sicurezza, economia, scienze del lavoro, giurisprudenza, scienze del comportamento, psicologia e filosofia) cooperino per seguire attentamente gli sviluppi attorno al tema dell'IA, individuando e tenendo aggiornati questi fattori di svolta, in modo da consentire di adottare le misure giuste al momento giusto, sotto forma di politiche, di disposizioni legislative e regolamentari, di codici di autoregolamentazione e di dialogo sociale.

5.4.

Nei prossimi anni, il CESE, nella sua qualità di rappresentante della società civile organizzata europea, intende definire, centralizzare e stimolare questo dibattito multilaterale attorno al tema dell'IA.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 161.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Un’eventuale riforma in profondità della PAC»

(parere esplorativo)

(2017/C 288/02)

Relatore:

John BRYAN

Consultazione

Commissione, 10.2.2017

Base giuridica

Articolo 302 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Parere esplorativo

Decisione dell'Ufficio di presidenza

21/02/2017

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

17/05/2017

Adozione in sessione plenaria

01/06/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

229/4/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene la politica agricola comune (PAC) una politica fondamentale dell'UE, che deve configurarsi come un'autentica politica comune a favore dei cittadini europei e del settore agricolo e che ha conseguito i suoi obiettivi principali sanciti nel Trattato di Roma. Anche se il tema del presente parere esplorativo è una riforma in profondità della PAC, il CESE insiste affinché l'ulteriore sviluppo di tale politica abbia luogo adottando un approccio prudente e naturale, nell'interesse di tutti i soggetti pertinenti. L'ulteriore sviluppo della PAC è un esercizio che richiede un approccio positivo e il bilancio destinato a questa politica dovrà essere commisurato alle esigenze, sia attuali che nuove, riguardanti l'economia agricola e i criteri sociali e ambientali.

1.2

Una PAC riformata in profondità deve soddisfare le esigenze derivanti dalle nuove sfide cui l'Europa è confrontata — in particolare gli impegni assunti dall'UE per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite e quelli in materia di cambiamenti climatici sottoscritti nel quadro della 21a Conferenza delle Parti (COP 21) — oltre alle sfide rappresentate dagli accordi commerciali bilaterali e dalla volatilità del mercato.

1.3

La PAC deve sostenere risolutamente il modello europeo di agricoltura, caratterizzato da aziende agricole tradizionali a conduzione familiare, da cooperative e associazioni agricole nonché da grandi imprese agricole, e deve inoltre porre rimedio alle forti disparità di reddito sia tra zone rurali e urbane che all'interno dello stesso settore agricolo, con il coinvolgimento delle organizzazioni di questo settore.

1.4

Il bilancio della PAC — che è pari al 38 % del bilancio totale dell'UE, assicura un approvvigionamento sostenibile di prodotti alimentari sicuri e di qualità ai 500 milioni di cittadini dell'Unione e realizza esportazioni per un valore di 131 miliardi di euro, pari al 7,5 % delle esportazioni totali dell'UE — deve stabilire un rapporto costi-benefici equilibrato garantendo un eccellente «utile sul capitale investito». In futuro i fondi destinati alla PAC dovranno essere sufficienti per far fronte alle esigenze finanziarie supplementari conseguenti alla Brexit, alle pressioni sui redditi agricoli e all'aumento della domanda di beni pubblici.

1.5

Il CESE è favorevole a preservare l'attuale struttura a due pilastri della PAC. Il pilastro 1 stabilisce pagamenti diretti che devono sostenere i redditi agricoli, le misure di gestione del mercato e l'incremento della fornitura di beni pubblici. Il pilastro 2 prevede pagamenti per lo sviluppo rurale che dovrebbero essere incentrati su programmi economici, ambientali e sociali basati sugli obiettivi stabiliti nella dichiarazione di Cork 2.0 per sostenere le regioni e i settori vulnerabili, e che dovrebbero inoltre garantire un approccio mirato alla fornitura di beni pubblici.

1.6

L'agricoltura apporta all'ambiente un contributo prezioso, che è sottovalutato. Sia i pagamenti del pilastro 1 che quelli del pilastro 2 della PAC devono non soltanto tener conto dei pozzi di assorbimento del carbonio costituiti da pascoli, foreste, torbiere e siepi, ma devono anche tutelarli e potenziarli.

1.7

Occorre mettere in campo solidi programmi mirati, incentrati sui giovani agricoltori, soprattutto donne, e sui pensionamenti, per affrontare la questione chiave del ricambio generazionale. Si dovrebbero inoltre introdurre dei programmi intesi a conferire alle donne un ruolo più importante in generale nell'agricoltura.

1.8

La semplificazione dovrebbe essere una delle componenti fondamentali di una PAC riformata in profondità, con il ricorso alle tecnologie moderne per semplificare e ridurre i sempre maggiori oneri burocratici che gravano sugli agricoltori. Andrebbero apportate delle modifiche alle procedure d'ispezione e di verifica, modifiche che dovrebbero comprendere tra l'altro un modello per la rettifica e la chiusura in caso di mancata conformità, il sistema del cartellino giallo, una riduzione dei requisiti di «condizionalità incrociata» (ossia, il rispetto di una serie di norme ambientali e di altro tipo) e maggiori tolleranze, e che dovrebbero tutte essere mirate alla semplificazione e a migliorare l'erogazione dei pagamenti.

1.9

Una PAC riformata in profondità dovrebbe mantenere il principio di preferenza comunitaria e di sovranità alimentare territorialmente equilibrata, con prodotti alimentari dell'UE destinati ai cittadini europei. Il potenziale dell'agricoltura deve essere messo in rilievo in qualsiasi accordo commerciale, bilaterale o multilaterale, senza che il settore agricolo venga sacrificato in cambio di vantaggi in altri settori. Fermo il rispetto del principio di conformità, tutti i prodotti alimentari importati nell'UE devono essere pienamente conformi alle norme sanitarie e fitosanitarie dell'Unione, nonché agli standard europei in materia di condizioni di lavoro e ambientali.

1.10

È necessario rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. Si dovrebbero adottare e attuare le raccomandazioni positive formulate dalla task force «Mercati agricoli dell'UE». È fondamentale un'ulteriore, addirittura più forte, promozione su base regionale e di settore della cooperazione tra i produttori e le cooperative e organizzazioni di produttori esistenti, specie quelle di piccole dimensioni. In particolare, bisognerebbe rivolgere particolare attenzione ai settori e alle regioni in cui la cooperazione è scarsa.

1.11

Per una nuova PAC riformata in profondità è indispensabile poter vantare un pilastro 1 e un pilastro 2 forti, provvisti di programmi di sviluppo rurale flessibili, disponibili nei territori di tutti gli Stati membri — comprese le zone soggette a vincoli naturali — e incentrati sulle regioni e sui settori vulnerabili.

1.12

Il livello degli aiuti diretti versati agli agricoltori nei diversi Stati membri dell'UE deve essere ulteriormente armonizzato al fine di creare condizioni di parità per gli agricoltori di tutti gli Stati membri e di assicurare uno sviluppo equilibrato delle zone rurali nell'intera UE.

2.   Introduzione

2.1

L'agricoltura è il settore economico più integrato di qualsiasi altro nel progetto europeo, oltre ad essere l'unico settore importante dotato di una politica comune e finanziato dal bilancio dell'UE a livello centrale. Il settore agricolo e agroalimentare è un datore di lavoro dell'economia europea estremamente importante, poiché conta 11 milioni di agricoltori, 22 milioni di lavoratori agricoli e altri 22 milioni di posti di lavoro nell'indotto dei comparti della trasformazione alimentare, del commercio al dettaglio di prodotti alimentari e dei servizi (1). Buona parte di questi posti di lavoro è situata nelle zone rurali più povere. L'agricoltura apporta il proprio contributo alle attività economiche realizzate in tutti gli Stati membri e in tutte le regioni. Nell'ultimo decennio il valore delle esportazioni UE di prodotti dell'agroalimentare e di bevande ha registrato un incremento medio annuo dell'8 %, fino ad un ammontare di 131 miliardi di euro nel 2016 (2).

2.2

La PAC è una politica fondamentale dell'UE, dal momento che assicura un approvvigionamento sostenibile di prodotti alimentari sicuri, di qualità e a prezzi abbordabili ai 500 milioni di cittadini dell'Unione. La PAC deve anche a) garantire un livello ragionevole di reddito agli agricoltori dell'UE e b) assicurare lo sviluppo sociale, ambientale ed economico di tutte le zone rurali. Gli agricoltori e gli addetti alla silvicoltura assicurano la gestione di oltre l'82 % dell'intera superficie terrestre dell'UE (3) e costituiscono pertanto una componente essenziale di un'economia agricola sostenibile che deve soddisfare, per sua stessa natura, molteplici funzioni.

2.3

La PAC, che dispone di una dotazione di bilancio di 59 miliardi di euro, eroga un sostegno vitale agli agricoltori e alle loro aziende tramite pagamenti diretti, misure di sostegno del mercato e programmi di sviluppo rurale. Occorre notare che il sostegno erogato dalla PAC è connesso alla fornitura di beni pubblici e all'osservanza delle norme europee, che sono di livello più elevato. Questi pagamenti diretti del pilastro 1 sono effettivamente legati a misure di «condizionalità incrociata» (rispetto di una serie di norme ambientali e di altro tipo) e relative a criteri di gestione obbligatori (CGO) in materia di sicurezza dei prodotti alimentari, salute delle piante e degli animali e norme di benessere, nonché di controlli ambientali e sono di fondamentale importanza per contribuire a stabilizzare i redditi degli agricoltori e a far fronte alla volatilità del mercato. Attualmente il 30 % dei pagamenti diretti è legato a requisiti di ecologizzazione incentrati su qualità del suolo, biodiversità e sequestro del carbonio; eppure, vi sono ancora diversi problemi ambientali e sociali da risolvere. Le misure di sostegno del mercato, pur avendo subito un forte ridimensionamento nell'ultima riforma della PAC, rimangono tuttora importanti, soprattutto nei periodi di crisi del mercato. Dovranno essere introdotte nuove misure per rimediare al problema della volatilità del mercato. Il programma cofinanziato di sviluppo rurale fornisce risorse finanziarie essenziali a titolo del secondo pilastro per i programmi economici, ambientali e sociali realizzati sia a livello di singole aziende agricole che nelle aree rurali.

2.4

Nei sessant'anni da cui è in vigore, malgrado le sue carenze, la PAC ha apportato notevoli vantaggi ai cittadini, ai produttori, ai consumatori e ai contribuenti europei, nonché alla società dell'UE in generale. Tuttavia, in alcune zone si rilevano problemi legati alla biodiversità, all'ambiente e al paesaggio, che devono essere affrontati. La PAC si è anche dimostrata flessibile e adattabile alle esigenze del momento. La struttura sui generis della PAC, articolata in un pilastro 1 e un pilastro 2, le ha consentito di trasformarsi concentrandosi di volta in volta su obiettivi diversi, pur tenendo ben fermo l'obiettivo globale di promuovere il modello europeo di agricoltura e l'agricoltura familiare.

2.5

Nel tempo le indennità versate a titolo della PAC sono radicalmente cambiate: se in passato consistevano prevalentemente in sostegni al mercato e ai prezzi, oggi si tratta di aiuti disaccoppiati con una significativa componente ambientale. Il pilastro 2 è stato introdotto per dare sostegno alle regioni e ai settori vulnerabili; esso garantisce che uno sviluppo rurale intelligente e sostenibile sia al centro della politica agricola dell'UE. L'agricoltura deve disporre di una politica di sviluppo rurale integrata.

2.6

Le attività agricole e l'agricoltura nel quadro di una PAC riformata positivamente in profondità, ammodernata e semplificata, hanno un ruolo essenziale da svolgere per il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall'UE in materia di sostenibilità, ambiente e natura, oltre che di competitività, investimenti, crescita e occupazione.

2.7

Una PAC riformata in profondità dovrà conservare gli aspetti positivi della politica oggi in vigore e adottare nuove misure per far fronte alle nuove sfide, tra le quali occorre annoverare le domande provenienti dalla società circa la fornitura di beni pubblici, gli impegni assunti dall'UE per la realizzazione degli OSS delle Nazioni Unite e quelli in materia di cambiamenti climatici sottoscritti nel quadro della COP 21, gli accordi commerciali bilaterali e la volatilità del mercato. Una PAC riformata in profondità dovrà altresì assicurare un giusto equilibrio tra esigenze dei consumatori, dei contribuenti e dei produttori.

2.8

Nell'ambito di una PAC profondamente riformata, l'UE deve continuare a difendere con forza il modello europeo di agricoltura e le aziende agricole sostenibili a conduzione familiare, in opposizione al modello industriale di produzione agricola sviluppato in altre regioni del mondo come il Mercosur, gli Stati Uniti d'America e l'Oceania. Un'attenzione specifica deve essere dedicata alle aziende agricole piccole e medie. Per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti alimentari, gli agricoltori europei agiscono secondo il principio di precauzione, il che li pone in condizioni di svantaggio competitivo nel commercio mondiale dei prodotti agricoli di base e delle derrate alimentari rispetto agli agricoltori dell'America del Nord e del Sud, dell'Oceania e di altre regioni del mondo che utilizzano sostanze vietate nell'UE come gli ormoni e i beta-agonisti.

2.9

Il modello europeo di agricoltura è un contratto sociale stipulato tra gli agricoltori dell'UE e la società, in virtù del quale i primi producono prodotti alimentari di qualità e altri beni pubblici in modo sostenibile, provvedendo nel contempo alla protezione dell'ambiente e alla gestione del paesaggio. In cambio di questi servizi, la PAC dovrebbe fornire un sostegno inteso a preservare le aziende agricole a conduzione familiare, le cooperative e le imprese che adottano modelli di agricoltura sostenibile e le zone rurali. Questo modello di agricoltura ha garantito beni di enorme valore per la società europea nel suo ruolo di fornitore di prodotti alimentari variati, sani, sicuri, di elevata qualità e a prezzi accessibili, contribuendo all'equilibrio territoriale, preservando le zone rurali e aiutando a tutelare l'ambiente e il paesaggio.

2.10

Inoltre, l'UE deve adoperarsi di più affinché la PAC e i vantaggi che essa comporta siano adeguatamente e correttamente compresi e sostenuti tanto dagli agricoltori quanto dai cittadini dell'UE.

3.   Sfide cui sono confrontate l'agricoltura e la PAC

Reddito agricolo

3.1

In sessant'anni di esistenza la PAC è stata utile all'Europa e ai cittadini dell'UE, poiché ha apportato vantaggi significativi al settore dell'agricoltura con un buon rapporto costi/benefici per i contribuenti. Tuttavia, in molti paesi dell'UE si riscontra un'evidente e sempre maggiore disparità di reddito nelle aree rurali rispetto a quelle urbane nonché all'interno dello stesso settore agricolo. Nella maggior parte degli Stati membri i redditi agricoli sono insufficienti e notevolmente inferiori al reddito medio nazionale o regionale. I prezzi agricoli non hanno registrato aumenti in linea con l'inflazione, con rialzi dei prezzi di fattori di produzione quali i fertilizzanti e l'energia. Nel recente periodo, la volatilità dei prezzi ha determinato delle difficoltà per quanto riguarda il reddito agricolo.

Investimenti nelle zone rurali

3.2

La politica di sviluppo rurale oggi in vigore, dotata com'è di un ampio ventaglio di strumenti flessibili, si è dimostrata di vitale importanza nel sostenere le aree rurali e, in particolare, i territori con zone soggette a vincoli naturali. Il solido piano di sviluppo rurale elaborato nel quadro della dichiarazione di Cork 2.0 A Better Life in Rural Areas («Una vita migliore nelle aree rurali») deve essere una priorità chiave per una PAC riformata in profondità. Sfide importanti da raccogliere per una riforma in profondità della PAC sono la realizzazione di investimenti nella sostenibilità e vitalità delle zone rurali, il miglioramento dell'occupazione nelle zone economicamente deboli e nelle aree periferiche e il sostegno ad un'agricoltura più diversificata (4).

Bilancio

3.3

In percentuale del bilancio dell'UE la spesa per la PAC è diminuita, passando dal 65-75 % degli anni '80 del secolo scorso all'attuale 38 %. Eppure, ci si attende che il settore agricolo, oltre ad assicurare prodotti alimentari di qualità e a prezzi accessibili, dia un contributo sempre più significativo al raggiungimento sia degli obiettivi stabiliti dall'UE alla COP 21 che degli OSS. L'uscita del Regno Unito dall'UE rappresenta una sfida di grande rilievo per il futuro finanziamento della PAC.

Sicurezza dell'approvvigionamento alimentare

3.4

Alla luce delle previsioni secondo cui entro il 2050 la popolazione sulla Terra aumenterà dagli attuali 7 a 9,5 miliardi di persone, è assolutamente indispensabile pervenire nel prossimo futuro ad un incremento sostanziale della produzione alimentare mondiale. Uno dei principali OSS stabiliti dalle Nazioni Unite punta ad una netta riduzione di una sottoalimentazione largamente diffusa, come dimostrano studi dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in cui si afferma che oggi nel mondo 1 individuo su 7 è denutrito. È evidente che la produzione alimentare a livello mondiale dovrà aumentare in modo sostenibile per soddisfare questa accresciuta domanda di prodotti alimentari e contribuire a eliminare la fame. Sia l'UE che una PAC riformata in profondità hanno un ruolo essenziale da svolgere in quanto forze trainanti e responsabili su scala planetaria nel campo della produzione alimentare. La PAC deve inoltre mostrarsi responsabile nel campo delle esportazioni e continuare a spronare i paesi in via di sviluppo perché migliorino le rispettive produzioni nazionali.

Sfida ambientale

3.5

L'agricoltura europea e la PAC sono elementi centrali degli impegni assunti dall'UE per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'ONU e raggiungere gli ambiziosi traguardi che l'Unione stessa si è prefissa nell'ambito dell'accordo globale sul clima della COP 21. Dal 1990 ad oggi le emissioni di carbonio dell'agricoltura europea sono diminuite del 23 %, e dal 1992 ad oggi i quantitativi di nitrati nei fiumi sono diminuiti del 17,7 % (5). Benché la PAC abbia permesso di compiere notevoli progressi in termini di realizzazioni ambientali, nuove sfide si profilano all'orizzonte nel riformare in profondità tale politica affinché l'agricoltura possa dare maggiori risultati e svolgere il proprio ruolo fondamentale nell'aiutare l'UE a raggiungere gli obiettivi della COP 21 e gli OSS.

Servizi ecosistemici

3.6

Il settore agricolo garantisce servizi ecosistemici essenziali e contribuisce alla gestione degli habitat, alla salvaguardia della biodiversità, alle norme sul benessere degli animali, alla conservazione estetica del paesaggio e alla protezione del suolo e delle acque. Inoltre, si deve riconoscere che il settore agricolo dovrebbe dare un contributo maggiore per quel che riguarda la biodiversità, l'ambiente e il paesaggio. Nell'UE una quota sostanziale degli alimenti viene prodotta utilizzando risorse idriche naturali che andrebbero altrimenti sprecate. Una parte considerevole dell'agricoltura europea è inoltre dedicata ai pascoli, alla silvicoltura e alle torbiere, tutti terreni o attività che costituiscono preziosi pozzi di assorbimento del carbonio. Una PAC riformata in profondità dovrà far tesoro di tutte queste caratteristiche ecosistemiche fondamentali dell'agricoltura e incoraggiarle.

Prodotti alimentari con un buon rapporto qualità/prezzo

3.7

La PAC assicura ai cittadini dell'UE una solida sicurezza dell'approvvigionamento alimentare e prodotti alimentari in abbondanza, sicuri e a prezzi abbordabili. La quota del reddito spesa dai cittadini europei per l'acquisto di prodotti alimentari è diminuita dal 50 % del secondo dopoguerra all'attuale 10 %, malgrado i costi di produzione delle derrate alimentari siano notevolmente aumentati. Una PAC riformata in profondità dovrà garantire ai consumatori di poter continuare ad acquistare alimenti sicuri, di qualità e a prezzi accessibili, prodotti in base alle norme stabilite a livello europeo.

Ricambio generazionale

3.8

Dato che la maggior parte degli agricoltori europei ha più di 55 anni, una delle sfide principali consiste nel convincere i giovani a dedicarsi alle attività dell'agricoltura, al punto che il settore risente di un problema di ricambio generazionale. Per i giovani l'accesso ai finanziamenti e ai terreni, i redditi bassi, il trasferimento delle conoscenze e l'accesso all'istruzione rappresentano altrettanti problemi pratici, per non parlar del fatto che i bassi redditi agricoli non consentono di accumulare risparmio da destinare alle pensioni. In alcune aree si osserva un crescente abbandono dei terreni agricoli che ha evidenti ricadute sul piano sociale e ambientale, soprattutto nelle zone periferiche. Un elemento essenziale di una PAC riformata in profondità dovrà consistere nel riservare grande attenzione al ricambio generazionale, con l'arrivo di giovani agricoltori e di nuovi agricoltori, nonché di lavoratori agricoli qualificati, soprattutto quelli che già lavorano in azienda agricola, che agevolino i pensionamenti.

Donne in agricoltura

3.9

Il ruolo che le donne svolgono nel settore agricolo è di estrema importanza: nelle aziende agricole le donne si fanno carico di una quota di lavoro molto importante e di una quota in aumento degli adempimenti burocratici, sebbene, in molti casi, esse non siano sufficientemente rappresentate quanto al loro status nella proprietà delle aziende agricole. Le donne possono inoltre apportare un notevole contributo alla sostenibilità dell'azienda agricola, attraverso il reddito percepito lavorando al di fuori dell'azienda come dipendenti o come imprenditrici indipendenti. Nei casi in cui entrambi i coniugi lavorino a tempo pieno nell'azienda agricola, questo contributo dovrebbe essere preso in considerazione e incentivato in seno alla proprietà dell'azienda.

Migrazione

3.10

L'agricoltura e il comparto agroalimentare possono rivestire un ruolo importante nell'inserimento degli immigrati in quanto manodopera, oltre che nel fornire assistenza ai gruppi svantaggiati tramite programmi sociali.

Semplificazione

3.11

Ammodernare e semplificare la PAC sono tappe essenziali per riformarla in profondità per il futuro. Benché tutte le precedenti riforme abbiano messo in evidenza la necessità di una sua semplificazione, di fatto la PAC è diventata invece molto più complessa e burocratica per le singole aziende agricole. Questo è vero soprattutto nel caso delle procedure di ispezione e verifica, come pure dell'applicazione dei requisiti di ammissibilità e di condizionalità incrociata previsti dai criteri di gestione obbligatori (CGO) e dalle buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA).

Commercio e globalizzazione

3.12

Il CESE prende atto dei significativi benefici arrecati e del numero considerevole di posti di lavoro creati dal commercio e dalle esportazioni di prodotti agricoli. Tuttavia, le sfide derivanti dalla globalizzazione e dagli accordi commerciali potrebbero arrecare gravi danni all'agricoltura e compromettere l'elevato livello di sicurezza dei prodotti alimentari e delle norme di qualità dell'UE. È essenziale trovare il giusto equilibrio tra l'apertura di nuovi mercati e di nuove opportunità, da un lato, e la protezione di settori e aree sensibili oltre che la salvaguardia delle norme UE, dall'altro. È inoltre necessario che i principi della preferenza comunitaria e della sovranità alimentare mantengano un equilibrio territoriale (6).

Volatilità dei prezzi e rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare

3.13

Nella catena dell'approvvigionamento di prodotti alimentari si osserva un grave squilibrio tra i rivenditori al dettaglio di grandi dimensioni, il settore della trasformazione e gli agricoltori, con una conseguente pressione al ribasso sui prezzi, che risultano spesso inferiori ai costi di produzione. È necessario rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare attraverso cooperative di vendita ben funzionanti, e creare un quadro giuridico europeo per contrastare le pratiche commerciali abusive nelle filiere alimentari e di distribuzione. Dato poi che gli interventi di sostegno al mercato da parte dell'UE sono diminuiti e che l'esposizione ai mercati mondiali è aumentata, e considerata inoltre la crisi geopolitica dovuta ad esempio al blocco da parte della Russia delle importazioni di prodotti UE, la volatilità dei prezzi e quella dei redditi sono diventate sfide di grande rilievo per gli agricoltori europei. Va sottolineato l'ottimo lavoro svolto in questo campo dalla task force «Mercati agricoli dell'UE», lavoro che deve registrare nuovi passi avanti. Occorre affrontare la questione delle pratiche commerciali sleali e delle vendite sottocosto.

Sviluppo territoriale equilibrato

3.14

L'allevamento, l'agricoltura e la silvicoltura sono fondamentali per lo sviluppo economico e sociale delle zone rurali. Ricoprono inoltre un ruolo importante anche per quanto riguarda altre iniziative imprenditoriali e servizi economici collegati quali il turismo rurale o l'occupazione e le attività culturali nelle zone rurali. Una PAC riformata in profondità con una forte componente di pilastro 2 è essenziale per far fronte alle sfide in materia di sviluppo delle zone rurali, oltre che per preservare solide attività agricole e un'agricoltura forte in tutte le regioni dell'UE. L'obiettivo perseguito dev'essere quello di mantenere in attività quanti più agricoltori sia possibile.

4.   Proposte per una PAC riformata in profondità, ammodernata e semplificata

4.1

Una PAC riformata in profondità e che sostenga risolutamente il modello di agricoltura dell'UE deve continuare a perseguire gli obiettivi fondamentali sanciti per tale politica dal Trattato di Roma del 1957. Si dovrebbero integrare nuovi obiettivi che tengano conto degli impegni sottoscritti dall'UE con gli OSS e nel quadro della COP 21. L'articolo 39 del TFUE stabilisce che le finalità della PAC sono:

1)

incrementare la produttività dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico e assicurando un impiego ottimale dei fattori di produzione, in particolare della manodopera;

2)

assicurare un tenore di vita equo agli agricoltori;

3)

stabilizzare i mercati;

4)

garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;

5)

assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.

4.2

Una PAC riformata in profondità dovrà anche integrare le sfide cruciali in materia di protezione dell'ambiente, attenuazione degli effetti dei cambiamenti climatici e tutela della biodiversità.

4.3

Questi obiettivi di base potranno essere meglio conseguiti conservando l'attuale struttura a due pilastri della PAC, con il pilastro 1 basato sui pagamenti diretti agli agricoltori in attività che ricevono il sostegno di misure di gestione del mercato, ed il pilastro 2 basato sulle misure di sviluppo rurale e che adotta la strategia di integrare nella PAC le nuove domande di fornitura di beni pubblici. I pagamenti diretti del pilastro 1 sono di fondamentale importanza per sostenere i redditi agricoli e contribuire a far fronte alla volatilità, e sono inoltre legati a misure di condizionalità incrociata in materia di sicurezza dei prodotti alimentari, salute delle piante e degli animali e norme di benessere, nonché di controlli ambientali. Le misure del pilastro 2 della PAC forniscono altri programmi di sostegno essenziali in campo economico, ambientale e sociale.

4.4

Il bilancio della PAC dopo il 2020 dovrà essere sufficiente per far fronte alle esigenze finanziarie supplementari conseguenti alla decisione del Regno Unito di uscire dall'UE, alle pressioni sui redditi agricoli e all'aumento della domanda di beni pubblici.

4.5

Quanto al modello di base per il pagamento, si propone che i paesi che hanno adottato modelli diversi dal sistema di pagamento forfettario di base siano autorizzati a mantenere questi specifici modelli anche dopo il 2020, poiché si adattano meglio ai rispettivi contesti nazionali. Nel caso di alcuni paesi, il modello di pagamento forfettario non tiene conto delle differenze tra i livelli degli investimenti e tra le attività agricole, nonché per quel che riguarda la fornitura di beni pubblici.

4.6

Il livello degli aiuti diretti versati agli agricoltori nei diversi Stati membri dell'UE deve essere ulteriormente armonizzato in modo da tener conto delle differenti situazioni, creando così condizioni di parità per gli agricoltori di tutti gli Stati membri e di assicurare uno sviluppo equilibrato delle zone rurali nell'intera UE.

4.7

I pagamenti diretti dovrebbero essere versati solo agli agricoltori in attività che forniscono beni pubblici e servizi pubblici.

4.8

Per sostenere e salvaguardare i pagamenti diretti agli agricoltori a titolo di un primo pilastro forte, occorre che, nell'ambito di una PAC riformata in profondità, l'agricoltore in attività lavori a un programma annuale o pluriennale incentrato sui temi dell'ambiente, del cambiamento climatico e della biodiversità, che potrebbe comprendere un «navigatore del carbonio» e un piano di gestione dei nutrienti. Tale programma annuale o pluriennale dovrebbe comprendere la fornitura misurabile di beni pubblici e offrire agli agricoltori maggiore flessibilità. Tale misurabilità dovrà basarsi su criteri oggettivi e standardizzati a livello UE.

4.9

I pagamenti diretti del pilastro 1 dovrebbero essere soggetti ad un massimale equo e ragionevole per i singoli agricoltori (pari, ad esempio, al reddito comparabile di un lavoratore qualificato). Dovrebbero essere possibili degli aggiustamenti e si dovrebbe tenere conto di partenariati, cooperative, imprese e del numero di dipendenti che richiedono una copertura assicurativa.

4.10

I pagamenti diretti accoppiati dovrebbero essere volti a sostenere i settori e le regioni vulnerabili. Essi dovrebbero avere il duplice obiettivo di evitare l'abbandono dei terreni agricoli e di tutelare la biodiversità, soprattutto conservando l'attività di allevamento del bestiame e i settori in declino.

4.11

Nell'ambito della PAC attuale, il 30 % dei pagamenti del pilastro 1 è destinato all'ecologizzazione e il 70 % a 15 criteri di gestione obbligatori e a cinque buone condizioni agronomiche e ambientali da soddisfare. Per favorire un'effettiva semplificazione della PAC sarebbe preferibile prevedere il collegamento della totalità dei pagamenti del pilastro 1 alla fornitura di beni pubblici. Per conseguire questo obiettivo, è necessario valutare correttamente i requisiti di ecologizzazione e i criteri di gestione obbligatori, al fine di mantenere le misure più efficienti e realizzabili e introdurre anche nuovi obiettivi, come quelli relativi ai cambiamenti climatici e alla necessità di aumentare il sequestro del carbonio nel suolo.

4.12

Tali programmi di condizionalità incrociata con criteri di gestione obbligatori implicherebbero il conseguimento di risultati misurabili in materia di protezione dell'ambiente, attenuazione degli effetti dei cambiamenti climatici e tutela della biodiversità, sulla base delle modalità di attuazione della condizionalità vigenti e pertinenti.

4.13

Una PAC riformata in profondità dovrebbe far proprio il concetto di «agricoltura intelligente», che presenta il duplice vantaggio di migliorare gli utili delle aziende agricole e di realizzare al contempo dei benefici ambientali. L'agricoltura intelligente comporterebbe il ricorso a trasferimenti di conoscenze e tecnologie che contribuiscano ad applicare un'agricoltura di precisione finalizzata a ridurre i consumi di acqua, energia, fertilizzanti industriali e altri fattori di produzione come i pesticidi, specialmente fungicidi e insetticidi.

4.14

Le attuali misure di sostegno del mercato, in particolare l'intervento e gli aiuti all'ammasso privato, dovrebbero essere mantenute nella nuova PAC riformata. È essenziale fissare livelli realistici per l'attivazione di questi aiuti, in modo da poter erogare ai produttori un sostegno al reddito significativo in caso di necessità.

4.15

La protezione più efficace contro la volatilità dei redditi consiste nel versamento di pagamenti diretti sicuri e adeguati e nell'applicazione di strumenti di gestione del mercato a titolo del pilastro 1, compresi i regimi volti a ridurre la produzione. Tuttavia, nei periodi di estrema volatilità dei prezzi è necessario ricorrere anche ad altri strumenti, la cui introduzione andrebbe presa in esame. Si dovrebbe agevolare la possibilità di attingere ai fondi del pilastro 2 per misure come l'introduzione di regimi volontari di assicurazione.

4.16

Negli ultimi 140 anni le cooperative di produttori hanno dimostrato chiaramente di essere molto più resilienti alle turbolenze dei mercati agricoli e di contribuire a evitare la delocalizzazione della produzione alimentare. È pertanto fondamentale un'ulteriore, addirittura più forte, promozione su base regionale e di settore della cooperazione tra i produttori e le cooperative e organizzazioni di produttori esistenti, specie quelle di piccole dimensioni. In particolare, bisognerebbe rivolgere particolare attenzione ai settori e alle regioni in cui la cooperazione è scarsa.

4.17

Occorre realizzare dei progressi su tutta una serie di aspetti essenziali individuati dalla task force «Mercati agricoli dell'UE»: migliorare la posizione degli agricoltori nella catena di approvvigionamento, rafforzare la trasparenza, rilevazione obbligatoria dei prezzi, misure di gestione del rischio, lotta alle pratiche commerciali sleali e altre questioni. Una nuova PAC riformata in profondità dovrà adottare e integrare pienamente regolamentazioni relative a tutti questi aspetti. Si propone l'adozione di una regolamentazione più stringente per rendere illegali le pratiche commerciali sleali, vietare le vendite sottocosto e introdurre l'obbligo di rilevazione dei prezzi da parte di produttori, trasformatori e dettaglianti. Si deve anche rafforzare la posizione degli agricoltori sostenendo la creazione di forti e solide organizzazioni di produttori.

4.18

La finalità di base di una PAC riformata in profondità dev'essere quella di preservare un mercato unico dell'UE efficiente e ben funzionante. Le recenti tendenze alla rinazionalizzazione osservabili in tutto il mercato unico sono fonte di grande preoccupazione e hanno portato ad un'accresciuta divergenza dei prezzi e dei mercati. È inoltre essenziale introdurre, dove non in essere, una disciplina di etichettatura obbligatoria dell'origine dei prodotti agricoli ed alimentari, necessaria per evitare gli inganni e consentire scelte consapevoli ai consumatori e questo proprio affinché le norme in essa contenute non compromettano né ostacolino la libera circolazione delle merci nel mercato unico dell'UE.

4.19

La Brexit rappresenta una grave minaccia per l'UE e avrà significative ripercussioni sulla PAC e sul mercato unico. Eventuali carenze nel bilancio della PAC dovute all'uscita del Regno Unito dall'UE dovranno essere interamente compensate dai rimanenti Stati membri. Inoltre, sarà fondamentale mantenere scambi commerciali di prodotti agricoli e alimentari esenti da dazi tra l'UE e il Regno Unito e norme equivalenti in materia di ambiente e di salute e benessere degli animali, nonché continuare ad applicare una tariffa esterna comune sulle importazioni sia verso l'UE che verso il Regno Unito.

4.20

Un obiettivo fondamentale perseguito dalla PAC dev'essere la preferenza comunitaria, con prodotti alimentari dell'UE per i cittadini europei. Un principio essenziale di tale politica deve riguardare il mantenimento e la salvaguardia delle norme UE sulla tracciabilità, la sicurezza dei prodotti alimentari, i controlli sulla salute degli animali e delle piante e la protezione dell'ambiente, oltre che la tutela integrale delle indicazione geografiche protette (IGP). Per i consumatori europei è di fondamentale importanza che in qualsiasi negoziato in materia di politica commerciale l'UE esiga che tutti i prodotti alimentari importati rispettino le stesse norme in vigore nell'Unione. Non solo, ma in tutti i futuri negoziati commerciali è molto importante che l'UE conservi un'adeguata e robusta protezione tariffaria dei settori sensibili e delle aree vulnerabili.

4.21

Uno dei tratti salienti della nuova PAC riformata in profondità dovrà essere il ricambio generazionale. Si propone di prorogare l'attuale aumento dei pagamenti erogati ai giovani agricoltori sotto i 40 anni a titolo del pilastro 1 della PAC. Si propone di rivedere la regola dei cinque anni per eliminarne le rigidità che impediscono ai giovani agricoltori di accedere a livelli di pagamento più elevati. Inoltre, si propone di applicare percentuali di pagamento più elevate per i giovani agricoltori nel quadro delle misure generali dei programmi di sviluppo rurale (PSR). I livelli di pagamento per i programmi di aiuto strutturale in forma di sovvenzione a favore dei giovani agricoltori dovrebbero essere aumentati al 70 %, e si dovrebbe poter garantire un sostegno corrispondente anche ai giovani agricoltori e ai giovani professionisti attivi nei partenariati, nelle cooperative e nelle società. È molto importante costituire una riserva nazionale efficiente che consenta ai giovani agricoltori e ai nuovi agricoltori di accedere agli aiuti in modo permanente. Dovrebbe essere introdotta la possibilità di attuare un programma efficace di pensionamenti a titolo del pilastro 2. Gli Stati membri dovrebbero avere un margine di manovra sufficiente per introdurre misure supplementari a favore dei giovani agricoltori e soprattutto delle donne. È essenziale mettere fortemente l'accento sull'istruzione e sul miglioramento delle competenze. Per rafforzare la posizione delle donne nel settore agricolo, dovrebbero essere introdotti incentivi a loro favore sul modello di quelli a sostegno dei giovani agricoltori, per assicurare alle agricoltrici pari accesso alla terra, al credito, alla formazione e la parità di status.

4.22

Una semplificazione positiva per gli agricoltori relativamente ai requisiti di condizionalità incrociata/le buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA) e ai criteri di gestione obbligatori (CGO) potrebbe consistere nell'abbandonare l'approccio basato sulle procedure d'ispezione e di verifica per ricorrere maggiormente all'impiego di tecnologie. Il sistema dovrebbe prevedere l'introduzione di una «lista di controllo» che comporti punteggi positivi e negativi sulla conformità. I richiedenti che rispettino gli obblighi essenziali più importanti e che accumulino un punteggio entro una certa soglia potrebbero ricevere i pagamenti senza vedersi infliggere sanzioni. Si tratterebbe di un'estensione del nuovo approccio, già introdotto, del «cartellino giallo». Il numero di requisiti di condizionalità incrociata e di criteri di gestione obbligatori (CGO) dovrebbe essere ridotto eliminando alcune misure relative a CGO non più adeguate o pertinenti. Un buon esempio di questa semplificazione consisterebbe nell'eliminare l'esigenza di verificare l'identificazione degli animali nelle aziende agricole e di effettuare invece tali controlli con l'ausilio delle tecnologie presso i punti vendita dei capi, ossia presso gli stabilimenti di trasformazione della carne, i punti di raccolta e i mercati del bestiame.

4.23

Il regime di verifica dei requisiti di condizionalità incrociata dovrebbe altresì prevedere un diritto di rettifica in un approccio per la rettifica e chiusura in caso di mancata conformità, entro una scadenza predeterminata e senza incorrere in sanzioni. Si dovrebbe adottare un approccio più equo e proporzionato in materia di sanzioni e di tolleranze. La semplificazione non dovrebbe comportare obiettivi meno ambiziosi, soprattutto nel campo della protezione dell'ambiente (ecologizzazione) o delle norme sanitarie e fitosanitarie.

4.24

I controlli non devono avere per effetto di bloccare i pagamenti e si dovrebbe stabilire che eventuali sanzioni comminate in tutti i casi di ammissibilità e di condizionalità incrociata/CGO debbano essere applicate l'anno successivo a quello in cui si è svolto il controllo.

4.25

Un pilastro 2 robusto, migliorato e più efficiente, in grado di soddisfare le esigenze economiche, ambientali e sociali delle regioni, è d'importanza cruciale per una nuova PAC riformata in profondità che si preoccupi della sostenibilità e vitalità delle zone rurali, oltre che di incrementare l'occupazione in queste zone. Questo pilastro 2 riformato dovrebbe basarsi sugli obiettivi stabiliti nella dichiarazione di Cork 2.0. Inoltre, è importante che gli Stati membri cofinanzino in modo adeguato tutte le misure dei PSR, compresi i pagamenti per le zone soggette a vincoli naturali.

4.26

Considerate le maggiori sfide cui l'Europa deve far fronte per rispettare i propri impegni riguardo agli OSS delle Nazioni Unite e agli obiettivi fissati dalla COP21, le misure ambientali a titolo del pilastro 2 della PAC devono essere ampliate, mirate e ricevere maggiori risorse finanziarie. A tal fine, è importante che, nel rispetto dell'attuale dotazione di bilancio a titolo del pilastro 2, la ripartizione del futuro bilancio tra gli Stati membri rispecchi questa ambizione.

4.27

Queste misure aumentate e questi pagamenti maggiorati in materia di ambiente, cambiamenti climatici e biodiversità nel quadro del pilastro 2 potrebbero essere specificamente mirati alla fornitura di servizi ecosistemici migliorati da parte degli agricoltori incentrati sui seguenti aspetti:

1.

pagamenti per migliorare la gestione dei pozzi di assorbimento del carbonio costituiti dai suoli di pascoli, foreste e torbiere;

2.

una gestione più efficiente dei pascoli per migliorare i pozzi di assorbimento del carbonio;

3.

pagamenti destinati a convertire alcuni terreni coltivati in pascoli;

4.

opzione di programmi di messa a riposo e coltivazione minima dei terreni;

5.

opzione di riduzione della densità di bestiame nei pascoli, pur mantenendo un tasso minimo di densità;

6.

pagamenti destinati alla creazione di habitat e corridoi naturali;

7.

margini per aree cuscinetto intorno ai corpi idrici;

8.

gestione di fossati e siepi;

9.

navigazione del carbonio;

10.

pagamenti destinati a preservare le torbiere;

11.

conservazione estetica del paesaggio e tutela dei siti archeologici;

12.

pagamenti per misure di benessere animale;

13.

aumento dei pagamenti nelle zone Natura e per i danni causati dalla fauna selvatica;

14.

misure per contrastare la desertificazione nelle zone aride.

15.

agroecologia e produzione biologica;

16.

pagamenti destinati all'aumento della materia organica nel suolo, alla riduzione dell'erosione del suolo e all'incremento della ritenzione idrica nei terreni.

4.28

I pagamenti erogati nel quadro del regime per le zone soggette a vincoli naturali sono di vitale importanza per gli agricoltori delle regioni più povere e isolate dell'UE.

4.29

L'erogazione di finanziamenti a basso costo è indispensabile per stimolare la crescita nel settore agricolo ma soprattutto per aiutare i giovani agricoltori, che sono essenziali per il ricambio generazionale.

4.30

Una PAC riformata in profondità dovrebbe essere complementare ad una politica alimentare globale che riesca ad integrare le questioni dell'agricoltura sostenibile, di uno sviluppo territoriale equilibrato, di regimi alimentari sani, dell'occupazione e del commercio. Non si insisterà mai abbastanza sull'importanza di una dieta sana per i consumatori e sui benefici sociali che ne derivano in termini di qualità della vita, stile di vita sano, lotta all'obesità e diminuzione della spesa sanitaria. Occorrono maggiori risorse e programmi per diffondere largamente questo messaggio tra i consumatori, unitamente a programmi volti ad eliminare gli sprechi alimentari e ad incentivare il riciclaggio.

4.31

Per raggiungere l'obiettivo dell'UE di portare ad almeno il 27 % la quota di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, si dovrebbero adottare misure che garantiscano stabilità e certezza del diritto. Occorre inoltre introdurre pagamenti mirati a fornire sostegno ad investimenti in energia solare, ricavata dalla biomassa ed eolica, oltre che in programmi di efficienza energetica e di risparmio energetico.

4.32

Per salvaguardare la competitività del settore agricolo, è della massima importanza che esso disponga di quanto di più all'avanguardia possano offrire la ricerca e l'innovazione, anche a livello di singole aziende agricole. Occorre mettere a disposizione e sostenere programmi e servizi efficienti di trasferimento delle conoscenze, istruzione, condivisione di buone pratiche e diffusione tramite consulenze.

4.33

Dato che in agricoltura si ricorre in misura sempre maggiore alla tecnologia, in particolare per l'agricoltura intelligente e per contribuire alla semplificazione, è indispensabile che tutte le aree rurali siano coperte dalla banda larga.

4.34

Nella nuova economia sorta con l'agricoltura intelligente, e con tale uso accresciuto della tecnologia, è molto importante garantire la tutela della vita privata e la protezione dei dati individuali degli agricoltori. Inoltre, è essenziale che la proprietà di tutti i dati individuali detenuti in relazione alle loro attività economiche rimanga interamente nelle mani degli agricoltori.

4.35

L'economia circolare può svolgere un ruolo di primo piano nella riduzione dei rifiuti in tutti i settori. I modelli dell'agricoltura tradizionale incarnano perfettamente i concetti di «zero rifiuti», dell'impiego efficiente delle risorse e delle economie circolari. L'agricoltura ha un ruolo positivo da svolgere nel campo del riutilizzo e del riciclaggio, anche per quanto riguarda una corretta gestione del suolo, dell'acqua e dell'aria.

4.36

Dopo il 2020 sarà necessario un congruo periodo transitorio per consentire l'introduzione di una nuova PAC riformata in profondità, segnatamente per tener conto delle questioni di bilancio legate alla Brexit e di altre decisioni di ordine politico (7).

Bruxelles, 1o giugno 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  EU Agriculture Spending Focused on Results (La spesa dell'UE per l'agricoltura incentrata sui risultati), Commissione europea, settembre 2015.

(2)  Agri-food trade statistical factsheet — Extra EU28 (Scheda statistica sul commercio di prodotti dell'agroalimentare con i paesi al di fuori dell'UE-28), Commissione europea.

(3)  Eurostat. Land cover, land use and landscape (Occupazione del suolo, uso del suolo e paesaggio), 2016.

(4)  Parere sul tema Dalla dichiarazione di Cork 2.0 a iniziative concrete (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(5)  Phil Hogan, commissario europeo per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale, Working for Europe's Farmers (Al lavoro per gli agricoltori europei), 2016.

(6)  Parere Il ruolo dell'agricoltura nei negoziati commerciali multilaterali, bilaterali e regionali alla luce della riunione ministeriale dell'OMC a Nairobi, GU C 173 del 31.5.2017, pag. 20.

(7)  Parere sul tema I fattori che influenzano la PAC dopo il 2020, GU C 75 del 10.3.2017, pag. 21.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

526a sessione plenaria del CESE del 31 maggio e 1o giugno 2017

31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Le nuove imprese leader dell'Europa: l'iniziativa Start-up e scale-up»

[COM(2016) 733 final]

(2017/C 288/03)

Relatore:

Erik SVENSSON

Correlatrice:

Ariane RODERT

Consultazione

Commissione europea, 27/01/2017

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

04/05/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'iniziativa Start-up e scale-up lanciata dalla Commissione europea e le azioni proposte per rimuovere i principali ostacoli, ma sottolinea che non tutte le imprese a forte crescita sono anche imprese ad alta tecnologia e che è dunque necessario intervenire in tutti i settori.

1.2

Il CESE ritiene che sarebbe più pertinente procedere al rilancio di una versione aggiornata dello Small Business Act (SBA), che riunirebbe tutte le iniziative in un unico programma, contribuendo così anche ad accrescere la visibilità e la coerenza.

1.3

Il CESE chiede un approccio strategico coordinato per le imprese in fase di avviamento (start-up) e di espansione (scale-up), che tenga conto della diversità dei modelli imprenditoriali, e accoglie con soddisfazione le azioni specifiche messe a punto per le imprese dell'economia sociale. Tuttavia, qualsiasi iniziativa deve adoperarsi per realizzare un miglioramento complessivo del clima imprenditoriale, consentendo l'assunzione di rischi e la sperimentazione nell'ambito del processo di innovazione.

1.4

Gli oneri amministrativi e gli adempimenti burocratici continuano a costituire un ostacolo fondamentale per le start-up e le scale-up. Pertanto, il CESE esorta la Commissione europea ad attuare e applicare pienamente le iniziative adottate in questo campo.

1.5

Il CESE sottolinea l'importanza di coinvolgere le parti sociali in maniera strutturale e di garantire il rispetto delle norme dell'UE in materia di condizioni di lavoro, diritto del lavoro e contratti collettivi.

1.6

Il CESE accoglie con favore le azioni proposte in materia di innovazione, ma invoca una semplificazione delle normative e dei requisiti, viste le limitate risorse di cui dispongono le PMI e le microimprese.

1.7

Rafforzare i partenariati e costruire comunità di risorse costituisce un fattore chiave per il successo dell'iniziativa. La Commissione europea dovrebbe promuovere la creazione di reti, nonché la formazione di intermediari, facilitatori, acceleratori e incubatori di imprese.

1.8

Al fine di liberare il potenziale di crescita di start-up e scale-up, è essenziale sviluppare finanziamenti su misura con accesso a soluzioni in termini di capitale sia proprio che di debito, garantire l'accesso ai contratti d'appalto e migliorare il contesto fiscale. In alcuni pareri precedenti il CESE ha esaminato le azioni più adeguate per conseguire questi obiettivi.

1.9

Lo sviluppo delle competenze è un fattore di cruciale importanza, ed è per questo che occorre puntare sui programmi d'istruzione a sostegno dell'imprenditoria a tutti i livelli e fin dalle prime fasi del percorso di formazione. È inoltre necessario incoraggiare e promuovere le iniziative di tutoraggio, la formazione sul posto di lavoro e i programmi di apprendimento informale e non formale.

1.10

È indispensabile intervenire per ridurre il livello — attualmente elevato — di avversione al rischio nell'UE, riesaminando il principio della seconda opportunità e sostenendo lo sviluppo grazie a iniziative a favore dell'alfabetizzazione e dell'educazione finanziarie.

1.11

Il CESE invita la Commissione a riunire tutte le iniziative — sia attuali che future — volte a sostenere le imprese dell'economia sociale in una comunicazione che preveda un Piano d'azione per l'economia sociale. Questo è in linea con le conclusioni del Consiglio sulla promozione dell'economia sociale quale fattore essenziale dello sviluppo economico e sociale in Europa (7 dicembre 2015).

2.   Contesto generale

2.1

Nella comunicazione Le nuove imprese leader dell'Europa: l'iniziativa Start-up e scale-up, la Commissione afferma quanto segue:

Le imprese a forte crescita creano molti più posti di lavoro rispetto alle altre (1), e una parte significativa delle prime è costituita da start-up in fase di espansione, che accrescono l'innovazione e la competitività dell'UE, rafforzandone così l'economia, ma che possono anche apportare benefici alla società nel suo insieme, per esempio offrendo condizioni di lavoro più moderne e flessibili. Nella strategia per il mercato unico, la Commissione ha annunciato che intende esaminare le modalità per rendere il mercato unico più efficiente per le start-up e le scale-up.

Secondo i risultati di una consultazione pubblica (2) effettuata dalla Commissione nei primi mesi del 2016,

le start-up che desiderano espandersi incontrano ancora troppe barriere normative e amministrative, in particolare nelle situazioni transfrontaliere;

le possibilità di trovare potenziali partner nel mondo della finanza, tra le altre imprese e tra le autorità locali sono troppo scarse sia per le start-up che per le scale-up;

l'accesso ai finanziamenti costituisce uno dei principali ostacoli all'espansione delle start-up.

2.2

Nella comunicazione la Commissione propone una serie di azioni da intraprendere al fine di ridurre e/o eliminare tali ostacoli.

2.2.1

Rimuovere gli ostacoli:

creare uno sportello digitale unico che consenta un facile accesso online alle informazioni;

creare uno spazio unico dell'IVA;

realizzare la base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB);

offrire una seconda opportunità e prevedere quadri di ristrutturazione negli Stati membri;

garantire un migliore accesso agli appalti pubblici.

2.2.2

Contribuire a creare collegamenti con i partner adatti:

collegamento con università, centri di ricerca, investitori e partner;

accesso a opportunità, reperimento di persone con le competenze adatte, potenziamento delle opportunità di innovazione, in particolare per le start up sociali.

2.2.3

Accesso ai finanziamenti:

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (oltre all'Unione dei mercati dei capitali).

3.   Osservazioni generali

3.1

Il presente parere costituisce una risposta alla comunicazione della Commissione europea Le nuove imprese leader dell'Europa: l'iniziativa Start-up e scale-up, che propone una serie di misure volte a dare libero corso a tutte le potenzialità delle imprese ad alta tecnologia. Tuttavia, il CESE ha deciso di ampliare l'oggetto del parere, riflettendo sulle suddette misure dal punto di vista delle start-up e scale-up di ogni tipo, comprese quelle potenziali.

3.2

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione e gli sforzi volti a eliminare i principali ostacoli. Il CESE desidera richiamare ed evidenziare qui il lavoro ampio e approfondito da esso svolto nei suoi precedenti pareri, in cui sollecitava la creazione di un contesto favorevole per le diverse forme di impresa nell'UE (3), nonché la sua precedente richiesta di intensificare gli interventi nell'ambito dell'agenda per le imprese (4).

3.3

Dato che l'iniziativa Start-up e scale-up costituisce uno sviluppo e un'estensione dello Small Business Act, il CESE ritiene che sarebbe più efficiente considerare la possibilità di rilanciare una versione aggiornata dello SBA piuttosto che continuare a proporre misure separate. Il CESE apprezza e sostiene questa iniziativa come pure le altre azioni volte a sostenere start-up e scale-up, ma reputa difficile riuscire a ottenere un quadro d'insieme del programma complessivo senza riunire le diverse iniziative in un programma strategico comune e globale.

3.4

Il CESE sottolinea la necessità di un pacchetto di misure generali efficaci che tenga conto della diversità delle imprese, e appoggia pertanto l'obiettivo della Commissione di promuovere un approccio coordinato in tutte le politiche dell'UE.

3.5

Il CESE richiama l'attenzione della Commissione europea su un proprio parere, attualmente in corso di elaborazione, nel quale formula una serie di raccomandazioni di grande rilievo per le start-up e le scale-up, ossia:

creare uno sportello unico per tutte le PMI dell'UE;

rendere giuridicamente vincolanti i due principi «pensare anzitutto in piccolo» e «una tantum»;

rispondere in modo più adeguato alla varietà delle PMI.

3.6

Inoltre, nel parere del dicembre 2016 (5) il CESE incoraggia la Commissione a promuovere le imprese ad alto tasso di crescita mediante:

il controllo e la realizzazione di sinergie tra le politiche innovative delle diverse direzioni generali;

il rafforzamento dei cluster e degli ecosistemi nei quali si creano le start-up innovative;

un'attenzione specifica nei programmi accademici ai posti di lavoro per il futuro.

3.7

In particolare, è importante prendere atto delle grandi possibilità offerte dalle microimprese esistenti, molte delle quali sono imprese a conduzione familiare, nonché delle opportunità di sviluppo nell'ambito delle imprese dell'economia sociale. Inoltre, il CESE esorta la Commissione a considerare che non tutte le imprese a forte crescita rientrano nel comparto dell'alta tecnologia, e che settori come quelli dei servizi, della moda e del commercio elettronico, nonché altri settori innovativi, hanno bisogno di attenzione e sostegno.

3.8

Il CESE esorta altresì la Commissione a garantire che tutte le iniziative tengano conto anche dei nuovi fenomeni che stanno emergendo nel mondo delle imprese, come ad esempio l'economia collaborativa (6). Queste imprese devono tutte far fronte a un simile accumularsi di ostacoli al momento della loro creazione ed espansione nel mercato unico.

3.9

Il CESE accoglie con favore l'azione volta a introdurre uno sportello digitale unico che migliori l'accesso alle informazioni, ma è del parere che questo strumento contribuirà solo in maniera limitata a ridurre le norme e le regolamentazioni eccessivamente gravose. Il CESE propone inoltre che lo sportello digitale unico comprenda anche un portale Internet in materia di ricerca e sviluppo. La cooperazione strutturale con le organizzazioni intermediarie costituisce uno strumento molto efficace per migliorare le informazioni destinate alle start-up.

3.10

La Commissione esamina alcuni degli ostacoli più urgenti, soffermandosi in particolare sulle barriere normative, fiscali e amministrative. Il CESE desidera sottolineare che le PMI, incluse le microimprese, le imprese a conduzione familiare o le imprese dell'economia sociale, dispongono spesso al loro interno di scarse competenze, se non addirittura di nessuna competenza, per gestire normative molto farraginose e complesse e i conseguenti adempimenti amministrativi, ed è per questo che la semplificazione è fondamentale.

3.11

Il CESE sostiene la proposta di introdurre revisioni tra pari per condividere le buone pratiche e individuare le differenze tra gli Stati membri, al fine di armonizzare maggiormente le iniziative. Per essere efficaci, i risultati di tali revisioni devono essere trasparenti e diffusi tra le parti interessate.

3.12

Inoltre, il CESE appoggia la decisione della Commissione europea di ampliare i servizi di consulenza della rete Enterprise Europe Network (EEN) prevedendo consulenti appositi per le start-up e scale-up incaricati di informarle circa le norme nazionali ed europee pertinenti, le opportunità di finanziamento, i partenariati e l'accesso agli appalti pubblici transfrontalieri. Anche in questo caso, il CESE desidera sottolineare l'importanza e i benefici di una maggiore cooperazione strutturale con gli organismi intermediari e le organizzazioni coinvolte, anche all'interno dell'economia sociale.

3.13

Il CESE sostiene l'intenzione della Commissione di includere le start-up e le scale-up negli accordi commerciali internazionali, dato che un numero sempre crescente di queste imprese deve raggiungere il mercato globale in tempi brevi (e spesso in un segmento molto limitato).

3.14

Il CESE riconosce e sostiene l'impegno della Commissione, espresso nell'iniziativa, di garantire il rispetto delle norme dell'UE in materia di condizioni di lavoro, diritto del lavoro e contratti collettivi, e di puntare a creare posti di lavoro di qualità.

3.15

Il CESE intende replicare all'affermazione, contenuta nella comunicazione della Commissione, secondo cui, tra i benefici sociali apportati dall'espansione delle start-up, vi sarebbe «l'offerta di condizioni di lavoro più moderne e flessibili», affermazione che può dare adito a malintesi e a potenziali abusi.

3.16

Il coinvolgimento strutturale delle parti sociali è essenziale e dovrebbe essere incoraggiato al fine di garantire una concorrenza leale tra le imprese e di evitare il rischio di dumping sociale, come già sottolineato dal CESE in diversi suoi pareri (7).

3.17

Il CESE intende esaminare il processo in corso sui blocchi geografici (8). Questo potrebbe costituire un nuovo e considerevole ostacolo per le start-up e scale-up che non dispongono delle capacità necessarie per giungere a operare contemporaneamente in diversi paesi con lingue diverse. Al riguardo è fondamentale sottolineare la differenza tra vendite attive e passive. La conformità alla legislazione nazionale è richiesta unicamente per i paesi destinatari di vendite attive.

3.18

Il CESE appoggia la proposta di migliorare l'accesso delle PMI, e soprattutto delle scale-up, ai programmi di Orizzonte 2020. Purché non siano troppo onerosi, il consiglio europeo per l'innovazione e l'iniziativa Innovation Radar possono costituire degli strumenti efficaci, effettivamente in grado di raggiungere gli obiettivi previsti per le PMI. Inoltre, il CESE raccomanda che tali iniziative prestino particolare attenzione all'innovazione sociale, che spesso porta con sé nuovi modelli di impresa.

3.19

Il CESE accoglie inoltre con favore lo specifico riferimento all'azione a favore delle start-up e scale-up nell'economia sociale e nell'imprenditoria sociale, un settore in cui il CESE detiene competenze specifiche e in merito al quale ha già adottato diversi pareri (9).

3.20

Il CESE constata con soddisfazione il fatto che la Commissione riconosca le grandi difficoltà incontrate dalle PMI nel tutelare i loro diritti di proprietà intellettuale. Per una piccola impresa, infatti, i costi sono estremamente elevati, come elevati sono i costi della tutela coattiva di tali diritti, ragion per cui sono pochissime le start-up e scale-up che possono permettersi di sostenerli. Il CESE invita la Commissione a trovare una soluzione praticabile per ovviare a questo problema.

4.   Osservazioni specifiche

4.1    Partner, cluster ed ecosistemi

4.1.1

Un clima imprenditoriale complessivamente positivo è di capitale importanza per la crescita e l'innovazione. A giudizio del CESE, questa iniziativa della Commissione può avere successo solo se persegue un miglioramento generale del clima imprenditoriale, consentendo l'assunzione di rischi e la sperimentazione nell'ambito del processo di innovazione.

4.1.2

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che è molto importante per le start-up e in particolare le scale-up collegarsi con i partner adatti. Dato che i mercati europei, oltre a presentare un carattere essenzialmente nazionale, adottano un approccio piuttosto tradizionale all'assunzione di rischi, è necessario ripartire gli sforzi lungo due linee principali:

1)

L'UE e gli Stati membri, in cooperazione permanente con le organizzazioni e gli organismi intermediari, possono svolgere un ruolo importante nel facilitare i cluster con le università, i centri di ricerca ecc.

2)

Solo il mercato è in grado di far trovare investitori e partner commerciali, ma non per questo vanno sottovalutati il ruolo della BEI e del FEI e dei programmi europei, i quali devono però essere rafforzati e coordinati meglio tra loro.

4.1.3

Il CESE sostiene il piano della Commissione volto a rafforzare l'attuale «Startup Europe Initiative» e coordinare il lavoro dell'UE per collegare i cluster e gli ecosistemi in tutta Europa.

4.1.4

Il CESE approva il fatto che la Commissione ponga l'accento sulla creazione di comunità grazie a partenariati ed ecosistemi su misura come fattori cruciali per il successo delle start-up e delle scale-up. In tale contesto, il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione presti particolare attenzione alle imprese dell'economia sociale, riconoscendone i tratti peculiari e il contributo specifico che esse apportano alle società europee. Per questo motivo il CESE sollecita ancora una volta (10) la Commissione a riunire tutte le iniziative, sia quelle nuove che quelle esistenti, in un Piano d'azione dell'UE per l'economia sociale, allo scopo di migliorare la visibilità e l'interconnessione tra le varie iniziative.

4.2    Opportunità di appalti

4.2.1

Il CESE appoggia con vigore la Commissione nel suo intento di migliorare le opportunità di appalti per le start-up e le scale-up, invitandola non solo a portare avanti le misure proposte, ma anche a monitorare attentamente il recepimento e l'applicazione della direttiva sugli appalti pubblici nei singoli Stati membri, Ciò, infatti, è di fondamentale importanza per garantire che questi ultimi si avvalgano pienamente delle attuali disposizioni per migliorare le opportunità di partecipazione agli appalti pubblici per le PMI, comprese le imprese dell'economia sociale. e in proposito rimanda al suo precedente parere in materia di appalti (11).

4.2.2

Il CESE accoglie con favore il fatto che la comunicazione dedichi un'attenzione specifica agli appalti nel settore dell'innovazione e al partenariato per l'innovazione. In quest'ottica, tuttavia, vi è ancora bisogno di un insieme semplificato di regolamenti. Come affermato nella direttiva, gli appalti in materia di innovazione appaiono più indicati per le grandi imprese. Per partecipare ai partenariati per l'innovazione è indispensabile disporre di un'unità specifica; e, dato che solitamente le start-up e le scale-up non dispongono di un dipartimento di questo genere, esse non possono accedervi.

4.2.3

Il CESE desidera sottolineare che l'introduzione dello strumento elaborato dalla Commissione (autocertificazione mediante il documento di gara unico europeo — DGUE) per aiutare le PMI a partecipare agli appalti pubblici ha, in molti casi, sortito il risultato opposto ed è percepito come un ostacolo alla partecipazione agli appalti. Le start-up e le scale-up hanno difficoltà a raccogliere tutte le informazioni necessarie e a predisporre i moduli richiesti, ragion per cui è necessario offrire loro un sostegno, che dovrebbe essere promosso da organizzazioni intermediarie (organizzazioni di PMI e altre organizzazioni collegate).

4.3    Competenze

4.3.1

Il CESE riconosce che la nuova agenda per le competenze per l'Europa, con la sua duplice attenzione per la qualità e le competenze rilevanti per il mercato del lavoro, affronta alcune delle sfide più importanti. Tuttavia l'agenda potrà avere successo solo se le iniziative previste raggiungeranno i principali gruppi destinatari, e a tal fine è necessario assicurare un'attuazione, un monitoraggio e un seguito efficaci.

4.3.2

Il CESE sottolinea che la nuova agenda per le competenze per l'Europa, e in particolare l'imminente iniziativa relativa alla coalizione per le competenze e le occupazioni digitali, riveste un'estrema importanza e può costituire un pilastro fondamentale per il futuro.

4.3.3

Le imprese dell'economia sociale sviluppano risposte ad esigenze sociali nuove o che non sono state prese adeguatamente in considerazione, e sono all'avanguardia nel settore dell'innovazione sociale. Pertanto, gli imprenditori dell'economia sociale sociali (e non solo) sottolineano la necessità non solo di iniziative a favore delle competenze digitali, ma anche di intervenire in altri ambiti di competenze, quali lo sviluppo imprenditoriale e la propensione agli investimenti, che sono altrettanto importanti per il successo di una start-up.

4.3.4

Il CESE esorta la Commissione a incoraggiare e assistere gli Stati membri nell'istituire programmi di formazione destinati agli imprenditori ma anche nell'agevolare lo scambio di migliori pratiche tra gli Stati membri e le parti interessate. È opportuno adottare tali programmi nelle prime fasi del percorso formativo, essendo dimostrato che è in quelle fasi che essi risultano più efficaci.

4.3.5

Inoltre, i servizi offerti dagli incubatori e dallo sportello unico (quali lo sviluppo, il tutoraggio e il sostegno finanziario) sono spesso determinanti nella fase iniziale e in quella di espansione. La Commissione dovrebbe promuovere e condividere le migliori pratiche in questo campo.

4.4    Fiscalità

4.4.1

Il CESE condivide la preoccupazione della Commissione secondo cui l'imposizione fiscale può costituire un ostacolo importante per le start-up e le scale-up. Tra i principali problemi da affrontare vi sono i costi elevati di conformità agli obblighi fiscali, e in particolare quelli derivanti dalla diversità dei regimi fiscali nazionali.

4.4.2

Il CESE invita la Commissione a prendere in considerazione la possibilità di non imporre alcun limite di dimensioni o di tempo al riporto delle perdite sostenute nelle fasi di avviamento ed espansione delle imprese.

4.4.3

Il CESE accoglie altresì con favore la possibilità per le PMI di optare per la base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB), come indicato nella comunicazione della Commissione.

4.4.4

Inoltre, la tassazione dei consumi nel quadro del sistema dell'IVA è estremamente complessa da gestire per le PMI. Vi è per di più un onere supplementare per le start-up al momento di individuare l'aliquota IVA applicabile a ciascun bene o servizio nei diversi Stati membri, il che comporta costi elevati che, a loro volta, scoraggiano gli scambi transfrontalieri. I CESE sostiene pertanto l'intenzione della Commissione di creare uno spazio unico dell'IVA e introdurre il pacchetto di semplificazione dell'IVA per le PMI, incluse le start-up, contribuendo così ad eliminare un grosso ostacolo per le microimprese.

4.4.5

In molti Stati membri anche la tassazione dei redditi da capitale a livello individuale scoraggia gli investimenti nelle start-up e scale-up, in particolare nel caso in cui altre alternative di investimento siano soggette a una pressione fiscale minore o addirittura esenti. A tale proposito, potrebbe essere necessario prestare un'attenzione specifica alla tassazione dei diritti di opzione. Il CESE è quindi favorevole al monitoraggio costante, da parte della Commissione, dei regimi fiscali e degli incentivi agli investimenti applicati dagli Stati membri alle start-up e alle scale-up.

4.4.6

Le imprese dell'economia sociale devono poter beneficiare di uno spazio fiscale che consenta loro di realizzare appieno il loro potenziale economico tenendo conto delle loro finalità sociali e ambientali e nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della parità di condizioni. Tale obiettivo può essere conseguito attraverso varie misure, quali:

la mappatura dei diversi incentivi fiscali esistenti relativi al finanziamento delle imprese dell'economia sociale, al fine di diffondere le migliori pratiche;

la promozione dell'innovazione sociale mediante:

crediti d'imposta per donazioni o investimenti a basso rendimento nelle innovazioni sociali che rispondono alle priorità della società;

l'apertura di crediti d'imposta rimborsabili in materia di ricerca e sviluppo alle imprese senza scopo di lucro per la creazione di innovazioni con un valore aggiunto sociale e il miglioramento della produttività nei servizi alle persone e nei servizi di prossimità.

4.5    Accesso ai finanziamenti

4.5.1

Le start-up e le scale-up fanno affidamento sull'accesso al capitale proprio e al capitale di debito. In alcuni pareri precedenti (12) il CESE ha sottolineato che nell'UE l'accesso al capitale di rischio (venture capital) è assai minore che negli Stati Uniti, principalmente a causa dell'elevata frammentazione del settore europeo del venture capital (concentrato in alcuni Stati membri). Il CESE riconosce che la Commissione affronta tale problema proponendo la creazione di un fondo di fondi paneuropeo di venture capital, e la invita a considerare le proprie proposte (13) e a seguirne da vicino l'accoglimento e gli effetti.

4.5.2

Nel medesimo parere si sottolinea l'insufficiente coinvolgimento degli investitori privati e si raccomanda di incentivare i partenariati pubblico-privati, per i quali si potrebbe prendere in considerazione il ricorso a fondi asimmetrici (già presenti in Finlandia, nel Regno Unito, in Grecia e nei Paesi Bassi). Il CESE accoglie adesso con favore una soluzione analoga che permette ai fondi di investimento privati di beneficiare di garanzie pubbliche per gli investimenti nelle start-up e scale-up.

4.5.3

Inoltre, il CESE accoglie con favore la proposta di aumentare il bilancio per il FEIS e il COSME al fine di mobilitare ulteriori finanziamenti destinati a realizzare una politica efficace per le start-up e scale-up, che tenga conto della loro diversità.

4.5.4

Tuttavia, è importante sottolineare che la maggior parte delle start-up è finanziata da prestiti bancari concessi dietro garanzie personali e familiari. Mentre i prestiti bancari sono una realtà, l'accesso al capitale di rischio quale strumento finanziario, pur essendo necessario, non è sufficientemente sviluppato in Europa a causa di regimi fiscali dissuasivi, della mancanza di una cultura dell'investimento azionario, della scarsa alfabetizzazione finanziaria e della frammentazione dei regimi di insolvenza.

4.5.5

Il CESE invita gli Stati membri dell'UE a promuovere e ricercare, con il sostegno della Commissione, forme giuridiche alternative per le attività d'impresa, ricorrendo, ad esempio, alla «società per azioni semplice» (già presente in Francia e Slovacchia), che ha un elevato potenziale di innovazione per la crescita, fattore che contraddistingue appunto le start-up.

4.5.6

Il CESE incoraggia inoltre gli Stati membri a semplificare e armonizzare, con il sostegno della Commissione, le leggi in materia di fallimento, compresa l'attuazione del principio della «seconda opportunità» proposta nel parere del CESE sull'insolvenza delle imprese (14).

4.5.7

Nel quadro delle norme e delle procedure in materia di insolvenza, la sfida consiste nel riuscire a valutare correttamente l'attivo delle start-up in dissesto. In molti casi, come il CESE non ha mancato di sottolineare (15), l'attivo (asset) principale è costituito dal know-how piuttosto che dall'attivo fisso.

4.5.8

In alcuni suoi precedenti pareri il CESE ha esaminato l'ecosistema finanziario (16) per le imprese dell'economia sociale. Analogamente ad altre start-up, esse hanno bisogno di soluzioni fondate su capitale misto accompagnate da un regime di garanzia, come anche di strumenti innovativi per il finanziamento della seconda fase, educazione finanziaria e preparazione agli investimenti. Una caratteristica specifica degli investimenti nelle imprese dell'economia sociale — e del relativo finanziamento — è che il ritorno sul capitale investito comprende anche l'impatto sociale. La Commissione europea dovrebbe sostenere gli Stati membri nell'avviamento di iniziative imprenditoriali in questo senso.

5.   Considerazioni specifiche sulle imprese dell'economia sociale e sulle nuove forme di impresa

5.1

Il CESE accoglie con favore il fatto che, nella comunicazione, la Commissione sottolinei in particolare alcune iniziative specifiche per il settore delle imprese dell'economia sociale, oltre a esplorare la possibilità di adottare ulteriori misure per i modelli imprenditoriali emergenti.

5.2

In questo contesto è di cruciale importanza menzionare il nesso tra l'innovazione sociale, l'avviamento di imprese dell'economia sociale e i nuovi modelli imprenditoriali, che il CESE ha già analizzato in un suo parere precedente (17). È essenziale comprendere che l'innovazione sociale si fonda su un processo di innovazione diverso che poggia su criteri e principi specifici. Tutte le iniziative volte a sostenere le start-up dell'economia sociale e i nuovi modelli d'impresa devono pertanto riconoscere i valori fondamentali sottostanti quali la misurazione dell'impatto sociale e ambientale, il valore condiviso e gli aspetti open source legati all'innovazione sociale (18). Solo così le imprese dell'economia sociale e queste nuove forme di imprese sociali potranno beneficiare di misure di sostegno, essere sostenibili ed espandersi con successo.

5.3

È inoltre importante comprendere se e come le imprese dell'economia sociale e queste nuove forme di impresa si espandono (invece di espandersi, esse potrebbero decidere di condividere un'idea valida). Come sottolineato in quella sede, è essenziale integrare pienamente la logica di questi modelli imprenditoriali diversi nelle iniziative in materia di start-up e scale-up e prevedere strumenti di sostegno su misura. I meccanismi di sostegno si basano spesso sul modello d'impresa tradizionale, che è oggi la norma, piuttosto che sui modelli di economia sociale o sui modelli economici emergenti.

6.   Ulteriori esigenze

6.1

Il CESE ha più volte sottolineato la necessità di accrescere la visibilità, il riconoscimento e la promozione delle diverse forme di impresa. Questo significa anche una raccolta più sistematica di dati statistici e ricerche più approfondite sui diversi modelli di impresa e le relative logiche specifiche presenti nell'Unione europea.

6.2

A tal fine potrebbe risultare estremamente utile una banca dati delle buone pratiche riguardanti le misure per promuovere le start-up e scale-up in tutta la loro diversità. La Commissione si trova nella posizione ideale per facilitare questo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri.

6.3

Occorrerebbe promuovere i valori, i principi e la ragion d'essere delle imprese del settore dell'economia sociale in quanto possono essere fonte di ispirazione per gli imprenditori. È possibile trasferire agevolmente ad altri modelli d'impresa le esperienze e i metodi adottati in questo settore, come ad esempio i principi di partenariato e di affiliazione basati sul criterio di co-creazione fra settori e parti interessate, gli accordi di licenza, lo sviluppo delle capacità, il piggybacking che consente di far leva sulle dimensioni di altre imprese, l'open source per la rapida diffusione delle soluzioni, le reti intelligenti fondate su valori collettivi condivisi e l'emergere di nuovi modelli, come i movimenti che aspirano a realizzare un cambiamento di strategia. Un esempio di quest'ultimo caso è rappresentato dal fatto che l'innovazione sociale solitamente porta all'innovazione nella politica sociale. Allo stesso modo le imprese tradizionali possono ispirare le imprese dell'economia sociale, per esempio in campi come il marketing, le vendite e la gestione d'impresa, dimostrando, ancora una volta, l'importanza dello scambio delle migliori pratiche.

6.4

In qualità di rappresentante della società civile europea, il CESE si trova nella posizione ideale per partecipare attivamente alla promozione e al rafforzamento dello sviluppo imprenditoriale nell'UE, con il fine di favorire l'occupazione, il benessere sociale e la crescita. Esso mette pertanto a disposizione della Commissione europea le sue capacità e competenze per la realizzazione di ulteriori iniziative a favore delle PMI e delle imprese dell'economia sociale.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Secondo Henrekson e Johansson (2010), il 70 % dei nuovi posti di lavoro viene creato dal 4 % delle imprese. Cfr. anche http://www.kauffman.org/blogs/policy-dialogue/2015/august/deconstructing-job-creation-from-startups.

(2)  http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/newsroom/cf/itemdetail.cfm?item_id=8723&lang=it.

(3)  GU C 318, del 23.12.2009, pag. 22.

(4)  GU C 271, del 19.9.2013, pag. 61.

(5)  GU C 75, del 10.3.2017, pag. 6.

(6)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 33.

(7)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 14; GU C 303 del 19.8.2016, pag. 54; GU C 13 del 15.1.2016, pag. 2.

(8)  COM(2016) 289 final.

(9)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.social-entrepreneurship-make-it-happen.

(10)  Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione 2017, http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.publications.40059.

(11)  GU C 191 del 29.6.2012, pag. 84.

(12)  GU C 75, del 10.3.2017, pag. 6.

(13)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 48.

(14)  GU C 209, del 30.6.2017, pag. 21.

(15)  GU C 75, del 10.3.2017, pag. 6.

(16)  GU C 13, del 15.1.2016, pag. 152.

(17)  GU C 303, del 19.8.2016, pag. 28.

(18)  Indice di innovazione sociale messo a punto da Europe Tomorrow e GU C 458, del 19.12.2014, pag. 14.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adatta agli articoli 290 e 291 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo»

[COM(2016) 799 final — 2016/0400 (COD)]

(2017/C 288/04)

Relatore:

Jorge PEGADO LIZ

Consultazione

Parlamento europeo, 13.3.2017

Consiglio, 13/03/2017

Base giuridica

Articoli 43, paragrafo 2, 91, 100, paragrafo 2, 114, 153, paragrafo 2, lettera b), 168, paragrafo 4, lettera b), 172 e 192, paragrafo 1 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

4.5.2017

Adozione in sessione plenaria

1.6.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

156/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE si rammarica che la Commissione non abbia dato seguito ai suoi precedenti pareri e abbia dovuto riavviare negoziati per l'adattamento agli articoli 290 e 291 del TFUE di una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo (PRCC).

1.2

Il CESE rammenta di avere definito nei suoi precedenti pareri l'orientamento a suo avviso più adatto a difendere i valori fondamentali in gioco in questo processo, in termini di certezza del diritto, rispetto dei diritti fondamentali ed esercizio effettivo, equilibrato e democratico dei poteri delle istituzioni.

1.3

A parere del CESE, tali principi dovrebbero guidare il nuovo esercizio di allineamento degli atti giuridici che ancora prevedono la PRCC al nuovo regime degli atti delegati e degli atti di esecuzione di cui agli articoli 290 e 291 del TFUE.

1.4

Fatta salva un'analisi più specifica in occasione del riesame di ciascun atto sottoposto al suo parere, il CESE illustra sinteticamente le osservazioni che ritiene utili su ciascuna delle proposte legislative formulate nel regolamento proposto.

2.   Proposta della Commissione

2.1

Nella sua proposta, la Commissione constata che un numero significativo di atti legislativi di base soggetti al regime della decisione n. 2006/512/CE del Consiglio (decisione «procedura di comitato») devono ancora essere adattati agli articoli 290 e 291 del TFUE, ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (regolamento «procedura di comitato»).

2.2

La Commissione si era impegnata a adattare tali atti fino al 2013 e, in linea con questo impegno, aveva presentato nel 2013 tre proposte legislative di allineamento orizzontale: omnibus I, II e III.

2.3

Dopo un lunga discussione con il Parlamento europeo (PE) e numerosi emendamenti apportati a tali proposte, il Consiglio non ha accettato di sostenere questo allineamento automatico e in blocco di tutti gli atti cosiddetti «PRCC» ad atti delegati, mancando garanzie quanto alla consultazione sistematica degli esperti degli Stati membri nella preparazione degli atti delegati. Di fronte alla conseguente impasse istituzionale, la Commissione ha ritirato le sue proposte.

2.4

In seguito alla revisione dell'accordo interistituzionale Legiferare meglio e all'adozione dell'allegata convenzione d'intesa sugli atti delegati, la Commissione ha presentato una nuova proposta, rispondendo alle obiezioni del Consiglio. Quest'ultima tiene conto dei cambiamenti introdotti dal nuovo accordo interistituzionale per quanto riguarda la consultazione degli esperti degli Stati membri nella preparazione degli atti delegati e la consultazione sincronizzata con il Parlamento europeo.

2.5

La proposta si articola in 13 capitoli contenuti nell'allegato, dove i 168 atti vengono elencati in ordine cronologico e inseriti dalla Commissione in quattro tavole:

Tabella 1 — Rassegna degli atti per i quali è proposto l'allineamento agli atti di esecuzione per alcuni poteri o competenze.

Tabella 2 — Rassegna di atti per i quali è prevista la soppressione di poteri.

Tabella 3 — Proposte adottate dalla Commissione.

Tabella 4 — Atti per i quali sono previste proposte.

3.   Antecedenti — Pareri e relazioni del CESE

3.1

Nel luglio 2013, il CESE ha adottato una relazione informativa estremamente dettagliata, al fine di «far luce sulla realtà della procedura legislativa delegata introdotta dal Trattato di Lisbona».

3.2

In tale relazione, il CESE constatava che «L'esatta natura giuridica degli atti delegati rimane […] abbastanza vaga, il concetto di “misura non essenziale” è interpretato dalla Corte in modo diverso a seconda del campo in questione e la Commissione sembra disporre di un ampio margine di manovra, perché è essa stessa a proporre la portata e la durata delle deleghe».

3.2.1

Segnalava i «numerosi interrogativi quanto alla trasparenza del sistema di consultazione preventiva, basato su un documento giuridicamente non vincolante dal titolo “Intesa comune sulle modalità pratiche del ricorso agli atti delegati” del 4 aprile 2011».

3.2.2

Ricordava che «l'attuazione dell'articolo 290 del TFUE è prevista in una comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 9 dicembre 2009, atto giuridicamente non vincolante, mentre le regole per l'esercizio delle competenze di esecuzione derivano da un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, atto giuridico di portata generale, vincolante in tutte le sue parti e direttamente applicabile».

3.2.3

E concludeva che «rimangono dubbi circa la semplicità della procedura, l'effettiva percezione da parte dei cittadini europei della posta in gioco, l'uso 'corretto' della procedura e l'efficacia dei meccanismi di controllo». Il CESE si proponeva pertanto di elaborare un parere d'iniziativa su questo tema, per poter prendere posizione sulle osservazioni e conclusioni formulate con la massima obiettività nella relazione, in vista di un possibile miglioramento della procedura legislativa dell'UE.

3.3

A luglio e a settembre 2013, il CESE è stato consultato in merito a due proposte di regolamento: Proposta di regolamento che adatta all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo [COM(2013) 451 final] e Proposta di regolamento che adatta all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici nel settore della giustizia che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo [COM(2013) 452 final]. Successivamente, è stato nuovamente consultato, il 18 novembre e il 10 dicembre, in merito a un'altra proposta di regolamento: Proposta di regolamento che adatta agli articoli 290 e 291 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo [COM(2013) 751 final]. Questi regolamenti sono stati chiamati Omnibus I, II e III.

3.3.1

Il 16 ottobre e il 2 gennaio, il CESE ha adottato due pareri nei quali sottolineava in particolare che, benché necessario, questo «allineamento in blocco» di oltre 165 strumenti giuridici (regolamenti, direttive e decisioni) riguardanti 12 diversi settori sollevava numerose questioni di ordine giuridico e pratico.

3.3.2

Pertanto «taluni elementi della procedura di delega restano ancora oscuri […] la nozione di “elementi non essenziali” deve ancora essere definita. Inoltre, andrebbe effettuata una valutazione precisa del funzionamento di tale meccanismo».

3.3.3

Inoltre constatava che «alcune proposte di regolamento contengono opzioni che non tengono conto della disciplina quadro dettata dagli atti legislativi di base e si spingono fino a prevedere che la delega sia esercitata per un periodo indeterminato oppure fissano termini molto brevi per il controllo del Parlamento e del Consiglio».

3.3.4

Dopo un'analisi sistematica di tutte le proposte, il CESE raccomandava alla Commissione «di adeguare la sua iniziativa di “allineamento in blocco” in modo che essa tenga maggiormente conto delle specificità di alcuni atti legislativi di base» e al Consiglio e al Parlamento «di dar prova della massima vigilanza e di esaminare nei dettagli tutti gli atti compresi in questa iniziativa di “allineamento”».

3.3.5

Il CESE sottolineava inoltre l'importanza, se l'operazione fosse proseguita come proposto dalla Commissione:

di una completa partecipazione del PE,

di una razionalizzazione e semplificazione delle procedure di comitatologia,

di una maggiore informazione, in merito sia ai termini di delega ai comitati sia alle misure pertinenti, definite durante tutti gli stadi della procedura,

di una piena accessibilità delle informazione ai cittadini ed alla società civile.

3.3.6

Infine, il CESE chiedeva che venisse valutato l'impatto del nuovo quadro regolamentare, e che venisse presentata al Parlamento, al Consiglio ed al Comitato stesso una relazione periodica sull'efficacia, sulla trasparenza e sulla diffusione delle informazioni.

3.4

Nel frattempo la Commissione ha pubblicato una proposta di accordo interistituzionale vincolante basata sull'articolo 295 del TFUE, che si inseriva nel quadro del pacchetto Legiferare meglio, e che prendeva in esame gli atti delegati in due allegati specifici.

3.4.1

Nel luglio 2015, il CESE ha adottato un parere nel quale «si compiace soprattutto degli sforzi profusi dalla Commissione per conseguire un giusto equilibrio tra i valori fondamentali quali il rispetto dello “Stato di diritto”, la partecipazione democratica, la trasparenza, la prossimità ai cittadini e il diritto a un'informazione esauriente sulle procedure legislative, da un lato, e l'esigenza di semplificazione normativa, di una regolamentazione più flessibile, più consona agli interessi in gioco e di più agevole aggiornamento e revisione, dall'altro».

3.4.2

Il CESE accoglieva inoltre con favore il fatto che «la Commissione si impegni, “prima dell'adozione di un atto delegato, a valersi di tutte le competenze necessarie, anche attraverso la consultazione degli esperti degli Stati membri e mediante consultazioni pubbliche” e che proponga di impiegare lo stesso metodo consultivo per l'adozione degli atti di esecuzione».

3.4.3

Temeva però che tutte queste consultazioni avrebbero prolungato in modo eccessivo e inutile l'elaborazione degli atti.

3.4.4

Non condivideva l'impostazione «caso per caso» che distingueva tra le misure da adottare mediante atti delegati e quelle da adottare mediante atti di esecuzione, dal momento che i criteri impiegati erano ambigui e lasciavano un margine di interpretazione discrezionale troppo ampio.

3.4.5

Il CESE dissentiva sulla proposta della Commissione in particolare per quanto concerne:

a)

l'assenza di informazioni preliminari sugli esperti degli Stati membri e le loro competenze tecniche,

b)

l'assenza di un termine appropriato per la consultazione di esperti, di parti interessate, del PE e del Consiglio, salvo nei casi di urgenza,

c)

il fatto che la consultazione del PE e delle parti interessate e la trasmissione del calendario delle riunioni agli stessi siano facoltative,

d)

l'incoerenza delle informazioni relative all'adozione degli atti delegati, informazioni che invece andrebbero rese disponibili in modo sistematico e automatico, attraverso un sito aggiornato,

e)

il principio della durata indeterminata della delega: il CESE era infatti dell'avviso che la regola dovesse invece essere quella di un termine preciso, eventualmente rinnovabile per un identico periodo di tempo, salvi casi eccezionali debitamente giustificati.

3.4.6

Il CESE desiderava che gli orientamenti prevedessero espressamente che le deleghe fossero determinate in tutti i loro elementi, vale a dire avessero:

a)

obiettivi ben definiti,

b)

un contenuto preciso,

c)

una portata chiara,

d)

un termine rigoroso, ossia una durata determinata.

3.4.7

Il CESE riteneva che «la formulazione degli articoli 290 e 291 del TFUE possa e — nell'ipotesi di una revisione dei Trattati — debba essere migliorata. L'applicazione di tali articoli dovrebbe poi essere meglio disciplinata, onde evitare che la scelta dello strumento giuridico da adottare finisca per dipendere da una decisione politica piuttosto che tecnica».

3.5

In mancanza di accordo tra il Parlamento e il Consiglio sulla procedura di allineamento in blocco, la Commissione ha dovuto ritirare quanto aveva proposto e presentare la proposta in esame.

4.   Osservazioni generali

4.1

Tenuto conto dei suoi precedenti pareri, il CESE si chiede se un ritardo di oltre quattro anni in un settore così sensibile sia giustificato.

4.2

In effetti il CESE aveva stabilito orientamenti chiari in virtù dei quali:

a)

il ricorso agli atti delegati debba essere l'eccezione e non la regola,

b)

in caso di dubbio se gli elementi in questione siano «essenziali» oppure rientrino in una «zona grigia», la Commissione debba astenersi dal proporre atti delegati e disciplinarli invece nell'atto legislativo di base,

c)

in caso di dubbio sulla natura della misura da adottare, la Commissione debba adottare di preferenza degli atti di esecuzione piuttosto che degli atti delegati.

4.3

Il CESE dissentiva inoltre dalla Commissione su quanto esposto al punto 3.3.5.

4.4

Molti di questi aspetti negativi sono stati corretti nella proposta in esame. Restano tuttavia alcuni punti di disaccordo:

a)

la Commissione insiste sulla durata indeterminata degli atti delegati. Il CESE ritiene che la durata della delega debba in linea di principio essere sempre determinata, con possibilità di rinnovo, salvo casi eccezionali debitamente giustificati;

b)

il CESE teme ancora che il Parlamento e il Consiglio non avranno la possibilità reale di esercitare in tempo utile un controllo effettivo del contenuto degli atti delegati;

c)

ribadisce i propri dubbi per quanto riguarda la distinzione specifica tra atti di esecuzione e atti delegati, soprattutto a proposito delle «misure essenziali e non essenziali» relative ai diritti fondamentali;

d)

infine, ribadisce che una riformulazione degli articoli 290 e 291 del TFUE potrebbe, una volta per tutte, dissipare tutte le ambiguità che sono all'origine dei problemi attuali.

5.   Osservazioni particolari

L'analisi dettagliata di ciascuna delle 168 proposte in allegato consente di sollevare i seguenti dubbi:

Tabella 1

Rassegna degli atti per i quali è proposto l'allineamento agli atti di esecuzione per alcuni poteri o competenze

Numero allegato

Titolo atto (1)

Osservazioni del CESE

2

Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009

Ai sensi dell'art. 12 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: nel 2013, il Consiglio e il Parlamento europeo propendevano per una durata fissa di cinque anni con rinnovo automatico su presentazione di una relazione della Commissione prima della scadenza della delega. Questa volta secondo la Commissione la durata indeterminata si giustifica in quanto il legislatore ha la possibilità di revocare il potere in tutti i casi e in qualsiasi momento [cfr. pag. 8 della proposta della Commissione COM(2016) 799 final].

6

Decisione n. 626/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2008

La decisione si riferisce alle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

Osservazioni: quanto alla scelta tra poteri delegati e competenze di esecuzione, la Commissione presume che la valutazione del 2013 (proposte Omnibus) sia tutt'ora valida in quanto né dai negoziati per gli omnibus 2013, né dalla giurisprudenza sull'argomento, e ancor meno dagli esiti dell'accordo interistituzionale Legiferare meglio sono emersi nuovi criteri che richiedano una nuova valutazione complessiva [cfr. pag. 5 della proposta della Commissione COM(2016) 799 final].

53

Regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009

Il nuovo art. 17, par. 3, non prevede la durata della delega alla Commissione del potere di adottare atti delegati.

Il nuovo art. 48 bis precisa che il potere di adottare atti delegati, di cui all'articolo 17, paragrafo 3 e all'articolo 48, è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento omnibus.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il nuovo art. 17, par. 3, dispone che le procedure di ricorso nei confronti delle decisioni adottate a seguito della valutazione degli organismi competenti EMAS saranno adottate mediante conferimento di poteri. Sembra trattarsi, in questo caso, del diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice, ai sensi dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali. Tuttavia la Commissione non può essere autorizzata a adottare mediante delega disposizioni concernenti i diritti fondamentali o il loro esercizio.

58

Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio del 9 marzo 1999

Ai sensi del nuovo art. 10 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

59

Regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2002

Ai sensi del nuovo art. 5 ter, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

60

Regolamento (CE) n. 437/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 febbraio 2003

Il nuovo art. 3, par. 1, punto 1, stabilisce che ogni Stato membro raccoglie dati statistici. Il nuovo art. 5 relativo alla precisione delle statistiche stabilisce che la raccolta dei dati si basa su rilevazioni esaurienti. Infine, l'art. 10 bis sull'esercizio della delega prevede che quest'ultima sia esercitata per un periodo di tempo indeterminato a decorrere da una data da definire successivamente.

Osservazioni: il CESE rileva che la nozione di «dati esaurienti» può essere applicata a dati personali quali definiti all'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali, e sottolinea che la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che questi ultimi non possono essere soggetti alla procedura di delega (cfr. causa C-355/10, Parlamento contro Consiglio, e parere del CESE in GU C 67/104 del 6.3.2014).

61

Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 febbraio 2003

Ai sensi del nuovo art. 11 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

64

Regolamento (CE) n. 1552/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005

Ai sensi del nuovo art. 13 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

67

Regolamento (CE) n. 716/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007

Ai sensi del nuovo art. 9 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

69

Regolamento (CE) n. 1445/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007

Ai sensi del nuovo art. 10 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

70

Regolamento (CE) n. 177/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008

Ai sensi del nuovo art. 15 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Ai sensi del nuovo art. 8 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

73

Regolamento (CE) n. 452/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008

Ai sensi del nuovo art. 6 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

74

Regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008

Ai sensi del nuovo art. 8 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che ai sensi del nuovo art. 7 alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati […] per la realizzazione di una serie di studi di fattibilità […] condotti dagli Stati membri che incontrano difficoltà nel fornire dati.

Si chiede se la natura dei dati in materia di sanità riguardi la salute dei candidati a un posto di lavoro, perché in tal caso si tratterebbe di dati personali che non possono essere inclusi nella procedura di delega (cfr. causa C-355/10 già citata).

89

Direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

Ai sensi del nuovo art. 21 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

99

Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009

Ai sensi del nuovo art. 31 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

104

Direttiva 97/70/CE del Consiglio dell'11 dicembre 1997

Ai sensi del nuovo art. 8 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

114

Regolamento (CE) n. 725/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004

Ai sensi del nuovo art. 10 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

143

Direttiva 2002/46 del 10 giugno 2002

Ai sensi del nuovo art. 12 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che la direttiva 2002/46/CE armonizza le norme sugli integratori alimentari al fine di tutelare i consumatori da eventuali rischi per la salute e garantire che le informazioni figuranti su tali prodotti non li inducano in errore. Essa riguarda quindi l'applicazione dell'art. 38 della Carta dei diritti fondamentali. Il controllo effettuato dagli esperti degli Stati membri e del Parlamento europeo deve pertanto essere improntato al massimo rigore.

144

Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003

Ai sensi del nuovo art. 27 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE osserva che la direttiva riguarda la definizione di norme di qualità e di sicurezza per la raccolta […] del sangue umano e dei suoi componenti a fini terapeutici. Essa contribuisce quindi all'applicazione del diritto fondamentale alla tutela della salute sancito dall'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali. Il controllo effettuato dagli esperti degli Stati membri e del Parlamento europeo deve pertanto essere improntato al massimo rigore.

147

Regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2003

Ai sensi del nuovo art. 34, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che il regolamento prevede che «nell'attuazione delle politiche comunitarie dovrebbe essere garantito un elevato livello di tutela della vita e della salute umana». Esso riguarda quindi l'applicazione dell'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali, concernente la tutela della salute. Il controllo effettuato dagli esperti degli Stati membri e del Parlamento europeo deve essere improntato al massimo rigore.

151

Regolamento (CE) n. 2160/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003

Ai sensi del nuovo art. 13 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che il regolamento mira a «garantire il rilevamento e il controllo della salmonella in ogni sua fase, in particolare durante la produzione primaria (in questo contesto, l'allevamento di pollame e altri animali) e nei mangimi, per ridurre la prevalenza e il rischio per la salute pubblica». Esso riguarda quindi l'applicazione dell'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali. Il controllo effettuato dagli esperti degli Stati membri e del Parlamento europeo deve essere improntato al massimo rigore.

152

Direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004

Ai sensi del nuovo art. 28 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che la direttiva riguarda la tutela della salute sancita dall'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali e che essa delega alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del TFUE per integrare la direttiva con requisiti di rintracciabilità. Il CESE ritiene che tale delega sia troppo estesa e che rischi di comprendere elementi essenziali. Essa sembra quindi violare la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE (cfr. causa C-355/10 già citata).

158

Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006

Ai sensi del nuovo art. 24 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che il regolamento riguarda l'applicazione degli art. 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali e che la delega comprende «gli alimenti o le categorie di alimenti per i quali le indicazioni nutrizionali o sulla salute devono essere limitate o vietate». Il CESE ritiene che i termini utilizzati siano tali da includere misure essenziali che non possono essere oggetto di una delega ai sensi dell'art. 290 del TFUE.

159

Regolamento (CE) n. 1925/2006 del 20 dicembre 2006

Ai sensi del nuovo art. 13 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che il regolamento riguarda l'applicazione degli art. 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali e mira a migliorare la tutela dei consumatori stabilendo norme di etichettatura supplementari.

3.

A questo proposito, il controllo effettuato dagli esperti degli Stati membri e del Parlamento europeo sulla modifica degli allegati I e II del regolamento sopramenzionato deve essere improntato al massimo rigore.

165

Regolamento (CE) n. 470/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009

Ai sensi del nuovo art. 24 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni:

1.

Cfr. riga n. 2 della presente tabella.

2.

Il CESE rileva che il regolamento riguarda l'applicazione dell'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali e che la delega comprende il potere per la Commissione di adottare norme per le azioni da intraprendere in caso di conferma della presenza di una sostanza proibita o non autorizzata. Tale delega sembra troppo estesa e rischia di comprendere elementi essenziali. Essa sembra quindi violare la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE (cfr. causa C-355/10 già citata).

166

Regolamento (CE) n. 767/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

Ai sensi del nuovo art. 27 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.

167

Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009

Ai sensi del nuovo art. 51 bis, il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere da una data determinata.

Osservazioni: cfr. riga n. 2 della presente tabella.


Tabella 2

Rassegna di atti per i quali è prevista la soppressione di poteri

Numero allegato

Titolo atto (2)

Osservazioni del CESE

2

Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009

Art. 12 bis OK. Contro la durata indeterminata.

7

Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio del 20 giugno 1996

OK.

36

Direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998

Art. 11 bis OK. Contro la durata indeterminata.

54

Regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009

OK. Contro la durata indeterminata.

57

Regolamento (CE) n. 1165/98 del Consiglio del 19 maggio 1998

NO. La delega è troppo estesa e comprende elementi essenziali.

66

Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 aprile 2007

OK. Contro la durata indeterminata.

92

Direttiva 2009/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009

OK. Contro la durata indeterminata.

133

Regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009

NO. La definizione dell'infrazione e della perdita dell'onorabilità rientra nella sfera dei diritti personali.

168

Decisione n. 70/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008

OK.


Tabella 3

Proposte adottate dalla Commissione

Settore

Strumento

Estremi della proposta

Osservazioni del CESE

CLIMA

Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003

COM(2015) 337

Nuovo art. 23. Troppe deleghe in materie sensibili ed essenziali, da rivedere. Contro la durata indeterminata.

CNECT

Direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002

COM(2016) 590

Nuovo art. 109 con riferimento agli art. 40, 60, 73, 102 e 108. Troppe deleghe in materie sensibili ed essenziali anche negli allegati, da rivedere. Regimi di durata diversi (art. 73, par. 7, e art. 109).

CNECT

Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002

COM(2016) 590

Nuovo art. 109 con riferimento agli art. 40, 60, 73, 102 e 108. Troppe deleghe in materie sensibili ed essenziali anche negli allegati. Regimi di durata diversi (art. 73, par. 7, e art. 109).

CNECT

Direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002

COM(2016) 590

Nuovo art. 109 con riferimento agli art. 40, 60, 73, 102 e 108. Troppe deleghe in materie sensibili ed essenziali anche negli allegati, da rivedere. Regimi di durata diversi (art. 73, par. 7, e art. 109).

ENER

Direttiva 2008/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008

COM(2015) 496

Articolo 10. OK per la delega. Contro la durata indeterminata.

GROW

Regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009

COM(2014) 28 final

La Commissione intende ricorrere agli atti delegati (una decina), conformemente all'art. 290 del TFUE, limitando in tal modo il contenuto concreto del regolamento.

Alcuni punti della proposta per i quali si prevede il ricorso all'uso di atti delegati riguardano le emissioni dei veicoli e i relativi limiti. Proprio a causa della loro importanza, tali questioni sono sempre state decise dai colegislatori.

Il CESE ha più volte sollevato nei suoi pareri la questione di un eccessivo ricorso agli atti delegati. E si interroga in merito alla trasparenza del sistema, all'uso corretto delle procedure e all'efficacia dei meccanismi di controllo.

GROW

Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 settembre 2007

COM(2016) 31 final

Art. 88. Troppi atti delegati su punti essenziali. Contro la durata indeterminata.

GROW

Direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1997

COM(2014) 581 final

Art. 55. OK alle deleghe e al periodo di cinque anni.

GROW

Regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007

COM(2014) 28 final

Nuovo art. 15 bis. La Commissione intende ricorrere agli atti delegati (una decina), conformemente all'art. 290 del TFUE, limitando in tal modo il contenuto concreto del regolamento.

Alcuni punti della proposta per i quali si prevede il ricorso all'uso di atti delegati riguardano le emissioni dei veicoli e i relativi limiti. Proprio a causa della loro importanza, tali questioni sono sempre state decise dai colegislatori.

Il CESE ha più volte sollevato nei suoi pareri la questione di un eccessivo ricorso agli atti delegati. E si interroga in merito alla trasparenza del sistema, all'uso corretto delle procedure e all'efficacia dei meccanismi di controllo.

ENV

Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008

COM(2015) 595

Nuovo art. 38 bis. Ok alle deleghe. Contro la durata indeterminata.

ENV

Direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999

COM(2015) 594

No alla delega. Nuovo art. 16 troppo vago. Contro la durata indeterminata.

ENV

Direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994

COM(2015) 593

OK.

ENV

Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996

COM(2012) 403

OK agli atti di esecuzione e gli atti delegati (articoli 19 e 20). Contro la durata indeterminata.

ESTAT

Regolamento (CE) n. 1177/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 giugno 2003

Abrogazione proposta con COM(2016) 551

OK all'abrogazione.

MOVE

Direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006

COM(2013) 622

No alle deleghe. Concetto di progresso tecnico e scientifico troppo vago. Contro la durata indeterminata.

MOVE

Direttiva 2002/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 marzo 2002

COM(2011) 828

Art. 12. Ok alle deleghe. Contro la durata indeterminata.

MOVE

Direttiva 96/50/CE del Consiglio del 23 luglio 1996

COM(2016) 82 final

OK alle deleghe (art. 29). Contro la durata indeterminata.

MOVE

Direttiva 91/672/CEE del Consiglio del 16 dicembre 1991

COM(2016) 82 final

OK alle deleghe (art. 29). Contro la durata indeterminata.

MOVE

Direttiva 2009/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009

COM(2016) 369

OK alle deleghe e alla durata indeterminata a titolo eccezionale.

MOVE

Direttiva 1999/35/CE del Consiglio del 29 aprile 1999

COM(2016) 371

Art. 13. OK alla delega e alla durata indeterminata a titolo eccezionale.

MOVE

Direttiva 98/41/CE del Consiglio del 18 giugno 1998

COM(2016) 370

Art. 12 bis. OK alla delega e alla durata indeterminata a titolo eccezionale.

SANTE

Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004

COM(2014) 557

OK alle deleghe (art. 87 bis). Contro la durata indeterminata.


Tabella 4

Atti per i quali sono previste proposte

Settore

Strumento

Osservazioni del CESE

AGRI

Regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008

Nessuna osservazione per tutti questi atti, non essendo disponibile alcun testo.

CLIMA

Direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009

ENER

Regolamento (CE) n. 713/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

ENER

Regolamento (CE) n. 714/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

ENER

Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

ENV

Regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004

ENV

Direttiva 86/278/CEE del Consiglio del 12 giugno 1986

ESTAT

Regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008

ESTAT

Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003

Bruxelles, 1o giugno 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Per questi atti già nel 2013 era stato proposto l'allineamento agli atti di esecuzione per alcune disposizioni.

(2)  Per questi atti già nel 2013 era stata proposta la soppressione di alcune disposizioni.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo su:

a) «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, che istituisce una procedura di notifica dei regimi di autorizzazione e dei requisiti relativi ai servizi, e che modifica la direttiva 2006/123/CE e il regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno»

[COM(2016) 821 final — 2016/0398 (COD)]

b) «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni»

[COM(2016) 822 final — 2016/0404 (COD)]

c) «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al quadro giuridico e operativo della carta elettronica europea dei servizi introdotta dal regolamento… [regolamento ESC]»

[COM(2016) 823 final — 2016/0402 (COD)]

d) «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce una carta elettronica europea dei servizi e le relative strutture amministrative»

[COM(2016) 824 final — 2016/0403 (COD)]

(2017/C 288/05)

Relatore:

Arno METZLER

Correlatore:

Stefano PALMIERI

Consultazione

a)

Consiglio, 30/01/2017

Parlamento europeo, 19/01/2017

b)

Consiglio, 10/02/2017

Parlamento europeo, 01/02/2017

c)

Parlamento europeo, 01/02/2017

Commissione europea, 31/05/2017

d)

Consiglio, 20/02/2017

Parlamento europeo, 01/02/2017

Base giuridica

a)

Articoli 53, paragrafo 1, 62 e 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

b)

Articoli 46, 53, paragrafo 1 e 62 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

c)

Articolo 53, paragrafo 1, e 62 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

d)

Articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

04/05/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

152/3/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE apprezza e sostiene gli sforzi della Commissione europea per dare libero corso a tutte le potenzialità del mercato unico per quanto riguarda il settore dei servizi. Il CESE desidera tuttavia richiamare l'attenzione sul fatto che — nell'attuale situazione politica prevalente in molti Stati membri dell'UE — qualsiasi tipo di «intervento» dell'UE che riguardi lo stretto ambito di competenze degli Stati membri può suscitare controversie politiche. Pertanto, anche nei casi in cui è giuridicamente possibile applicare misure più rigorose per assicurare l'osservanza delle norme, potrebbe non essere sensato procedere in questo modo in caso di seria crisi politica. Il CESE raccomanda quindi di seguire, ove possibile, un approccio positivo che porti all'applicazione delle prassi migliori e all'organizzazione di consultazioni, invece di adottare misure coercitive.

1.2

Il CESE condivide pienamente l'obiettivo della Commissione di promuovere il dialogo tra l'UE e gli Stati membri in uno stadio precoce del processo legislativo, al fine di impedire l'adozione di atti giuridici a livello nazionale che ostacolino il processo d'integrazione europea. Il CESE raccomanda di estendere questo dialogo e di non concentrare l'attenzione sulla conformità con la direttiva in materia di servizi, ma di tener conto anche del diritto primario dell'Unione, in particolare la Carta dei diritti fondamentali, in modo da garantire un giusto equilibrio tra — da un lato — i diritti dei lavoratori e la protezione dei consumatori e — dall'altro — le libertà economiche. Bisognerebbe precisare la composizione dell'organo competente per il controllo del rispetto delle norme e tale composizione andrebbe stabilita in modo da assicurare il pieno rispetto delle leggi e dei principi summenzionati.

1.2.1

Il CESE propone di scegliere un approccio positivo e di stabilire il principio secondo cui soltanto l'esito positivo di una procedura di consultazione possa produrre un effetto, sotto forma di assegnazione di una «garanzia di conformità» per il progetto di misura. Per i casi privi di una valutazione positiva di conformità, la decisione della Commissione non dovrebbe essere vincolante e andrebbero applicate le procedure post-adozione già disponibili.

1.3

Il CESE accoglie con favore l'introduzione di una dettagliata e approfondita verifica della proporzionalità a disposizione degli Stati membri e basata sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Il Comitato è convinto altresì che questa concezione possa migliorare le procedure nazionali di proporzionalità. Il CESE sottolinea che la verifica della proporzionalità richiederà una stretta cooperazione tra le autorità degli Stati membri e le organizzazioni professionali.

1.3.1

Il CESE ritiene che l'obbligo di fare una prova prima di qualsiasi nuova regolamentazione professionale non costituisca l'approccio migliore per imporre l'effettiva e convinta applicazione di tale prova. Raccomanda pertanto di introdurre la prova soltanto come offerta di servizi rivolta alle autorità nazionali di regolamentazione.

1.4

Il CESE apprezza gli sforzi volti a promuovere la mobilità dei prestatori di servizi e ritiene che questi ultimi continuino a incontrare delle difficoltà nel conoscere e rispettare i requisiti nazionali per la prestazione di servizi in un altro Stato membro. Tuttavia, l'approccio di trasferire alle autorità dello Stato membro di origine la responsabilità principale per la procedura è in contraddizione con il principio consolidato dello Stato membro ospitante, secondo cui le attività delle imprese e dei lavoratori sono regolamentate dalla legge del paese in cui vengono realizzate.

1.4.1

Il CESE evidenzia la necessità di assicurare che il principio del paese di origine non venga introdotto in alcun modo. Sottolinea pertanto che la carta elettronica dei servizi introdurrebbe vari elementi basati su questo principio, in quanto consentirebbe ai prestatori di servizi di trattare esclusivamente con lo Stato membro d'origine come intermediario e imporrebbe allo Stato membro ospitante di accettare le decisioni sull'autenticità dei documenti prese dallo Stato membro di origine, con la conseguenza di limitare i meccanismi di controllo e di armonizzare lo scambio dei dati sulla base del principio del paese d'origine.

1.4.2

Il CESE sottolinea che bisogna garantire che gli Stati membri ospitanti rimangano pienamente competenti per decidere quali procedure seguire ai fini della registrazione dello stabilimento secondario, compresi gli aspetti relativi al riconoscimento professionale. L'introduzione di una procedura completamente elettronica, sommata alle limitate possibilità dello Stato membro ospitante di verificare le informazioni fornite allo Stato membro di origine tramite la carta elettronica dei servizi, renderà più facile la creazione di società fittizie a fini di evasione fiscale e di dumping sociale.

1.4.3

Per assicurare che le informazioni contenute nella carta elettronica dei servizi siano sempre aggiornate e per evitare la creazione di un «cimitero dei dati», il CESE raccomanda di riconsiderare il principio «una tantum» e l'introduzione di un limite temporale alla validità di una carta elettronica dei servizi.

1.4.4

Il CESE raccomanda anche di eliminare le procedure restrittive di revoca e, in particolare, la necessità di una decisione definitiva da parte dei tribunali, in modo che ogni Stato membro possa effettuare un controllo efficace sulle attività economiche svolte nel proprio territorio.

1.4.5

La proposta stabilisce scadenze rigorose per verificare la validità delle informazioni fornite da chi richiede una carta elettronica dei servizi. Sarebbe opportuno rivedere questo punto, per dare alle autorità tutto il tempo necessario per il trattamento delle domande.

1.4.6

La proposta legislativa dovrebbe menzionare la necessità di introdurre sanzioni efficaci e dissuasive, sia per lo Stato membro che per la società richiedente, in caso di uso improprio della carta elettronica europea dei servizi.

1.4.7

Il CESE raccomanda di precisare in modo più chiaro che la direttiva sulle qualifiche professionali ha la preminenza, rispetto alla nuova carta elettronica, per qualsiasi aspetto del riconoscimento professionale. Bisogna indicare esplicitamente che una carta elettronica dei servizi non può essere rilasciata a professionisti che esercitano una professione regolamentata nel paese di origine e/o nello Stato membro ospitante, anche se la professione è esercitata dalla persona considerata in qualità di lavoratore autonomo o come attività d'impresa.

1.4.8

Secondo il CESE, per evitare abusi della carta elettronica dei servizi da parte di lavoratori autonomi fittizi, tale carta elettronica non dovrebbe essere rilasciata a persone fisiche che non dispongono di un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l'esercizio di un'attività economica.

1.4.9

Il CESE esprime dubbi sul fatto che il sistema IMI in uso nella forma attuale — che è basata su domande/formulari standardizzati multilingue e sullo scambio manuale di dati, e che fa assegnamento su una cooperazione ottimale fra gli Stati membri — possa essere al passo con gli attuali sviluppi nella condivisione dei dati per via elettronica. Pertanto, il CESE ritiene che il sistema IMI debba essere valutato nell'ottica di garantire i migliori risultati possibili in termini di esecuzione, compatibilità e complementarietà con i sistemi per lo scambio di dati esistenti a livello nazionale e/o con quelli delle parti sociali, comprese le iniziative settoriali come le carte d’identità sociali.

1.4.10

La proposta introduce un sistema europeo armonizzato di notifica preventiva per i lavoratori distaccati, basato sulla partecipazione volontaria degli Stati membri, che potrebbe aprire la strada a un'estensione obbligatoria in un momento successivo, la quale non è né auspicabile né compatibile con le disposizioni della direttiva di applicazione relativa al distacco dei lavoratori (2014/67/UE) (1).

1.4.11

Sulla base delle preoccupazioni sollevate e tenuto conto che i menzionati requisiti di garanzia potrebbero non essere realizzabili usando il sistema di scambio di dati nella sua attuale configurazione, il CESE ritiene che l'uso di una carta elettronica nella forma attualmente prevista possa produrre gli effetti negativi indicati nel presente parere, effetti che potrebbero essere sproporzionati e superare pertanto i vantaggi. Pertanto il CESE propone di realizzare una consultazione più approfondita con le parti interessate sulla configurazione del sistema, e di adeguarlo in modo da garantire una cooperazione efficace tra gli Stati membri prima di continuare con le procedure. Il CESE potrebbe essere invitato ad avviare una discussione che punti a trovare una soluzione alternativa alla carta elettronica dei servizi, allo scopo di includere in modo più efficiente i sistemi di registrazione e qualificazione già esistenti.

1.5

Il CESE desidera sottolineare che le differenze tra i concetti normativi non indicano, di per loro, che è necessario attuare una riforma. Il Comitato accoglie con favore il nuovo indicatore di restrittività ideato dalla Commissione europea, in quanto consente un'analisi più approfondita rispetto all'indicatore della regolamentazione del mercato del prodotto (PMR) dell’OCSE. Bisognerebbe tuttavia precisare chiaramente che l'indicatore della restrittività è neutrale, che non veicola alcun giudizio di valore e non serve a giustificare alcuna regolamentazione.

1.6

Il CESE osserva che il pacchetto Servizi non contempla un approccio per i servizi elettronici ma, a suo avviso, si tratta di un settore di attività nuovo ed emergente che richiede un'attenzione speciale. Dato che le possibilità in termini di mobilità sono molto alte in questo settore, per i consumatori è particolarmente difficile valutare la verifica delle qualifiche e il rispetto sia dei requisiti di legge che dei requisiti minimi di qualità, e potrebbero quindi essere necessari degli strumenti speciali. Un'iniziativa incentrata sul mercato interno dei servizi elettronici verrebbe pertanto accolta con favore. Sono necessari nuovi elementi su cui basare la fiducia tra persone senza che si conosca personalmente il prestatore di servizi considerato.

1.7

Per quanto concerne il problema della fiducia reciproca, che rappresenta un aspetto importante della discussione sul pacchetto Servizi e sulla carta elettronica dei servizi in particolare, il CESE propone di valutare i sistemi esistenti per la registrazione dei professionisti e delle imprese e i relativi meccanismi di accreditamento e certificazione della qualità. Poiché il mercato interno dei servizi è tuttora fonte di considerevoli preoccupazioni all'interno degli Stati membri, il CESE accoglierebbe con favore un'iniziativa volta a raccogliere maggiori informazioni sulle conseguenze derivanti dall'intensificarsi delle attività transfrontaliere. Questa iniziativa prenderebbe in considerazione gli effetti economici, ma dovrebbe principalmente concentrarsi su altri aspetti come l'occupazione, le condizioni di lavoro e la protezione dei consumatori. I problemi, se venissero individuati in modo oggettivo, potrebbero essere affrontati nell'ottica di accrescere la fiducia degli Stati membri nel lungo periodo. In assenza di un livello sufficiente di fiducia reciproca, il mercato interno dei servizi non verrà mai attuato in modo efficace.

2.   Panoramica delle misure proposte

2.1

Il settore dei servizi rappresenta i due terzi dell'economia dell'Unione europea e il 90 % dei nuovi posti di lavoro. Un pacchetto di azioni finalizzate a rendere più facile, alle aziende e ai professionisti, la prestazione di servizi a una base di clienti potenziali pari a 500 milioni di persone nell'UE stimolerà il settore dei servizi, nell'ottica di sfruttarne appieno il potenziale.

2.2   Procedura di notifica dei regimi di autorizzazione e dei requisiti relativi ai servizi

2.2.1

Requisiti più rigorosi per la procedura di notifica riguardante le misure connesse alla direttiva sui servizi impediranno agli Stati membri di adottare regimi di autorizzazione o requisiti nazionali relativi ai servizi che siano discriminatori, ingiustificati e sproporzionati.

La procedura, che amplia il campo di applicazione della procedura di notifica ai sensi della direttiva sui servizi definendolo in modo più chiaro, stabilisce un periodo di consultazione che prevede un dialogo tra lo Stato membro notificante, la Commissione europea e gli altri Stati membri in merito alla conformità di un progetto di misura nazionale con la direttiva sui servizi.

2.3   Test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni

2.3.1

Gli Stati membri hanno spesso buone ragioni per regolamentare le professioni in base alla necessità di tutelare obiettivi fondamentali di interesse generale. Spetta allo Stato membro valutare caso per caso se sia necessario imporre restrizioni all'accesso alle attività professionali e al loro esercizio.

2.3.2

Per evitare un impatto negativo sulla prestazione di servizi e sulla mobilità dei professionisti causato dall'attuale mancanza di uniformità nella valutazione della proporzionalità della regolamentazione delle professioni in tutta l'UE, viene introdotto un test della proporzionalità che gli Stati membri devono utilizzare prima di adottare o modificare i regolamenti nazionali in materia di professioni.

2.3.3

La direttiva stabilisce i criteri principali che devono essere considerati nella valutazione, quali — ad esempio — la natura dei rischi, l'ambito delle attività riservate, il nesso tra la qualifica e le attività, l'impatto economico del provvedimento, ecc.

2.3.4

I trattati specificano che la regolamentazione deve essere proporzionata; tuttavia, a parte ciò, la scelta delle professioni da regolamentare e i relativi metodi restano di competenza degli Stati membri.

2.4   Carta elettronica europea dei servizi

2.4.1

La carta elettronica è una nuova procedura completamente elettronica per i lavoratori autonomi e le imprese attive in una serie di settori, come l'edilizia, i servizi di pulizia e quelli aziendali. Essa sostituirà le formalità amministrative in diverse lingue, dal momento che il fornitore di servizi seguirà una procedura nella lingua e con l'amministrazione del paese di origine.

2.4.2

La procedura per la carta elettronica, che si baserà sulla cooperazione tra lo Stato membro d'origine e quello ospitante, verrà eseguita tramite l'attuale sistema di informazione del mercato interno (IMI). Essa non altererà la sostanza delle norme applicabili in materia di distacco dei lavoratori ai sensi delle direttive 96/71/CE (2) e 2014/67/UE (3).

2.4.3

La carta elettronica europea dei servizi è simile alla tessera professionale europea (EPC). Tuttavia, mentre l'EPC facilita la prestazione di servizi attraverso il riconoscimento delle qualifiche professionali delle persone fisiche che offrono servizi come lavoratori dipendenti o autonomi, la carta elettronica riguarda una gamma molto più ampia di requisiti.

2.5   Riforme proposte alla regolamentazione dei servizi professionali

2.5.1

Poiché la regolamentazione dei servizi professionali è una prerogativa degli Stati membri, sono in vigore diversi modelli di regolamentazione. A prescindere dal modello applicabile in ciascun paese o regione, l'obiettivo della comunicazione è quello di assistere gli Stati membri con la rimozione di specifiche restrizioni sostanziali ingiustificate e creare una consapevolezza «virtuosa» della regolamentazione da parte degli Stati membri.

2.5.2

Le riforme proposte intendono soddisfare una vasta gamma di esigenze e fornire un'analisi dettagliata dei regolamenti che si applicano ad architetti, ingegneri civili, commercialisti, avvocati, consulenti in materia di brevetti, agenti immobiliari e guide turistiche. Non tutti i regolamenti sono considerati dalla Commissione europea come una violazione del diritto dell’Unione.

2.5.3

Per rafforzare l'analisi qualitativa delle barriere, la Commissione europea ha creato un nuovo indicatore del livello di restrizioni posto da una regolamentazione professionale. Esso tratta gli aspetti dell'approccio alla regolamentazione, i requisiti in termini di qualifiche, altri requisiti di ammissione e i requisiti per l'esercizio.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE apprezza e sostiene gli sforzi della Commissione europea per dare libero corso a tutte le potenzialità del mercato unico per quanto riguarda il settore dei servizi. Le misure interdipendenti del pacchetto servizi consentono senza dubbio di avvicinarsi a tale obiettivo. Il CESE desidera tuttavia richiamare l'attenzione sul fatto che — alla luce della seria crisi politica attraversata da molti Stati membri dell'UE — qualsiasi tipo di «intervento» dell'UE che riguardi lo stretto ambito di competenze degli Stati membri può suscitare controversie politiche. Sia i poteri legislativi — che potrebbero dare l'impressione di subire la nuova procedura di notifica e il test obbligatorio di proporzionalità — che i sistemi tradizionali consolidati negli anni della regolamentazione professionale nazionale sono spesso considerati elementi fondanti dei sistemi nazionali e devono quindi essere trattati come questioni sensibili. Anche se è giuridicamente possibile applicare misure più rigorose per assicurare l’osservanza delle norme, potrebbe non essere sensato procedere in questo modo nell'attuale situazione. Un approccio positivo che porti all'applicazione della prassi migliore oppure basato su una consultazione potrebbe rivelarsi più efficace.

3.1.1

Il CESE sottolinea la necessità di prestare la dovuta attenzione alla qualità e alla sicurezza dei servizi forniti nell'Unione europea.

3.1.2

Inoltre, il CESE desidera segnalare che i settori connessi alla salute e alla protezione dei pazienti sono particolarmente delicati. Se l'azione intrapresa dalla Commissione può essere complementare a quella degli Stati membri, la loro piena responsabilità deve essere rispettata, così come la possibilità di attuare misure più rigorose per la protezione dei pazienti, come stabilito all'articolo 168 del TFUE.

3.2

Dato che è essenziale assicurare l'adesione dei principali soggetti interessati alle nuove regolamentazioni della loro professione, al fine di garantire la correttezza ed efficienza della regolamentazione il CESE propone di consultare le parti interessate — come le organizzazioni professionali, le parti sociali, gli enti per la protezione dei consumatori e le organizzazioni della società civile — in merito all'applicazione concreta delle misure previste.

3.3

Bisogna essere consapevoli del fatto che l'introduzione di nuovi obblighi e di nuove misure coercitive in tale contesto potrebbe dare l'impressione che gli Stati membri siano in genere considerati non sufficientemente in grado di comprendere i requisiti stabiliti dalla direttiva sui servizi e dalla direttiva sulle qualifiche professionali, mentre in realtà strumenti legislativi come i test della proporzionalità sono requisiti fondamentali di qualsiasi procedura legislativa nazionale nella stragrande maggioranza degli Stati membri.

3.4

Molte disposizioni del pacchetto servizi rischiano di creare confusione tra la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento. Il CESE sottolinea pertanto l'importanza di mantenere tale distinzione — che è chiaramente stabilita sia nella direttiva sui servizi che nella direttiva sulle qualifiche professionali, oltre che nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE — non solo quando vengono valutati i risultati di un test di proporzionalità sulle nuove regolamentazioni nazionali delle professioni, ma anche quando vengono applicati il regolamento e la direttiva sulla carta elettronica europea dei servizi. Pertanto, per garantire la concorrenza leale tra le imprese, le misure discriminatorie dovrebbero essere proibite e andrebbero rispettate le condizioni di lavoro stabilite dalla legislazione e dai contratti collettivi del paese ospitante, oltre che dalle regolamentazioni sui diritti dei consumatori e in materia di salute e sicurezza vigenti in quel paese.

3.5

Il CESE fa presente che la crescita del settore dei servizi non dovrebbe implicare il dumping sociale e la frode (4). Pertanto, il CESE sottolinea la mancanza di salvaguardie sufficienti a mantenere su standard elevati i diritti dei lavoratori e la protezione dei consumatori, oltre che il rischio di introdurre il principio del paese di origine, che violerebbe la regola fondamentale secondo cui le attività delle imprese e dei lavoratori sono disciplinate dalla normativa del paese in cui tali attività sono svolte.

3.6

Il CESE è dello stesso avviso delle parti interessate appartenenti ai settori ricompresi nella proposta relativa alla carta elettronica europea dei servizi e mette in dubbio il valore aggiunto dell'iniziativa legislativa oltre che la sua utilità.

3.7

Purtroppo, la proposta di pacchetto sul mercato interno non tratta le questioni concrete affrontate da alcuni dei settori interessati dalle proposte. Il CESE ritiene importante ridurre la possibilità, per le imprese di dubbia reputazione, di commettere frodi e abusi nel mercato interno, allo scopo di creare condizioni di parità e alimentare la fiducia reciproca tra gli Stati membri e le differenti parti interessate.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Procedura di notifica dei regimi di autorizzazione e dei requisiti relativi ai servizi

4.1.1

Il CESE condivide l'obiettivo della Commissione di promuovere il dialogo tra la stessa e gli Stati membri in uno stadio precoce del processo legislativo, al fine di impedire l'adozione di norme che ostacolino il mercato unico. Bisognerebbe persino prendere in considerazione l'estensione di questo dialogo, evitando di concentrare l'attenzione sulla conformità con la direttiva in materia di servizi, per tener conto anche del diritto primario dell'Unione, in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in modo da garantire un giusto equilibrio tra — da un lato — i diritti dei lavoratori e la protezione dei consumatori e — dall'altro — le libertà economiche. Bisognerebbe chiarire la composizione dell'organo competente per il controllo del rispetto delle norme, e tale composizione andrebbe stabilita in modo da assicurare il pieno rispetto delle leggi e dei principi summenzionati, oltre che la rappresentatività e l'indipendenza di tale organo.

4.1.2

Il CESE, tuttavia, desidera attirare l'attenzione sul fatto che l'impatto diretto della proposta sulle procedure legislative nazionali appare considerevole.

4.1.3

La proposta, che amplia il campo di applicazione della procedura di notifica disciplinata dalla direttiva sui servizi, è abbastanza complessa. Combinata con un termine sospensivo, ostacola la capacità dei legislatori nazionali di attuare riforme entro un breve lasso di tempo, anche in caso di piccoli emendamenti legislativi.

4.1.4

Le misure coercitive — come il termine sospensivo, il meccanismo di allerta e la decisione della Commissione che impone agli Stati membri di astenersi dall'adottare un progetto di misura — rallentano considerevolmente i processi legislativi nazionali e si trasformano in restrizioni significative della libertà di azione del legislatore nazionale. Al fine di garantire una procedura legislativa democratica, è necessario preservare pienamente il potere legislativo dei parlamenti nazionali. Il CESE nutre molti dubbi in merito alla proporzionalità — o all'opportunità — di interferire nelle procedure legislative nazionali mediante l’introduzione di misure più rigorose per assicurare l’osservanza delle norme, persino nelle materie regolate dal principio di sussidiarietà, quando sono disponibili procedure post-adozione che sono assolutamente adeguate.

4.1.5

Le decisioni negative in merito alla conformità delle proposte legislative, dei progetti di regolamentazione o delle disposizioni amministrative a livello nazionale non dovrebbero essere vincolanti. Il CESE propone che soltanto l'esito positivo di una procedura di consultazione possa produrre un effetto, sotto forma di assegnazione di una «garanzia di conformità» per il progetto di misura. Tale approccio positivo apporterebbe notevoli vantaggi per gli Stati membri e costituirebbe una motivazione a impegnarsi appieno nella procedura di consultazione prevista e ad accettare i relativi sforzi. Per i casi privi di una valutazione positiva di conformità, andrebbero applicate le procedure post adozione già disponibili.

4.1.6

Il CESE sottolinea che, come stabilito dalla direttiva sui servizi, la procedura di notifica non pregiudica il diritto a negoziare, concludere e applicare contratti collettivi.

4.2   Test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni

4.2.1

Il CESE accoglie con favore l'introduzione di una dettagliata e approfondita verifica della proporzionalità a disposizione degli Stati membri e basata sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. È convinto altresì che questa concezione possa migliorare le procedure nazionali di proporzionalità.

4.2.2

Il CESE sottolinea che la verifica della proporzionalità, che è incentrata sui requisiti professionali, richiederà una stretta cooperazione tra le autorità degli Stati membri e le organizzazioni professionali che sono competenti per la certificazione della qualità nel quadro della professione regolamentata considerata. Tale verifica dovrebbe inoltre prevedere il diritto delle parti sociali e delle associazioni di protezione dei consumatori ad essere consultate, allo scopo di assicurare il pieno rispetto dei diritti dei lavoratori e dei consumatori. Le strutture di tali associazioni devono rigorosamente rimanere di competenza degli Stati membri.

4.2.3

Il CESE, tuttavia, dubita che una direttiva che introduce l'obbligo di utilizzare il test prima di qualsiasi nuova regolamentazione professionale costituisca il modo migliore per far applicare detto test. Per questo motivo, preferirebbe l'introduzione di orientamenti che permettano agli Stati membri di adattare al meglio il test ai loro sistemi legislativi.

4.2.4

Molti dei criteri di proporzionalità proposti da prendere in considerazione sono abbastanza ampi e flessibili, pertanto consentono risposte diverse a seconda dell'approccio al test prescelto, dei soggetti/organismi che eseguono il test, ecc. In quanto tali, sono utilizzabili come orientamenti di sostegno, ma meno come procedure obbligatorie con un notevole impatto sull'intero processo legislativo. Inoltre, per evitare l’impressione che i suddetti criteri vengano generalmente considerati degli ostacoli, andrebbe garantita la neutralità dell'elenco, che non deve veicolare alcun giudizio di valore né servire a giustificare alcuna regolamentazione. In ogni caso, nella misura del possibile, i criteri dovranno essere quanto mai concreti e oggettivi per poter funzionare come parametri di riferimento.

4.2.5

I test di proporzionalità sono già requisiti basilari di qualsiasi procedura legislativa nazionale nella stragrande maggioranza degli Stati membri. L'armonizzazione dei criteri di proporzionalità potrebbe interferire con le competenze legislative nazionali, portando alla creazione di obblighi sproporzionati in alcuni Stati membri e di ulteriori distorsioni del mercato.

4.2.6

La direttiva si occupa solo della regolamentazione ex ante (ad esempio, protezione del titolo, registrazione obbligatoria, requisiti in termini di qualifiche, ecc.), anche se la regolamentazione ex post (come i regimi di certificazione professionale, le normative locali o i permessi edilizi) può imporre restrizioni significative alla prestazione di servizi. Per questo motivo, un confronto obiettivo dei sistemi normativi appare difficile.

4.2.7

L'obbligo di fornire relazioni sulla proporzionalità basate su un sistema di test piuttosto complesso (e in parte anche scientifico) potrebbe rallentare notevolmente o addirittura ostacolare eventuali riforme in materia di regolamentazione professionale.

4.2.8

Sebbene la Commissione europea sottolinei che la scelta di regolamentare una professione e i relativi metodi restano di competenza degli Stati membri, questa libertà è meramente teorica. Qualora il test obbligatorio fosse negativo, in ogni caso, sarà quasi impossibile per il legislatore sostenere la conformità con la direttiva sui servizi. Inoltre, la proposta va considerata in rapporto con quella relativa a una nuova procedura di notifica ai sensi della direttiva sui servizi perché, per quanto riguarda le regolamentazioni professionali, le misure rientrerebbero con frequenza nel campo di applicazione di entrambe le direttive. Il margine di manovra del legislatore è virtualmente pari a zero, perché l'obbligo di notifica richiede anche la fornitura di informazioni che dimostrino la conformità con la direttiva sui servizi, ovvero — per tali misure concorrenti — i risultati del test della proporzionalità.

4.2.8.1

Il CESE, pertanto, dubita che le conseguenze negative derivanti dall'introduzione dell'obbligo di applicare un test armonizzato della proporzionalità — che si tradurrebbero in una restrizione del margine d'azione del legislatore nazionale, soprattutto nel quadro della maggiore rigorosità della procedura di notifica proposta — possano essere giustificate dai benefici. Il CSE ritiene che orientamenti non vincolanti oppure l'offerta di consulenza possano portare a effetti analoghi senza provocare conseguenze negative.

4.3   Carta elettronica europea dei servizi

4.3.1

Il CESE apprezza gli sforzi volti a promuovere la mobilità dei prestatori di servizi e ritiene che questi ultimi continuino a incontrare delle difficoltà nel conoscere e rispettare i requisiti nazionali per la prestazione di servizi in un altro Stato membro.

4.3.2

Tuttavia, l'approccio di trasferire alle autorità dello Stato membro di origine la responsabilità principale per la procedura è in contraddizione con il principio consolidato dello Stato membro ospitante. La carta elettronica dei servizi non dovrebbe impedire od ostacolare i controlli che lo Stato membro ospitante deve effettuare sulle attività economiche realizzate nel suo territorio. Di conseguenza, la carta elettronica dei servizi che è stata proposta non dovrebbe comprendere caratteristiche riconducibili al principio del paese di origine. Il CESE esprime tuttavia il proprio sostegno alle iniziative volte ad accrescere la fiducia tra gli Stati membri, anche tramite impegni chiari relativi a sistemi per lo scambio di dati adeguati e corretti e il relativo controllo.

4.3.3

Vi è motivo di ritenere che alcune caratteristiche della carta elettronica dei servizi — come il principio «una tantum» per la presentazione delle informazioni, una validità temporale indeterminata, l'obbligo per gli Stati membri di utilizzare le informazioni contenute nella carta elettronica dei servizi senza la possibilità di richiedere in una fase successiva una prova che attesti la validità delle informazioni fornite, nonché le procedure restrittive di revoca che potrebbero richiedere una decisione definitiva da parte di un tribunale — possano notevolmente compromettere il controllo della conformità con la legislazione nazionale e il rispetto dei diritti sia dei lavoratori che dei consumatori.

4.3.4

Il CESE sottolinea, inoltre, l'importanza di assicurare che attraverso l'uso del sistema IMI non venga modificata la sostanza delle norme applicabili in materia di distacco dei lavoratori, ai sensi della direttiva 2014/67/UE, tenuto conto che la revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori, attualmente all'esame del Parlamento europeo e del Consiglio, stabilisce chiaramente il principio della «parità di retribuzione a parità di lavoro nello stesso luogo», nel rispetto delle condizioni di lavoro previste dalla legislazione e dai contratti collettivi dello Stato membro ospitante, oltre che delle norme in materia di salute, sicurezza, salvaguardia dell'ambiente e protezione dei consumatori.

4.3.5

Non è chiaro quale sarebbe l'impatto che la proposta relativa alla carta elettronica europea dei servizi avrebbe sulle carte d'identità sociali esistenti a livello settoriale che sono rilasciate dalle autorità nazionali o dalle parti sociali, e in quale modo tali carte interagirebbero con la proposta estensione del sistema IMI. Inoltre, ci sono dei riscontri, compresa una relazione speciale della Corte dei conti europea, che lasciano intendere che l'attuale sistema IMI presenta talune carenze che vanno affrontate, ad esempio in rapporto al carico di lavoro che tale sistema comporta e alla mancanza di chiarezza nelle risposte fornite alle richieste (5). Il CESE ritiene pertanto che il sistema IMI abbia bisogno di una nuova valutazione e che attualmente non sia ancora pronto per garantire una cooperazione ottimale tra gli Stati membri. I miglioramenti da apportare al sistema IMI dovrebbero puntare ad agevolare sia controlli più efficienti nel paese in cui l'attività economica viene esercitata che la complementarità con i sistemi esistenti, oltre a tener conto delle possibilità di condivisione dei dati in tempo reale (accesso diretto alle banche dati) in aggiunta allo scambio manuale di dati attualmente possibile nel quadro del sistema IMI.

4.3.6

Il CESE è preoccupato per la possibilità che il principio del paese di origine venga reintrodotto surrettiziamente. La carta elettronica dei servizi introdurrebbe vari elementi basati sul principio del paese d'origine, in quanto consentirebbe ai prestatori di servizi di trattare esclusivamente con lo Stato membro d'origine come intermediario e imporrebbe allo Stato membro ospitante di accettare le decisioni sulla validità dei documenti e sulla veridicità del loro contenuto che sono prese dallo Stato membro di origine, con la conseguenza di limitare i meccanismi di controllo e di armonizzare lo scambio dei dati sulla base del principio del paese d'origine.

4.3.7

Il fatto che (così come proposto) un'autorità di coordinamento debba verificare i requisiti nazionali nel più breve tempo possibile sembra particolarmente problematico. Tali limiti temporali dovrebbero essere riesaminati, in quanto l'autorità competente per la carta elettronica dei servizi deve coordinare ciascun caso con le altre pertinenti autorità competenti per quanto riguarda differenti aspetti dei requisiti giuridici. Inoltre, andrebbe precisato in modo più chiaro che la direttiva sulle qualifiche professionali ha la preminenza, rispetto alla nuova carta elettronica, per qualsiasi aspetto del riconoscimento professionale.

4.3.8

L'introduzione di una procedura completamente elettronica, sommata alle limitate possibilità dello Stato membro ospitante di verificare le informazioni fornite allo Stato membro di origine tramite la carta elettronica dei servizi, renderà più facile la creazione di società fittizie a fini di evasione fiscale e di dumping sociale. Il CESE ritiene pertanto che occorra apportare ulteriori aggiustamenti alla procedura, per assicurare che tali sviluppi possano essere evitati.

4.3.8.1

Inoltre, la proposta non chiarisce quali elementi dovrebbero essere valutati dallo Stato di origine al fine di dichiarare che un prestatore di servizi è legalmente stabilito in tale Stato. In particolare, non vi è alcun riferimento agli elementi fattuali, elencati nella direttiva 2014/67/UE, volti a determinare se un'impresa esercita effettivamente attività sostanziali nello Stato membro considerato.

4.3.9

La verifica dell'identità e l'esame dettagliato dei documenti originali sono fondamentali per impedire l'accesso alle imprese dalla dubbia reputazione e con propositi criminosi (una discussione simile ha bloccato la direttiva sulla società a responsabilità limitata con un unico socio o SUP (6)). Di conseguenza, lo Stato membro ospitante deve avere la piena responsabilità della procedura per il rilascio della carta elettronica europea dei servizi.

4.3.9.1

Gli Stati membri ospitanti devono avere la responsabilità di decidere quali procedure seguire per registrare gli stabilimenti secondari, anche per quanto concerne gli aspetti connessi al riconoscimento professionale. Il coinvolgimento dello Stato membro di origine come intermediario in una procedura per la creazione di una succursale caricherà di oneri amministrativi aggiuntivi sia le autorità dello Stato membro d'origine che quelle dello Stato membro ospitante, e potrebbe impedire verifiche approfondite nel paese in cui emergessero — ad esempio — violazioni dei diritti dei lavoratori o dei consumatori.

4.3.10

La proposta di regolamento, pur precisando che i sistemi di notifica preventiva per i lavoratori distaccati sono esclusi dal suo campo di applicazione, introduce un sistema armonizzato europeo di notifica preventiva per i lavoratori distaccati basato su un sistema di partecipazione volontaria da parte degli Stati membri. Questo sistema potrebbe aprire la strada a un'estensione obbligatoria in un momento successivo, la quale non è né auspicabile né compatibile con le disposizioni della direttiva 2014/67/UE. Nel corso delle discussioni politiche relative alla direttiva di applicazione 2014/67/UE, è stato chiaramente convenuto che lo Stato membro ospitante è l'autorità nazionale competente per la messa a punto degli strumenti di applicazione (articolo 9 della direttiva).

4.3.11

Le procedure di annullamento della carta elettronica dei servizi richiedono la sentenza definitiva di un tribunale e mettono a disposizione dei prestatori di servizi diversi meccanismi per continuare la loro attività nel frattempo. Ciò impedisce efficaci controlli ex post da parte dello Stato membro ospitante, con la conseguenza di ostacolare sia il rispetto dei diritti dei lavoratori che l'applicazione della legislazione in vigore. Inoltre, le proposte legislative non includono sanzioni dissuasive (per lo Stato membro o la società richiedente) in caso di uso improprio della carta elettronica europea dei servizi.

4.3.12

Il regolamento autorizza le persone fisiche a richiedere la carta elettronica dei servizi. Vi è un rischio significativo in alcuni settori che la carta venga usata in modo improprio, facilitando in tal modo il lavoro autonomo fittizio.

4.3.13

Dato che una persona viene considerata come lavoratore autonomo o dipendente in funzione del modo in cui l'attività è esercitata, l'autorità dello Stato membro d'origine competente per il rilascio non può rilasciare una carta elettronica che dichiari che una persona opera come lavoratore autonomo conformemente alle norme dello Stato membro ospitante.

4.3.14

In alcuni casi la revoca della carta elettronica dei servizi per i lavoratori autonomi richiede una decisione definitiva da parte di un tribunale. In questo modo verrebbe impedito un annullamento rapido in caso di uso improprio e sarebbe possibile per i lavoratori autonomi fittizi continuare la loro attività fino a quando un tribunale non emetta una decisione definitiva. Questo darebbe origine a una grave lacuna che vanificherebbe gli sforzi tesi a combattere il lavoro sommerso, come quelli della piattaforma europea contro il lavoro sommerso.

4.3.15

Il CESE desidera richiamare l'attenzione sul fatto che, al livello dell'UE, una procedura simile per il rilascio dei formulari PD A1 relativi al distacco dei lavoratori ha già fatto trasparire potenziali insidie, connesse al fatto che si fa assegnamento soltanto sullo Stato membro d'origine per convalidare i dati relativi ai nuovi prestatori di servizi, specialmente in caso di lavoro autonomo fittizio. Infatti, la valutazione d'impatto che accompagna la proposta di modifica della direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori segnala quanto segue: «non vi è alcuna garanzia che le informazioni contenute nel documenti DP A1 siano precise, anche a causa della mancanza di controlli ufficiali da parte delle autorità dei paesi di origine» (7).

4.3.16

La proposta introduce uno strumento armonizzato per fornire informazioni sulla copertura assicurativa. Tuttavia, poiché esso sarà legato alla carta elettronica dei servizi, le informazioni dovranno essere fornite solo una volta, rendendo le ispezioni e i controlli nello Stato membro ospitante potenzialmente meno efficaci.

4.3.16.1

Inoltre, gli assicuratori saranno costretti a calcolare i premi sulla base dei riscontri storici nello Stato membro d'origine, e questo interferirebbe con il diritto e la responsabilità delle compagnie assicurative di valutare i rischi.

4.3.17

La Commissione si riserva una vasta gamma di poteri di attuazione per definire il contenuto e i parametri tecnici della carta elettronica dei servizi. Tuttavia, l'armonizzazione in questo campo può limitare la capacità degli Stati membri di effettuare controlli efficaci sui nuovi prestatori di servizi per quel che concerne i diritti dei lavoratori in materia di salute e sicurezza.

4.4   Riforme proposte alla regolamentazione dei servizi professionali

4.4.1

Il CESE desidera sottolineare che le differenze tra i concetti normativi non indicano, di per loro, che è necessario attuare una riforma. Molti regolamenti sono basati sulle tradizioni e sull'esperienza. Essi sono importanti per la protezione dei consumatori e vanno conservati. Il principio di «equivalenza» trova la sua ragion d'essere nel fatto che esistono sistemi differenti. Il CESE tiene conto del fatto che i sistemi professionali nazionali sono basati su tradizioni di vecchia data. Il progetto di ricerca mostra risultati alquanto diversi per quanto riguarda i benefici delle misure di deregolamentazione.

4.4.2

Il CESE accoglie con favore il nuovo indicatore di restrittività, in quanto consente un'analisi più approfondita rispetto all'indicatore della regolamentazione del mercato del prodotto (PMR) dell’OCSE. Ci sono ancora dettagli che vale la pena riprendere in considerazione (ad esempio, sembra inappropriato indicare lo sviluppo professionale continuo come restrizione negativa). Il CESE desidera sottolineare che, al fine di presentare un punto di vista non discriminatorio dei diversi sistemi di regolamentazione, sarebbe necessario includere non solo la regolamentazione ex ante (ad es. protezione del titolo, requisiti in termini di qualifiche), ma anche la regolamentazione ex post (ad es. requisiti dei regolamenti e delle autorizzazioni in materia di edilizia). Bisognerebbe inoltre precisare chiaramente che l'indicatore della restrittività è neutrale, dato che non veicola alcun giudizio di valore e non serve a giustificare alcuna regolamentazione.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU L 159 del 28.5.2014, pag. 11.

(2)  GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.

(3)  GU L 159 del 28.5.2014, pag. 11.

(4)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 1.

(5)  Corte dei conti europea, La Commissione ha assicurato un'attuazione efficace della direttiva sui servizi?, relazione speciale del 2016 (pag. 25).

(6)  COM(2014) 212 final e GU C 458 del 19.12.2014, pag. 19.

(7)  SWD(2016) 52, pag. 8.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto con riguardo all'applicazione temporanea di un meccanismo generalizzato di inversione contabile alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi al di sopra di una determinata soglia»

[COM(2016) 811 final — 2016/0406 (CNS)]

(2017/C 288/06)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Consultazione

Consiglio europeo, 25/01/2017

Base giuridica

Articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Decisione dell'Assemblea plenaria

13/12/2016

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

06/04/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

142/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE esprime parere favorevole rispetto alle azioni che l'Unione europea mette in campo per contrastare ogni forma di frode fiscale e ritiene che il meccanismo di inversione contabile per la riscossione dell'IVA possa rappresentare un utile strumento di contrasto alle frodi carosello e all'evasione dell'IVA.

1.2

Tuttavia, l'utilizzo di un meccanismo di inversione contabile, avendo il carattere di deroga rispetto a consolidati principi in materia di IVA, non deve avere alcuna possibilità di pregiudicare il mercato interno e deve essere temporaneo nonché adeguatamente valutato dalla Commissione per quanto riguarda le possibili ricadute negative sul mercato interno. Il CESE è preoccupato per il rischio di una possibile frammentazione del sistema IVA derivante dalle misure proposte, anche alla luce delle iniziative previste nella prima fase del piano d’azione sull’IVA della Commissione, che attualmente si dovrebbe applicare soltanto a determinate cessioni di merci e non alla prestazione di servizi (1).

1.3

In particolare, sarà opportuno valutare se i benefici introdotti nel contrasto alle frodi non vengano vanificati dai possibili effetti avversi sulla omogeneità del mercato unico. Per questa ragione è necessario che la Commissione monitori costantemente il funzionamento del meccanismo generalizzato di inversione contabile (GRCM), mantenendo il potere di intervenire in caso di sviluppi negativi.

1.4

Il CESE raccomanda che si ponga massima attenzione al principio di proporzionalità, poiché il costo di compliance relativo all'attuazione di un meccanismo di reverse charge a carico delle piccole e medie imprese potrebbe essere elevato sia in termini di costi di compliance, che per quanto riguarda i flussi di cassa, con il rischio di problemi di liquidità indotti dal GRCM che graverebbero in particolare sulle PMI.

1.5

Il CESE richiama l’attenzione su alcuni studi (2) che hanno dimostrato come i meccanismi di Inversione contabile (reverse charge) e di scissione dei pagamenti (split payment), dove attuati sino ad ora, hanno spesso determinato problemi di liquidità per le imprese adempienti. In altri termini, il contrasto alle frodi fiscali perpetrate da un numero minoritario di imprese disoneste ha causato rilevanti problemi di funzionamento ad operatori economici rispettosi della disciplina fiscale, che creano occupazione e valore nel mercato interno.

1.6

Il CESE sottolinea che le soluzioni adottate per contrastare la frode riguardante l’IVA non dovrebbero imporre oneri eccessivi e sproporzionati alle imprese adempienti, in particolare alle PMI. Infatti, come già rilevato dal CESE in merito al piano d’azione della Commissione sull’IVA, le imprese in buona fede vanno tutelate, e bisogna evitare di imporre loro nuove misure eccessive (3).

1.7

Il CESE osserva che la dimensione nazionale del contrasto alle frodi fiscali richiede anche che ognuno degli Stati membri sia pienamente responsabile circa il funzionamento del proprio sistema tributario e abbia l'onere di predisporre strumenti di contrasto alle frodi IVA che non danneggino o influenzino il funzionamento dei sistemi fiscali di altri Stati membri.

1.8

Nel complesso, il CESE ritiene che le misure proposte non dovrebbero influenzare negativamente il conseguimento degli obiettivi fissati nel piano d’azione sull’IVA, né ostacolare o ritardare la completa e tempestiva realizzazione del piano stesso. A suo giudizio è necessario, in questo momento, compiere un passo avanti qualitativo (un vero salto di qualità) in quest’ambito per sostenere il mercato unico e contribuire a promuovere l'occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività. Per il CESE è inoltre importante che si persegua l'obiettivo di realizzare tutte le componenti del piano d'azione come un insieme indivisibile (4).

1.9

Per un buon funzionamento della proposta della Commissione e per ridurre in futuro la necessità di ricorrere ad ulteriori deroghe rispetto a principi e regole consolidati sul funzionamento del sistema IVA nell'UE, sarebbe utile che gli Stati membri richiedenti l'applicazione del meccanismo generalizzato di inversione contabile imponessero concreti e specifici obblighi di fatturazione elettronica per assicurare la piena tracciabilità dei pagamenti.

2.   Proposta della Commissione

2.1

Con una comunicazione del 7 aprile 2016, la Commissione europea ha presentato il proprio Piano di azione in materia di imposta sul valore aggiunto («IVA»). A tale comunicazione seguirà, nel corso del 2017, una proposta legislativa per riformare e modernizzare l'attuale assetto delle regole europee sull'IVA.

2.2

Il piano d'azione della Commissione e la futura proposta legislativa attesa per il 2017 si propongono tra l’altro di ridurre il cosiddetto GAP/IVA — ovvero la differenza fra quanto dovrebbe essere incassato in termini di gettito IVA e quanto viene effettivamente versato — attraverso la limitazione delle frodi perpetrate nell'ambito dell'imposta sul valore aggiunto.

2.3

In attesa di completare la riforma del sistema europeo IVA e su richiesta di alcuni governi nazionali, la Commissione ha riconosciuto l'urgente necessità di permettere temporaneamente ad alcuni Stati membri l'implementazione di meccanismi generalizzati di reverse charge («GRCM»).

2.4

La predisposizione di un GRCM è stata disciplinata dalla Commissione europea con la proposta di direttiva oggetto del presente parere (2016/0406 — CNS), che si propone di emendare la vigente direttiva 2006/112/CE.

2.5

Considerando che il GRCM deroga ad uno dei capisaldi della regolazione europea in materia di IVA — quello dei pagamenti frazionati — la Commissione ha deciso di permettere l'applicazione di tale meccanismo da parte degli Stati membri a specifiche condizioni.

2.6

In particolare: a) lo Stato presenta un livello di GAP/IVA che supera la mediana europea di 5 punti percentuali; b) il GAP/IVA è causato, per oltre il 25 %, da frodi carosello; c) dev'essere accertato che altre misure di controllo non sono sufficienti a combattere le frodi nel suo territorio.

2.7

Al fine di evitare che l'applicazione generalizzata del meccanismo di reverse charge possa creare problemi in termini di frazionamento del mercato interno, come peraltro già sottolineato da alcuni Stati membri, la Commissione ha previsto la possibilità di riconsiderare l'applicazione dei meccanismi nel caso questi dimostrassero di avere un impatto avverso sul mercato interno in contrasto con gli obiettivi generali dell'Unione europea.

3.   Osservazioni generali

3.1

L'evasione IVA è un'epidemia europea che è opportuno e utile contrastare. La forma di frode IVA più insidiosa è la cosiddetta «frode carosello», che il meccanismo di inversione contabile nella gestione dell'IVA si propone di ostacolare.

3.2

Per questo il CESE esprime un parere favorevole rispetto all'introduzione di adeguati meccanismi di contrasto alle frodi fiscali, osservando però che ogni deroga rispetto all'unitarietà del sistema IVA europeo deve essere temporanea, proporzionata e adeguatamente valutata per quanto riguarda le possibili ricadute negative sul mercato interno. Ciò soprattutto in considerazione del fatto che l'articolo 113 del Trattato, posto a base della proposta legislativa della Commissione, prevede la possibilità di intervenire in materia fiscale tramite misure di «armonizzazione» volte a garantire il corretto funzionamento del mercato interno e la non distorsione della concorrenza.

3.3

Nel complesso, le misure proposte non dovrebbero avere conseguenze sul conseguimento degli obiettivi fissati nel piano d’azione sull’IVA, né ostacolare o ritardare la completa e tempestiva realizzazione del piano stesso. È necessario, in questo momento, compiere un passo avanti qualitativo (un vero salto di qualità) per sostenere in tal modo il mercato unico e contribuire a promuovere l'occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività.

3.4

Inoltre, è importante che si persegua l’obiettivo di realizzare tutte le componenti del piano d’azione come un insieme indivisibile, in quanto ciò consentirebbe anche di affrontare in modo globale la maggior parte delle frodi in materia di IVA.

3.5

Il principio di proporzionalità menzionato nella proposta della Commissione dovrà quindi essere rispettato tenendo in adeguata considerazione, tra i vari interessi pubblici da contemperare, anche l'interesse generale a non pregiudicare l'armonizzazione dei sistemi IVA nazionali in un'ottica di pieno consolidamento del mercato interno.

3.6

Tanto premesso, è opportuno riconoscere che la politica di contrasto all'evasione, anche delle imposte armonizzate, resta prevalentemente in capo agli Stati membri e che le amministrazioni finanziarie hanno una forte caratterizzazione nazionale. Allo stesso tempo, risultano ancorate a logiche nazionali anche le conoscenze statistiche sul fenomeno delle frodi, così come le abitudini e le forme di evasione e di contrasto.

3.7

Da questo punto di vista, uno strumento derogatorio alle norme UE dettato per fini di contrasto all'evasione ed attivato dallo Stato membro, è coerente con la prevalenza di responsabilità e titolarità delle funzioni di contrasto alle frodi in capo ai governi nazionali. In quest'ottica la proposta della Commissione rispetta il principio di sussidiarietà, permettendo agli Stati di intervenire a livello nazionale per contrastare fenomeni illegali in campo tributario.

3.8

Il CESE osserva che la dimensione nazionale del contrasto alle frodi fiscali richiede anche che ognuno degli Stati membri sia pienamente responsabile circa il funzionamento del proprio sistema tributario e abbia l'onere di predisporre strumenti di contrasto alle frodi IVA che non danneggino o influenzino il funzionamento dei sistemi fiscali di altri Stati membri.

3.9

La deroga prevista dalla proposta dalla Commissione tramite il meccanismo di reverse charge non è generalizzata, ma viene soggetta a specifiche condizioni e risulta in ogni caso facoltativa per gli Stati membri, che potranno richiedere l'applicazione della deroga al ricorrere di precise condizioni.

3.10

Gli Stati che richiedano la deroga attraverso il meccanismo di reverse charge devono infatti presentare un livello di GAP/IVA superiore alla mediana europea di 5 punti percentuali. Se si considera che la mediana europea relativa al GAP/IVA è pari al 14 %, il superamento di 5 punti percentuali appare sufficiente a far ritenere sussistenti ragioni di effettiva e sostanziale rilevanza per l'adozione di misure straordinarie finalizzate alla riduzione del GAP/IVA (5).

3.11

Analogamente, il requisito proposto dalla Commissione con riferimento alle frodi carosello come causa del GAP/IVA (25 %) appare supportato da opportune evidenze istruttorie se raffrontato alla media europea del GAP/IVA (24 %) derivante da tale tipologia di illecito (6).

3.12

È condivisibile anche la clausola generale per cui lo Stato deve presentare difficoltà amministrative nel contrasto delle frodi IVA, giacché tale condizione testimonia che l'implementazione di un meccanismo generalizzato di reverse charge è la misura più efficace e proporzionata per raggiungere l'obiettivo di riduzione del GAP/IVA, in linea con l'interesse pubblico sia dell'UE che degli Stati membri.

3.13

La proposta della Commissione prevede che il meccanismo di inversione contabile sia applicabile alle transazioni di valore superiore ai 10 000 EUR. Consideriamo accettabile questa regola de minimis, dati gli interessi vari e spesso diametralmente opposti di cui occorre tenere conto simultaneamente nel contrasto all'evasione, nell'armonizzazione degli ordinamenti fiscali e nella semplificazione degli oneri amministrativi connessi agli obblighi fiscali.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

L'analisi di impatto della regolamentazione condotta dalla Commissione dimostra che l'adozione di un GRCM non è necessariamente risolutiva di ogni possibile frode e che, anzi, nuove frodi potrebbero nascere sotto altre forme o in altri Stati membri rispetto a quelli maggiormente interessati allo stato attuale. È quindi necessario che la Commissione monitori adeguatamente il funzionamento del GRCM, mantenendo il potere di intervenire in caso di sviluppi negativi per il funzionamento del mercato unico europeo.

4.2

Per un buon funzionamento della proposta legislativa oggetto del presente parere, e per ridurre in futuro la necessità di ricorrere a ulteriori deroghe rispetto a principi e regole consolidati sul funzionamento del sistema IVA nell'UE, sarebbe utile che gli Stati membri richiedenti l'applicazione del meccanismo generalizzato di inversione contabile imponessero ai soggetti passivi obblighi specifici di fatturazione elettronica per assicurare la piena tracciabilità dei pagamenti.

4.3

Su tale punto si richiama in particolar modo l'attenzione sulla possibilità di ridurre o eliminare meccanismi di reverse charge e split payment in caso di un utilizzo corretto e diffuso della fatturazione elettronica per la certificazione dei corrispettivi di vendita. Utilizzando opportunamente tale tipologia di fatturazione sarebbe infatti possibile verificare in tempo reale il corretto versamento dell'imposta sul valore aggiunto, evitando ripercussioni finanziarie negative su molte imprese adempienti.

4.4

Il contrasto alle frodi IVA è, senza dubbio, un obiettivo da perseguire con vigore e attraverso la predisposizione di adeguate misure legislative da parte degli Stati membri. È tuttavia necessario osservare che la predisposizione di meccanismi di reverse charge nei rapporti B2B fra privati e di meccanismi di split payment nei rapporti fra imprese e pubbliche amministrazioni può penalizzare in modo significativo imprese adempienti.

4.5

In primo luogo, come emerge anche dall'analisi di impatto regolamentare proposta dalla Commissione, il costo di compliance relativo all'attuazione di un meccanismo di reverse charge a carico delle piccole e medie imprese sarà molto elevato in relazione alle transazioni domestiche e ancora più oneroso con riferimento alla transazioni cross border. Secondo la valutazione d’impatto della Commissione, il meccanismo dell’inversione contabile comporta un aumento del 43 % dei costi di conformità per le imprese (7). Anche se una procedura di inversione contabile generalizzata dovrebbe generare meno costi di conformità rispetto a un'inversione contabile limitata a un determinato settore, questo dato dimostra comunque che i costi di conformità sono destinati ad aumentare.

4.6

In secondo luogo, alcuni studi (8) hanno dimostrato come i meccanismi di reverse charge e split payment, dove attuati sino ad ora, hanno spesso determinato problemi di liquidità per molte imprese adempienti.

4.7

In altri termini, il contrasto alle frodi fiscali perpetrate da un numero minoritario di imprese disoneste ha causato rilevanti problemi di funzionamento ad operatori economici rispettosi della disciplina fiscale, che creano occupazione e valore nel mercato interno.

4.8

Per questa ragione, il CESE richiama l'attenzione della Commissione e degli Stati membri sulla necessità che il principio di proporzionalità sia rispettato all'interno della proposta della Commissione e nei singoli sistemi giuridici nazionali nel senso che la misura adottata deve essere proporzionata rispetto all'interesse di contrastare le frodi IVA senza danneggiare il mercato interno, Allo stesso tempo, in linea con lo stesso principio, le soluzioni adottate dovrebbero affrontare le attività illegali senza imporre oneri eccessivi e sproporzionati alle imprese oneste, e in particolare alle PMI.

4.9

Queste considerazioni aumentano le ragioni a sostegno della «transitorietà» del meccanismo generalizzato di reverse charge. Diversamente, assisteremmo ad un aggravio burocratico intollerabile soprattutto a carico delle PMI e ad una contemporanea distorsione delle dinamiche del mercato unico europeo, poiché il flusso di cassa di imprese con sede in Stati membri diversi rischia seriamente di funzionare «a geometria variabile».

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 389, del 21.10.2016, p. 43, punto 1.3.

(2)  Cfr. lo studio della Confederazione nazionale dell’artigianato Reverse Charge e Split Payment: in fumo la liquidità delle imprese, 2015.

(3)  GU C 389, del 21.10.2016, p. 43, punto 1.9.

(4)  GU C 389, del 21.10.2016, p. 43, punti 1.1 e 1.2.

(5)  SWD(2016) 457 final, p.18.

(6)  SWD(2016) 457 final, p.15.

(7)  COM(2016) 811 final, pag. 43.

(8)  GU C 389, del 21.10.2016, p. 43, punto 1.9.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro»

[COM(2017) 11 final — 2017/0004 (COD)]

(2017/C 288/07)

Relatrice:

Marjolijn BULK

Consultazione

Parlamento europeo, 19/01/2017

Consiglio, 16/02/2017

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Decisione dell'Assemblea plenaria

24/01/2017

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

03/05/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

149/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'avvio del processo di revisione della direttiva sugli agenti cancerogeni ed è pronto a contribuire a questo importante dibattito.

1.2

Il CESE invita la Commissione a realizzare una valutazione d'impatto sull'eventuale estensione del campo di applicazione della direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni (direttiva ACM) alle sostanze tossiche per la riproduzione.

1.3

Il CESE raccomanda vivamente che le revisioni della direttiva ACM e le modifiche previste per il 2018 considerino con maggiore attenzione l'esposizione della donna ad agenti cancerogeni durante il lavoro.

1.4

Il CESE ritiene importante che la Commissione perfezioni un metodo comune per l'adozione di valori limite di esposizione professionale vincolanti nella direttiva ACM, previa consultazione delle parti sociali, degli Stati membri e di altri portatori d'interesse.

1.5

Tali valori devono essere definiti sulla base di dati scientifici e statistici, tenendo conto di diversi fattori, quali la fattibilità e le possibilità di misurare i livelli di esposizione. Nei Paesi Bassi e in Germania viene applicato un approccio basato sul rischio che contribuisce a definire i valori limite di esposizione professionale vincolanti, considerando il livello di rischio quale principale fattore determinante di un compromesso sociale.

1.6

Il CESE ritiene che occorra istituire, nell'ambito del regime nazionale di sicurezza sociale o dei sistemi sanitari pubblici, dei programmi volti a proporre una sorveglianza sanitaria lungo tutto l'arco della vita per tutti i soggetti che sono stati esposti ad agenti cancerogeni sul posto di lavoro.

1.7

Il CESE sottolinea che, al fine di migliorare la protezione dei lavoratori dagli agenti cancerogeni, mutageni e tossici per la riproduzione nell'ambiente di lavoro, gli Stati membri dovrebbero garantire che gli ispettorati del lavoro dispongano di risorse umane e finanziarie sufficienti per svolgere i loro compiti.

1.8

Il CESE sostiene la posizione comune delle parti sociali a livello europeo e raccomanda l'adozione di un valore limite di esposizione professionale vincolante per la formaldeide.

1.9

Il CESE raccomanda che, nell'introduzione di una definizione giuridica dei gas di scarico dei motori diesel, la Commissione tenga conto delle risultanze del comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici (SCOEL).

2.   Contesto della proposta

2.1

Il cancro costituisce la principale causa di mortalità dovuta alle condizioni di lavoro. 1,314 milioni di decessi avvenuti nell'Unione europea nel 2013 sarebbero attribuibili al cancro, e oltre 100 000 sono riconducibili a cancro connesso all'attività lavorativa. Questa patologia costituisce la prima causa di mortalità connessa al lavoro nell'UE. Nell'UE circa 20 milioni di lavoratori sono esposti ad agenti cancerogeni durante il lavoro. In uno studio pubblicato dall'Istituto nazionale dei Paesi Bassi per la salute pubblica e l'ambiente (1) nel 2015 si stima che il costo annuale dei tumori professionali ammonti a 334 miliardi di EUR.

2.2

Nell'ambito della legislazione in materia di protezione dei lavoratori, numerose direttive si occupano di tumori professionali. Gli obblighi generali contenuti nella direttiva quadro (2) del 1989 coprono tutti i rischi e definiscono le regole generali da adottare sul luogo di lavoro. La direttiva sugli agenti chimici (3) si applica a tutte le sostanze chimiche pericolose. La direttiva sull'amianto (4) tiene conto di alcune esigenze specifiche di prevenzione delle malattie legate a questo materiale. L'atto legislativo specifico più importante è rappresentato dalla direttiva sugli agenti cancerogeni, adottata nel 1990.

2.3

La direttiva ACM fissa prescrizioni minime generali. I datori di lavoro devono individuare e valutare i rischi ed evitare l'esposizione in presenza di tali rischi. Ove tecnicamente possibile, occorre sostituire il procedimento o l'agente chimico in questione con un'alternativa non pericolosa o meno pericolosa. In caso contrario, gli agenti chimici cancerogeni devono, nella misura in cui ciò sia fattibile sotto il profilo tecnico, essere prodotti e utilizzati in un sistema chiuso per evitare l'esposizione. Se questa soluzione, in sé, non è tecnicamente possibile, l'esposizione dei lavoratori deve essere ridotta al livello più basso consentito dalla tecnica.

2.4

Oltre alle suddette prescrizioni minime generali, la direttiva ACM fissa dei valori limite di esposizione professionale per particolari agenti cancerogeni e mutageni quale parte integrante del meccanismo di protezione dei lavoratori. L'allegato III della direttiva ACM stabilisce valori limite vincolanti per specifici agenti chimici. Allo stato attuale, tale allegato definisce valori limite vincolanti solo in caso di esposizione professionale a tre sostanze o procedimenti. Questi valori limite coprono soltanto una piccola percentuale dei lavoratori esposti a sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione (CMR).

2.5

Nel 2016 la Commissione europea ha annunciato che la direttiva ACM sarebbe stata riveduta in tre fasi. Nel maggio di quell'anno ha quindi adottato una prima proposta, che è attualmente in discussione in sede di Parlamento europeo e di Consiglio dei ministri. Una seconda proposta è stata adottata nel gennaio 2017 e una terza è prevista per il 2018.

2.6

La revisione della direttiva è un processo in corso. Nella prima proposta sono stati riveduti due valori limite vincolanti di esposizione professionale già esistenti e ne sono stati introdotti 11 nuovi. Nella sua relazione Ulvskog (5), il Parlamento europeo ha espresso il proprio appoggio al processo di revisione della direttiva ACM e ha chiesto, tra l'altro, di ampliarne il campo di applicazione per includervi gli agenti tossici per la riproduzione, di introdurre valori limite di esposizione professionale più rigorosi per 6 delle sostanze considerate e di stabilire un valore limite transitorio al fine di concedere ai datori di lavoro un periodo di tempo supplementare per l'applicazione dei valori limite più rigorosi. Il Parlamento europeo ha inoltre sottolineato che le revisioni del 2017 e del 2018 dell'allegato III della direttiva 2004/37/CE dovrebbero integrare nell'allegato sostanze, miscele e procedimenti come i gas di scarico dei motori diesel, la formaldeide, il cadmio e i suoi composti, il berillio e i suoi composti, i composti del nichel, l'arsenico e i suoi composti e l'acrilonitrile, ma non soltanto. La stragrande maggioranza dei gruppi politici ha sostenuto il compromesso proposto dal Parlamento europeo.

2.7

L'obiettivo principale della seconda proposta è, invece, quello di introdurre cinque nuovi valori limite. Benché le miscele complesse di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e gli oli motore usati figurino nell'allegato che definisce il campo di applicazione della direttiva, per questi due agenti cancerogeni non sono stati fissati valori limite. Basandosi sulla propria analisi, la Commissione ha deciso che non occorre intraprendere alcuna azione, in questa fase, riguardo a 5 agenti cancerogeni (6).

3.   Osservazioni generali

3.1

Il campo di applicazione della direttiva ACM è attualmente limitato agli agenti cancerogeni e mutageni; si dovrebbe considerare la possibilità di allargarlo alle sostanze tossiche per la riproduzione. Secondo l'EU-OSHA, gli effetti dell'esposizione professionale sull'apparato riproduttivo di entrambi i sessi possono manifestarsi sotto forma di alterazione dei livelli di ormoni sessuali, calo della libido e impotenza, disturbi mestruali, menopausa precoce, ritardo nella comparsa del menarca, disfunzioni ovariche, riduzione della qualità spermatica e della fertilità maschile e femminile. L'esposizione a sostanze tossiche può causare danni cellulari diretti a spermatozoi e ovociti. L'esposizione della donna durante la gravidanza può alterare lo sviluppo fetale (…). L'esposizione a sostanze tossiche può produrre numerosi effetti di ampia portata, ad esempio la morte del feto, un ritardo nella crescita intrauterina, la nascita prematura, malformazioni congenite, la morte postnatale, difetti nello sviluppo cognitivo, alterazioni della sensibilità immunologica o tumori infantili. L'esposizione della madre ad agenti chimici durante il lavoro può anche provocare una contaminazione del latte materno. Alcuni agenti chimici con attività ormonale, noti come interferenti endocrini, possono alterare il funzionamento del sistema endocrino, provocando di conseguenza effetti avversi sulla riproduzione, come la scarsa qualità spermatica e danni ai tessuti riproduttivi negli uomini e alcune patologie ginecologiche nelle donne.

3.1.1

Nel regolamento REACH e in diversi atti legislativi specifici (sui prodotti cosmetici, i biocidi e i pesticidi) le sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione sono raccolte in un unico gruppo generale delle «sostanze estremamente preoccupanti» (SVHC). Esse presentano alcune caratteristiche comuni, tra cui il grave impatto sulla salute, la difficoltà di percezione del rischio (spesso le conseguenze dell'esposizione emergono dopo un periodo di latenza prolungato), la difficoltà di gestione del rischio e problemi legati all'effetto cocktail (vale a dire l'esposizione a due o più sostanze o procedimenti diversi). La legislazione nazionale di numerosi Stati membri ha adottato un approccio di questo tipo con il sostegno delle parti sociali a livello nazionale. Il CESE invita la Commissione a realizzare una valutazione d'impatto sull'eventuale estensione del campo di applicazione della direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni (direttiva ACM) alle sostanze tossiche per la riproduzione.

3.2

La strategia dell'UE per combattere i tumori connessi all'attività professionale dovrebbe prestare maggiore attenzione alle donne.

3.2.1

I modelli di esposizione e di localizzazione dei tumori possono variare a seconda del sesso. Ad esempio, il tumore alla mammella è molto raro nell'uomo, mentre è il cancro più diffuso nella donna. Vari tipi di esposizione sul luogo di lavoro possono contribuire a questa forma tumorale.

3.2.2

Il CESE esorta vivamente la Commissione a considerare in modo maggiormente sistematico le esposizioni cancerogene delle donne sul luogo di lavoro in fase di revisione della direttiva e nel corso delle modifiche previste per il 2018. Numerosi tipi di attività in cui la presenza femminile è maggiore (sanità, pulizia, parrucchieria, ecc.) comportano esposizioni a sostanze cancerogene che non vengono considerate con sufficiente attenzione. È necessario definire dei criteri per individuare e classificare gli interferenti endocrini che contribuiscono ad alcuni tipi di cancro. Si dovrebbe rafforzare la prevenzione per quanto riguarda l'uso di prodotti citostatici (ossia, chemioterapici) nelle professioni sanitarie. Sebbene le radiazioni ionizzanti non rientrino nell'ambito del presente parere, il CESE sollecita con forza il rafforzamento di altre direttive, in particolare la direttiva 2013/59/Euratom.

3.3

Vi è un ampio consenso tra i portatori di interessi riguardo al ruolo e all'importanza dei valori limite di esposizione professionale vincolanti. I valori limite di esposizione professionale vincolanti restano importanti perché contribuiscono a ridurre il rischio, anche quando non esiste un livello sicuro di esposizione. Essi devono essere fissati a un livello adeguato, tenendo conto delle prove scientifiche e degli aspetti di fattibilità.

3.3.1

Tuttavia, non esiste un metodo comune a tutta l'UE per stabilire valori limite di esposizione professionale vincolanti. Attualmente, la Commissione adotta un approccio operativo «caso per caso», nel cui ambito la trasparenza e la coerenza potrebbero essere considerevolmente migliorate. Alcuni valori limite di esposizione professionale vincolanti sono adeguati, mentre altri forniscono una protezione insufficiente. Il CESE ritiene che, quando sono in gioco la salute e la vita umana, le ambizioni debbano essere all'altezza della sfida.

3.3.2

Un altro elemento è costituito dal fatto che gli Stati membri adottano approcci diversi. Alcuni hanno fissato valori limite vincolanti per più di un centinaio di sostanze CMR diverse, altri, invece, per meno di una decina. Il livello di questi valori limite può variare da un paese all'altro. Ciò crea difficoltà alle aziende che operano in paesi diversi che adottano standard variabili, e potrebbe in alcuni casi tradursi in una concorrenza sleale.

3.3.3

Il CESE reputa quindi importante che la Commissione definisca, nella direttiva ACM, una metodologia per l'adozione di valori limite di esposizione professionale obbligatori. A tal fine andrebbe condotta un'ampia consultazione con le parti sociali, gli Stati membri e altri portatori di interessi, tra cui le ONG. Le esperienze maturate in ambito nazionale contribuiscono ad individuare le buone pratiche. Per il CESE, dovrebbero essere presi in considerazione due elementi in particolare:

3.3.3.1

In primo luogo, la coerenza dei valori limite di esposizione professionale, per evitare una situazione in cui i lavoratori esposti a determinate sostanze presentino un rischio molto più elevato di contrarre tumori rispetto ai lavoratori esposti ad altre sostanze. In Germania e nei Paesi Bassi, ad esempio, le parti sociali appoggiano in larga misura un approccio basato sul rischio. Ciò contribuisce a definire valori limite obbligatori tenendo conto del livello di rischio quale primo elemento determinante di un compromesso sociale.

3.3.3.2

In secondo luogo, i valori limite di esposizione professionale vincolanti devono essere definiti sulla base di dati scientifici. Essi devono tener conto di diversi fattori, quali la fattibilità e le possibilità di misurare i livelli di esposizione. Per aiutare i datori di lavoro a stabilire il grado di priorità delle loro misure preventive, i valori limite dovrebbero menzionare esplicitamente il livello di rischio associato al livello di esposizione.

3.4

Nella maggior parte dei casi, vi è un periodo di latenza prolungato tra l'esposizione e l'insorgenza del tumore. Il CESE ritiene pertanto necessario tutelare i lavoratori esposti o a rischio di esposizione offrendo, nell'ambito del regime nazionale di sicurezza sociale o dei sistemi sanitari pubblici, una sorveglianza sanitaria lungo tutto l'arco della vita a tutti i lavoratori che sono stati esposti ad agenti cancerogeni.

3.5

Il CESE raccomanda di concentrare maggiormente gli sforzi sugli studi scientifici e statistici. Il cancro professionale può essere anche causato da: stress, fattori organizzativi del lavoro, ad esempio turni, ecc. Una maggiore attenzione e finanziamenti più consistenti andrebbero dedicati alla ricerca sulle conseguenze e le possibili sinergie dell'esposizione combinata a diversi fattori, come le sostanze chimiche in combinazione con agenti biologici o fisici, le sostanze chimiche in combinazione con l'organizzazione del lavoro, ecc.

3.6

Il CESE sottolinea che uno dei compiti principali al fine di garantire la protezione dei lavoratori dagli agenti cancerogeni, mutageni e tossici per la riproduzione sul posto di lavoro consiste nel rafforzare il controllo dell'attuazione e dell'applicazione della direttiva ACM. Gli Stati membri dovrebbero garantire che gli ispettorati del lavoro dispongano di risorse umane e finanziarie sufficienti per svolgere i loro compiti e aiutare nel contempo le imprese, in particolare le PMI, a conformarsi a queste nuove disposizioni. Essi dovrebbero rafforzare la cooperazione con l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha messo a punto diversi strumenti che potrebbero migliorare la qualità della prevenzione nei luoghi di lavoro. Uno di questi è la valutazione dei rischi interattiva online (Online Interactive Risk Assessment — OIRA), una piattaforma web che permette di creare strumenti settoriali di valutazione dei rischi in qualsiasi lingua in modo semplice e standardizzato.

4.   Osservazioni particolari

4.1

La seconda proposta di modifica della direttiva ACM introduce valori limite di esposizione professionale vincolanti per altre 5 sostanze cancerogene.

4.1.1

L'epicloridrina (ECH) è una sostanza cancerogena priva di soglia. I lavoratori esposti a tale sostanza sono 43 813 nell'UE. La Commissione propone un valore limite di esposizione professionale obbligatorio pari a 1,9 mg/m3. 7 Stati membri dovranno introdurre tale valore limite, mentre 8 dovranno aggiornare il loro, portandolo a 1,9 mg/m3. Si stima che circa il 69 % dei lavoratori esposti a tale sostanza si trovi nei — complessivamente — 15 paesi di cui sopra, e trarrebbe quindi vantaggio da una migliore protezione giuridica dovuta all'introduzione del valore limite. Il CESE ritiene che il valore limite proposto contribuirebbe a ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

4.1.2

L'etilene dibromuro (EDB) è un agente cancerogeno genotossico privo di soglia. Secondo le stime, nell'UE poco meno di 8 000 lavoratori sono potenzialmente esposti all'1,2-dibromoetano. La Commissione propone un valore limite obbligatorio di 0,8 mg/m3. 11 Stati membri dovranno introdurre tale valore limite, mentre 9 dovrebbero aggiornarlo, portandolo a 0,8 mg/m3. Si stima che l'81 % dei lavoratori esposti si trovi nei — complessivamente — 20 paesi di cui sopra e, di conseguenza, trarrebbe vantaggio da una migliore protezione giuridica dovuta all'introduzione del valore limite. I costi supplementari per le imprese (tra cui le micro e piccole imprese) dovrebbero essere molto contenuti. Il CESE ritiene che il valore limite proposto contribuirebbe a ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

4.1.3

L'etilene dicloruro (EDC) è classificato come cancerogeno 1B a norma del regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP). Meno di 3 000 lavoratori sono potenzialmente esposti a tale sostanza in Europa (7). La Commissione propone un valore limite obbligatorio di 8,2 mg/m3 (pari a 2 ppm). 5 Stati membri dovranno introdurre tale valore limite, mentre 18 dovranno aggiornare il loro, portandolo a 2 ppm; si prevede che una grande quantità di lavoratori esposti potrebbe quindi trarre vantaggio da una migliore protezione giuridica. Il CESE ritiene che il valore limite proposto contribuirebbe a ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

4.1.4

La 4,4′-metilendianilina (MDA) è un agente cancerogeno genotossico. Si stima che circa 70-140 persone siano esposte all'MDA in sospensione nell'industria chimica. Molto più elevato è il numero dei lavoratori interessati da esposizione cutanea all'MDA: tale numero dovrebbe infatti oscillare tra 390 000 e 3,9 milioni (8). La Commissione propone un valore limite obbligatorio pari a 0,08 mg/m3. 12 Stati membri dovranno introdurre tale valore limite, mentre 11 dovrebbero aggiornarlo, portandolo a 0,08 mg/m3. Il CESE ritiene che il valore limite proposto contribuirebbe a ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

4.1.5

Il tricloroetilene (TCE) è classificato come sostanza cancerogena del gruppo 2A dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (di seguito IARC), mentre nell'UE è considerato sostanza cancerogena di categoria 1B a norma del regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP). Si stima che, nell'UE, circa 74 000 lavoratori siano potenzialmente esposti a tale sostanza. La Commissione propone di combinare insieme un valore limite di esposizione professionale obbligatorio di 54,7 mg/m3 (pari a 10 ppm) e un valore limite di esposizione di breve durata (STEL) di 164,1 mg/m3 (30 ppm). Dei 22 Stati membri che hanno già fissato un valore limite vincolante a livello nazionale per il tricloroetilene, 16 hanno adottato anche uno STEL. 6 Stati membri dovranno introdurre tale valore limite, mentre 11 dovrebbero aggiornarlo, portandolo a 54,7 mg/m3 (10 ppm). Si stima che circa il 74 % dei lavoratori esposti si trovi nei — complessivamente — 17 paesi di cui sopra e, di conseguenza, trarrebbe vantaggio da una migliore protezione giuridica dovuta all'introduzione del valore limite appena citato. Il CESE osserva che, in un certo numero di Stati membri, per il tricloroetilene è stato introdotto un valore limite di esposizione inferiore, con il sostegno delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati. A livello dell'UE, dovrebbe essere previsto un valore limite inferiore al fine di ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

4.2

Benché le miscele complesse di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e gli oli motore usati figurino nell'allegato che definisce il campo di applicazione della direttiva, per questi due agenti cancerogeni non sono stati fissati valori limite.

4.2.1

Miscele complesse di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) con benzo(a)pirene come indicatore. Gli IPA sono una classe che racchiude numerosi composti organici. Il CESE ritiene che la misura proposta contribuirebbe a ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

4.2.2

Oli minerali sotto forma di oli motore usati: l'esposizione agli oli minerali sotto forma di oli motore usati può provocare tumori alla pelle. Si stima a un milione il numero di lavoratori esposti, impiegati principalmente nei servizi di manutenzione e riparazione di autoveicoli. Il CESE ritiene che la misura proposta contribuirebbe a ridurre gli oneri derivanti dai tumori professionali.

5.   Altre sostanze o processi da aggiungere

5.1

Formaldeide. La Commissione europea non ha proposto un valore limite vincolante per l'esposizione professionale alla formaldeide, Nel 2009 l'IARC ha concluso che dagli studi condotti sull'uomo emergevano elementi di prova sufficienti di un nesso causale tra la formaldeide e la leucemia mieloide. Le informazioni disponibili per la formaldeide sono sufficienti per stabilire un valore limite di esposizione basato su considerazioni sanitarie e misurato in rapporto a una media ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore (TWA), da associare a uno STEL. Basandosi sui dati disponibili, lo SCOEL ha stabilito un valore limite di esposizione professionale pari a 0,3 ppm (TWA 8 ore), con uno STEL di 0,6 ppm. Sulla scia di quanto sopra, il Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (CCSS) ha deciso, da parte sua, di raccomandare tale valore limite alla Commissione. Nel 2016 le parti sociali europee hanno chiesto alla Commissione di accogliere i valori proposti dallo SCOEL sulla base di considerazioni sanitarie quali valori limite obbligatori per questa sostanza chimica (9). Il CESE sostiene tale posizione comune e ritiene che un valore limite vincolante dovrebbe essere adottato.

5.2

Gas di scarico dei motori diesel. Nel 2012 l'IARC ha classificato tutte le emissioni di gas di scarico dei motori diesel come agenti cancerogeni di gruppo 1 (sicuramente cancerogeni per l'uomo). Secondo la Commissione oltre 3 milioni di lavoratori sono esposti nell'UE ad emissioni di scarico dei motori diesel sul luogo di lavoro. I lavoratori esposti a tali gas di scarico almeno per un periodo nella loro carriera ammontavano a 12 milioni nel 2010, e potrebbero arrivare fino a 20 milioni entro il 2060. Nella valutazione d'impatto la Commissione afferma che la mancanza di una normativa che vieti l'esposizione ai gas di scarico dei motori diesel durante il lavoro sarà all'origine di 230 000 decessi nell'UE tra il 2010 e il 2069.

5.2.1

Il principale argomento addotto dalla Commissione per escludere i gas di scarico dei motori diesel dagli allegati I e III della direttiva ACM è la difficoltà di trovare una definizione giuridica che consenta di distinguere tra motori vecchi e nuovi. A giudizio del CESE, l'obiettivo della direttiva ACM non è quello di definire norme tecniche per i motori, ma di stabilire una definizione giuridica dei gas di scarico dei motori diesel come processo cancerogeno sulla base di dati scientifici e della valutazione IARC. Nell'esercizio delle loro mansioni, i lavoratori potrebbero essere esposti ai gas di scarico provenienti da più motori diesel conformi a norme diverse in materia di esposizione. Altri fattori svolgono un ruolo importante nel definire la tipologia di esposizione, vale a dire le temperature di combustione, la manutenzione e la pulizia dei motori. Si potrebbe definire un valore limite di esposizione professionale obbligatorio che tenga conto della concentrazione di carbonio elementare (EC) nell'aria. Il CESE ritiene opportuno tener conto di quanto rilevato dallo SCOEL, secondo il quale, benché i dati tossicologici spingano a favore dell'introduzione di una soglia (eventualmente pari o inferiore a 0,02 mg DEP/m3, corrispondente a 0,015 mg EC/m3), i dati epidemiologici suggeriscono rischi significativi di tumore già a tale livello di esposizione, se non addirittura a livelli inferiori. Un valore limite di esposizione professionale che protegga adeguatamente i lavoratori non può pertanto essere stabilito sulla base dei dati e delle analisi attualmente disponibili. Si continuano però a raccogliere e valutare sia i dati tossicologici che quelli epidemiologici sull'uomo (10).

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Rijksinstituut voor Volksgezondheid en Milieu (RIVM), Work related cancer in the European Union. Size, impact and options for further prevention (Il cancro professionale nell'Unione europea: dimensioni, impatto e opzioni per una maggiore prevenzione), 2015.

(2)  (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1).

(3)  Direttiva 98/24/CE del Consiglio — Protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (GU L 131 del 5.5.1998, pag. 11)..

(4)  Direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio — Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro (GU L 330 del 16.12.2009, pag. 28)..

(5)  Relazione Ulvskog.

(6)  Berillio e i suoi composti inorganici, esaclorobenzene (HCB), gas di scarico dei motori diesel, polveri e fumi di processo della gomma, e 4,4'-metilene-bis-2-cloroanilina.

(7)  Dati 2009.

(8)  Institute of Medicine (IOM, ribattezzato HDM nel 2016) progetto di ricerca P937/9 sulla 4,4'-metilendianilina, maggio 2011.

(9)  FEI (Federazione europea dell'imballaggio), CES (Confederazione europea dei sindacati), ACEA (Associazione dei costruttori europei di automobili), ETRMA (Associazione europea dei produttori di pneumatici e gomma), FormaCare ed EPRA (European Phenolic Resins Association), Richiesta di inclusione della formaldeide nell'allegato III della direttiva 2004/37/CE sugli agenti cancerogeni e mutageni, 15 luglio 2016.

(10)  Parere SCOEL n. 403, 2016.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/62


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul «Piano d'azione europeo in materia di difesa»

[COM(2016) 950 final]

(2017/C 288/08)

Relatore:

Christian MOOS

Correlatore:

Jan PIE

Consultazione

27/01/2017

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

07/04/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

104/1/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole a creare un'Unione europea della difesa (UED) e sostiene il piano d'azione europeo in materia di difesa, compresa l'istituzione di un fondo europeo per la difesa.

1.2

Il CESE chiede che si compia un importante passo avanti qualitativo nella cooperazione europea in materia di difesa, visto che il mercato e l'industria della difesa dell'UE sono eccessivamente frammentati, il che determina un'allocazione inefficiente delle risorse, sovrapposizioni di competenze, mancanza di interoperabilità e divari tecnologici.

1.3

Il CESE sostiene l'obiettivo dell'autonomia strategica in relazione a tecnologie e capacità critiche ben definite. La NATO resta il fondamento della difesa collettiva europea.

1.4

L'UE dovrebbe continuare a portare avanti una diplomazia essenzialmente preventiva e multilaterale. Le capacità militari sono tuttavia un elemento importante per l'attuazione della strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell'Unione.

1.5

Il CESE fa presente che una condizione indispensabile per lo sviluppo di capacità comuni di difesa consiste nel rafforzare la base industriale e tecnologica europea nel settore della difesa, dotandola in particolare di manodopera altamente qualificata.

1.6

Il CESE è pienamente favorevole a prestare particolare attenzione alle PMI anche nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo per scopi di difesa.

1.7

I fondi UE possono promuovere l'innovazione nei settori tecnologici nei quali è diventato difficile se non impossibile operare una chiara distinzione tra scopi militari e scopi civili.

1.8

Il CESE è tuttavia contrario all'idea di aprire agli scopi di difesa in senso stretto i fondi esistenti che perseguono finalità economiche o sociali. Gli obiettivi stabiliti nel regolamento sul FEIS, i Fondi strutturali e di investimento europei e il programma COSME, come anche gli investimenti della BEI non riguardano fini militari.

1.9

Il CESE disapprova l'idea di introdurre una disposizione speciale che consenta di assegnare risorse di bilancio nazionali alla difesa nel quadro del Patto di stabilità e crescita. Quest'ultimo deve essere considerato nel contesto dell'approfondimento dell'UEM e non nel quadro di un unico settore. Le spese per la difesa non dovrebbero destabilizzare le finanze pubbliche.

1.10

Il CESE sostiene la proposta di istituire un fondo per la difesa composto di due sezioni distinte: una per la ricerca e una per le capacità. Questo impone però un aumento del bilancio dell'UE, in quanto la «sezione ricerca» per la difesa non deve essere finanziata a scapito della ricerca in altri settori. Il CESE è favorevole all'idea che la «sezione capacità» sia finanziata esclusivamente attraverso contributi nazionali. L'acquisizione, da parte degli Stati membri, di materiali per la difesa non può essere finanziata attingendo dal bilancio dell'UE.

1.11

Il CESE accoglie con favore la creazione di un consiglio di coordinamento e ritiene che le decisioni finali in seno a tale consiglio debbano spettare a rappresentanti politici civili.

1.12

Il CESE sostiene l'invito della Commissione ad applicare pienamente le direttive (1) sugli appalti pubblici e sui trasferimenti intra-UE di prodotti destinati alla difesa. Occorre fare molto di più per garantire, in particolare, che la direttiva sui trasferimenti sia applicata al meglio.

1.13

Il CESE appoggia la definizione di standard comuni applicabili sia alle armi che ai prodotti a duplice uso, evitando però di creare duplicazioni rispetto alle norme già esistenti, in particolare quelle della NATO.

1.14

Le esportazioni di armi dovrebbero essere limitate ai partner strategici e agli alleati ed essere sottoposte a un attento controllo democratico.

2.   Osservazioni generali

2.1

L'Europa si trova ad affrontare una serie di conflitti nei paesi vicini, quali la guerra civile in Siria, tra le cui conseguenze dirette vi sono gli esodi massicci di popolazione del 2015/2016. Con l'annessione della Crimea da parte della Russia e il suo coinvolgimento nel conflitto armato in Ucraina orientale, è stata violata l'integrità territoriale di uno Stato indipendente e, pertanto, il diritto internazionale. Il Nord Africa e il Medio Oriente rimangono regioni instabili e a rischio di fallimento dello Stato, mentre l'Europa e il Medio Oriente non sembrano più essere parte essenziale della politica di sicurezza degli Stati Uniti. L'Europa corre sempre più il rischio di essere relegata ai margini dei grandi interessi mondiali e di essere considerata come un peso dai suoi partner transatlantici.

2.2

In considerazione di questo contesto geostrategico e degli sviluppi in materia di sicurezza, l'Europa deve rafforzare le sue capacità di sicurezza e di difesa. È essenziale mettere a fuoco con chiarezza gli obiettivi strategici comuni dell'Unione, cosa che non è mai stata fatta e che va affrontata con urgenza. Si tratta di una condizione indispensabile per individuare le capacità congiunte e nazionali necessarie che devono essere fondate su una base industriale e tecnologica di difesa europea sostenibile.

2.3

Il CESE rimanda alle richieste (2) già formulate nei pareri CCMI/116 (2013) e CCMI/100 (2012). Anche la strategia globale dell'UE (3) e il piano di attuazione in materia di sicurezza e difesa (4) offrono importanti approcci a tal fine. Secondo il CESE, è urgente che essi siano attuati in modo coerente conformemente a quanto convenuto nella dichiarazione congiunta UE-NATO del luglio 2016, come anche in linea con il principio della sicurezza collettiva sancito dalle Nazioni Unite.

2.4

Il CESE ritiene che l'ottimizzazione delle capacità europee di protezione civile e di difesa militare sia una questione urgente, al fine di garantire la pace e la libertà in Europa, diffondere la stabilità nei paesi vicini nello spirito dei valori europei, quali i diritti umani fondamentali, ed essere in grado di contribuire con buoni risultati alle operazioni di mantenimento della pace nel mondo promosse dalle Nazioni Unite.

2.5

Il CESE chiede dunque che si raggiunga un nuovo livello di qualità nella cooperazione europea in materia di difesa. Appoggia la proposta di creare un'Unione europea della difesa (UED), nel quadro del meccanismo di «cooperazione strutturata permanente» dell'UE previsto a tal fine dagli articoli 42, paragrafo 6, e 46 del Trattato UE, e accoglie con favore il piano d'azione europeo in materia di difesa, compresa l'istituzione di un fondo europeo per la difesa, quale passo importante su questa strada.

2.6

Il CESE concorda con la Commissione nel criticare la frammentazione eccessiva del mercato che dà luogo all'impiego inefficiente delle risorse, alla sovrapposizione di competenze, alla mancanza di interoperabilità e a divari tecnologici.

2.7

La maggior parte degli Stati membri è sotto pressione per consolidare i propri bilanci pubblici, il che significa che l'impiego inefficiente del denaro pubblico non è più giustificabile. Il CESE chiede pertanto che si attuino con determinazione approcci collaborativi. A giudizio del Comitato, una maggiore cooperazione nei settori prioritari indicati dalla Commissione non sarebbe che un primo passo.

2.8

Il CESE sostiene l'obiettivo dell'autonomia strategica in relazione a capacità industriali critiche ben definite. La NATO resta il fondamento della sicurezza e della difesa comune europea, come ribadito nella dichiarazione congiunta UE-NATO. A tal riguardo, è importante che tutti i membri della NATO adempiano ai loro impegni.

2.9

Il CESE rileva che non tutti gli elementi del piano d'azione sono nuovi, ma accoglie con favore l'istituzione del fondo comune per la difesa. Quest'ultimo dipenderà però in larga misura dalla volontà politica di contribuire con risorse supplementari provenienti dai bilanci nazionali. Il CESE si rammarica per la mancanza di disponibilità di alcuni Stati membri nel seguire questa linea. Inoltre, la Commissione deve intensificare i suoi sforzi per definire una tabella di marcia per un regime globale di sicurezza dell'approvvigionamento a livello di UE e garantire la corretta applicazione delle due direttive in materia di difesa.

2.10

La tabella di marcia di Bratislava (5) va nella giusta direzione, ma ricicla più che altro vecchi progetti nel settore della difesa. Manca, in particolare, di coerenza strategica e si concentra eccessivamente sulla sfida posta attualmente dalla crisi migratoria e dalla protezione delle frontiere esterne dell'UE. Gli spostamenti massicci di popolazione sono effettivamente connessi a problemi di sicurezza, ma una volta in moto non possono essere risolti con strumenti militari.

2.11

Una condizione indispensabile per sviluppare le capacità comuni è quella di creare e promuovere un mercato interno nel settore della difesa. Il CESE ritiene che non sia possibile rafforzare la base industriale europea senza affrontare anche la questione delle qualifiche. Le industrie nel settore della difesa operano costantemente in contesti di avanguardia tecnologica e hanno quindi bisogno di manodopera altamente qualificata. L'iniziativa sulle competenze promossa dalla Commissione, cui si fa riferimento nel piano d'azione in materia di difesa, affronta questo problema e viene quindi accolta con grande favore.

2.12

Maggiori investimenti e una maggiore cooperazione in questo settore industriale contribuiscono anche a salvaguardare i posti di lavoro e a creare occupazione. Tuttavia, la lotta contro la disoccupazione in Europa non può essere il fattore determinante per le decisioni in materia di investimenti nel settore della difesa e non deve essere combattuta attraverso gli armamenti. Il rafforzamento delle capacità europee di difesa dovrebbe essere guidato da considerazioni di natura esclusivamente strategica e da una valutazione approfondita di ciò che è necessario per proteggere l'Europa e per garantire la sua capacità di operare come alleanza. Tale rafforzamento non deve compromettere le finanze pubbliche, e l'UE dovrebbe continuare a portare avanti una diplomazia essenzialmente preventiva e multilaterale. Le capacità militari sono tuttavia fondamentali per l'attuazione delle priorità in materia di difesa e di sicurezza della strategia globale dell'UE.

2.13

Il CESE condivide l'idea che la ricerca nel settore della difesa possa avere anche un impatto positivo sullo sviluppo delle tecnologie civili e viceversa.

2.14

La distinzione rigorosa tra gli ambiti militari e quelli civili diventa sempre più difficile da operare nel contesto degli attacchi informatici, e anche in relazione alla sicurezza a livello interno ed esterno, che è diventata sempre più interconnessa.

2.15

Il CESE sottolinea che la ricerca, ad esempio nelle tecnologie di sicurezza informatica, può avere scopi sia civili che di difesa, e si potrebbero citare altri esempi. Pertanto, è evidente che tale innovazione e tale sviluppo possano e debbano essere finanziati anche dai programmi europei già esistenti, quali Orizzonte 2020. Tuttavia, la ricerca nel campo della difesa in senso stretto, intesa come tale, deve essere trattata in maniera distinta.

2.16

Il CESE è favorevole a rafforzare l'integrazione dell'industria della difesa e a creare un mercato comune della difesa in Europa. Questo obiettivo non dovrebbe essere perseguito soltanto dai principali paesi produttori. Nella realizzazione di progetti — anche di ricerca — nel settore della difesa bisognerebbe avvalersi delle capacità esistenti di quanti più Stati membri interessati, ove opportuno, allo scopo di promuovere l'impegno nella causa comune.

2.17

Il CESE respinge l'idea di aprire agli scopi di difesa i fondi esistenti che perseguono finalità economiche o sociali, e di far rientrare la spesa per la difesa nell'ambito del Patto di stabilità e crescita. Il CESE appoggia la creazione di un fondo europeo per la difesa che sia limitato alla ricerca e allo sviluppo in materia di difesa e all'acquisizione di capacità militari. Tale fondo dovrebbe però essere chiaramente distinto dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e non deve prevedere eccezioni, quali le «misure una tantum», di cui al Patto di stabilità e crescita.

2.18

Per quanto riguarda l'insieme degli aspetti di una futura unione della difesa, il CESE chiede il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo e un dialogo permanente tra i responsabili politici, le forze militari e la società civile. In quanto organo consultivo dell'UE e rappresentante di tutte le principali organizzazioni della società civile europea, il CESE dovrebbe svolgere un ruolo di partner di primo piano nel settore della politica di difesa.

3.   Osservazioni particolari

3.1   Istituzione di un fondo europeo per la difesa

3.1.1

Il CESE sostiene l'idea di istituire un fondo per la difesa articolato in una «sezione ricerca» e in una «sezione capacità», che dovranno ambedue essere pienamente operative a partire dal 2020.

3.1.2

Il CESE è favorevole a fonti di finanziamento distinte per ciascuna delle due sezioni. Tuttavia, la «sezione ricerca» per la difesa non dovrebbe essere finanziata a spese della ricerca in altri settori. Il CESE è favorevole all'idea che la «sezione capacità» sia finanziata esclusivamente attraverso contributi nazionali. Finché l'Unione non disporrà di entrate proprie variabili, l'acquisizione delle capacità militari delle forze armate continuerà a spettare agli Stati membri. Il bilancio dell'UE non dovrebbe quindi essere utilizzato nemmeno per tali acquisizioni nazionali attraverso la «sezione capacità» del previsto fondo per la difesa.

3.1.3

Il CESE accoglie con favore la prevista creazione di un consiglio di coordinamento. Tuttavia, la presa di decisioni in seno a tale consiglio dovrebbe spettare unicamente a rappresentanti politici. I rappresentanti delle strutture militari, dell'industria e della società civile possono partecipare a titolo consultivo. Anche il Parlamento europeo deve avere un seggio e voce in capitolo in seno a questo organo.

3.1.4

Il ruolo della Commissione nel cofinanziamento dei progetti dovrebbe essere limitato alla «sezione ricerca»; la Commissione dovrà inoltre elaborare a tal fine un programma europeo specifico e ben distinto di ricerca in materia di difesa per il periodo dopo il 2020 (6). Il CESE appoggia l'idea di assegnare l'esecuzione del programma all'Agenzia europea per la difesa.

3.1.5

Il CESE sostiene il ricorso ad appalti pre-commerciali per i contratti di cooperazione al fine di ridurre gli elevati rischi cui si espongono le imprese che investono in questo settore.

3.1.6

Bisognerebbe sfruttare le possibili sinergie tra la ricerca civile e quella nel settore della difesa, ma il sostegno alle attività di ricerca civile attraverso i fondi dell'UE (Orizzonte 2020) non dovrebbe essere orientato verso finalità militari a scapito degli altri settori.

3.1.7

Il CESE sostiene la messa in comune di fondi nazionali per l'acquisizione di nuove capacità di difesa. Sembra poco probabile che l'obiettivo congiunto di 5 miliardi di EUR all'anno per la «sezione capacità» possa essere sufficiente. Il Comitato ritiene che sarebbe utile realizzare degli studi preparatori per esaminare questo importo di riferimento, come previsto nel piano d'azione. Secondo il CESE, l'ammontare annuo del finanziamento comune deve essere orientato al conseguimento degli obiettivi di creare maggiori sinergie, di ridurre la pressione sul bilancio e di acquisire e rafforzare le capacità di difesa.

3.1.8

Il CESE sostiene il modo in cui la Commissione propone di articolare la «sezione capacità», vale a dire in una struttura di coordinamento per il quadro generale e in un secondo livello costituito da progetti specifici di cooperazione tra gli Stati membri partecipanti, con le relative norme sul finanziamento comune. È opportuno che i singoli progetti siano chiaramente definiti in termini di qualità e di quantità, e che siano finanziariamente indipendenti l'uno dall'altro.

3.1.9

Il Comitato approva lo sviluppo di una struttura dotata di capitale a titolo permanente per la «sezione capacità», la cui responsabilità deve spettare agli Stati membri in quanto partecipanti a tale capitale. Il CESE è contrario all'idea di introdurre una disposizione speciale che consenta di assegnare risorse di bilancio nazionali a tal fine nel quadro del Patto di stabilità e crescita.

3.1.10

Il CESE ricorda che, ai sensi dell'articolo 41 del TUE, le operazioni militari non possono essere finanziate attingendo dal bilancio dell'UE. Derogare a tale principio significherebbe anche venire meno al carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri (articolo 42, paragrafo 1, del TUE).

3.2   Stimolare gli investimenti nelle catene di approvvigionamento nel settore della difesa

3.2.1

Il CESE è pienamente favorevole a prestare particolare attenzione alle PMI anche nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo per scopi di difesa. Il FEIS, i Fondi strutturali e di investimento europei e il programma COSME non dovrebbero essere impiegati in via prioritaria per la spesa militare. Tuttavia, il regolamento sul FEIS, i Fondi strutturali e di investimento europei e il programma COSME, come anche gli investimenti della BEI non sono destinati a fini militari. Per di più, l'impiego di tali fondi per scopi militari rischierebbe di generare ulteriori duplicazioni e frammentazioni del mercato della difesa.

3.2.2

Poiché l'UE ha bisogno di una base industriale e tecnologica di difesa sana e sostenibile, la sfida consiste nel trovare un equilibrio nella disponibilità dell'UE a finanziare tale base senza una dipendenza indesiderata dalle esportazioni. Le esportazioni di armi dovrebbero essere limitate ai partner strategici e agli alleati, e non dovrebbero essere dettate da considerazioni di carattere economico che potrebbero contribuire ad alimentare i conflitti in altre parti del mondo. Al momento attuale alcuni alleati destano addirittura gravi preoccupazioni. Le esportazioni di armi devono quindi essere sottoposte a un attento controllo democratico.

3.2.3

Il Comitato sostiene la promozione di poli regionali di eccellenza, e ciò dovrebbe avvenire anche attraverso la «sezione ricerca» e il programma specifico dell'UE che sarà istituito a tal fine.

3.3   Espandere il mercato interno dei prodotti destinati alla difesa

3.3.1

Il CESE raccomanda di mettere a punto una politica industriale europea ben concepita per il settore della difesa, tenendo conto delle sue caratteristiche specifiche in termini di esigenze dei governi e di finanziamento pubblico. Il Comitato sostiene pertanto l'invito della Commissione ad applicare pienamente le direttive (7) sugli appalti pubblici e sui trasferimenti intra-UE di prodotti destinati alla difesa.

3.3.2

A norma dell'articolo 346 del TFUE, gli Stati membri possono escludere gli appalti in materia di difesa e sicurezza dalle relative disposizioni se lo ritengono necessario per tutelare gli interessi essenziali della loro sicurezza. Le due direttive 2009/81/CE e 2009/43/CE consentono ormai di ridurre tale esenzione allo stretto indispensabile. Il CESE condivide le critiche riguardo al fatto che una parte alquanto significativa di appalti nel settore della difesa è ancora aggiudicata senza che venga applicata la normativa UE in materia di appalti pubblici, e ritiene che in questo ambito si potrebbero realizzare risparmi che potrebbero essere investiti più efficacemente nel quadro del fondo per la difesa.

3.3.3

Il CESE è favorevole a semplificare il sistema di autorizzazioni per i trasferimenti di prodotti per la difesa all'interno del mercato unico mediante licenze generali di trasferimento. Il Comitato accoglie pertanto con favore le note orientative e le raccomandazioni annunciate dalla Commissione europea. Occorre però fare molto di più per garantire, in particolare, che la direttiva sui trasferimenti sia applicata al meglio.

3.3.4

Il CESE accoglie altresì con favore gli studi realizzati sulla sicurezza dell'approvvigionamento di materie prime nell'ambito della strategia per le materie prime e sulla sostituzione delle materie prime essenziali. Al tempo stesso, il Comitato deplora che la Commissione europea abbia rinunciato al suo mandato, del dicembre 2013, di mettere a punto una tabella di marcia per un regime globale di sicurezza dell'approvvigionamento a livello di UE, che potrebbe portare a un'attuazione politicamente ambiziosa della direttiva sui trasferimenti.

3.3.5

Il CESE condivide l'idea che uno degli obiettivi fondamentali del piano d'azione debba essere quello di un buon funzionamento del mercato interno dei prodotti destinati alla difesa. Un'unione di difesa non è pensabile senza un accesso transfrontaliero ai mercati e senza catene di approvvigionamento aperte. Ai bandi di gara devono poter accedere, in particolare, le piccole e medie imprese, le quali sono artefici di grandi innovazioni nel settore.

3.3.6

Il CESE appoggia la definizione di standard comuni e il raggiungimento della piena interoperabilità sia per le armi che per i prodotti a duplice uso, evitando però di creare duplicazioni rispetto alle norme già esistenti, in particolare quelle della NATO. Una tabella di marcia corrispondente era già stata prevista per il 2014 (8).

3.3.7

Il CESE appoggia lo sviluppo di servizi di comunicazione satellitare affidabili, sicuri e con un buon rapporto costi-benefici per le autorità nazionali e dell'UE, e sostiene gli investimenti nell'esplorazione spaziale.

3.3.8

Il CESE è consapevole della mancanza di chiarezza nel rapporto tra uso civile e uso militare del sistema Copernicus e anche del fatto che l'esercito sia un partner fondamentale dell'Agenzia spaziale europea (ESA), sia come co-sviluppatore che come utilizzatore. In questo ambito si potrebbero sviluppare sinergie utili. Il ricorso a Copernicus deve tuttavia essere valutato collegialmente da un punto di vista politico, scientifico e militare. L'impiego militare non deve gravare sulla politica spaziale dell'UE o incidere sugli usi civili del sistema.

3.3.9

Il CESE sostiene con decisione il potenziamento delle capacità nel campo della cibersicurezza e della ciberdifesa, come anche la cooperazione in campo civile/militare sulla base della strategia dell'UE per la cibersicurezza (9).

3.3.10

Il CESE è favorevole ad adottare approcci comuni volti a promuovere la sicurezza marittima sia in ambito civile che militare, e a ottimizzare le capacità interoperabili di sorveglianza marittima.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa (GU L 146 del 10.6.2009, pag. 1); Direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori e che modifica le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (GU L 216 del 20.8.2009, pag. 76).

(2)  Cfr. anche i pareri del CESE sul tema Industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali (GU C 299 del 4.10.2012, pag. 17) e sul tema Strategia globale per rafforzare il settore europeo della difesa (GU C 67 del 6.3.2014, pag. 125).

(3)  Cfr. il parere del CESE sul tema La nuova strategia dell'UE in materia di politica estera e di sicurezza (parere d'iniziativa), (GU C 264 del 20.7.2016 pag. 1).

(4)  Conclusioni del Consiglio sull'attuazione della strategia globale dell'UE nel settore della sicurezza e della difesa (14149/16), 14 novembre 2016.

(5)  Programma di lavoro presentato dal Consiglio europeo, dalla presidenza del Consiglio e dal presidente della Commissione, in occasione della riunione dei 27 capi di Stato o di governo svoltasi il 16 settembre 2016, http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2016/09/16-bratislava-declaration-and-roadmap/

(6)  Relazione del Parlamento europeo sull'Unione europea della difesa (2016/2052(INI)).

(7)  Cfr. nota 1.

(8)  Conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 (EUCO 217/13).

(9)  Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia dell'Unione europea per la cibersicurezza: un ciberspazio aperto e sicuro (JOIN(2013) 1 final); Conclusioni del Consiglio sulla comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza intitolata «Strategia dell'Unione europea per la cibersicurezza: un ciberspazio aperto e sicuro» (11357/13).


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un piano pluriennale per gli stock di piccoli pelagici nel Mare Adriatico e per le attività di pesca che sfruttano tali stock»

[COM(2017) 97 final — 2017/0043 (COD)]

(2017/C 288/09)

Relatore:

Emilio FATOVIC

Consultazione

Parlamento europeo, 01/03/2017

Consiglio, 04/04/2017

Base giuridica

Art. 43, par. 2, 114, par. 1, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Decisione dell'Assemblea plenaria

24/01/2017

 

 

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

17/05/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

187/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE condivide la necessità evidenziata dalla CGPM-FAO (1) di intervenire per tutelare gli stock dei piccoli pelagici in sofferenza a causa del sovrasfruttamento e condivide l'obiettivo generale di implementare quanto prima un sistema di pesca sostenibile e raggiungere il Massimo Rendimento Sostenibile (2) in coerenza con la politica comune della pesca (3) (PCP).

1.2

Il Comitato sostiene la scelta della Commissione di ricorrere allo strumento legislativo del regolamento per istituire un piano pluriennale per la tutela degli stock dei piccoli pelagici al fine di uniformare le norme vigenti e rafforzare i processi di governance.

1.3

Il CESE, pur condividendo gli obiettivi di tutela ambientale e di biodiversità, ritiene che la proposta della Commissione risulti incompleta e contraddittoria sotto numerosi aspetti. Tali problematiche sono la naturale conseguenza di una serie di contraddizioni della PCP già evidenziate dal Comitato nei suoi precedenti pareri (4). In particolare, il CESE esprime forte preoccupazione sulla possibilità che la proposta in oggetto, se non adeguatamente integrata e rimodulata, possa sia mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi ambientali, sia arrecare seri danni alle imprese e ai lavoratori del settore (5).

1.4

Il Comitato ritiene che il modello di gestione proposto dalla Commissione, basato sulla fissazione di possibilità annuali di pesca da parte del Consiglio, non sia adattabile alle caratteristiche biologiche dei piccoli pelagici dell'Adriatico e alla multispecificità ittica (6) ivi presente, alle tecniche di pesca, alle tipologie d'imbarcazioni ed equipaggi (piccola pesca artigianale) (7) nonché al numero e dimensione dei porti. Per tutto quanto detto il Comitato ritiene che la proposta del MEDAC (8) di un rafforzamento delle misure di sforzo di pesca secondo un approccio a «semaforo» sia più idonea nel merito e nel metodo, in quanto frutto di ampia condivisione da parte di tutta la società civile organizzata.

1.5

Il CESE nota con sorpresa che la proposta della Commissione non si basa su un'approfondita valutazione d'impatto economico e sociale (9). Tale mancanza è aggravata dal fatto che il settore della pesca in tutto il Mediterraneo è in crisi da oltre venti anni (10) e nuove norme drastiche e non adeguatamente ponderate rischiano di assestare un colpo definitivo al settore. Inoltre il CESE riscontra la totale mancanza di misure volte ad accompagnare finanziariamente e/o riconvertire le imprese e i lavoratori a fronte della proposta di ridurre le catture delle sardine e alici sebbene queste rappresentino una risorsa fondamentale per l'economia delle piccole comunità locali (molte insulari) e dell'indotto (11).

1.6

Il Comitato, di conseguenza, auspica il pronto coinvolgimento della DG Occupazione e l'attivazione dei processi di dialogo sociale settoriale attraverso la consultazione del Comitato di Dialogo Sociale per la Pesca Marittima (EUSSDC) al fine di individuare le misure più idonee per compensarne gli impatti economici e sociali. A tal proposito il CESE ritiene che il FEAMP sia lo strumento finanziario più adeguato a sostenere imprese e lavoratori nella transizione verso una pesca sostenibile. Il Comitato ritiene altresì che la riconversione d'imprese nella pesca-turismo (Blue Economy  (12)) o nell'acquacoltura (13) possa sicuramente rappresentare un'alternativa valida, ma ciò non può in alcun modo sostituire il principio che la pesca tradizionale, in primis per le caratteristiche biologiche dei pesci (si pensi al loro bisogno di spazi), non può essere né ridimensionata né eliminata.

1.7

Il Comitato, date le rilevanti ricadute ambientali, economiche e occupazionali del provvedimento, ritiene che il nuovo piano di gestione della pesca non possa essere stabilito con atti delegati, e chiede che questo sia immediatamente esplicitato dalla Commissione in modo chiaro e trasparente nell'interesse di tutti i soggetti coinvolti (14).

1.8

Il Comitato ribadisce che ogni misura di tutela ambientale rischia di risultare vana se non si affrontano a monte i problemi della concorrenza sleale e della pesca illegale, rafforzando i controlli, inasprendo le pene e imponendo un sistema di tracciabilità integrale «dall'acqua alla tavola (15)» con esaustivi controlli igienico-sanitari sia alla frontiera sia all'origine. Il Comitato, in particolare, ritiene fondamentale rilanciare la collaborazione tra tutti i Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, sulla base del programma e degli obiettivi fissati nella Dichiarazione ministeriale sottoscritta a Malta il 30 marzo 2017 (16).

1.9

Il Comitato ritiene che l'obiettivo MSY debba essere raggiunto in tempi ragionevoli. La scadenza del 31 dicembre 2020 non sembra praticabile. Tale proposta è fondata sulla consapevolezza dei naturali tempi di ripopolamento degli stock dei piccoli pelagici nonché di adeguamento di autorità di controllo, imprese e lavoratori alle nuove normative (soprattutto nel caso in cui queste fossero drasticamente modificate con il passaggio dallo sforzo alle quote). Inoltre, il CESE ritiene che l'eventuale ricorso alle clausole di salvaguardia non sia un'opzione valida per l'impatto eccessivo che avrebbero in termini sociali ed economici.

1.10

Il Comitato invita la Commissione a definire meglio gli aspetti operativi della regionalizzazione legando dall'inizio gli obiettivi di sostenibilità delle risorse alieutiche agli effettivi livelli di costo sostenuti dalle imprese al fine di garantirne la sopravvivenza.

1.11

Il CESE, nell'interesse dei consumatori europei, richiede d'effettuare quanto prima una dettagliata valutazione di impatto sull'evoluzione dei prezzi delle specie soggette a tutela, sia sul pesce destinato alla vendita diretta, sia su quello destinato alla trasformazione. Inoltre il Comitato invita la Commissione a individuare sistemi di certificazione di qualità di «pesca sostenibile», al fine di rafforzare la consapevolezza dei consumatori e creare valore aggiunto per le imprese (17).

2.   Introduzione

2.1

Il Mare Adriatico (18) è una sotto-regione del Mediterraneo estremamente pescosa e le piccole specie pelagiche (19), principalmente acciughe e sardine (20), sono tra quelle più redditizie. Secondo i recenti dati del CGPM-FAO (21) e del CSTEP (22), gli stock di acciughe e sardine sono in sofferenza a causa del sovrasfruttamento e necessitano di maggiore tutela.

2.2

La maggior parte delle catture sono realizzate da Italia e Croazia nella parte settentrionale del Mare Adriatico. La Slovenia partecipa a questa attività in modo residuale (meno dell'1 %) così come l'Albania, la Bosnia-Erzegovina e il Montenegro, che rappresentano una quota parimenti esigua di catture (circa 1 %) (23).

2.3

Il quadro di gestione vigente si basa sulla limitazione dello sforzo di pesca (24), a cui si affiancano misure aggiuntive quali divieti spazio-temporali e taglie minime di sbarco. Tali misure, tuttavia, non sono state attuate in modo coordinato, continuato e uniforme dagli Stati (in modo particolare i periodi di fermo biologico della pesca (25)), generando confusione tra gli operatori e impedendo il ripopolamento degli stock.

2.4

Il MEDAC, in linea con il suo mandato, ha elaborato un parere sui piccoli pelagici nell'Adriatico comprensivo di proposte operative frutto della concertazione durata due anni tra tutti gli stakeholder interessati (imprenditori, lavoratori, cooperative, ambientalisti, consumatori) pubblicato lo scorso 11 marzo 2016 (26).

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

La Commissione europea, al fine di tutelare gli stock dei piccoli pelagici del Mare Adriatico, in modo particolare sardine e acciughe, ha elaborato un regolamento volto a istituire un piano pluriennale con il quale affrontare detta emergenza ambientale. L'obiettivo finale è il raggiungimento del Rendimento Massimo Sostenibile (27) (MSY) entro il 2020, così come previsto dalla politica comune della pesca (PCP). Il piano pluriennale, nel suo complesso, dovrebbe essere valutato ogni cinque anni.

3.2

La proposta di regolamento, in discontinuità con tutte le misure di gestione finora applicate nella zona, stabilisce un sistema unico di governance, limitando le deroghe nazionali (in particolare i tempi di fermo biologico e le modalità di controllo) e, soprattutto, prevede che il sistema di gestione si basi sulla limitazione delle catture (28) (TAC) e non più sulla riduzione dello sforzo di pesca.

3.3

Tale proposta, che s'ispira nel modello e nei contenuti al piano pluriennale per taluni stock ittici nel Mar Baltico (29), trova il suo fondamento nel parere del CSTEP ed è, al contempo, in netta contrapposizione a quella avanzata dal MEDAC basata su una più stringente rimodulazione dello sforzo di pesca (sistema a semaforo (30)).

3.4

La Commissione, in particolare, propone la fissazione di valori di riferimento per la conservazione, espressi in tonnellate di biomassa dello stock riproduttore, ed intervalli di valori di mortalità di pesca. Quando i pareri scientifici indicano che uno stock è sotto il valore di riferimento, le catture dovranno essere ridotte. In merito all'effettiva articolazione del nuovo sistema di gestione, la Commissione rimanda tutto agli atti delegati.

3.5

La proposta prevede una cooperazione regionale tra Stati membri, ai fini dell'adozione di misure specifiche di conservazione. Attraverso la «regionalizzazione» possono essere modificate anche determinate misure tecniche (es: dimensione maglie delle reti e caratteristiche degli attrezzi).

3.6

La proposta, inoltre, prevede che le autorità competenti siano in grado di identificare, localizzare e controllare sistematicamente le attività e le catture di tutti i pescherecci di dimensioni uguali o superiori a otto metri, attraverso idonea strumentazione digitale (es. diario di pesca elettronico). Tutti i porti, inoltre, dovranno altresì dotarsi di strumentazioni digitali atte a verificare le catture di ciascuna imbarcazione una volta scaricata. A tal fine ogni barca dovrà annunciare il proprio arrivo in porto alle autorità competenti con almeno quattro ore di anticipo.

4.   Considerazioni generali

4.1

Il CESE, prendendo atto degli studi scientifici pubblicati in materia, concorda sulla necessità di intervenire per proteggere gli stock dei piccoli pelagici dell'Adriatico che attualmente sono in sofferenza.

4.2

Il Comitato condivide altresì la necessità di ricorrere allo strumento legislativo del regolamento per rafforzare la governance e rendere uniche e vincolanti per tutti i Paesi e gli stakeholder coinvolti le norme, al fine di ovviare ai problemi d'impatto ambientale della pesca dovuti principalmente ad un'applicazione disomogenea e non coordinata delle misure di gestione attuali.

4.3

Il CESE, in linea con la PCP e con i suoi precedenti pareri, sostiene che è prioritario raggiungere il livello di Rendimento Massimo Sostenibile (MSY) al fine di tutelare congiuntamente le esigenze ambientali, alimentari, economiche e produttive (31).

4.4

Il CESE, tuttavia, ritiene che la proposta della Commissione risulti incompleta e contraddittoria in molti passaggi chiave, e teme che tali mancanze possano sia compromettere il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, sia danneggiare oltremodo lavoratori, imprese e comunità locali.

5.   Osservazioni

5.1   Necessità di un'adeguata valutazione di impatto economico e sociale e di misure che compensino gli effetti del piano pluriennale su imprese e occupazione

5.1.1

La proposta, in contrasto con gli auspici del CGPM-FAO e del MEDAC, manca di un'approfondita valutazione d'impatto socio-economico (32). Quest'aspetto riveste un ruolo chiave dato che il settore della pesca nel Mediterraneo è in gravissima crisi da diversi anni (33) e che una riforma scarsamente ponderata potrebbe avere effetti nefasti su imprese e lavoratori.

5.1.2

Si segnala, inoltre, che la Commissione ha licenziato la sua proposta senza attendere gli esiti del gruppo di lavoro della CGPM-FAO, istituito ai sensi della Raccomandazione 40/2016/3 paragrafo 14, incaricato di valutare l'impatto di una serie di misure che includono sia i limiti di cattura sia il regime dello sforzo per la gestione sostenibile della pesca di piccoli pelagici nell'Adriatico.

5.1.3

Il CESE, inoltre, considera che le misure proposte non possano essere a «costo zero» a fronte di una riduzione del 30 % delle catture, una riduzione delle entrate del 25 % per le imprese e la perdita del 10 % dei posti di lavoro. A parte il suddetto problema metodologico sull'ottenimento dei dati, la Commissione non stabilisce alcuna misura per attutire gli effetti del regolamento, scaricando il costo economico e sociale del piano pluriennale esclusivamente sugli Stati membri.

5.1.4

Il CESE segnala che la Commissione non ha valutato compiutamente l'impatto sull'indotto, sulle comunità locali tradizionalmente dedite alla pesca (molte di esse insulari), sul probabile aumento dei prezzi e sulla dubbia qualità e sostenibilità dei prodotti importata necessariamente dai paesi terzi (Nord Africa in primis) per compensare la domanda interna.

5.1.5

Il regolamento non prevede alcun meccanismo di sostegno finanziario alle imprese o per loro riconversione (es. acquacoltura), così come nessuna misura di integrazione salariale, attività formativa e/o ricollocamento è prevista per i lavoratori (pescatori o lavoratori dell'indotto) che perderanno il lavoro.

5.2   Peculiarità biologiche dell'Adriatico

5.2.1

Il CESE ritiene che il modello di successo del piano pluriennale per taluni stock di pesci nel Mar Baltico si mal adatti all'Adriatico. Come evidenziato dal CGPM-FAO, il Baltico è un mare monospecifico, nel quale è semplice condurre pesca mirata poiché convivono pochi tipi di pesce e nel quale, di conseguenza, è più semplice stabilire dei limiti alle catture. Invece l'Adriatico, come tutto il Mediterraneo, è un mare multispecifico nel quale si trovano a convivere in una stessa area tante specie di pesci (34). L'unico precedente nel Mediterraneo di limite alle catture è riferibile al tonno rosso, proposta sostenuta nel principio dal CESE (35), poiché interveniva su una specie le cui caratteristiche (dimensioni in primis) e tecniche di pesca la rendono estremamente diversa dai piccoli pelagici.

5.2.2

Il CESE, inoltre, nota che tradizionalmente la pesca nell'Adriatico viene realizzata secondo modalità profondamente diverse rispetto a quelle del Baltico. Le imprese dell'Adriatico sono a carattere familiare e utilizzano piccole imbarcazioni (8-12 metri). Gli armatori sono spesso pescatori anch'essi e l'equipaggio medio è circa 3 persone. Il pesce, quindi, viene scaricato in tanti piccoli porti di ridotte dimensioni, ma rappresenta da secoli un importante fattore economico per le comunità (spesso isolane) coinvolte.

5.3   Sistema di gestione e atti delegati

5.3.1

Il nuovo sistema di gestione fondato sulle catture non trova alcun chiaro e specifico approfondimento nel corpo della proposta, limitandosi a proporre una cornice legislativa che sarà successivamente completata attraverso atti delegati. Trattandosi di un tema estremamente delicato a causa delle componenti ambientali, economiche, occupazionali interessate, questo rappresenterebbe un grande limite per le imprese per pianificare la loro attività di pesca da cui dipende la loro stessa sopravvivenza.

5.4   Esigenza di tempistiche commisurate all'obiettivo del Massimo Rendimento Sostenibile (MSY)

5.4.1

Il regolamento in vigore per il Mar Baltico, approvato nel 2016, ha concesso cinque anni di tempo (fino al 2020) alle imprese ma anche agli stock ittici, per raggiungere livelli di pesca sostenibili, in coincidenza con la scadenza della PCP. Per l'Adriatico, invece, la Commissione prevede l'imposizione di una tabella di marcia molto più stringente, meno di due anni (2019-2020), con il solo fine di rispettare la scadenza dalla PCP, senza considerare i naturali tempi biologici di riproduzione dei piccoli pelagici (variabili per numerosi fattori), così come i tempi necessari alle imprese e alle autorità locali per adeguarsi a misure di gestione più restrittive e completamente diverse da quelle attuate negli ultimi 30 anni, con il concreto rischio di non raggiungere l'obiettivo ambientale prefissato e distruggere un settore (nonché il suo indotto) da cui dipendono centinaia di comunità costiere.

5.5   Concorrenza sleale da paesi terzi e pesca illegale

5.5.1

Il settore della pesca del Mediterraneo, incluso l'Adriatico, è in grave crisi da oltre venti anni per una serie di ragioni, tra cui la concorrenza sleale proveniente da paesi terzi (in primis dal Nord Africa ove si pesca e si vende senza alcun controllo) e la pesca illegale (che spesso nasconde anche situazioni di lavoro illegale). Ad oggi la gran parte delle imprese legali sono già al limite della sopravvivenza (36) e i forti vincoli personali o familiari che legano armatore e ridotto equipaggio hanno impedito il crollo definitivo del settore.

5.5.2

Di conseguenza, il CESE ritiene che il passaggio da un sistema basato sullo sforzo a uno basato sulle catture (ridotte del 30 %), senza adeguati provvedimenti per contrastare le pratiche sleali o illegali, provocherebbero esclusivamente l'immediata chiusura di un elevatissimo numero di aziende che operano nella legalità e la perdita di posti di lavoro senza necessariamente risolvere le problematiche ambientali.

5.6   Regionalizzazione

5.6.1

La proposta non stabilisce in dettaglio le modalità di «prelievo». Tale lacuna potrebbe generare un serio problema di concorrenza tra Stati dovuto all'esistenza di costi diversi per le imprese tra un Paese e l'altro, legati a vari fattori quali: retribuzione, oneri sociali e assicurativi, mercati.

5.6.2

In particolare il CESE nota che qualora si definisse la regionalizzazione solo in termini di tutela della risorsa ittica, l'UE si troverebbe a gestire nuovi e forti conflitti dove gli utili delle società varierebbero in funzione del costo aziendale anziché del prodotto pescato.

5.7   Dotazione tecnologica e controlli

5.7.1

Il CESE concorda con la necessità di rendere più efficienti i controlli avvalendosi delle tecnologie digitali, tuttavia segnala che, a differenza del Baltico, le coste dell'Adriatico sono caratterizzate da tanti piccoli porti (FAO-ADRIAMED censisce 238 porti utilizzati per la pesca tra Italia, Slovenia e Croazia (37)) e tante piccole imbarcazioni. Per questo motivo le autorità competenti e le imprese (già in crisi) avranno bisogno di tempo e risorse per adeguarsi al nuovo piano legislativo.

5.7.2

Inoltre, il CESE, a differenza di quanto ipotizzato dalla Commissione, ritiene che effettuare una selezione tra i porti ove scaricare il pesce (escludendo quelli più piccoli), rappresenterebbe un grave danno per le comunità locali. Per il Comitato, inoltre, andrebbe approfondito l'impatto economico di questa misura sulle imbarcazioni di dimensioni più ridotte, dato che secondo il regolamento dovrebbe applicarsi a barche uguali o superiori a 8 metri.

5.8   Certificazione qualità

5.8.1

La proposta non prevede meccanismi di certificazione di qualità/etichettatura per sostenere il settore produttivo interessato dalla riforma. Questo elemento sarebbe molto apprezzato dai consumatori alla costante ricerca di prodotti salubri, di qualità e sostenibili. Tali misure sarebbero altresì funzionali al contrasto nei confronti di pratiche illegali e concorrenza sleale.

5.9   Variazione dei prezzi

5.9.1

La proposta della Commissione non tiene in adeguata considerazione l'adozione di misure volte a contrastare il naturale aumento dei prezzi dei piccoli pelagici per effetto della riduzione delle catture, che, oltretutto, comporterà che questi vengano acquistati da Paesi terzi, privi di adeguati controlli e garanzie in primis di tipo ambientale.

5.10   Coinvolgimento società civile organizzata

5.10.1

Il CESE riscontra con sorpresa che il parere fornito dal MEDAC frutto della sintesi di tutti gli stakeholder interessati (imprenditori, lavoratori, cooperative, ambientalisti, consumatori) pubblicato lo scorso 11 marzo 2016 (38) e frutto di un lavoro durato oltre due anni, non è stato preso in adeguata considerazione, al punto che la proposta della Commissione appare completamente in contrasto ed in alcuni aspetti antitetica.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo.

(2)  Il Rendimento Massimo Sostenibile (Maximum, Sustainable Yield, MSY) indica la quantità massima di pesce che si può catturare in un periodo indefinito di tempo senza danneggiare lo stock. Tale principio rappresenta uno dei cardini della Politica Comune della Pesca (PCP).

(3)  Regolamento (UE) n. 1380/2013.

(4)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183).

(5)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura) (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183). Punto 1.17 «Il CESE constata con rammarico che la dimensione sociale, considerata in tutte le fasi del settore della pesca e dell'acquacoltura (produzione, trasformazione e commercializzazione) non è presente nella proposta con misure concrete per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e ritiene che si dovrebbe incentivare la partecipazione delle parti sociali al livello appropriato».

(6)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183). Punto: 1.6 «Il CESE è favorevole alla proposta di stabilire piani pluriennali atti a riportare e mantenere, nei limiti del possibile, tutti gli stock ittici al di sopra di livelli in grado di produrre il MSY. Tale pur lodevole obiettivo è di difficile applicazione per le attività di pesca multispecifica, ragion per cui il CESE chiede alla Commissione soluzioni pratiche onde risolvere i problemi che possono incontrare dette attività di pesca».

(7)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183). Punto: 1.19 «Il CESE ritiene che una definizione della pesca artigianale esclusivamente basata sul criterio della lunghezza delle imbarcazioni sia troppo semplicistica e, di fatto, assimili una parte consistente della flotta artigianale alla pesca industriale».

(8)  Il MEDAC è l'organo consultivo che riunisce le organizzazioni delle società civili europee e nazionali rappresentanti il settore operanti nell'area del Mediterraneo. Il ruolo del MEDAC è quello di predisporre pareri sulla gestione della pesca e sugli aspetti socioeconomici relativi alla conservazione della pesca nel Mediterraneo, indirizzati agli Stati Membri e alle istituzioni europee, per contribuire alla realizzazione degli obiettivi della PCP, fornendo soluzioni tecniche e suggerimenti su richiesta degli Stati membri.

(9)  Parere CESE, Riforma della politica comune della pesca (Libro verde) (GU C 18 del 19.1.2011, pag. 53), Punto 3.1.2.2 «Il costante miglioramento dello stato delle risorse e la loro stabilizzazione su livelli sostenibili di sfruttamento devono essere accompagnati da studi socioeconomici di impatto, al fine di promuovere misure di sostegno finanziario del settore che a loro volta devono essere destinate all'occupazione e agli investimenti delle imprese in innovazione e sviluppo, nonché alla formazione professionale. È inoltre necessario garantire ai pescatori dei redditi dignitosi durante il periodo di ricostituzione delle riserve».

(10)  Secondo il CSTEP (2016), nel Mediterraneo nel periodo 2008-2014 si sono persi oltre 10 000 posti di lavoro, con una riduzione delle imbarcazioni del 14 % e un calo degli occupati dell'8 %. Se poi si considera nel dettaglio la «piccola pesca» (imbarcazioni inferiori a 12 metri), che rappresenta oltre il 50 % del settore, il calo delle imbarcazioni è stato del 16 % mentre gli occupati sono crollati del 13 %. Bisogna altresì pensare che nei Paesi direttamente interessati il piano, se non adeguatamente ponderato, potrebbe avere un impatto devastante, basti pensare che in Croazia i piccoli pelagici rappresentano il 90 % del pescato. Inoltre in Italia, nel periodo 2004-2015, la capacità della flotta peschereccia si è ridotta del 17 % in termini di numero di battelli, e si sono persi posti di lavoro con punte superiori al 20 %.

(11)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183). Punto 3.3.6. «Il Comitato ritiene che l'applicazione delle misure atte a mantenere o riportare gli stock ittici al di sopra di livelli che consentano di produrre il rendimento massimo sostenibile si ripercuoterà sulla capacità di pesca delle flotte degli Stati membri (…). Pertanto la Commissione dovrà prevedere misure per offrire alternative socio-occupazionali per il settore della pesca che prevengano l'attuale perdita di posti di lavoro dovuta al cattivo stato degli stock».

(12)  Parere CESE, Strategia dell'UE per la regione adriatica e ionica (GU C 458 del 19.12.2014, pag. 27), Punti 3.3; 3.4; 3.5.

(13)  Parere CESE, Rimuovere gli ostacoli a un'acquacoltura sostenibile in Europa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 73).

Parere CESE, Innovazione nell'Economia Blu (GU C 12 del 15.1.2015, pag. 93), Punto: 1.7.

(14)  Parere CESE, Atti delegati (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 145), Punto 1.8.

(15)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183). Punto: 1.21.

(16)  IP/17/770, Tutela degli stock ittici del Mediterraneo: la Commissione europea cementa un impegno per i prossimi dieci anni.

(17)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183). Punto 4.5.

(18)  Il Mare Adriatico corrisponde alle Sottozone geografiche 17 e 18 della CGPM.

(19)  Trattasi di specie di piccole dimensioni che nuotano in prossimità della superficie (es. sgombro, aringa, sugarello, melù, pesce tamburo, acciuga, argentina, sardina, spratto…).

(20)  In Croazia la pesca dei piccoli pelagici corrisponde al 90 % delle catture totali.

(21)  La Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo è stata istituita nel 1949 in seno alla FAO. Compito fondamentale del CGPM è la promozione dello sviluppo, della conservazione e della corretta gestione delle risorse biologiche marine.

(22)  Il Comitato Scientifico Tecnico ed Economico per la Pesca è stato istituito nel 1993 è un organo consultivo che risponde direttamente alla Commissione Europea. È formato da un pool di esperti chiamati a dare pareri alla Commissione sulla gestione della pesca.

(23)  CGPM, The State of Mediterranean and Black Sea Fisheries, 2016, pag. 25.

(24)  La gestione dello sforzo di pesca unisce le restrizioni riguardanti la capacità della flotta alla quantità di tempo che quest'ultima può trascorrere in mare.

(25)  Il fermo biologico è un periodo di tempo nel quale è proibita la pesca in determinate aree. È uno strumento in vigore da ormai 30 anni nell'UE e finalizzato a tutelare il patrimonio ittico dei mari, favorendo la riproduzione naturale delle specie più pescate. Bloccare la pesca per un certo numero di giorni consecutivi, infatti, significa dare tempo ai pesci di portare a termine il loro ciclo riproduttivo senza pericoli, salvaguardando gli stock ittici.

(26)  MEDAC, Medac advice on LTMP for small pelagics in GSA 17 (Northern Adriatic), Prot. 94/2016, marzo 2016.

(27)  Il Rendimento Massimo Sostenibile (Maximum, Sustainable Yield, MSY) indica la quantità massima di pesce che si può catturare in un periodo indefinito di tempo senza danneggiare lo stock.

(28)  I totali ammissibili di catture o TAC sono limiti alla pesca di determinati stock ittici, espressi in tonnellate. La Commissione stabilisce tali limiti basandosi sui pareri scientifici sullo stato degli stock forniti da organismi di consulenza come il CIEM e il CSTEP.

(29)  Tra questi merluzzo bianco, aringa, spratto, salmone.

(30)  MEDAC, Medac advice on LTMP for small pelagics in GSA 17 (Northern Adriatic), Prot. 94/2016, marzo 2016, pagg. 7-8.

(31)  Parere CESE, Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 183).

(32)  SWD(2017) 63 final.

(33)  Ministero delle Politiche Agricole e Forestali Italiano, Piano Nazionale Pesca 2017-2019. Nel periodo 2004-2015, la capacità della flotta peschereccia italiana si è ridotta del 17 % in termini di numero di battelli, del 26 % in termini di tonnellaggio e del 21 % in termini di potenza motore (kW). Il ridimensionamento della capacità di pesca è stato particolarmente consistente tra il 2010 e il 2012, in parte per la crisi economica in parte per la fuoriuscita spontanea di numerosi pescherecci, incentivata dalla misura di arresto definitivo prevista dal FEP.

(34)  CGPM, The State of Mediterranean and Black Sea Fisheries, 2016, pag. 26.

(35)  Parere CESE, Piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo (GU C 24 del 28.1.2012, pag. 116), Punto 1.1 «Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione europea e riconosce gli sforzi condotti sia dagli Stati membri che dai pescatori per realizzare l'ambizioso piano di ricostituzione del tonno rosso. Elaborato dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonni di dell'Atlantico (ICCAT), tale piano si sta dimostrando valido, ma comporta importanti conseguenze socioeconomiche, di cui occorrerebbe tenere conto».

(36)  Il reddito medio per pescatore 18-20 mila € anno, mentre nel Baltico e Mare del Nord sono tra 60-80 mila € anno.

(37)  In particolare è censito per ciascun Paese il seguente numero porti: Croazia 147; Italia 89; Slovenia 3 (www.faoadriamed.org).

(38)  MEDAC, Medac advice on LTMP for small pelagics in GSA 17 (Northern Adriatic), Prot. 94/2016, marzo 2016.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE al fine di mantenere gli attuali limiti dell'ambito di applicazione relativo alle attività di trasporto aereo e introdurre alcune disposizioni in vista dell'attuazione di una misura mondiale basata sul mercato a partire dal 2021»

[COM(2017) 54 final — 2017/0017 (COD)]

(2017/C 288/10)

Relatore:

Thomas KROPP

Consultazione

Consiglio, 21/02/2017

Parlamento, 13/02/2017

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Decisione dell'Ufficio di presidenza

21/02/2017

 

 

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

17/05/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

192/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Anche se le modifiche proposte dalla Commissione avranno l'effetto di mantenere un quadro normativo specifico solo per le compagnie aeree che effettuano voli all'interno dello Spazio economico europeo (SEE) oltre il 2017, esse aprono la strada al sostegno e all'attuazione, sotto la guida dell'UE, del sistema mondiale non distorsivo di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio del trasporto aereo internazionale (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation, CORSIA) (1) a partire dal 2020.

1.2

Il Comitato sostiene la proposta della Commissione, ma esprime alcune riserve. Se venisse adottata, le ambizioni del sistema ETS dell'UE in materia ambientale si situerebbero a un livello più modesto rispetto all'ambito di applicazione completo dell'ETS dell'UE, e un tale sistema potrebbe, in una certa misura, compromettere gli obiettivi interni dell'UE a favore del clima e gli impegni assunti dalla stessa Unione a livello internazionale; allo stesso tempo, tuttavia, l'UE fornirebbe una prova credibile del proprio sostegno alla misura mondiale in modo tale da consentire un impatto globale degli sforzi di mitigazione.

1.3

Un ampliamento della portata dell'attuale ETS dell'UE per il trasporto aereo allo scopo di contemplare tutti i voli in arrivo nel SEE e in partenza dallo stesso comporterebbe il rischio di dispute commerciali internazionali riguardo alla validità di un'applicazione extraterritoriale unilaterale degli obiettivi dell'Unione e rallenterebbe il processo di creazione del consenso teso a garantire un'attuazione uniforme di un sistema concordato a livello multilaterale.

1.4

L'azione dell'UE è necessaria a evitare distorsioni della concorrenza nel settore del trasporto aereo all'interno del mercato unico in fase di attuazione della misura mondiale basata sul mercato nell'Unione europea, garantendo, al tempo stesso, che l'integrità ambientale del CORSIA sia la più elevata possibile sulla base dell'esperienza acquisita con il sistema ETS. Il dibattito politico sulla funzionalità di un progresso isolato e specifico dell'UE deve tenere conto dello sviluppo del CORSIA e del fatto che esso raggiunga o meno i suoi obiettivi finali.

1.5

È necessario procedere con urgenza nel processo legislativo. Occorre che le proposte vengano adottate entro la fine del 2017, in modo da poter attuare le misure preparatorie necessarie per l'attuazione del CORSIA a partire dall'inizio del 2018. Le normative specifiche dell'UE dovrebbero essere esaminate e modificate solo al fine di promuovere misure mondiali basate sul mercato. Il Comitato esorta il Consiglio e il Parlamento europeo a conservare lo slancio verso un'attuazione tempestiva del CORSIA in maniera uniforme e non distorsiva.

1.6

Il Comitato è favorevole all'approccio equilibrato sostenuto dalla Commissione, che preserva i progressi ottenuti da quest'ultima con l'ETS dell'UE, ma affronta una questione mondiale da una prospettiva anch'essa mondiale, riducendo così il costante rischio di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 e gli svantaggi per l'Europa in termini di competitività. Si invita la Commissione a informare i consumatori del fatto che le emissioni derivanti dal trasporto aereo internazionale sono un problema mondiale. Il sistema CORSIA, se gestito in modo appropriato da tutti gli Stati membri dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO), comporterà una crescita neutra in termini di emissioni di carbonio in grado di disaccoppiare la crescita del traffico dalla crescita delle emissioni, indipendentemente dal luogo in cui si svolge il trasporto aereo.

1.7

Il Comitato ha deciso di organizzare un convegno pubblico con la partecipazione di tutte le parti interessate per dar loro la possibilità di esprimere il punto di vista della società civile organizzata sulle conseguenze politiche, sociali, economiche e ambientali di quest'iniziativa normativa.

2.   Contesto generale

2.1

Il sistema di scambio di quote di emissione (ETS) dell'UE è stato introdotto nel 2005 e ha fissato un tetto per le emissioni dei settori industriali all'interno del SEE. Il tetto consiste in quote che, complessivamente, equivalgono alla quantità di tonnellate di CO2 che può essere emessa sotto tale tetto. Ogni anno il tetto generale viene ridotto dell'1,74 %, favorendo così le imprese che necessitano di un numero inferiore di quote e obbligando quelle inquinanti ad acquistarne di più. Il sistema richiede che i governi determinino come conseguire gli obiettivi generali di riduzione delle emissioni, diminuendo così le emissioni di CO2 complessive dell'UE.

2.2

Nel 2008 l'Unione ha deciso di includere il trasporto aereo in quanto settore nel proprio ETS a partire dal 2012. Per la prima volta, è stato dato a un settore, piuttosto che agli Stati membri, il compito di conformarsi agli obiettivi di riduzione delle emissioni. Per le emissioni del trasporto aereo è stato fissato, in via provvisoria, un tetto inferiore al loro livello medio tra il 2004 e il 2006. Il tetto relativo alle autorizzazioni per il trasporto aereo era distinto da quello sulle emissioni complessive stabilito dall'ETS dell'UE. In base all'ETS per il trasporto aereo, a partire dal 2012 gli operatori aerei erano tenuti a presentare quote di emissione per ogni tonnellata di CO2 emessa per voli da e verso un aeroporto situato all'interno del SEE. Per far fronte all'incremento del traffico e quindi alla necessità di una crescita del settore del trasporto aereo, alle compagnie aeree è stato concesso il diritto di acquistare ulteriori forniture di quote per mezzo di aste in cui altri settori rendevano disponibili autorizzazioni. Il tetto per le quote del trasporto aereo è stato ridotto dal 97 % delle emissioni storiche (tra il 2004 e il 2006) nel 2012 al 95 % di tale base nella fase compresa tra il 2013 e il 2020. Durante questo arco di tempo, l'82 % delle quote è assegnato gratuitamente agli operatori aerei e il 15 % è messo all'asta.

2.3

L'inclusione del trasporto aereo in un sistema per lo scambio di quote di emissione è stato oggetto di discussioni molto controverse. Le difficoltà sono intrinseche alla natura stessa del trasporto aereo: trattandosi di un settore di servizi su scala internazionale che coinvolge produttori mobili di CO2, risulta difficile assegnare a un governo nazionale le emissioni di carbonio in un dato spazio aereo. Ad ogni modo, diverse questioni di base sono indiscusse a livello internazionale:

2.3.1

Il trasporto aereo è responsabile almeno del 2 % delle emissioni globali, e il trasporto aereo internazionale rappresenta l'1,3 %.

2.3.2

Nessun settore dovrebbe essere esentato dal mitigare gli effetti delle emissioni sui cambiamenti climatici, pertanto i settori marittimo e aereo dovrebbero essere inclusi in sistemi mondiali volti a mitigare gli effetti del CO2 sui cambiamenti climatici.

2.3.3

Nel corso del tempo si è raggiunto un consenso sul fatto che gli svantaggi dell'imposizione di tasse sulle emissioni di CO2 sono superiori ai vantaggi delle misure basate sul mercato. Le tasse sono pagate nella loro totalità dall'inizio, mentre i sistemi come l'ETS prevedono inizialmente quote gratuite quale incentivo alla massima efficienza possibile e, attraverso la scambio delle quote non utilizzate, trasformano un costo in una fonte di ricavi. Inoltre, le tasse — per definizione — non si basano su obiettivi, ma sono versate nelle casse dei governi nazionali, mentre i meccanismi basati sul mercato possono essere abbinati a misure di compensazione diretta delle emissioni.

2.4

La discussione principale in merito all'inclusione del trasporto aereo nell'ETS dell'UE ruota intorno alla questione dell'applicazione del sistema a livello internazionale. La Commissione europea ha sostenuto che i cambiamenti climatici, in quanto fenomeno mondiale, non possono essere affrontati efficacemente soltanto per mezzo di misure regionali. Pertanto, ha chiesto di applicare l'ETS dell'UE per il trasporto aereo a tutte le compagnie aeree operanti da/verso aeroporti situati nell'Unione europea indipendentemente dal fatto che queste siano registrate o meno in uno Stato membro. Tuttavia, l'imposizione unilaterale di un tale meccanismo nei confronti dei paesi terzi è in contrasto con la sovranità di ciascuna nazione nel mondo. In mancanza di un accordo internazionale bilaterale o multilaterale circa l'inclusione di una misura basata sul mercato riguardante i servizi tra nazioni sovrane, permangono dubbi su quale base giuridica consentirebbe all'Unione europea di imporre un simile sistema ai paesi terzi. La legittimità dell'UE ad occuparsi dei voli da e per i paesi terzi è stata sancita dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nel 2016 (2). Al di là del problema giuridico (3), l'UE si è trovata a far fronte alla minaccia di ritorsioni sotto forma di sanzioni commerciali da parte delle maggiori potenze commerciali.

2.5

Diverse grandi potenze commerciali, quali Cina, Brasile, Stati Uniti, India e Russia, hanno coordinato i propri sforzi per opporsi all'attuazione unilaterale del sistema. Il 12 novembre 2012, sotto la spinta della pressione esercitata a livello internazionale, la Commissione ha presentato una proposta volta a sospendere i termini dell'applicazione dell'ETS del trasporto aereo per un anno. Tale proposta è stata formalmente adottata dal Consiglio e dal Parlamento europeo nell'aprile 2013, poco prima che le compagnie aree dovessero restituire le quote relative al 2012, limitando retroattivamente l'ambito di applicazione dell'ETS per il trasporto aereo ai voli interni al SEE.

2.6

Nel marzo 2014 è stato adottato il regolamento (UE) n. 421/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), che ha prorogato fino alla fine del 2016 l'applicazione dell'ETS al solo SEE, come previsto dalla misura di sospensione dei termini, con un pieno ritorno all'ambito di applicazione originario del sistema (tutti i voli da e verso aeroporti nel SEE) se l'assemblea dell'ICAO prevista per il 2016 non avesse apportato progressi sufficientemente significativi verso la realizzazione di un sistema mondiale.

2.7

Benché diverse ONG ne abbiano messo in dubbio l'adeguatezza e l'efficacia, è opinione diffusa che l'accordo di Parigi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, firmato il 12 dicembre 2015 (5) a Parigi, abbia rappresentato un momento di svolta fondamentale verso il raggiungimento del consenso internazionale sulla necessità di intraprendere ulteriori azioni coordinate a livello internazionale per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. L'accordo è servito a catalizzare l'azione collettiva a tutti i livelli, e un numero sempre crescente di governi ha firmato l'accordo nei mesi successivi alla sua pubblicazione (6).

2.8

L'accordo di Parigi si basa sulla Convenzione e, per la prima volta, riunisce tutte le nazioni intorno ad una causa comune allo scopo di compiere sforzi ambiziosi per contrastare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro effetti, con un sostegno rafforzato per aiutare i paesi in via di sviluppo in questo impegno. In quanto tale, inaugura una nuova rotta nello sforzo mondiale a favore del clima (7).

2.8.1

L'obiettivo centrale dell'accordo di Parigi è rafforzare la risposta mondiale alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici, contenendo l'aumento della temperatura mondiale ben al di sotto di 2 oC rispetto ai livelli preindustriali, nonché continuare ad adoperarsi per mantenere tale aumento ad un livello ancora più basso, pari a 1,5 oC. Inoltre, l'accordo punta a rafforzare la capacità dei paesi di far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici. Per conseguire tali obiettivi ambiziosi saranno messi a punto adeguati meccanismi finanziari, un nuovo quadro in materia di tecnologia e un quadro rafforzato per la creazione di capacità, favorendo così l'azione dei paesi in via di sviluppo e dei paesi più vulnerabili, in linea con i loro obiettivi nazionali. L'accordo prevede inoltre una maggiore trasparenza nell'azione e un sostegno più ampio attraverso un quadro più solido in materia di trasparenza (8).

2.8.2

L'accordo di Parigi richiede che tutte le Parti compiano il massimo sforzo attraverso «contributi stabiliti a livello nazionale» e li consolidino negli anni a venire. Ciò include obblighi per cui tutte le Parti devono fornire periodicamente informazioni in merito alle proprie emissioni e agli sforzi compiuti a favore dell'attuazione (9). Nel 2018 le Parti tracceranno un bilancio degli sforzi collettivi tesi a compiere progressi verso il raggiungimento dell'obiettivo stabilito dall'accordo di Parigi, fornendo informazioni sulla predisposizione dei contributi stabiliti a livello nazionale. Ulteriori bilanci mondiali verranno tracciati ogni 5 anni al fine di valutare i progressi collettivi verso il conseguimento degli scopi dell'accordo e per ispirare ulteriori azioni individuali delle Parti.

2.9

È opinione diffusa che l'accordo di Parigi abbia fornito lo slancio necessario a contribuire agli esiti dell'assemblea dell'ICAO del 2016 per quanto concerne specificamente il trasporto aereo civile (10). Dopo tre anni di negoziati seguiti alla 38a assemblea dell'ICAO del 2013, il 6 ottobre gli Stati membri dell'Organizzazione hanno concordato di attuare una misura mondiale basata sul mercato per contrastare l'aumento delle emissioni del trasporto aereo internazionale nel periodo successivo al 2020. La plenaria ha adottato una risoluzione che introduce il sistema di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio per il trasporto aereo internazionale (CORSIA) (11). Tale sistema richiede che le compagnie aeree compensino una parte delle loro emissioni, senza doverle necessariamente ridurre.

2.10

Secondo la risoluzione dell'assemblea, il livello medio di emissioni di CO2 prodotte dal trasporto aereo internazionale contemplato dal sistema tra il 2019 e il 2020 rappresenta la base per una crescita a zero emissioni di carbonio a partire dal 2020, rispetto alla quale operare il confronto delle emissioni negli anni a venire. Se, in un qualsiasi anno a partire dal 2021, le emissioni di CO2 prodotte dal trasporto aereo internazionale supereranno i parametri di riferimento medi delle emissioni prodotte nel 2019 e nel 2020, tale differenza rappresenterà l'obbligo di compensazione del settore per l'anno in questione.

2.11

L'ICAO ha stabilito un'attuazione graduale in modo da potersi adeguare alle circostanze particolari e alle rispettive capacità degli Stati aderenti. Alla fase iniziale, in cui l'adesione al sistema sarà volontaria, seguirà una fase di partecipazione di tutti gli Stati ad eccezione di alcuni paesi esenti.

L'ICAO ha deciso di adottare un approccio basato sulle rotte, al fine di ridurre al minimo le conseguenze del CORSIA sugli operatori in termini di competitività. Le rotte interessate dalle deroghe saranno esenti per ogni compagnia aerea che opera su di esse.

2.12

La fase pilota (2021-2023) e la prima fase (2024-2026) si applicano agli Stati che partecipano volontariamente. Dal 12 ottobre 2016, 66 paesi hanno manifestato l'intenzione di partecipare alla misura mondiale basata sul mercato sin dall'inizio. La seconda fase (2027-2035) riguarda tutti gli Stati ad eccezione degli Stati esenti, a meno che questi decidano di partecipare volontariamente. Il CESE accoglie con favore l'accordo; tuttavia, a causa del suo carattere volontario, altri settori potrebbero dover compensare la differenza per rispettare gli obiettivi climatici dell'UE.

2.13

Gli elementi fondanti del CORSIA, che dovranno essere concordati e pubblicati dall'ICAO, sono la modalità di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni dei singoli operatori, i criteri riguardanti le unità di emissioni e i registri. Ad ogni modo, l'ICAO fornirà a tutti gli Stati le risorse per porre in essere le infrastrutture necessarie (12). I dettagli relativi a tali aspetti non sono ancora stati concordati; tuttavia, essi avranno un'importanza decisiva per l'efficacia del CORSIA sul piano ambientale, che dovrebbe rispondere a standard ambiziosi.

2.14

Gli operatori aerei potranno adempiere i loro obblighi di compensazione acquistando crediti di compensazione dai mercati del CO2. L'unità di emissioni (un'unità equivale a una tonnellata di CO2) sarà pertanto ridotta al di fuori del settore del trasporto aereo internazionale. I criteri riguardanti le unità di emissioni devono ancora essere definiti. Sarà essenziale garantire che una tonnellata di CO2 emessa da un operatore aereo equivalga realmente a una tonnellata di CO2 risparmiata in un altro settore.

2.15

Alla luce delle discussioni condotte in seno all'ICAO per ben più di un decennio, l'accordo raggiunto nel 2016 è stato definito storico. Esso risponde alle differenze che in passato hanno più volte impedito il raggiungimento di un consenso. Le divergenze di opinioni degli Stati membri dell'ICAO sono dovute alla diversa maturità economica delle nazioni interessate, nonché al loro peso economico e alle loro politiche generali in materia ambientale. L'ampio numero di Stati disposti a partecipare al CORSIA fin dall'inizio genererà uno slancio tale da indurre altri paesi ad aderire al sistema. Tuttavia, al momento, per il CORSIA è necessario raggiungere un accordo sulla modalità di monitoraggio, comunicazione e verifica entro il 1o gennaio 2019, sui criteri riguardanti le unità di emissioni entro il 2018, sull'attuazione di un quadro normativo entro il 2020 e sulla realizzazione dei registri entro gennaio 2021.

3.   Valutazione della proposta

3.1

Se non verranno apportate modifiche al regolamento (UE) n. 421/2014, il testo nella sua forma attuale avrà l'effetto di restituire all'ETS dell'UE per il trasporto aereo la sua portata originaria, contemplando così tutti i voli internazionali da/verso aeroporti situati nel SEE. Ciò significherebbe che gli operatori aerei dovrebbero restituire le quote per tutte le loro emissioni da e verso paesi terzi entro il 30 aprile 2018 (13). Come illustrato in precedenza (14), il regolamento (UE) n. 421/2014 è stato sospeso fino a quando non verrà eseguita una valutazione degli esiti dell'assemblea dell'ICAO del 2016. La Commissione, nella propria valutazione (15), ritiene che la risoluzione dell'ICAO sui principi di una misura mondiale basata sul mercato (GMBM) sia coerente con gli obiettivi indicativi e le politiche dell'UE. Pertanto, il testo del regolamento (UE) n. 421/2014 deve essere modificato per evitare nuovamente l'attuazione di uno strumento dell'UE nonostante il consenso dell'Unione su una GMBM. La proposta della Commissione si basa sulle seguenti considerazioni:

3.1.1   Il formato

Alla luce del poco tempo a disposizione per il completamento del processo legislativo, la Commissione propone che la misura assuma la forma di un regolamento, che si applicherebbe direttamente a tutti gli Stati membri e sarebbe vincolante nella propria interezza, in modo tale che le modifiche possano essere attuate da tutti gli Stati membri in maniera uniforme prima della scadenza dei termini entro cui conformarsi nel marzo e nell'aprile 2018.

3.1.2   La valutazione d'impatto  (16)

La Commissione è favorevole al mantenimento dello status quo, ossia a proseguire con l'attuale applicazione dell'ETS dell'UE per i voli all'interno del SEE tra il 2017 e il 2020 (senza dunque tornare all'ambito di applicazione originario relativo ai voli internazionali a partire dal 2017). La Commissione conferma che l'ETS dell'UE, nella sua portata attuale limitata al SEE, ha contribuito a una riduzione delle emissioni di CO2 pari a circa 17 milioni di tonnellate all'anno, e che pertanto il trasporto aereo contribuisce come altri settori economici al perseguimento degli obiettivi in materia di cambiamenti climatici. Inoltre, la Commissione conferma che il mantenimento dell'ambito di applicazione limitato al SEE verrebbe accolto con favore dai paesi terzi e consentirebbe di concentrarsi sull'adozione delle misure necessarie ad attuare la GMBM in maniera tempestiva e armonizzata.

3.1.3   Termini

La Commissione propone di prorogare effettivamente l'approccio di sospensione dei termini oltre il 2016, applicandolo a partire dal 2017 con le medesime modalità del 2016, e di offrire all'ICAO l'opportunità di definire gli strumenti necessari per applicare con efficacia la GMBM. La Commissione eseguirebbe poi ulteriori valutazioni e riesaminerebbe l'ETS dell'UE per il periodo successivo al 2020. Non vengono stabilite scadenze per tale nuova revisione del regolamento.

3.1.4

L'articolo 28 bis viene modificato in modo che le deroghe per i voli internazionali da/verso aeroporti situati nel SEE siano estese oltre il 2016, mentre i voli all'interno del SEE continuano a rientrare nel campo di applicazione dell'ETS dell'UE.

3.1.5

È introdotto un nuovo articolo 28 ter che predispone l'introduzione di una GMBM. L'articolo mette inoltre in relazione l'attuazione della GMBM con gli obblighi di rendicontazione della Commissione nei confronti del Parlamento europeo circa lo stato dell'attuazione e il grado in cui l'ETS dell'UE necessita di modifiche che lo rendano pienamente applicabile al SEE (17).

3.1.6

L'articolo 28 quater conferisce alla Commissione la facoltà di adottare meccanismi di monitoraggio, comunicazione e verifica ai fini dell'attuazione della GMBM.

3.1.7

Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, l'allegato I viene modificato estendendo dal 2020 al 2030 l'esenzione per gli operatori aerei non commerciali le cui emissioni annue di CO2 sono inferiori a 1 000 tonnellate all'anno. Questi sono responsabili unicamente dello 0,2 % delle emissioni complessive, e la loro inclusione comporterebbe un onere amministrativo sproporzionato.

3.2

La discussione in diversi consessi, così come riferito dalla Commissione (18), mette in luce potenziali controversie riguardo a tre questioni:

3.2.1

La necessità di disposizioni più severe nella direttiva sull'ETS dell'UE per il periodo 2017-2020. Al di là delle questioni di attuabilità, ciò porta a chiedersi se una discussione così controversa in un momento in cui l'attenzione dovrebbe essere diretta all'attuazione di una GMBM sia utile o persino non dannosa per la competitività del settore e per la posizione dell'Unione nei negoziati internazionali sugli aspetti tecnici della GMBM; persistono, inoltre, dubbi sul fatto che le modifiche all'ETS dell'UE in questo momento forniscano un valore aggiunto sufficiente in termini di riduzione delle emissioni di CO2 tale da giustificare i rischi economici, politici e commerciali a livello mondiale. Come minimo, tali deliberazioni appaiono premature fin quando non sarà stata fatta maggiore chiarezza sulle prospettive presentate dal CORSIA.

3.2.2

La necessità di fissare un limite temporale alla nuova revisione dell'ETS dell'UE. Ciò è comprensibile nella misura in cui ripetute modifiche volte alla sospensione dei termini non possono trasformarsi in un processo normativo definitivo. Al tempo stesso, la forma definitiva del CORSIA non è ancora nota e l'integrazione di tale sistema nella politica dell'UE dovrà essere riesaminata in una fase successiva, più vicina al 2020. Il rischio intrinseco è, tuttavia, che la stabilità della pianificazione sia influenzata negativamente se le parti interessate sono consapevoli che una normativa è limitata nel tempo, ma non sanno se la vecchia regolamentazione sarà sostituita da una nuova o se entrerà in vigore una disposizione che ripristinerà l'ambito di applicazione originario del sistema, riaccendendo dispute commerciali internazionali cui molte parti in causa non desiderano assistere nuovamente. L'assenza di un limite temporale ha il netto vantaggio di dare alla Commissione la possibilità di portare a termine le proprie valutazioni d'impatto e i propri riesami prima di presentare una modifica alla direttiva sull'ETS dell'UE.

3.2.3

La necessità di un rapido accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio. Le due istituzioni europee non dovrebbero lasciarsi coinvolgere in lunghi dibattiti sugli effetti passati dell'ETS dell'UE, bensì dovrebbero concentrare le proprie discussioni politiche sul modo migliore per promuovere l'attuazione armonizzata e tempestiva di una GMBM. Le decisioni in merito alla proposta della Commissione europea dovrebbero essere adottate entro la fine del 2017, in modo da evitare un ritorno all'ambito di applicazione originario del sistema.

4.

Data l'unicità della sua composizione e in considerazione delle sue competenze specifiche, il CESE è in una posizione ideale per far confluire nel dibattito politico il punto di vista della società civile organizzata sulle conseguenze politiche, sociali, economiche e ambientali di quest'iniziativa normativa. Pertanto, il CESE ha deciso di accompagnare l'elaborazione del presente parere organizzando un convegno con la partecipazione di tutti i soggetti interessati.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  La plenaria della 39a assemblea dell'ICAO ha raccomandato l'adozione di una risoluzione finale che introducesse il sistema di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio del trasporto aereo internazionale.

(2)  Documento 62015CJ0272 — Sentenza della Corte (Quarta Sezione), del 21 dicembre 2016, nella causa C-272/15.

(3)  A seguito della decisione, presa nel 2008, di includere il trasporto aereo nello schema ETS dell'UE a partire dal 2012, un vettore statunitense ha intrapreso le vie legali nel Regno Unito sostenendo che l'ETS fosse illegittimo a norma del diritto internazionale.

(4)  GU L 129 del 30.4.2014, pag. 1.

(5)  http://unfccc.int/documentation/documents/advanced_search/items/6911.php?priref=600008865.

(6)  La ratifica è stata effettuata da 43 delle 197 Parti della Convenzione. Il 5 ottobre 2016 è stata raggiunta la soglia per l'entrata in vigore dell'accordo di Parigi, vigente dal 4 novembre 2016. La prima sessione della conferenza delle Parti che funge da riunione delle Parti dell'accordo di Parigi (CMA 1) si è tenuta a Marrakech, in Marocco, dal 15 al 18 novembre 2016.

(7)  Testo estratto dal sito web dell'UNFCCC.

(8)  Qui è possibile reperire ulteriori informazioni sugli aspetti chiave dell'accordo.

(9)  Qui è possibile reperire ulteriori informazioni sui contributi stabiliti a livello nazionale.

(10)  Non esiste un'analoga sotto-organizzazione internazionale delle Nazioni Unite che si occupi delle emissioni prodotte dall'aviazione militare, le quali non sono contemplate neanche nell'ETS dell'UE. Pur escludendo chiaramente i voli operati per lo svolgimento di missioni ufficiali, il gruppo di studio ha manifestato il proprio interesse a valutare l'impatto dei voli militari di addestramento sui livelli di CO2. Sulle emissioni prodotte dall'aviazione militare non è stata raccolta alcuna informazione a livello regionale, nazionale o mondiale.

(11)  Il CORSIA fa parte di un pacchetto di misure riguardanti la tecnologia di aeromobili e motori, le operazioni e i carburanti alternativi sostenibili come nuove fonti di energia.

(12)  All'allegato 1 del presente documento figura un elenco dettagliato di tutti i requisiti.

(13)  Come stabilito dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).

(14)  Cfr. punto 2.6.

(15)  Relazione sulla proposta di regolamento 2017/0017(COD).

(16)  Si veda la relazione a pagina 6.

(17)  Questo articolo rispecchia il fatto che i voli all'interno del SEE sono voli internazionali e che il CORSIA e dovrebbe essere l'unica misura basata sul mercato per il trasporto aereo internazionale, conformemente alla risoluzione dell'ICAO del 2016.

(18)  Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna la proposta di regolamento recante modifica della direttiva 2003/87/CE.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Nuovo slancio all'innovazione nel settore dell'energia pulita»

[COM(2016) 763 final]

(2017/C 288/11)

Relatore:

Christophe QUAREZ

Consultazione

Commissione europea, 17/02/2017

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

16/05/2017

Adozione in sessione plenaria

01/06/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

173/2/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace che la Commissione riaffermi la volontà di accelerare la transizione verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio attraverso una strategia globale relativa a incentivi per gli investimenti privati, a strumenti finanziari mirati e a finanziamenti a favore della ricerca e dell'innovazione.

1.2

Nella comunicazione (1), la Commissione presenta un'ampia gamma di strumenti finanziari e di modi di finanziamento diretti a sostenere l'innovazione a basso tenore di carbonio. Il CESE appoggia l'intenzione della Commissione europea di promuovere nuovi investimenti lungo tutta la catena di valore dell'innovazione.

1.3

Tuttavia, il Comitato esprime preoccupazione per la complessità e la varietà di tali aiuti. Il CESE si compiace quindi della volontà della Commissione di istituire uno sportello di consulenza unico per orientare i promotori dei progetti e gli investitori, ma chiede che si faccia uno sforzo per semplificare l'offerta finanziaria. Il Comitato ritiene infatti che tali aiuti finanziari siano troppo numerosi e di difficile accesso per le imprese molto piccole e gli enti locali.

1.4

Il CESE propone che la Commissione incoraggi gli Stati membri a mettere in comune le rispettive risorse destinate alla realizzazione di grandi progetti in materia d'innovazione a basse emissioni di carbonio e ciò allo scopo di migliorare la cooperazione tra i principali attori della ricerca europea. Ciò accelererà il coordinamento degli attori della ricerca per renderli più competitivi.

1.5

Il CESE ricorda che se le politiche climatiche europee devono incoraggiare la trasformazione di questi settori tramite gli investimenti e l'innovazione, esse non devono certo accelerarne il declino. La delocalizzazione delle attività produttive non può in nessun caso sostituire una politica di lotta contro il cambiamento climatico.

1.6

Il CESE ritiene che il miglior vettore d'innovazione «a basse emissioni di carbonio» sia un quadro normativo che stabilisca un prezzo elevato per il CO2 (oggi intorno a 7 EUR/tonnellata) al fine di inviare agli investitori un segnale molto netto, nel senso che in Europa non ci sarà più posto nel medio termine per le tecnologie ad emissioni di carbonio.

1.7

Il CESE è consapevole del fatto che l'Unione europea è un leader mondiale in materia di ricerca e d'innovazione nel settore dell'energia pulita e uno dei maggiori erogatori di fondi pubblici in questo settore, cui destina oltre dieci miliardi di euro. La ricerca e l'innovazione sono cruciali per sostenere la competitività globale dell'Europa e mantenerla al primo posto nel mondo nel campo delle tecnologie energetiche avanzate e delle soluzioni per l'efficienza energetica.

1.8

Il CESE apprezza l'importanza attribuita alle due estremità della catena dell'innovazione, nel cui ambito il programma Orizzonte 2020 svolge un ruolo centrale mediante il suo approccio dal basso in materia di finanziamento a favore di una ricerca di base di frontiera, e ciò per il tramite del Consiglio europeo della ricerca e anche grazie alla prevista istituzione di un Consiglio europeo dell'innovazione che si propone di aiutare le industrie, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), a creare nuovi mercati.

1.9

Il CESE desidera comprendere meglio i progetti della Commissione intesi ad esplorare nuovi approcci per una ricerca e un'innovazione incentrate sulle missioni. In particolare, il processo di individuazione e selezione dei progetti in questione deve essere descritto in maniera più dettagliata.

1.10

Il CESE raccomanda di coinvolgere la società civile nel quadro della nuova piattaforma energia-ricerca che la Commissione intende istituire allo scopo di riunire specialisti nel campo dell'energia provenienti dai settori delle scienze sociali e delle scienze umane e tecniche.

2.   Sintesi della comunicazione della Commissione europea

2.1

La Commissione ribadisce la sua volontà di accelerare la transizione verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio e

2.2

a tal fine, presenta un pacchetto di misure legislative articolato intorno a tre obiettivi principali:

garantire la preminenza dell'efficienza energetica,

fare dell'Europa il leader mondiale nel campo delle energie rinnovabili,

assicurare un trattamento equo per i consumatori.

2.3

In questo contesto, la comunicazione della Commissione presenta una strategia globale in cui delinea le tre principali leve strategiche che l'UE può mettere in campo per stimolare gli investimenti privati a favore dell'innovazione nel settore dell'energia pulita:

l'introduzione di incentivi potenti e coerenti a favore degli investimenti privati nella ricerca e nello sviluppo dell'energia pulita,

il ricorso a strumenti finanziari mirati per ridurre i rischi associati agli investimenti privati nelle tecnologie energetiche pulite o nei modelli aziendali non ancora collaudati, benché promettenti, in particolare a causa delle incognite scientifiche, tecnologiche o legate al mercato,

orientamento dei finanziamenti dell'Unione europea alla ricerca e all'innovazione (in particolare nell'ambito del programma Orizzonte 2020),

sviluppo del quadro regolamentare per indirizzare le sovvenzioni degli Stati membri nel settore energetico verso le fonti di energia a basso tenore di carbonio invece che verso quelle fossili.

2.4

Nella sua comunicazione, la Commissione stabilisce quattro settori tecnologici prioritari:

la decarbonizzazione del patrimonio edilizio dell'UE entro il 2050. Gli edifici assorbono il 40 % della domanda di energia, e quasi il 75 % del patrimonio edilizio dell'UE ha bisogno di essere rinnovato per renderlo rispondente ai criteri di efficienza energetica,

il consolidamento della leadership dell'UE nel settore delle energie rinnovabili e il mantenimento della sua posizione dominante a livello mondiale per quanto riguarda queste tecnologie,

lo sviluppo di soluzioni abbordabili per lo stoccaggio dell'energia, in particolare promuovendo il rilancio della produzione di elementi di batteria in Europa,

la promozione della mobilità elettrica, attraverso lo sviluppo di batterie meno costose e con maggiore autonomia, e della messa a punto di soluzioni di ricarica più rapide.

2.5

La Commissione propone inoltre di facilitare il coordinamento degli sforzi di innovazione in materia di energia pulita con le città, le regioni e gli Stati membri.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il 30 novembre 2016 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure molto fitto, denominato «Energia pulita per tutti gli europei», che consiste in una serie di proposte volte a riorganizzare il mercato dell'energia, in particolare quello delle fonti rinnovabili, al fine di rispettare gli impegni assunti con la firma dell'accordo di Parigi sul clima.

3.2

Con l'accordo di Parigi, l'UE si è impegnata a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 40 % entro il 2030. Ma ha anche definito, nell'ottobre 2014, con un quadro d'azione in materia di clima e di energia per il 2030, altri due obiettivi: una quota del 20 % di energie rinnovabili nella produzione di energia elettrica nel 2020 e poi di almeno il 27 % nel 2030, nonché un risparmio energetico dal 20 % ad almeno il 27 % entro le stesse scadenze.

3.3

Il CESE ha sostenuto, in numerosi pareri, la necessità di accelerare la transizione verso un'economia europea competitiva a basso tenore di carbonio, nel rispetto delle posizioni e delle proposte espresse dalla società civile.

3.4

Chiedendo una «transizione equa», il CESE ha sempre rifiutato di mettere in conflitto occupazione e tutela dell'ambiente. Entrambi gli obiettivi devono essere perseguiti con la stessa determinazione.

3.5

Per il CESE, le politiche climatiche europee devono incoraggiare la trasformazione di questi settori con gli investimenti e con l'innovazione, ma non devono certo accelerarne il declino. La delocalizzazione delle attività produttive non può in nessun caso sostituire una politica di lotta contro il cambiamento climatico.

3.6

Finora la politica d'innovazione in materia energetica dell'UE aveva messo l'accento soprattutto sullo sviluppo delle tecnologie, trascurando ciò che è veramente importante per i cittadini, vale a dire il soddisfacimento dei loro bisogni energetici come il riscaldamento, la mobilità o ancora l'illuminazione.

3.7

Nella sua comunicazione, la Commissione riconosce oggi il posto del consumatore al centro del sistema energetico in quanto soggetto produttore delle reti energetiche decentrate o in quanto soggetto che chiede soluzioni competitive a basso tenore di carbonio.

3.8

Il CESE si rallegra di questa evoluzione, in quanto una strategia di innovazione per i cittadini inizia con un'analisi delle loro esigenze e del loro comportamento energetico.

3.9

Nella comunicazione, la Commissione presenta un'ampia gamma di strumenti finanziari e di finanziamento diretti a sostenere l'innovazione a basso tenore di carbonio. Per tale ragione il CESE sostiene la volontà della Commissione di stimolare investimenti aggiuntivi in tutta la catena di valore dell'innovazione, ma esprime preoccupazione per la complessità e la varietà di tali aiuti, che li rendono difficilmente accessibili, in particolare alle microimprese innovative o agli enti locali e regionali.

3.10

Il CESE si compiace della volontà della Commissione di istituire uno sportello di consulenza unico per orientare i promotori dei progetti e gli investitori, ma chiede che si faccia uno sforzo per semplificare l'offerta finanziaria.

3.11

In effetti, è difficile orientarsi tra il Fondo per l'innovazione nel quadro del sistema di scambio di quote, il Fondo europeo 2020 per l'energia, i cambiamenti climatici e le infrastrutture, «InnovFin», «InnoEnergy», il programma Orizzonte 2020, il Fondo europeo per gli investimenti strategici o la Banca europea per gli investimenti (BEI) (2).

3.12

Nel suo parere «Tecnologie energetiche e innovazione» (3), il CESE segnala che alcune innovazioni significative non sono nate nei settori industriali e imprenditoriali predominanti sul mercato, ma sono state invece opera di soggetti di nicchia, soggetti provenienti ad esempio dal settore delle piccole e medie imprese (PMI).

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE condivide la volontà della Commissione di ridurre le sovvenzioni concesse da alcuni Stati membri a favore del petrolio e del carbone, ma ribadisce la necessità di anticipare le trasformazioni industriali e proporre alternative in termini di formazione e di occupazione ai lavoratori interessati, in particolare nel settore delle attività minerarie.

4.2

L'accettazione sociale della transizione energetica, in termini di occupazione, è indispensabile al sostegno politico degli Stati membri.

4.3

Il CESE ritiene che il miglior vettore per l'innovazione «a basse emissioni di carbonio» sia un quadro normativo che stabilisca un prezzo elevato per il CO2 (oggi intorno a 7 EUR/tonnellata) tale da inviare agli investitori un segnale molto netto, nel senso che in Europa non ci sarà più posto nel medio termine per le tecnologie ad emissioni di carbonio.

4.4

Il tema della tecnologia di cattura e stoccaggio di CO2 (CCS) è appena sfiorato, quando invece la Commissione considera tale tecnologia indispensabile per conseguire gli obiettivi fissati per il 2050.

4.5

A questo proposito, il CESE si meraviglia che la Commissione non spieghi perché gli strumenti messi in atto dal 2008 per incoraggiare l'applicazione di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio di CO2 in Europa non abbiano funzionato.

4.6

Il CESE sostiene la volontà della Commissione di decarbonizzare entro il 2050 il patrimonio edilizio dell'UE, che è responsabile, da solo, di oltre il 40 % della domanda finale di energia nell'Unione.

4.7

La sfida del rinnovamento degli impianti termici degli edifici è notevole, ma il Comitato non scorge nella comunicazione della Commissione strumenti e aiuti finanziari concreti per raccoglierla.

4.8

Esistono le soluzioni tecniche (isolamento, energie rinnovabili per il riscaldamento e per l'acqua calda per usi sanitari) per gli edifici di nuova costruzione, spesso grazie a regolamenti termici specifici negli Stati membri, ma gli aiuti alla ristrutturazione termica per gli edifici preesistenti sono notoriamente insufficienti, sebbene siano spesso le famiglie più svantaggiate a vivere in alloggi che consumano molta energia.

4.9

Per quanto riguarda il settore dei trasporti, altro settore ad alto tenore di carbonio, il CESE sostiene gli obiettivi della Commissione, ma si interroga su alcuni elementi esposti qui di seguito.

È in effetti indispensabile promuovere l'elettromobilità mediante la produzione di elementi di batteria in Europa e l'integrazione dei dispositivi di stoccaggio nei sistemi elettrici, ma il CESE si interroga sull'assenza nella comunicazione di disposizioni regolamentari o finanziarie che consentano di sviluppare, sulle strade e autostrade dell'Unione, i punti di ricarica elettrici, pur tuttavia indispensabili alla promozione dei veicoli elettrici.

Al fine di completare le misure relative all'innovazione tecnologica che consente di decarbonizzare il settore dei trasporti, il Comitato invita la Commissione a interessarsi al trasporto merci effettuato mediante veicoli pesanti favorendo le soluzioni intermodali grazie allo sviluppo del trasporto combinato (intermodale) strada-ferrovia e del trasporto merci sulle vie navigabili. È altresì auspicabile incoraggiare il trasferimento modale dagli autoveicoli privati verso i trasporti pubblici.

4.10

In materia di finanziamento dell'innovazione, il CESE ritiene che un ruolo essenziale possa essere svolto dal finanziamento collettivo (crowdfunding), settore in piena espansione (ben più importante del capitale di rischio), che consente ai cittadini di partecipare direttamente al processo di innovazione al servizio delle energie pulite.

4.11

Il CESE invita la Commissione a promuovere il finanziamento collettivo e ad indirizzarne i fondi verso i quattro settori tecnologici che giudica prioritari (energie rinnovabili, soluzioni di stoccaggio, elettromobilità, edilizia a energia positiva).

Bruxelles, 1o giugno 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  COM(2016) 763 final.

(2)  GU C 268 del 14.8.2015, pag. 27.

(3)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 132.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/85


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Una strategia europea per i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi, prima tappa verso una mobilità cooperativa, connessa e automatizzata»

[COM(2016) 766 final]

(2017/C 288/12)

Relatore:

Stefan BACK

Consultazione

Commissione europea, 27.1.2017

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

16.5.2017

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

150/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la comunicazione della Commissione su una strategia europea per i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi [COM(2016) 766] (di seguito: la strategia») e il suo ambizioso obiettivo di realizzare entro il 2019 una prima serie di servizi basati su tali sistemi (detti servizi «day 1»), che sarà seguita dallo sviluppo di una seconda serie (detti servizi «day 1,5»).

1.2

Il CESE prende atto dei numerosi vantaggi che potrebbe apportare l’attuazione della strategia, tra cui una maggiore efficienza del trasporto di merci e di passeggeri — anche per quanto riguarda la rete transeuropea dei trasporti — un’accresciuta efficienza energetica, la riduzione delle emissioni e una diminuzione del rischio di incidenti nel settore del trasporto su strada. La strategia è una tappa fondamentale verso lo sviluppo di sistemi di trasporto intelligenti cooperativi (C-ITS) e, in ultima analisi, di una mobilità automatizzata. Il CESE approva questa iniziativa della Commissione e prende atto dell’elevato livello di cooperazione tra i vari settori implicati — ad es. trasporti, energia e telecomunicazioni — necessaria a realizzare sistemi di trasporto digitale che comprendano infrastrutture, veicoli e servizi innovativi.

1.3

Il CESE apprezza il valore aggiunto che verrebbe apportato per la mobilità dai servizi «day 1» e «day 1,5», in particolare per il trasporto sia di merci che di passeggeri, compresi i sistemi di distribuzione, e prende atto che sono in corso diversi progetti pilota in agglomerati europei che vanno al di là di quanto previsto dalla strategia e che sono già dedicati al collaudo di veicoli automatici per il trasporto di passeggeri. Il CESE rileva inoltre, in questo contesto, che la strategia ritiene importante evitare degli effetti di rimbalzo, come un incremento del traffico e delle emissioni, tramite l’applicazione di misure volte a integrare veicoli connessi, cooperativi e automatizzati nella mobilità sostenibile, nella pianificazione logistica e nella promozione dei trasporti pubblici.

1.4

Il CESE prende inoltre atto delle ricadute positive, soprattutto a lungo termine, sul livello di competenze informatiche, sullo sviluppo di nuove competenze e su un’accresciuta competitività delle industrie automobilistica, dei trasporti e dei dati nell’UE.

1.5

Il Comitato richiama inoltre l’attenzione sull’importanza della tutela della vita privata e della protezione dei dati, un tema su cui aveva già posto l’accento nel parere sulla direttiva sui sistemi di trasporto intelligenti (Intelligent Transport Systems — ITS) (1). Sottolinea che i dati dei sistemi di trasporto intelligenti cooperativi dovrebbero essere utilizzati solo per fini interni a tali sistemi e non vanno conservati o utilizzati per altri scopi, a meno che l’utente non dia il proprio consenso al riguardo. Il CESE ritiene di vitale importanza chiarire questo aspetto mediante disposizioni giuridicamente vincolanti al fine di infondere fiducia nel sistema e di conformarsi alla legislazione dell’UE, in particolare al disposto dell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2).

1.6

Il CESE sottolinea l’importanza di norme comuni e di un’interoperabilità transfrontaliera per poter realizzare il mercato interno digitale e assicurare trasporti transfrontalieri efficienti.

1.7

Il CESE insiste sul fatto che è essenziale che l’attuazione della strategia lasci un margine di manovra per adottare soluzioni specifiche a livello locale e/o di azienda, ogniqualvolta soluzioni di questo tipo apportino un valore aggiunto, anche qualora — se debitamente motivate e proporzionate — esse vadano a discapito della garanzia generale in materia di requisiti di interoperabilità e di trasparenza. Allo stesso modo, l’attuazione della normazione e l’applicazione dei requisiti in materia di trasparenza non vanno realizzate in modo tale da ostacolare l’innovazione.

1.8

Il CESE mette l’accento sull’importanza di norme di sicurezza elevate al fine di prevenire la pirateria informatica e gli attacchi informatici, e insiste inoltre su norme elevate in materia di protezione dei dati e su un’efficace valutazione della conformità. Per questi stessi motivi, sarà spesso indispensabile che le soluzioni appositamente concepite per la sicurezza rimangano coperte da riservatezza.

1.9

L’attuazione della strategia può essere un processo molto impegnativo, nel cui ambito il metodo di coordinamento che si è scelto di utilizzare richiederà alla Commissione europea di svolgere un’attività permanente di comunicazione, di monitoraggio e di follow-up. Per attuare con successo la strategia potrà risultare determinante costruire un rapporto di fiducia sia tra i partner del processo di attuazione che con i cittadini in generale, compresi i consumatori. A questo proposito, il CESE richiama l’attenzione sui diritti dei disabili all’integrazione, sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006 sui diritti delle persone con disabilità. Il CESE rammenta che i collegamenti con la società civile di cui dispone potrebbero farne un partner utile per intavolare un dialogo su questa attuazione.

1.10

Per quanto riguarda le misure legislative citate nella strategia, il CESE sottolinea che è importante evitare di essere eccessivamente prescrittivi. Pertanto, l’interoperabilità e le norme comuni non devono diventare un obiettivo in sé, ma andrebbero attuate solo se perseguono uno scopo che apporti un valore aggiunto e se non sono di ostacolo all’innovazione né all’esigenza di risolvere problemi specifici a livello locale o di singola impresa.

1.11

La strategia è dedicata ad una prima fase dell’attuazione di sistemi di trasporto intelligenti cooperativi (C-ITS) che comporta effetti relativamente limitati sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro (servizi «day 1» e «day 1,5»). È probabile che questa prima fase sia seguita da una seconda di diffusione dei veicoli automatizzati, che avrà un impatto più rilevante sulla forza lavoro. Per questo motivo, e al fine di creare un clima di reciproca fiducia, il CESE ritiene importante avviare fin dalle prime fasi un dialogo sociale allo scopo di affrontare eventuali problematiche in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

1.12

Il CESE mette l’accento sull’urgenza di compiere passi avanti verso la prossima fase di attuazione della strategia C-ITS, cioè quella dello sviluppo di sistemi che prevedano anche le comunicazioni da veicolo a veicolo e la gestione del traffico. La realizzazione di progetti di collaudo e la pianificazione legislativa sembrano già in fase avanzata negli Stati membri dove è presente un’industria automobilistica, e di conseguenza, a giudizio del CESE, la tempistica è un fattore essenziale se l’UE intende avere un peso significativo nel promuovere uno sforzo a livello europeo.

1.13

Istituita nell’ottobre 2016, la piattaforma C-Roads è concepita per svolgere un ruolo importante nell’attuazione della strategia, sebbene allo stato attuale non tutti gli Stati membri vi abbiano aderito. A giudizio del Comitato, è urgente che alla piattaforma aderiscano tutti gli Stati membri.

1.14

Il CESE si compiace della volontà espressa dalla Commissione di sostenere l’attuazione della strategia con un sostegno finanziario. In questo contesto, il CESE richiama anche l’attenzione sulla necessità di offrire margini di manovra per una pianificazione adeguata delle misure di attuazione a livello di imprese, tenendo conto, tra l’altro, dei vincoli finanziari nel settore del trasporto di merci su strada.

1.15

Il CESE si rammarica che nella comunicazione non venga indicato un calendario ben preciso per i servizi «day 1,5» e per quelli delle fasi successive, ed esprime inoltre disappunto per la mancanza di una valutazione d’impatto. La rendicontazione presentata dalla piattaforma C-ITS contiene elementi che permettono di valutare alcuni aspetti della strategia, ma il CESE li giudica insufficienti.

2.   Contesto

2.1

La comunicazione della Commissione su una strategia europea per i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi (Cooperative Intelligent Transport Systems — C-ITS) [COM(2016) 766] (di seguito: «la strategia») è strettamente collegata alle priorità politiche della Commissione stessa, in particolare all’agenda per l’occupazione, la crescita e gli investimenti, al mercato unico digitale e alla strategia per un’Unione dell’energia. La presentazione di questa comunicazione fa parte del cosiddetto «pacchetto invernale» sull’energia, che include principalmente delle proposte sull’assetto del mercato interno dell’energia elettrica, sull’efficienza energetica e sui combustibili rinnovabili.

2.2

La strategia non tratta direttamente di questioni energetiche, ma si concentra soprattutto sullo sviluppo — inclusi i relativi aspetti pratici e giuridici — di sistemi di trasporto cooperativi, tra cui in particolare le autovetture connesse/i veicoli automatici e le infrastrutture. È inoltre connessa alla realizzazione del mercato interno digitale e all’attuazione della strategia europea per una mobilità a basse emissioni.

2.3

La strategia sottolinea il forte potenziale dello sviluppo di sistemi C-ITS, in termini di mercato e di creazione di occupazione, per il rafforzamento della competitività dell’industria europea. Il valore aggiunto dell’intervento a livello dell’UE è dato da volumi più elevati in un mercato più vasto disciplinato da norme comuni. Lo sviluppo di sistemi C-ITS costituisce una prima tappa verso l’introduzione di veicoli automatizzati. I servizi C-ITS dovranno essere basati su norme comuni e andranno attuati nel 2019 e oltre. Questi servizi si fondano sulle comunicazioni da veicolo a veicolo e da veicolo a infrastruttura e non eliminano la necessità di avere un conducente alla guida.

2.4

La strategia definisce un certo numero di servizi C-ITS che possono essere realizzati fin da subito (elenco dei servizi C-ITS «day 1») e altri servizi che verrebbero diffusi in una seconda fase in quanto le relative specifiche o norme complete potrebbero non essere pronte per una diffusione nel 2019 (elenco dei servizi C-ITS «day 1,5»). L’elenco dei servizi «day 1» comprende le notifiche di punti pericolosi e le applicazioni di segnaletica, mentre l’elenco dei servizi «day 1,5» include funzioni quali le informazioni sulle stazioni di rifornimento e di ricarica, la gestione dei parcheggi e le informazioni sui parcheggi (situati sulla sede stradale e situati non direttamente sulla sede stradale), le informazioni sui parcheggi scambiatori, la navigazione connessa e cooperativa in entrata e in uscita dalla città, le informazioni sul traffico e l’instradamento intelligente.

2.5

La strategia insiste sul carattere intersettoriale dell’attuazione dei sistemi C-ITS, che interessa tutti i modi di trasporto, il settore industriale e quello delle telecomunicazioni. Il fatto che l’attuazione della strategia renderà i trasporti più agevoli non dovrà tradursi in un incremento dei trasporti e neppure delle emissioni.

2.6

Per l’attuazione della strategia è prevista una serie di azioni specifiche da realizzare negli ambiti che vengono descritti di seguito:

gli Stati membri, gli enti locali, i costruttori di veicoli, i gestori della rete stradale e il settore dei servizi ITS si adoperano per un’attuazione su vasta scala quantomeno dei servizi «day 1» nel 2019, con un sostegno finanziario (meccanismo per collegare l’Europa — CEF, Fondo europeo per gli investimenti strategici — FEIS, fondi strutturali e d’investimento europei — fondi SIE). I servizi «day 1,5» e un ulteriore sviluppo dei sistemi C-ITS sono per il momento prematuri; la Commissione offrirà sostegno ad un ulteriore sviluppo attraverso il programma Orizzonte 2020 e i fondi SIE, laddove possibile, e l’elenco dei servizi sarà aggiornato tramite un’attività continua della piattaforma C-ITS,

si cercherà di adottare una politica comune in materia di sicurezza e di gestione dei certificati attraverso la cooperazione tra la Commissione e tutte le pertinenti parti interessate. Questo servirà anche da base per passare ad occuparsi di un livello più elevato di servizi (da veicolo a veicolo, da veicolo a infrastruttura). La Commissione analizzerà i ruoli e le responsabilità del modello di fiducia C-ITS europeo e valuterà anche l’opportunità o meno di assumere essa stessa un ruolo di governance,

i prestatori di servizi C-ITS dovrebbero offrire condizioni chiare e comprensibili agli utenti finali. La Commissione pubblicherà nel 2018 una prima serie di orientamenti in materia di tutela della vita privata, e le iniziative per la diffusione dei sistemi C-ITS dovrebbero informare gli utenti finali e creare un clima di fiducia tra di loro, dimostrare il valore aggiunto dell’uso dei dati personali e consultare le autorità europee responsabili della protezione dei dati per mettere a punto un modello di valutazione sulla protezione dei dati,

la Commissione e le pertinenti parti interessate adottano misure per garantire comunicazioni ben funzionanti su una banda di frequenza specifica messa a disposizione dalla Commissione stessa,

la piattaforma C-Roads sarà utilizzata per coordinare la diffusione di sistemi C-ITS a livello operativo, compresi collaudo e convalida. Verrà incoraggiata l’adesione alla piattaforma da parte di altri Stati membri,

le iniziative per la diffusione dei sistemi C-ITS elaboreranno e pubblicheranno una procedura di valutazione della conformità per i servizi «day 1» e la Commissione metterà a punto un modello per tale procedura,

conformemente alla direttiva ITS, entro il 2018 la Commissione adotterà atti delegati sulla continuità e la sicurezza dei servizi C-ITS, sull’attuazione pratica del regolamento generale sulla protezione dei dati nel settore dei sistemi C-ITS, su un approccio di comunicazione ibrido e sull’interoperabilità in materia di procedure di valutazione della conformità,

la Commissione svilupperà una cooperazione internazionale nel settore dei sistemi C-ITS.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie con favore la strategia e prende atto delle numerose ricadute positive che potrebbe avere una sua riuscita attuazione, in termini ad esempio di una maggiore efficienza del trasporto sia di merci che di passeggeri, di un’accresciuta efficienza energetica e di riduzione delle emissioni, nonché di una migliore sicurezza stradale e di sviluppo dell’economia digitale.

3.2

La strategia in esame è interconnessa con una serie di importanti strategie in via di attuazione, e cioè con la strategia per il mercato unico digitale, la strategia per un’Unione dell’energia e la strategia europea per una mobilità a basse emissioni, che sono state tutte accolte con favore dal CESE. Il CESE approva inoltre l’approccio intersettoriale della strategia e la nuova dimensione che un tale approccio conferisce alla politica dei trasporti.

3.3

In tale contesto il CESE prende atto del collegamento con la strategia per la digitalizzazione dell’industria europea per quanto riguarda l’individuazione, nei veicoli cooperativi, connessi e automatizzati, di un tema prioritario per promuovere la competitività dell’industria europea, e la valutazione del potenziale di mercato di tali veicoli in «decine di miliardi di euro all’anno, mentre i posti di lavoro creati potrebbero raggiungere le centinaia di migliaia». In questo contesto, il CESE ritiene opportuno ribadire quanto già osservato nel parere TEN/574 sul tema Strategia per il mercato unico digitale, ossia che prevedere l’eventuale realizzazione di risultati di questo tipo può essere un rischio inutile e può anzi, nella peggiore delle ipotesi, avere un impatto negativo sulla fiducia, in particolare in un caso come questo, in cui un’attuazione riuscita della strategia dipende in larga misura dagli interessi degli Stati membri, degli enti locali, dell’industria automobilistica e di altri soggetti pertinenti.

3.4

Allo stesso modo, il CESE richiama l’attenzione sull’importanza della strategia ai fini di una mobilità efficiente, inclusa quella urbana e compresi «il primo e l’ultimo miglio» del trasporto di merci e di passeggeri.

3.5

Il CESE ritiene altresì importante realizzare l’interoperabilità transfrontaliera dei servizi, poiché ciò contribuirà a garantire un flusso di traffico fluido nei collegamenti a livello transfrontaliero. Sia i servizi subito disponibili oggi (servizi «day 1»), sia quelli quasi pronti o pronti per avviarne la diffusione a partire dal 2019, benché non ancora interamente pronti per un loro impiego su vasta scala (servizi «day 1,5»), saranno di grande utilità per realizzare efficacemente la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), e in particolare i corridoi della rete centrale TEN-T.

3.6

Tenendo presente che la strategia è presentata come parte del «pacchetto invernale» sulla politica energetica, il CESE avrebbe auspicato che nella comunicazione non solo venissero ribadite le ben note cifre sulla quota di emissioni relative al trasporto su strada, ma figurassero anche delle indicazioni sugli effetti previsti della strategia in termini di una migliore efficienza energetica e di una riduzione delle emissioni.

3.7

La strategia è in larga misura da attuare tramite un metodo collaborativo tra la Commissione, gli Stati membri, gli enti locali e l’industria. La Commissione intende avvalersi della piattaforma C-Roads, creata nell’ottobre 2016 e alla quale attualmente aderiscono 12 Stati membri dell’UE, per coordinare la diffusione dei servizi C-ITS e la realizzazione di collaudi e convalide al fine di garantire l’interoperabilità e di mettere a punto delle prove per tali sistemi. La Commissione sosterrà lo sviluppo di queste prove attraverso la diffusione di una procedura di valutazione della conformità. Il CESE concorda che per attuare con successo la strategia è indispensabile prevedere una funzione di coordinamento, ma si rammarica del fatto che sinora non tutti gli Stati membri abbiano aderito alla piattaforma C-Roads, che sembra mancare in misura notevole della capacità necessaria per poter funzionare come forum di coordinamento efficace (attualmente aderiscono alla piattaforma otto Stati membri principali e quattro Stati membri associati). Il CESE suggerisce pertanto alla Commissione di ricorrere con urgenza a pressioni esercitate a livello politico per convincere gli Stati membri ad aderire pienamente alla piattaforma.

3.8

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione intenda adottare misure volte ad assicurare la coerenza su una serie di questioni importanti. Nel 2017, ad esempio, essa pubblicherà degli «orientamenti» sulla politica europea di sicurezza e di gestione dei certificati dei sistemi C-ITS, e nel 2018 una distinta serie di orientamenti in materia di protezione dei dati. La Commissione riserverà inoltre ai servizi C-ITS la banda di frequenza attualmente utilizzata per servizi ETS (European Telecommunication Standards = norme europee di telecomunicazione (3)) sicuri. Tuttavia, il CESE rileva anche che la Commissione prenderà ugualmente in considerazione, ove lo ritenga opportuno, l’adozione nel 2018 di atti delegati, a norma della direttiva sui sistemi di trasporto intelligenti -ITS (2010/40/UE), in materia di sicurezza dei sistemi di trasporto intelligenti, protezione dei dati, approccio di comunicazione e interoperabilità. In aggiunta a queste misure, potrebbe essere adottata una normativa sulla continuità dei servizi ITS e sulla valutazione della conformità. Il CESE si rammarica che la comunicazione sulla strategia non contenga nessuna indicazione sulle motivazioni in base alle quali la Commissione deciderà se legiferare su questa materia o limitarsi a formulare degli orientamenti giuridicamente non vincolanti. Per quanto riguarda l’intenzione della Commissione di adottare atti legislativi delegati a norma della direttiva 2010/40/UE sui sistemi di trasporto intelligenti -ITS, il CESE ribadisce la posizione, già espressa nel parere in merito a questa direttiva, secondo cui devono essere rispettati i limiti posti per tali atti dall’articolo 290 del TFUE. Il CESE sottolinea poi che è urgente prorogare il limite di sette anni del mandato per l’adozione di atti delegati a norma della direttiva 2010/40/UE, poiché tale mandato per adottare questi atti scade nell’agosto 2017.

3.9

Il CESE approva l’obiettivo perseguito dalla Commissione di ottenere un coinvolgimento intersettoriale e multilivello dei soggetti interessati alla diffusione di servizi C-ITS, vale a dire gli Stati membri, gli enti locali, i costruttori di veicoli e gli operatori dei trasporti. Riuscire ad implicare tutti questi attori nelle iniziative di attuazione della strategia potrebbe servire a creare fiducia nei nuovi servizi e a farli partire nel modo giusto. A questo proposito, il CESE pone l’accento sui diritti dei disabili all’integrazione, sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Convention on the Rights of Persons with Disabilities — CRPD) adottata il 13 dicembre 2006.

3.10

Il CESE si compiace dell’importanza attribuita al ricorso ad un linguaggio chiaro e comprensibile in tutte le relazioni con gli utenti finali: la strategia insiste su questo punto, poiché un simile linguaggio è uno strumento importante per guadagnare la fiducia nei servizi proposti. La legislazione dovrebbe conformarsi ai principi stabiliti nel programma «Legiferare meglio».

3.11

Il CESE sottolinea inoltre che, nell’attuare la strategia, è importante evitare di essere eccessivamente prescrittivi. È fondamentale lasciare un margine di manovra per l’adozione di soluzioni parallele o concepite «su misura» per rispondere ad obiettivi specifici o per favorire l’innovazione. Prescrivere requisiti troppo dettagliati e privi di flessibilità può rappresentare un ostacolo e, quindi, dimostrarsi controproducente.

3.12

Il CESE prende atto con piacere dell’importanza attribuita alla questione del finanziamento, come pure della volontà della Commissione di mettere a disposizione risorse finanziarie a titolo di fondi dell’UE — come il meccanismo per collegare l’Europa, il FEIS e i fondi SIE — per la diffusione di quei servizi C-ITS che sono già pronti a livello operativo, e finanziamenti a titolo del programma Orizzonte 2020 per i servizi C-ITS che sono ancora in fase di sviluppo. Il CESE sottolinea l’importanza di valutare il valore aggiunto dei progetti per garantire che le limitate risorse disponibili vengano utilizzate nel miglior modo possibile. A questo proposito, il CESE ricorda inoltre che — come viene particolarmente messo in evidenza nella strategia in esame 1 nel settore del trasporto di merci su strada la concorrenza è forte, il che richiede prevedibilità e un margine per la pianificazione a lungo termine degli investimenti necessari per installare o ammodernare le componenti dei sistemi C-ITS.

3.13

La parte introduttiva della comunicazione sulla strategia affronta con grande attenzione il tema dello sviluppo di veicoli a guida automatica, cioè di quei veicoli che non richiedono l’intervento di un conducente per i loro spostamenti. A giudizio del CESE, tuttavia, in questo campo la strategia si limita ad esaminare la realizzazione delle comunicazioni da veicolo a veicolo e da veicolo a infrastruttura. I servizi «day 1», che verranno sviluppati nel 2019, riguardano le notifiche di punti pericolosi e le applicazioni di segnaletica, mentre i servizi «day 1,5» riguardano la pianificazione della rete stradale, le informazioni sulle stazioni di rifornimento e di ricarica, le informazioni sui parcheggi, ecc. Pertanto, a parere del CESE, in queste materie non entrano in alcun modo le importanti questioni della responsabilità per errori o malfunzionamenti del sistema o le altrettanto importanti questioni sociali che si presentano quando dei robot o delle macchine sostituiscono il lavoro umano, dal momento che i servizi presi in esame nella strategia saranno operati e controllati da esseri umani. Già in questa fase, tuttavia, il CESE desidera sottolineare che nello sviluppo dei sistemi C-ITS, compresi i veicoli completamente automatizzati, si dovrebbe prestare particolare attenzione alle esigenze delle persone con disabilità.

3.14

Il CESE constata con soddisfazione che le sinergie tra i vari modi di trasporto e le possibilità migliorate di mobilità/pianificazione logistica offerte da taluni servizi C-ITS e dallo sviluppo di diverse competenze consentono una visione trasversale ai vari settori del ruolo dei C-ITS nel sistema dei trasporti, conferendo una certa coerenza all’attuazione della strategia.

3.15

Inoltre, il CESE prende atto dell’analisi costi/benefici presentata nella relazione finale della piattaforma C-ITS (gennaio 2016), che prevede che la diffusione dei servizi C-ITS «day 1», se realizzata con successo nel periodo dal 2018 al 2030, potrà apportare benefici notevolmente superiori ai costi su base annua, in un rapporto di 3 a 1 considerando i costi e i benefici cumulativi nell’arco dell’intero periodo. Le conclusioni dell’analisi indicano inoltre che i benefici inizierebbero a registrarsi tra cinque e dieci anni dopo gli investimenti iniziali e che il risultato auspicato dipenderà da una forte penetrazione dei servizi. Il CESE, tuttavia, si rammarica che la Commissione europea non abbia apparentemente condotto nessuna analisi costi/benefici della strategia.

3.16

Il CESE sottolinea ancora una volta l’importanza di esercitare attivamente una costante pressione sul processo di attuazione per evitare che si ripeta quanto accaduto finora con l’infruttuoso tentativo di adottare un Sistema europeo di telepedaggio stradale, la cui attuazione era stata decisa inizialmente nel 2004 ma che, malgrado ripetuti sforzi, non è ancora entrato in vigore.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Nel prendere atto che la comunicazione fa riferimento al collegamento tra le autovetture connesse e i sistemi europei di navigazione satellitare EGNOS e Galileo, il CESE sottolinea che la capacità dei veicoli di comunicare con i sistemi di navigazione via satellite deve essere tecnologicamente neutra e che, di conseguenza, tutti i sistemi di navigazione satellitare dovrebbero poter essere connessi, sebbene, quando sia possibile, si dovrebbero privilegiare i sistemi europei.

4.2

Il CESE sottolinea l’importanza di avviare fin dalle prime fasi un dialogo con le parti sociali onde instaurare un clima di trasparenza e di fiducia. Secondo il CESE, questo è di fondamentale importanza già nell’attuale fase di realizzazione dei sistemi C-ITS, in cui sembra che le ripercussioni a livello sociale e/o sulle condizioni di lavoro saranno trascurabili o persino inesistenti, in modo tale da creare un clima di fiducia in vista dell’impatto molto più sostanziale che sarà generato dall’introduzione delle autovetture automatiche. In tale contesto, il CESE richiama inoltre l’attenzione sull’importanza della tutela della vita privata e sull’esigenza che i relativi dati non siano utilizzati, senza previo consenso, per scopi diversi da quelli previsti per i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi. Sarebbe opportuno elaborare in materia un quadro chiaramente definito e giuridicamente vincolante.

4.3

Il CESE si compiace dell’attenzione accordata alla sicurezza, con particolare riguardo al rischio di pirateria informatica e di attacchi informatici. Il CESE ritiene che si tratti di una questione della massima importanza, ed è essenziale che siano applicate norme di sicurezza egualmente elevate in tutti gli Stati membri, e negli accordi di cooperazione eventualmente conclusi con paesi terzi. Il CESE fa presente che introdurre un obbligo di dare pubblicità a misure relative alla sicurezza può pregiudicare la finalità stessa di tali sistemi.

4.4

Il CESE sottolinea l’importanza della continuità nell’attuazione dei sistemi di comunicazione al fine di evitare, per quanto possibile, le perdite di investimenti.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio GU L 207 del 6.8.2010, pag. 1 e GU C 277 del 17.11.2009, pag. 85.

(2)  GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31, GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1 e GU C 229 del 31.7.2012, pag. 90.

(3)  Decisione 2008/671/CE della Commissione (GU L 220 del 15.8.2008, pag. 24).


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/91


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul mercato interno dell’energia elettrica (rifusione)»;

[COM(2016) 861 final – 2016-379-COD

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2005/89/CE»;

COM(2016) 862 final – 2016-377-COD

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (rifusione)»;

COM(2016) 863 final – 2016-378-COD

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (rifusione)»

COM(2016) 864 final – 2016-380-COD]

(2017/C 288/13)

Relatore:

Alfred GAJDOSIK

Consultazione

Parlamento europeo, 16.1.2017

Consiglio dell’Unione europea, 19.1.2017

Base giuridica

Articolo 194, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

16.5.2017

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

185/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione relative a un nuovo assetto del mercato, alla regolamentazione sulla preparazione ai rischi e a una nuova organizzazione della cooperazione fra le autorità di regolamentazione dell’energia. Esse fanno segnare un ulteriore passo avanti nell’UE nel percorso da mercati nazionali regolamentati in direzione di un approccio per l’energia elettrica basato sul mercato, in grado di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento al costo più basso possibile e rispondente agli interessi essenziali di tutti i consumatori di elettricità europei, tra cui le utenze industriali, commerciali e domestiche. Questo obiettivo potrà essere conseguito, tuttavia, solo se ci si incammina verso una maggiore elettrificazione dell’economia, che costituisce il modo più efficiente e flessibile per la sua realizzazione

1.2

In linea con precedenti pareri, il Comitato sottolinea che un corretto funzionamento dei mercati dell’elettricità è un presupposto per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione dell’energia (1). Il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che, per il corretto funzionamento del mercato, siano necessari cambiamenti significativi dell’assetto del mercato, soprattutto visto il crescente impiego di energia elettrica da fonti rinnovabili (2). L’integrazione delle energie rinnovabili nel mercato esistente non sarà sufficiente. È necessario un nuovo mercato. Il Comitato ritiene che il pacchetto sull’assetto del mercato, nei suoi lineamenti generali, costituisca una risposta adeguata alle esigenze di cambiamento, aprendo la strada a una transizione energetica efficiente in termini di costi e finanziariamente sostenibile.

1.3

Il CESE apprezza l’impostazione generale del pacchetto sull’assetto del mercato, in particolare in riferimento agli obiettivi consistenti nel mettere i consumatori al centro del mercato dell’energia, nell’aumentare la fornitura di elettricità e nel rafforzare la cooperazione regionale. Mentre il rispettivo adeguamento delle regole di mercato e del quadro normativo rappresenta un passo importante in direzione di un approvvigionamento stabile di energia pulita per tutti i consumatori europei a prezzi quanto più bassi possibile, Ciononostante, per alcuni aspetti vi è ancora spazio per ulteriori miglioramenti. In particolare sono necessarie norme più specifiche (3).

1.4

La decarbonizzazione è uno degli obiettivi strategici dell’Unione dell’energia, e pertanto l’intenzione di stimolare gli investimenti nella decarbonizzazione del mercato dell’energia elettrica va sostenuta. Tuttavia, il modo migliore per incentivare questo processo è rappresentato da condizioni di mercato uguali e eque, vantaggiose sia per i consumatori che per la transizione ecologica. La completa internalizzazione dei costi esterni della produzione di energia elettrica convenzionale che comprende i danni risultanti dai cambiamenti climatici e i danni per la salute umana è di importanza cruciale per una decarbonizzazione efficiente ed efficace. Un’imposizione fiscale adeguata è l’approccio migliore per indirizzare gli investimenti verso l’elettricità verde.

1.5

Il CESE è un forte sostenitore dell’idea che tutti i consumatori, comprese l’industria, le imprese commerciali e le famiglie, abbiano il diritto di produrre, immagazzinare e negoziare essi stessi energia e che le comunità locali dell’energia abbiano il diritto di sostenere, sviluppare o prendere in locazione reti collettive. Sono necessarie regole più specifiche, tuttavia, per consentire di asserire tali diritti e di superare gli ostacoli esistenti (accesso alle reti, oneri di rete iniqui e sproporzionati, ostacoli giuridici e amministrativi ecc.).

1.6

Inoltre, l’obiettivo deve essere quello di fare in modo che i consumatori europei abbiano la possibilità di partecipare pienamente a tutto il mercato dell’energia elettrica e, in tal modo, alla nella negoziazione e alla fornitura di energia elettrica. Nelle proposte della Commissione non figurano norme specifiche per creare le condizioni necessarie a tale scopo. Occorre sviluppare sedi e strutture di negoziazione decentrate che aprano possibilità di scambiare direttamente anche piccole unità di energia. Se il decentramento della fornitura e della negoziazione dell’energia elettrica rappresenta un prerequisito per la piena integrazione dei consumatori nel mercato, la sua realizzazione non significa frammentare il mercato europeo dell’energia elettrica.

1.7

Mentre la Commissione affronta correttamente l’obiettivo di rafforzare i mercati a breve termine, nel lungo termine ciò non sarà sufficiente a basare gli investimenti nell’energia elettrica da fonti rinnovabili su meccanismi di mercato. A tale scopo, l’energia elettrica da fonti rinnovabili deve avere la possibilità di essere negoziata mediante contratti a termine e su derivati in mercati decentrati, cosa che sarà possibile soltanto se i prodotti di bilanciamento sono negoziati mediante opzioni di flessibilità.

1.8

Poiché in molti paesi europei il problema oggi non è la mancanza di capacità di produzione, ma l’eccesso di capacità, i meccanismi di regolazione della capacità per la generazione di energia elettrica convenzionale dovrebbero essere utilizzati solo come soluzione di breve durata, se i prodotti di bilanciamento non riescono a fornire la sicurezza di approvvigionamento necessaria, al fine di garantire la stabilità degli investimenti per tutti i partecipanti al mercato.

1.9

Il CESE ricorda che il problema della povertà energetica deve essere preso in considerazione per la futura politica diretta a realizzare una società a basse emissioni di carbonio. Il prosumo può essere una strategia per affrontare questo problema, purché i consumatori vulnerabili siano messi in grado di accedere al capitale necessario con prestiti pubblici o con l’aiuto di comuni, regioni o altri soggetti, come le ONG.

1.10

Il CESE sottolinea che, data la tipica minor scala di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e da cogenerazione in centrali termoelettriche a blocco, sta assumendo sempre maggiore importanza l’esistenza di reti di distribuzione ben funzionanti, moderne ed intelligenti. Le norme nazionali devono consentire e incoraggiare i gestori delle reti ad effettuare gli investimenti necessari. Inoltre, sono necessari investimenti per migliorare l’interconnessione delle reti elettriche nazionali. Questi due elementi contribuiranno a garantire l’approvvigionamento energetico e creeranno nuovi posti di lavoro in Europa.

1.11

Il CESE sottolinea che per conseguire l’obiettivo di garantire elevati livelli di sicurezza della fornitura di elettricità, in un contesto di mercato in cui i consumatori avranno un ruolo centrale, si impongono l’uso intensivo delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione), nuove metodologie di pianificazione e nuovi strumenti di utilizzazione del sistema elettrico, che tutti insieme permetteranno, in tempo reale, di individuare i bisogni dei consumatori e delle reti, il che presuppone un considerevole investimento nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (cfr. punto 3.13).

1.12

In termini di flessibilità, di mobilità elettrica, di stoccaggio e di altre opzioni di bilanciamento, il CESE appoggia la posizione della Commissione di concedere una prerogativa agli attori di mercato indipendenti per sviluppare tali importanti mercati prima che gli operatori di rete siano autorizzati a assumere un ruolo di gestore o operatore dei rispettivi impianti.

2.   Contenuto delle comunicazioni della Commissione

2.1

Nel pacchetto proposto, la Commissione segnala che conseguire gli obiettivi dell’Unione dell’energia presuppone una riforma profonda del mercato dell’elettricità. L’integrazione delle energie rinnovabili nel mercato esistente non sarà sufficiente. È necessario un nuovo mercato.

2.2

La Commissione europea articola la sua nuova politica di mercato intorno a due principi:

vanno applicate nuove regole di mercato che riflettano le principali caratteristiche delle energie rinnovabili, vale a dire il decentramento e la flessibilità, e che contribuiscano a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento e l’efficacia in termini di costi,

i consumatori dovrebbero essere al centro del nuovo mercato dell’energia.

2.3

La proposta della Commissione si concentra anche sulla questione di come rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento attraverso un approccio di preparazione ai rischi.

2.4

Un quarto aspetto è una riforma della vigilanza regolamentare, con la ridefinizione del ruolo e delle competenze dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER).

Dato l’approccio settoriale, il presente parere esaminerà in primo luogo i testi legislativi sotto il profilo della loro aderenza ai principi esposti al punto 2.2. Poiché, a giudizio del CESE, tale questione è principalmente trattata nei documenti relativi al mercato interno dell’energia elettrica (COM(2016) 861 final e COM(2016) 864 final), il presente parere si concentra in particolare su questi due documenti.

3.   Osservazioni generali sull’assetto del mercato

3.1

Per decarbonizzare il sistema energetico nel suo complesso, compresi i settori del riscaldamento e della mobilità, la quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dell’energia elettrica deve essere corrispondentemente aumentata in tutta l’UE. Su questo sfondo, l’approccio della Commissione è fondamentalmente corretto: il mercato europeo dell’elettricità deve essere sviluppato in modo tale che sia compatibile con le energie rinnovabili. Il CESE ritiene che questa chiara impostazione rappresenti una tappa importante per realizzare un mercato europeo dell’energia elettrica che aiuti a superare gli ostacoli esistenti, come i vincoli fisici dovuti alla mancanza di interconnessioni e le differenze normative e fiscali tra gli Stati membri.

3.2

Una considerazione iniziale rilevante riguarda il fatto che le energie rinnovabili variabili sono, per loro stessa natura, decentrate, in altre parole:

i parchi eolici terrestri e gli impianti fotovoltaici sono, in media, di dimensioni notevolmente inferiori rispetto a quelle delle unità di produzione convenzionali,

l’energia da fonti eoliche terrestri e da irraggiamento solare è disponibile praticamente ovunque,

essa può essere pianificata in modo da corrispondere ai consumi, se sono presenti i giusti incentivi di mercato, e ciò in quanto, nonostante non si abbia il controllo delle fonti rinnovabili, è possibile prevedere la loro disponibilità con grande precisione.

Le stesse caratteristiche valgono spesso per altre tecnologie quali la cogenerazione in centrali termoelettriche a blocco, che grazie alla loro elevata efficienza svolgeranno un ruolo importante come opzioni di flessibilità e di bilanciamento nei futuri mercati dell’energia.

3.3

Da un lato, tali caratteristiche danno luogo a vantaggi specifici, che la Commissione europea cita, in una certa misura, nelle sue proposte per il nuovo assetto del mercato, d’altro canto, la proposta della Commissione potrebbe essere più coerente e concisa quando si tratta di articolare le regole di mercato intorno a tali vantaggi. In tale contesto, si richiama l’attenzione sulle posizioni formulate al riguardo dal CESE nel parere TEN/622 in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (rifusione)  (4). Il fatto che le energie rinnovabili e altre tecnologie decentrate contribuiscano in misura significativa ad aumentare la liquidità del mercato è di particolare importanza per l’assetto del mercato.

3.4

Il nuovo mercato dell’energia sarà caratterizzato, come sottolinea giustamente la Commissione, da molte più unità di produzione rispetto alla struttura di produzione convenzionale, caratterizzata dalla presenza di pochissime centrali elettriche. Di conseguenza, vi sarà un significativo aumento della molteplicità di soggetti coinvolti nella produzione di elettricità. In questo contesto è essenziale far sì che i consumatori divengano partecipanti più attivi. La produzione di elettricità e la cogenerazione da fonti rinnovabili permettono ai consumatori di diventare produttori, come la Commissione ha riconosciuto nella sua proposta.

3.5

È importante notare che l’idea di «far sì che i consumatori divengano consumatori attivi» va riferita a tutte le categorie di consumatori, inclusi i consumatori commerciali e industriali in grado di realizzare notevoli risparmi sui costi attraverso investimenti in tecnologie di produzione decentrata progettate per l’autoconsumo. La mobilitazione dei consumatori non solo porterà così a mercati dell’elettricità più liquidi, ma anche a ulteriori impulsi economici: piccole e grandi imprese potranno trarre beneficio dai vantaggi competitivi, il valore aggiunto verrà generato localmente e si potrà stimolare nuova occupazione. D’altro canto, molte famiglie non dispongono delle risorse finanziarie necessarie per diventare prosumatori. Prestiti favorevoli ai consumatori e l’aiuto attivo dei comuni e delle regioni possono dare un contributo in questo senso.

3.6

Tuttavia, l’attivazione dei consumatori è ostacolata da tre elementi.

3.6.1

In primo luogo, praticamente nessun costo esterno delle centrali a carbone e di quelle nucleari è internalizzato. Tra tali costi vanno presi in considerazione in particolare quelli per i danni alla salute e per i danni causati dai cambiamenti climatici. La mancata internalizzazione di tali costi mette le energie rinnovabili che non provocano effetti esterni comparabili in condizioni di significativo svantaggio concorrenziale. Dato che è soprattutto l’energia rinnovabile che consente ai consumatori di diventare più attivi, si deve concludere che la limitata partecipazione dei consumatori deve essere politicamente auspicabile, o almeno accettata di buon grado. In tutto il pacchetto Inverno non si fa nessuno sforzo per rettificare tale distorsione del mercato. La distorsione è ancora maggiore poiché non internalizzare i costi esterni dell’energia elettrica convenzionale accresce la necessità di sovvenzionare in misura massiccia le energie rinnovabili.

3.6.2

Vi è un’altra ragione per cui le tecnologie decentrate come le fonti di energia rinnovabili o le centrali termoelettriche a blocco sono sistematicamente svantaggiate rispetto alle centrali convenzionali. L’attuale assetto dei mercati all’ingrosso favorisce le grandi unità di produzione. Gli impianti di produzione di energia rinnovabili e le centrali termoelettriche a blocco infatti, avendo dimensioni notevolmente inferiori e non godendo delle necessarie economie di scala, subiscono uno svantaggio competitivo.

3.6.3

Infine, molti operatori minori non sono in grado di accedere ai mercati di negoziazione dell’energia a causa di restrizioni legali, regole amministrative, prescrizioni in materia di autorizzazioni e di carattere burocratico. Ciò incide sulle utenze domestiche quanto sui consumatori commerciali e perfino industriali.

3.7

Con la volontà politica di agire in tal senso, questi tre difetti dell’attuale mercato dell’elettricità potrebbero essere corretti immediatamente. Tuttavia, il CESE teme che le rispettive norme proposte dalla Commissione non siano sufficientemente chiare.

3.8

Una tassazione accurata delle emissioni di CO2, che rappresenta uno dei problemi più considerevoli dei summenzionati costi esterni, è il minimo da fare se si vuole eliminare la distorsione del mercato a favore della produzione convenzionale di energia elettrica, come descritto al punto 3.6.1 e come il CESE ha chiesto a più riprese (5).

3.9

Il mercato dell’elettricità deve essere aperto a strutture più decentrate, soprattutto in riferimento alla negoziazione, al fine di compensare gli svantaggi citati ai punti 3.6.2 e 3.6.3.

3.10

Il decentramento non deve voler dire la frammentazione del sistema elettrico europeo. La tesi della Commissione secondo cui si dovrebbe consentire all’energia elettrica di circolare liberamente «dove e quando ve ne è una maggiore necessità» è sostanzialmente esatta. Tuttavia, sono necessari ingenti investimenti per migliorare le interconnessioni delle reti nazionali e va sviluppato un modello di rifinanziamento che non comporti oneri eccessivi per i consumatori.

3.11

La produzione di energia elettrica basata sulla domanda, anche con l’ausilio delle opzioni di flessibilità e di bilanciamento come lo stoccaggio in batteria, la produzione combinata di calore ed elettricità, la conversione dell’elettricità in gas («power-to-gas») e l’integrazione tra veicoli elettrici e rete («vehicle-to-grid»), rappresenta l’approccio migliore per mantenere al minimo i costi dell’espansione delle reti. Ciò spiega perché il prosumo, cioè le operazioni dirette tra produttori di elettricità e consumatori di energia, e il rafforzamento della responsabilità in materia di bilanciamento proposti dalla Commissione sono strumenti importanti che contribuiscono a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento.

3.12

La proposta della Commissione riflette in linea generale questi meccanismi. Il CESE accoglie con favore questo approccio che avrà un impatto positivo in particolare su mercati dell’energia elettrica non sufficientemente sviluppati che soffrono di eccesso di regolamentazione in alcuni Stati membri.

3.13

In tale contesto, la proposta della Commissione, tuttavia, ignora largamente il potenziale della digitalizzazione. Grazie alla digitalizzazione, i dati di consumo e di produzione possono essere registrati elettronicamente in modo molto dettagliato, fino alle unità più piccole (vale a dire i singoli chilowatt). La registrazione di profili di consumo specifici e individuali mediante contatori intelligenti e, in futuro, attraverso l’Internet degli oggetti, insieme con la molteplicità di partecipanti al processo di produzione, dà, letteralmente, a ogni consumatore la possibilità di diventare il gestore del proprio bilanciamento. I programmi di istruzione e formazione sono importanti per mettere in grado il maggior numero possibile di consumatori di svolgere questo ruolo, eliminando così lo svantaggio strutturale (vale a dire la limitata liquidità del mercato) delle forme decentrate di negoziazione, come le operazioni tra pari (peer to peer).

3.14

Come primo passo, le norme per il bilanciamento dell’energia elettrica (articoli 4 e 5 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final) dovrebbero essere adeguate in modo tale che le unità di misura dell’energia possano essere registrate con un elevato grado di precisione temporale. Dovrebbero essere istituiti specifici mercati a breve termine per la negoziazione di questi quantitativi di energia molto ridotti. Gli articoli 6 e 7 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final dovrebbero essere modificati di conseguenza.

3.15

Purtroppo, la Commissione europea non ha proposto alcuna iniziativa in tal senso. Invece, l’articolo 3 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final prevede che la partecipazione al mercato dei consumatori e delle piccole imprese sia consentita tramite aggregatori. L’esistenza degli aggregatori è giustificata principalmente dagli effetti di portafoglio e dai costi delle operazioni, ma se si introducesse una decentralizzazione degli scambi dell’energia elettrica questi costi verrebbero meno, aprendo la possibilità per i consumatori e le piccole imprese, che volessero avere un ruolo attivo e fossero in grado di farlo, di partecipare pienamente e direttamente al mercato dell’energia elettrica. È significativo il fatto che la Commissione europea non faccia alcun riferimento agli scambi di energia elettrica quando si parla di «piano di parità» all’articolo 3, paragrafo 1, lettera i).

3.16

In tale contesto, le operazioni dirette tra produttori e consumatori sembrano particolarmente promettenti da un punto di vista economico, in quanto, in un unico segnale di prezzo possono riflettere diverse componenti del prezzo che, contrariamente a quanto avviene oggi in molti Stati membri, sono in larga misura determinate dal mercato. Ad esempio, il segnale di prezzo delle operazioni dirette può riflettere una serie di fattori quali:

un contributo forfettario per il finanziamento dell’infrastruttura di rete,

un contributo dinamico, specifico per ogni operazione che riflette la fruizione di servizi ausiliari necessari per la specifica operazione nella rete elettrica,

un premio di capacità diretto a finanziare gli impianti di produzione, di stoccaggio e di conversione dell’elettricità, che può essere negoziato tra i partecipanti all’operazione.

3.17

In alcuni Stati membri (per esempio nei Paesi Bassi e in Estonia) si stanno sviluppando modelli aziendali per la negoziazione decentrata di elettricità, ma in diversi mercati extraeuropei ne esistono di molto ambiziosi che sono già in uso, per esempio negli Stati Uniti e in Australia. Si tratta chiaramente di una tendenza a livello mondiale. L’Europa potrà sfruttare al massimo le sue opportunità di esportazione sui mercati mondiali dell’energia soltanto se le imprese europee svilupperanno modelli convincenti per la negoziazione decentrata e digitalizzata di energia elettrica. Ma l’Unione europea dovrebbe anche dare alle sue imprese l’occasione per mettere in pratica questi modelli in primo luogo nei loro mercati interni.

4.   Osservazioni specifiche in merito a determinati aspetti della proposta di direttiva COM(2016) 864 final, nonché sulle proposte di regolamento COM(2016) 861 final, COM(2016) 862 final e COM(2016) 863 final

4.1

Il CESE accoglie con favore il chiaro impegno della Commissione europea a decarbonizzare il mercato dell’energia elettrica. Date le argomentazioni di cui al punto 3.6, però, la restrizione del dispacciamento prioritario, come indicato all’articolo 11 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final, rende più difficile conseguire tale obiettivo, almeno finché non vi sia una completa internalizzazione dei costi esterni della produzione convenzionale di energia elettrica. Mentre è corretto stabilire la neutralità tecnologica come principio di base per la gestione del dispacciamento, questo presuppone un contesto operativo uniforme. A causa della mancata internalizzazione dei costi esterni della produzione convenzionale di energia elettrica, non vi è un contesto uniforme. Prima di cercare di limitare severamente il dispacciamento prioritario, come previsto nella proposta della Commissione, si deve procedere a una completa internalizzazione dei costi esterni.

4.2

Di conseguenza, occorre prevedere che il dispacciamento prioritario sia mantenuto per un periodo di tempo limitato in tutti gli Stati membri con una quota di energie rinnovabili inferiore al 15 %. Gli Stati membri con una percentuale più elevata dovrebbero presentare per esame alla Commissione europea un quadro di dispacciamento corrispondente. Tale quadro di dispacciamento non dovrebbe falsare il meccanismo di libero mercato per le opzioni di flessibilità a basse emissioni di carbonio ed efficaci sotto il profilo dei costi. La Commissione europea dovrebbe esaminare tale quadro di riferimento per valutare se esso sia in grado di sostenere la decarbonizzazione.

4.3

In ogni caso, al fine di allineare la politica, i valori «de minimis», di cui all’articolo 11, paragrafo 3, della proposta di regolamento COM(2016) 861 final dovrebbero essere sostituiti con le rispettive cifre fornite (paragrafi 125 e 127 — Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia (6)) al fine di consentire ai piccoli partecipanti al mercato di continuare ad avere una possibilità di operare in un contesto di concorrenza leale.

4.4

Le norme in materia di ridispacciamento e riduzione conformemente all’articolo 12 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final costituiscono un ulteriore ostacolo all’obiettivo della decarbonizzazione. Dal momento che le centrali elettriche a carbone, in particolare, hanno costi di avvio e di spegnimento relativamente elevati, i gestori di tali impianti terranno conto di questi costi nelle loro offerte di ridispacciamento. Gli impianti di energia eolica e solare non presentano tali costi. Il risultato è che gli impianti di energia eolica e solare sono più frequentemente staccati dalla rete, fatto che rappresenta un passo indietro per l’Europa in termini di decarbonizzazione. Pertanto, il ridispacciamento basato sul mercato dovrebbe essere limitato all’energia non rinnovabile.

4.5

Il CESE concorda con la Commissione europea sulla necessità di evitare, nell’interesse dei consumatori, distorsioni del mercato e incoraggia la Commissione europea a fare di più per prevenire le distorsioni di mercato attuali e future. I meccanismi di regolazione della capacità per le centrali convenzionali, di cui al regolamento COM(2016) 861 final, potrebbero comportare ulteriori gravi distorsioni di mercato, come ammette la stessa Commissione europea. Tali meccanismi devono pertanto essere considerati come ultima opzione per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e come una soluzione a breve termine. Vi è un’urgente necessità di norme molto più specifiche che stabiliscano quando i meccanismi di regolazione della capacità sono ammissibili.

4.6

Occorre ricordare che l’energia elettrica da fonti rinnovabili intermittenti (energia eolica e solare) in quanto tale non può partecipare ai meccanismi di regolazione della capacità e non può essere negoziata sui mercati a termine. Se è quindi corretto rafforzare la negoziazione del giorno prima e infragiornaliera, la specifica struttura dei costi dell’energia solare ed eolica (vale a dire il costo marginale pari a zero) significa che questo non condurrà a un rifinanziamento degli investimenti e delle energie rinnovabili. L’energia elettrica da fonti rinnovabili deve avere la possibilità di essere negoziabile sui mercati a termine. Il solo modo immaginabile per raggiungere questo obiettivo è quello di collegare le energie rinnovabili alle opzioni di bilanciamento e flessibilità. Oltre allo stoccaggio in batteria, ciò comprende principalmente opzioni tecniche quali la conversione di elettricità in calore e di elettricità in gas (7).

4.7

Tuttavia, vi sono barriere normative significative a livello di Stati membri e, di conseguenza, i prodotti di bilanciamento attualmente non sono sviluppati in modelli aziendali. I testi legislativi sull’assetto del mercato non offrono soluzioni in tal senso. Come minimo, il testo dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera f), della proposta di regolamento COM(2016) 861 final dovrebbe essere completato precisando che le regole di mercato e il quadro di dispacciamento che deve essere istituito dagli Stati membri dovrebbero fornire un incentivo all’utilizzo delle opzioni di flessibilità. Ciò può anche contribuire a risolvere/evitare le strozzature.

4.8

In questo contesto, il CESE chiede di stabilire priorità chiare. Dovrebbe essere possibile avvalersi di meccanismi di regolazione della capacità per le centrali elettriche convenzionali soltanto se gli Stati membri sono in grado di dimostrare che le strozzature in termini di capacità non possono essere corrette mediante il bilanciamento (energia elettrica da fonti rinnovabili con l’ausilio di opzioni di flessibilità). Tale obbligo dovrebbe essere inserito nell’articolo 8 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final e l’articolo 14 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final dovrebbe essere modificato di conseguenza.

4.9

Tali sistemi di bilanciamento offrono altri due vantaggi. Essi, rendendo l’energia elettrica da fonti rinnovabili negoziabile sul mercato a termine, sono attualmente l’unica opzione che promette la rifinanziabilità sul mercato degli investimenti in impianti per le energie rinnovabili. In secondo luogo, presentano un orientamento verso il livello locale, avvalendosi del fatto che l’energia rinnovabile è disponibile praticamente ovunque (cfr. punto 3.2) e, quindi, aumentando il valore aggiunto locale delle fonti di energia rinnovabili.

4.10

Se sono disponibili gli incentivi appropriati basati sul mercato, la produzione decentrata di elettricità può alleggerire il carico della rete. Tuttavia non è così. Il calcolo dei corrispettivi di rete (COM(2016) 861 final, articolo 16), almeno, dovrebbe essere modificato in modo da fornire un incentivo per una produzione localizzata in prossimità dei consumatori che rifletta l’utilizzo effettivo. In generale i costi specifici di rete delle operazioni di generazione e consumo individuale possono essere accertati usando contatori intelligenti e il criterio di rispecchiare l’utilizzo effettivo suggerisce che essi dovrebbero rappresentare la base del calcolo dei corrispettivi di rete.

4.11

Una produzione di elettricità sintonizzata sul consumo è inoltre agevolata dalla determinazione di precise zone di prezzo. Di conseguenza, il CESE sostiene appieno le posizioni in materia esposte al considerando 14 e all’articolo 13 della proposta COM(2016) 864 final. Ma se la richiesta formulata al punto 4.10 non è accolta, i guadagni di efficienza ottenuti grazie a zone di prezzo più precise potrebbero essere annullati e andare persi a causa di corrispettivi di rete fissati in un modo che non riflette l’utilizzo effettivo. Un parametro di riferimento europeo per l’imposizione fiscale dei prodotti energetici, che rafforzi i segnali di prezzo, potrebbe essere di ulteriore aiuto.

4.12

La determinazione di zone di prezzo più precise non deve essere erroneamente interpretata come una decisione di abbandonare l’idea della necessità di una rete europea ben interconnessa, che costituisce il modo migliore per conseguire un livello elevato di sicurezza dell’approvvigionamento in modo efficiente sotto il profilo dei costi.

4.13

Come osservato nel punto 3.14, l’apertura della negoziazione di energia elettrica ai consumatori e ai prosumatori è importante per la piena partecipazione al mercato dell’energia. L’articolo 3 della proposta di regolamento COM(2016) 864 final dovrebbe essere pertanto chiarito. La partecipazione dei consumatori, che è limitata all’articolo 3, paragrafo 1 alla generazione, allo stoccaggio e alla mobilità elettrica, deve comprendere anche la negoziazione di elettricità. All’articolo 3, paragrafo 2, le barriere all’entrata nel mercato dovrebbero essere definite in modo più chiaro. In base al punto 3.6.3 del presente parere, tali ostacoli sono costituiti principalmente dalle economie di scala e da ostacoli amministrativi.

4.14

Un modo che gli Stati membri possono impiegare per ridurre tali ostacoli è quello di istituire strutture di negoziazione speciali per i piccoli produttori, i consumatori e i prosumatori. Il controllo dell’attuazione di tale condizione dovrebbe spettare all’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia. Inoltre, norme contabili semplificate per le associazioni tra produttori e consumatori di piccole dimensioni potrebbero essere incorporate nell’articolo 4 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final. Infine, la parola «negoziare» dovrebbe sostituire il termine «vendere» all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), della proposta di direttiva COM(2016) 864 final.

4.15

Per quanto riguarda la povertà energetica (considerando 14 e articolo 5 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final e articoli 28 e 29 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final), il CESE ha già sottolineato a più riprese che la povertà energetica è un problema che va risolto e che le future iniziative politiche a favore di una società decarbonizzata devono tenerne conto. A questo proposito, il CESE ribadisce la posizione sostenuta nel suo precedente parere sull’argomento (8). A questo riguardo, il CESE sostiene altresì la posizione della Commissione e le proposte specifiche. Tuttavia, il CESE sottolinea il suo punto di vista, espresso in precedenti pareri (9), secondo cui le energie rinnovabili e il prosumo in particolare possono, in determinate circostanze, costituire un metodo sostenibile per evitare il fenomeno di una povertà energetica persistente se si forniscono ai consumatori vulnerabili prestiti pubblici e un migliore accesso al capitale, con l’aiuto di enti locali, come regioni o comuni, o di soggetti privati, come le ONG. L’importanza delle norme in materia di consumatori attivi e delle collettività dell’energia a livello locale, di cui agli articoli 15 e 16 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final, dovrebbe inoltre essere intesa in questo contesto. Il prosumo come una possibile soluzione per evitare la povertà energetica dovrebbe essere espressamente menzionato all’articolo 5, paragrafo 2, della proposta di direttiva COM(2016) 864 final.

4.16

Per quanto riguarda i diritti dei consumatori, il CESE accoglie con favore il fatto che alla responsabilizzazione e alla tutela dei consumatori sia dedicato un capo nella proposta di direttiva COM(2016) 864 final. L’articolo 10 dovrebbe anche stabilire esplicitamente che i consumatori devono avere il diritto sia di esprimere preferenze specifiche riguardo alla loro fornitura di energia elettrica sia di assicurare che tali preferenze siano rispettate. Il testo dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera b) andrebbe completato nel senso che i corrispettivi di rete devono essere specifici, in modo che ai consumatori possano essere imputati solo i costi di rete specifici che sono stati determinati dalle loro proprie attività, vale a dire dalla produzione, dallo stoccaggio, dal consumo o dallo scambio di energia elettrica. Inoltre, il sistema di tariffe di rete dovrebbe incentivare le attività che sono «compatibili con la rete» come trasferimento del carico, autoconsumo, o stoccaggio. Gli Stati membri devono indicare le modalità di calcolo di tali corrispettivi di rete in base all’utilizzo effettivo. In tale contesto è fondamentale che vi sia prevedibilità affinché i consumatori possano effettuare i loro investimenti.

4.17

Il CESE si compiace del fatto che l’articolo 16 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final definisca le collettività dell’energia locali (o comunità dell’energia locali) e conferisca loro diritti corrispondenti, come il Comitato ha chiesto nel suo parere L’energia e le cooperative energetiche dei prosumatori: opportunità e sfide negli Stati membri dell’UE  (10). Ciò detto, gli oneri di cui all’articolo 16, paragrafo 1, lettera d) devono riflettere l’utilizzo effettivo, vale a dire essere fissati secondo lo stesso principio indicato al punto 4.16 del presente parere, in relazione all’articolo 15 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final.

4.18

Pur approvando il fatto che tali comunità dell’energia siano autorizzate a gestire le proprie reti, il CESE sostiene che esse devono inoltre essere abilitate ad operare come fornitori di base. In tali casi ad esse si applicano tutte le norme sui corrispondenti compiti.

4.19

In riferimento agli articoli 15 e 16 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final è opportuno un avvertimento: affinché i consumatori divengano soggetti più attivi e si creino comunità dell’energia locali è necessario che le energie rinnovabili siano usate. Se i problemi illustrati al punto 3.6 e le carenze riscontrate nella proposta sulle energie rinnovabili (11) non trovano soluzione, sia la mobilitazione dei consumatori che le comunità locali per l’energia saranno notevolmente indebolite o addirittura compromesse.

4.20

In riferimento ai dati provenienti dalla misurazione intelligente: come specificato al punto 3.13 del presente parere, la digitalizzazione rappresenta una grande opportunità. Essa comporta però alcuni rischi in termini di protezione e sicurezza dei dati. Il CESE apprezza il fatto che la Commissione europea affronti la questione negli articoli da 19 a 23 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final.

4.21

Il CESE approva il fatto che la Commissione conceda la dovuta importanza a una protezione efficace dei dati generati dai contatori intelligenti e che le norme UE in materia di protezione dei dati si applichino anche ai dati relativi al consumo di energia elettrica. Tuttavia, non si è prestata attenzione alle questioni della gestione e della proprietà dei dati, nonché a quella dei dati aperti. L’articolo 23 dovrebbe pertanto garantire che, senza compromettere la protezione dei dati e il diritto alla privacy, i dati siano accessibili a tutte le parti interessate in forma anonima e sufficientemente aggregata. Per attivare l’intero potenziale della digitalizzazione, sono necessari programmi di istruzione e di formazione che affrontino il problema dell’analfabetismo digitale e l’esclusione dei consumatori.

4.22

In ordine al ruolo dei gestori delle reti: il decentramento in generale comporta che le reti di distribuzione acquisiranno importanza strategica al pari dell’interconnessione delle reti nazionali. È di fondamentale importanza che gli Stati membri elaborino un quadro che offra agli operatori di rete incentivi efficaci ed efficienti per gli investimenti destinati a migliorare le reti elettriche europee. Ciò permetterà inoltre di stimolare la crescita economica e creare posti di lavoro supplementari. In questo contesto, il CESE sostiene la proposta della Commissione di rafforzare le competenze dell’ACER che dovrebbe monitorare le politiche nazionali a tale riguardo.

4.23

Gli articoli 32, 33 e 36, della proposta di direttiva COM(2016) 864 final conferiscono ai gestori dei sistemi di distribuzione diritti condizionati per quanto concerne il funzionamento delle opzioni di flessibilità e dei punti di ricarica per i veicoli elettrici. Il CESE accoglie con favore il rapido progresso in termini di flessibilità, mobilità elettrica e penetrazione sul mercato degli impianti di stoccaggio ma è importante che la prerogativa per attori del mercato indipendenti proposta dalla Commissione diventi effettiva e sia rispettata dai gestori del sistema di distribuzione e dalle autorità nazionali di regolamentazione. Lo stesso vale per la gestione dello stoccaggio da parte dei gestori dei sistemi di trasmissione (articolo 54 della proposta di direttiva COM(2016) 864 final).

4.24

La creazione di un organismo europeo per i gestori dei sistemi di distribuzione (Ente europeo dei gestori dei sistemi di distribuzione), di cui all’articolo 50 della proposta di regolamento COM(2016) 861 final, non dovrebbe tradursi in una definizione autonoma dei codici di rete, in quanto ciò rafforzerebbe ulteriormente il potenziale potere di mercato dei gestori dei sistemi di distribuzione. La responsabilità di sviluppare un quadro adeguato dovrebbe essere attribuita all’ACER, e i regolatori nazionali dovrebbero essere rafforzati sotto questo aspetto.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 383 del 17.11.2015, pag. 84, e GU C 264 del 20.7.2016, pag. 117.

(2)  Cfr. anche il parere TEN/626 Stato dell'Unione dell'energia 2016 (cfr. pagina 100 della presente Gazzetta ufficiale).

(3)  Cfr. anche il parere TEN/624 Pacchetto Energia pulita per tutti (non ancora pubblicato nella GU).

(4)  Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

(5)  GU C 82 del 3.3.2016, pag. 13.

(6)  GU C 200 del 28.6.2014, pag. 1.

(7)  GU C 82 del 3.3.2016, pag. 13.

(8)  GU C 341 del 21.11.2013, pag. 21.

(9)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 1; GU C 34 del 2.2.2017, pag. 44; GU C 82 del 3.3.2016, pag. 13.

(10)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 44.

(11)  Cfr. anche il parere TEN/622 in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (rifusione) (non ancora pubblicato nella GU).


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/100


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Seconda relazione sullo Stato dell'Unione dell'energia»

[COM(2017) 53 final]

e sulla «Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni -— Relazione sui progressi compiuti in materia di energie rinnovabili»

[COM(2017) 57 final]

(2017/C 288/14)

Relatrice:

Tellervo KYLÄ-HARAKKA-RUONALA

Consultazione

Commissione europea, 17/02/2017

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

16/05/2017

Adozione in sessione plenaria

31/05/2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

190/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la seconda relazione sullo stato dell'Unione dell'energia, che rientra nel processo di monitoraggio dell'attuazione e dello sviluppo della strategia relativa a tale Unione. Il CESE ribadisce il suo appello a favore di un intenso dialogo sull'energia con la società civile a livello europeo, nazionale, regionale e locale, al fine di facilitare e promuovere misure concrete per un'Unione dell'energia forte.

1.2

Il CESE ha sempre considerato l'idea dell'Unione dell'energia estremamente importante per il successo dell'Unione europea. I progressi dovrebbero quindi essere valutati non solo ai fini della costruzione dell'Unione dell'energia in quanto tale, ma anche in termini di vantaggi per i cittadini e le imprese, comprese le PMI.

1.3

Il CESE invita dunque la Commissione a monitorare i progressi sotto diversi profili, e più precisamente in termini di benefici economici, sviluppo dell'occupazione, miglioramento della vita quotidiana dei cittadini, sistema energetico in sé, fattori politici e sociali e utilizzo degli strumenti politici.

1.4

Il CESE chiede che le iniziative finora avviate siano adottate senza ritardo e, soprattutto, applicate con tempestività sia a livello UE che negli Stati membri. I piani nazionali sono di fondamentale importanza, e gli Stati membri sono tenuti a prendere in considerazione le inevitabili conseguenze delle loro misure su altri paesi.

1.5

Il CESE fa notare che, nonostante i progressi compiuti, vi sono ancora notevoli carenze per quanto riguarda le infrastrutture energetiche e i mercati dell'energia. Un'infrastruttura e una capacità di produzione energetica sufficienti e affidabili, nonché mercati energetici ben funzionanti, sono, insieme all'efficienza energetica, i principali fattori che contribuiscono alla sicurezza energetica. A tal fine, occorre portare avanti le iniziative di cooperazione regionale e sviluppare le fonti di energia interne diversificando al tempo stesso la provenienza geografica delle importazioni di energia.

1.6

Il CESE sottolinea l'importanza di continuare a garantire uno sviluppo positivo in materia di energie rinnovabili. I notevoli cambiamenti indotti nel sistema dell'energia elettrica dal rapido aumento della produzione di energia a partire da fonti rinnovabili, decentrate e variabili richiedono un'attenzione specifica e devono essere gestiti in modo efficace.

1.7

Il CESE accoglie con favore la seconda fase del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) in quanto costituisce un'opportunità per stimolare gli investimenti pubblico-privati. Per quanto riguarda gli investimenti privati, gli attuali incentivi di mercato sono deboli, in gran parte a causa dell'incoerenza delle politiche. Per incoraggiare gli investitori privati, è essenziale garantire un contesto prevedibile per gli investimenti stessi, nel quale è di cruciale importanza che le decisioni politiche e la normativa siano stabili e a lungo termine.

1.8

Il CESE chiede alla Commissione di effettuare una valutazione globale degli attuali strumenti della politica volta a ridurre le emissioni di carbonio, al fine di garantire che si utilizzino gli strumenti adatti per realizzare gli obiettivi nel modo più efficiente possibile. Occorrerebbe concentrare maggiori sforzi sulla soluzione dei problemi relativi agli oneri fiscali e di altro tipo che fanno lievitare i prezzi al consumo, come pure sulle sovvenzioni che distorcono i mercati dell'energia e sui segnali di investimento.

1.9

L'Unione dell'energia può essere portatrice di vantaggi sociali attraverso la creazione di posti di lavoro e l'utilizzo diretto e indiretto di energia da parte dei cittadini nelle loro attività quotidiane. Tuttavia, il conseguimento di un sistema energetico a basse emissioni di carbonio costituisce una sfida enorme, che deve essere gestita in modo tale da assicurare una transizione equa.

1.10

Per quanto riguarda la leadership globale della transizione verso l'energia pulita, l'UE dovrebbe compiere ogni sforzo per massimizzare la sua impronta globale positiva in materia di carbonio (carbon handprint) anziché concentrarsi unicamente sulle proprie emissioni. Questo implica la necessità di valorizzare il ruolo dell'innovazione e delle politiche commerciali e di investimento, come pure di promuovere una tariffazione globale del carbonio.

2.   Contesto

2.1

Il presente parere concerne la seconda relazione della Commissione sullo stato dell'Unione dell'energia e i relativi allegati, come pure la relazione della Commissione sui progressi nel campo delle energie rinnovabili. Tali documenti illustrano i progressi compiuti nei diversi ambiti dell'Unione dell'energia e al tempo stesso evidenziano le questioni ancora aperte e i settori in cui sono necessari ulteriori interventi.

2.2

La relazione principale valuta lo stato dell'Unione dell'energia dai seguenti punti di vista: la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio che sia efficiente tanto sul piano energetico che su quello dell'uso delle risorse, i consumatori in quanto protagonisti, la creazione di infrastrutture adeguate alle esigenze future, la sfida degli investimenti e una forte dimensione esterna per l'Unione dell'energia. La relazione esamina la situazione per quanto riguarda i cinque pilastri dell'Unione dell'energia, vale a dire la sicurezza energetica, il mercato europeo dell'energia, l'efficienza energetica, la decarbonizzazione e infine la ricerca, l'innovazione e la competitività.

2.3

La relazione prospetta inoltre un nuovo programma di visite dedicate all'Unione dell'energia che la Commissione dovrebbe effettuare negli Stati membri. Dette visite sono connesse con la preparazione dei piani nazionali per l'energia e il clima e dovrebbero riguardare anche gli attori locali.

2.4

La seconda relazione, relativa ai progressi nel campo delle energie rinnovabili, descrive la situazione negli Stati membri e in settori diversi, ad esempio l'elettricità, il riscaldamento e raffreddamento e i trasporti. Essa, inoltre, passa in rassegna gli ostacoli amministrativi che si frappongono all'introduzione di progetti nel campo delle energie rinnovabili e valuta la sostenibilità dei biocarburanti e della bioenergia.

2.5

Per quanto riguarda il futuro, le relazioni fanno riferimento alle misure proposte dalla Commissione nel suo pacchetto «Energia pulita per tutti gli europei» del novembre 2016. La relazione principale comprende anche una versione aggiornata della tabella di marcia per l'Unione dell'energia, basata sulla tabella di marcia iniziale della strategia quadro per l'Unione dell'energia del 2015.

3.   Osservazioni sull'idea stessa di Unione dell'energia

3.1

Il CESE ha sempre considerato l'idea dell'Unione dell'energia estremamente importante per il successo dell'Unione europea. A tal fine, l'Unione dell'energia dovrebbe rispondere ai bisogni dei cittadini e delle imprese europee.

3.2

Una delle idee fondamentali alla base dell'Unione dell'energia è quella di ottenere il massimo beneficio dalla cooperazione tra gli Stati membri. La coerenza e l'unità sul piano delle politiche sono prerequisiti indispensabili per realizzare passi avanti significativi, e questo vale sia per lo sviluppo del mercato unico dell'energia sia per le relazioni esterne in campo energetico.

3.3

Tutto ciò risulta ancor più importante ora che l'UE deve far fronte a una serie di incertezze, rischi e minacce a livello globale, mentre nei singoli Stati membri emergono tendenze nazionalistiche e protezionistiche che potrebbero mettere a repentaglio i progressi compiuti e da compiere riguardo al mercato unico dell'energia. Nella migliore delle ipotesi, l'Unione dell'energia potrebbe contribuire in maniera rilevante a rendere l'UE più unita e coesa, conferendole così maggiore forza sul piano globale.

3.4

Nello stesso settore dell'energia, gli sviluppi verificatisi all'interno e all'esterno dell'UE hanno reso l'Unione dell'energia sempre più importante. Sul piano interno, l'interdipendenza tra gli Stati membri e le ripercussioni reciproche delle loro decisioni in materia di energia sono di tutta evidenza nella vita di ogni giorno, mentre lo scenario dell'energia a livello internazionale è persino più imprevedibile.

3.5

Il CESE concorda con l'osservazione della Commissione secondo cui la portata dell'Unione dell'energia va al di là dei settori energico e climatico. L'Unione dell'energia, infatti, è una delle componenti fondamentali dello sviluppo economico, della creazione di posti di lavoro e del benessere dei cittadini. Nel complesso, si tratta di una questione di sostenibilità dell'UE in termini di benefici economici, sociali e ambientali.

3.6

L'Unione dell'energia è in grado di produrre benefici economici in diversi modi: attraverso le attività economiche che creano valore aggiunto utilizzando l'energia come fattore di produzione, attraverso il settore energetico in quanto tale e attraverso gli operatori economici che offrono soluzioni energetiche e climatiche, siano esse tecnologie, servizi o nuovi modelli imprenditoriali. Affinché questo si realizzi, l'Unione dell'energia deve fornire alle imprese europee un contesto stabile e favorevole, in particolare creando le condizioni affinché possano essere competitive in termini di costi e distinguersi sul piano dell'innovazione. E tutto ciò dovrebbe essere fatto al fine di dare ai produttori la possibilità e il desiderio di investire e di creare occupazione, prestando un'attenzione specifica al potenziale delle PMI.

3.7

I benefici sociali sono indotti dalla creazione di posti di lavoro e dall'utilizzo diretto e indiretto di energia da parte dei cittadini in un'ampia gamma di attività quotidiane. Tuttavia, il conseguimento di un sistema energetico a basse emissioni di carbonio costituisce una sfida enorme che deve essere gestita in modo tale da assicurare una transizione equa e la creazione di posti di lavoro dignitosi, specie nelle regioni che dipendono dalle attività ad alta intensità di carbonio. Il CESE sottolinea la necessità di includere misure di adattamento nei piani nazionali, e invita la Commissione ad agevolare gli sforzi in tal senso.

3.8

Avere energia a disposizione a prezzi accessibili e potervi accedere materialmente sono due elementi chiave per evitare la povertà energetica, un altro problema che impedisce ai cittadini di passare a soluzioni a basse emissioni di carbonio. L'Osservatorio della povertà energetica, inoltre, dovrebbe poter finalmente iniziare la sua attività. Come affermato dal CESE nel suo parere in merito alla prima relazione sullo stato dell'Unione dell'energia, «per i cittadini, il successo dell'Unione dell'energia si misurerà anche in base a una serie di elementi molto concreti, tra cui in particolare il livello dei prezzi, l'accesso alle reti, la sicurezza dell'approvvigionamento e l'informazione dei consumatori sui materiali utilizzati».

3.9

Per quanto riguarda i benefici per il clima, gli obiettivi energetici e climatici sono spesso considerati fini a se stessi, mentre invece devono essere intesi come dei mezzi per raggiungere un fine ultimo, che è quello di soddisfare le esigenze dei cittadini e creare un benessere economico tale da favorire nel contempo l'attenuazione dei cambiamenti climatici, in linea con i requisiti posti dall'accordo di Parigi. L'Unione dell'energia contribuisce inoltre alla riduzione dell'inquinamento atmosferico e in tal modo produce effetti positivi sulla salute.

3.10

Il CESE concorda con la Commissione nell'affermare che l'Unione dell'energia non può essere separata da altre politiche chiave europee, ad esempio in materia di digitalizzazione, mercati dei capitali e investimenti, competenze, economia circolare e sicurezza; e sottolinea inoltre lo stretto legame tra l'Unione dell'energia e le politiche dei trasporti, settore in cui gli aspetti energetici e climatici non dovrebbero essere trattati separatamente dalle questioni di mercato.

3.11

Nel complesso, il CESE sottolinea che sono le imprese, i lavoratori, i consumatori e i cittadini in generale che in concreto operano i cambiamenti. Ribadisce pertanto il suo appello affinché, anche in materia di energia, si realizzi un dialogo intenso con la società civile a tutti i livelli: a livello UE, riguardo all'elaborazione delle politiche; a livello nazionale, al momento di preparare i piani per l'energia e il clima; a livello locale, per facilitare l'elaborazione e l'adozione delle misure.

4.   Osservazioni sullo stato dell'Unione dell'energia e sulle iniziative di follow-up

4.1   Attuazione

4.1.1

La Commissione europea ha definito il 2016 un anno di realizzazioni. Ha inoltre già pubblicato la maggior parte delle iniziative programmate nell'ambito dell'Unione dell'energia. Tuttavia, molte di queste iniziative attendono ancora di essere adottate ed attuate. Il CESE chiede che esse siano adottate senza ritardo e, soprattutto, che le misure da esse previste siano applicate con tempestività sia a livello UE che negli Stati membri.

4.1.2

I piani nazionali per l'energia e il clima costituiscono un elemento essenziale del processo di attuazione della strategia relativa all'Unione dell'energia. Tenendo conto delle diverse situazioni esistenti negli Stati membri, l'elaborazione di piani nazionali risponde a un approccio razionale. Detti piani dovrebbero essere elaborati in un'ottica partecipativa e in uno spirito di collaborazione. Contemporaneamente, è importante istituire un meccanismo di governance adatto, al fine di garantire non solo che tali piani vengano applicati, ma anche che siano coerenti e in linea con gli obiettivi comuni. Occorre inoltre garantire assoluta chiarezza per quanto concerne le responsabilità e i ruoli degli Stati membri, dell'UE e degli altri soggetti.

4.1.3

Le decisioni che vengono adottate nel quadro dell'Unione dell'energia sono a lungo termine e in parte irreversibili. Per questo motivo, il CESE sottolinea la necessità di tener sempre presenti gli obiettivi a lungo termine lungo l'intero processo. Allo stesso tempo, è necessario che vi sia sufficiente flessibilità, sia a livello nazionale che europeo, considerato che non è possibile proseguire l'attuazione di misure concrete in maniera lineare di anno in anno e che condizioni sempre mutevoli richiedono risposte agili.

4.1.4

L'attuazione degli obiettivi politici e delle misure legislative non dovrebbe essere l'unico punto focale nel valutare lo stato dell'Unione dell'energia; l'attenzione andrebbe concentrata piuttosto sulla situazione reale a livello UE e nei singoli Stati membri. Ciò è particolarmente rilevante in ragione della complessità di molte delle finalità perseguite dall'Unione dell'energia, dei suoi pilastri e dei suoi obiettivi numerici. Il CESE auspica che, nella prossima relazione sui progressi dell'Unione dell'energia, la Commissione descriva i passi avanti concreti realizzati e adduca esempi dei progetti che sono stati conclusi con successo, nonché dei piani per le prossime fasi, per contribuire ad aumentare l'interconnettività, a migliorare il funzionamento dei mercati e a garantire un maggiore adeguamento sociale alla transizione.

4.1.5

Dato che di recente il CESE ha elaborato pareri sui diversi aspetti del pacchetto «Energia pulita per tutti gli europei», si fa qui riferimento a tali pareri, che offrono una visione più dettagliata della governance e dei diversi ambiti dell'Unione dell'energia.

4.2   Infrastrutture, investimenti e mercati

4.2.1

Il sistema energetico in quanto tale, che costituisce il nucleo dell'Unione dell'energia, deve funzionare e svilupparsi in modo appropriato. Esso deve soddisfare i tre obiettivi fondamentali — ossia la sicurezza energetica, la garanzia di costi e prezzi ragionevoli e la mitigazione dei cambiamenti climatici — dal punto di vista sia dei cittadini che delle imprese.

4.2.2

La sicurezza energetica rimane un obiettivo cruciale, perché l'economia e la società di oggi non possono funzionare, nemmeno per breve tempo, senza l'apporto di energia. Un'infrastruttura e una capacità di produzione energetica sufficienti e affidabili, nonché mercati energetici ben funzionanti, sono, insieme all'efficienza energetica, i principali fattori che contribuiscono alla sicurezza energetica. Quest'ultima, peraltro, non dovrebbe essere considerata sinonimo di autosufficienza energetica. Come avviene con altri prodotti di base, gli scambi transfrontalieri, sia all'interno che all'esterno dell'UE, migliorano effettivamente la sicurezza dell'approvvigionamento, contribuendo nel contempo a mantenere i prezzi a un livello competitivo. Ciò non toglie, tuttavia, che possano esservi ragioni politiche per evitare un'elevata dipendenza dalle importazioni di energia. Lo sviluppo di fonti energetiche interne è anche importante dal punto di vista della creazione di posti di lavoro.

4.2.3

Secondo la Commissione, la dipendenza dalle importazioni di energia è diminuita in diversi Stati membri, mentre in altri si è aggravata a causa del calo della produzione interna di combustibili fossili. La maggior parte degli Stati membri è ora in grado di soddisfare il proprio fabbisogno di gas attraverso canali alternativi grazie a nuovi interconnettori e terminali GNL. Tuttavia, vi è ancora la necessità di investire in infrastrutture, come pure di attuare una vera e propria diplomazia energetica, che costituisce uno dei meccanismi iniziali in grado di contribuire a rafforzare la cooperazione in materia di energia. E al riguardo il CESE rimanda ai pareri da esso già adottati in materia.

4.2.4

Per quanto riguarda il mercato unico dell'energia, vi sono ancora strozzature regolamentari e infrastrutturali che ostacolano una concorrenza sana e la libera circolazione, in particolare, dell'energia elettrica. Il sistema dell'energia elettrica sta attraversando profondi cambiamenti, soprattutto a causa dell'introduzione, in rapido aumento, di fonti di energia rinnovabili variabili e decentrate. Per rispondere a sfide sempre crescenti, risultano necessari la cooperazione regionale e un adeguato quadro normativo comune, dato che le misure attuate in uno Stato membro hanno conseguenze tangibili quantomeno sui paesi vicini. Iniziative di cooperazione regionale quali la BEMIT (Piano d'interconnessione del mercato energetico del Baltico) e la CESEC (Connettività del gas nell'Europa centrale e sudorientale) sono essenziali per far fronte alle strozzature a livello normativo e infrastrutturale.

4.2.5

Lo sviluppo dell'economia digitale si ripercuote in misura cruciale anche sui sistemi energetici. Oltre alle infrastrutture dell'energia, è necessario creare infrastrutture digitali avanzate, compresi sistemi di misurazione intelligente che consentano di creare reti energetiche intelligenti. La digitalizzazione dei sistemi energetici deve inoltre essere accompagnata da misure per migliorare la sicurezza informatica e garantire un'adeguata protezione dei dati personali, la riservatezza e l'alfabetizzazione digitale.

4.2.6

Per quanto riguarda gli investimenti nel sistema energetico, vi è estrema necessità di investire nelle infrastrutture energetiche, come pure nel campo dell'efficienza energetica e in particolare nella ristrutturazione degli edifici. Il CESE dà atto delle opportunità offerte dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e accoglie con favore la seconda fase della sua attuazione, che mira a rafforzare la cooperazione tra il settore pubblico e quello privato. Parallelamente, anche gli Stati membri devono destinare risorse pubbliche agli investimenti connessi con l'energia.

4.2.7

Per quanto riguarda gli investimenti privati, gli attuali incentivi di mercato sono deboli, in gran parte a causa dell'incoerenza delle politiche. Se si vogliono incoraggiare gli investitori privati, è imperativo garantire un contesto stabile e prevedibile propizio agli investimenti. Il CESE sottolinea pertanto quanto sia importante adottare decisioni politiche e misure legislative stabili e a lungo termine.

4.2.8

Il CESE sottolinea il ruolo crescente dei cittadini in relazione ai mercati dell'energia, compreso l'aumento del prosumerismo e della cooperazione locale. Bisogna promuovere e potenziare le misure che consentono ai consumatori di adottare comportamenti più consapevoli e di diventare prosumatori, misure che il CESE ha già preso in considerazione in diversi suoi precedenti pareri.

4.2.9

Al suddetto scopo, si devono fornire ai cittadini di ogni età informazioni adeguate e facilmente comprensibili sulle questioni energetiche (es. etichettatura dell'efficienza energetica). Bisogna inoltre favorire un accesso equo al mercato dell'energia e il finanziamento di progetti su piccola scala. La semplificazione della normativa in materia energetica nel quadro dell'iniziativa REFIT dovrebbe apportare benefici concreti ai consumatori di energia. Occorrerebbe infine concentrare maggiori sforzi sulla soluzione dei problemi relativi agli oneri fiscali e di altro tipo che — nonostante il livello dei prezzi all'ingrosso dell'energia — fanno lievitare i prezzi al consumo e contribuiscono in tal modo alla povertà energetica.

4.3   Energie rinnovabili e decarbonizzazione

4.3.1

Il CESE accoglie favorevolmente la seconda relazione della Commissione relativa ai progressi nel campo delle energie rinnovabili e condivide in larga misura l'analisi e le sfide presentate. Per quanto riguarda le raccomandazioni, il Comitato rimanda alle proprie posizioni su diversi aspetti delle energie rinnovabili presentate in una serie di pareri sia recenti che meno recenti.

4.3.2

Secondo la relazione, l'UE nel suo insieme è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo entro il 2020, anche se sono ancora necessari degli sforzi supplementari. E in proposito il CESE sottolinea ancora una volta l'importanza di proseguire negli sviluppi positivi in questo campo. In particolare il CESE richiama l'attenzione sul fatto che il riscaldamento e il raffreddamento costituiscono, in termini assoluti, gli ambiti in cui le energie rinnovabili sono maggiormente impiegate, e mette inoltre in risalto il ruolo decisivo del settore dei trasporti nel conseguimento degli ambiziosi obiettivi a lungo termine in materia di emissioni, e sostiene lo sviluppo dell'energia elettrica da fonti rinnovabili e dei biocarburanti avanzati per ridurre le emissioni dovute ai trasporti.

4.3.3

Nella relazione, la Commissione sottolinea che sussistono ancora notevoli ostacoli amministrativi alla creazione di progetti nel campo delle energie rinnovabili. Si fa riferimento agli sportelli unici, alle applicazioni online, ai termini procedurali, alla facilitazione dei progetti di piccole dimensioni e all'individuazione di siti adeguati. Il CESE chiede misure tempestive per affrontare tali ostacoli, che sono diffusi anche in altri settori.

4.3.4

Il CESE accoglie con favore la conclusione della Commissione secondo cui l'UE è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2020 in materia di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Per quanto concerne gli strumenti politici volti a facilitare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, l'uso improprio delle sovvenzioni (ivi compresi i certificati verdi), dei sistemi di scambio delle quote di emissioni e della tassazione hanno condotto ad azioni inefficienti e a risultati non ottimali, data la mancanza di un segnale di prezzo che incoraggi gli investimenti nell'energia elettrica a basse emissioni di carbonio.

4.3.5

Il CESE chiede pertanto alla Commissione di valutare globalmente gli strumenti attuali della politica di basse emissioni di carbonio al fine di garantire che si utilizzino gli strumenti adatti per realizzare gli obiettivi nel modo più efficiente possibile e senza imporre oneri eccessivi agli utilizzatori di energia.

4.3.6

Il CESE condivide l'obiettivo di assicurare all'UE la leadership mondiale della transizione verso un'energia pulita, creando in tal modo opportunità commerciali e posti di lavoro. In quest'ottica, l'UE dovrebbe compiere ogni sforzo per massimizzare la sua impronta globale positiva in materia di carbonio (carbon handprint) anziché concentrarsi unicamente sulle proprie emissioni. Questo obiettivo può essere raggiunto grazie allo sviluppo e all'esportazione di soluzioni e di prodotti per il clima fabbricati con minori emissioni rispetto a quelli dei concorrenti di paesi terzi, pur nella consapevolezza che la concorrenza mondiale è molto forte.

4.3.7

La leadership mondiale richiede un aumento degli investimenti nell'innovazione — in particolare da parte del settore pubblico, il cui contributo è in calo. Inoltre, il CESE sottolinea il ruolo delle politiche commerciali e di investimento nel fornire soluzioni in materia di energia e di clima. Per promuovere l'introduzione di soluzioni a basse emissioni in modo neutrale ed efficiente, è necessario un sistema di tariffazione del carbonio a livello globale. Il CESE invita la Commissione a impegnarsi attivamente per conseguire un meccanismo di questo tipo, capace di creare condizioni di parità per le imprese europee sui mercati di esportazione e in relazione ai prodotti importati.

5.   Osservazioni sul meccanismo di monitoraggio e gli indicatori

5.1

Dato che lo stato dell'Unione dell'energia si fonda su alcuni indicatori chiave, è importante assicurarsi che si tratti di quelli maggiormente rilevanti. Il CESE accoglie con favore i programmi della Commissione intesi a sviluppare ulteriori indicatori, come ad esempio quelli che misurano la responsabilizzazione dei consumatori. Nel suo parere relativo alla prima relazione sullo stato dell'Unione dell'energia, il CESE ha invitato la Commissione a inserire gli aspetti sociali fra i criteri per valutare l'Unione dell'energia e l'impatto della transizione energetica.

5.2

Attualmente, il monitoraggio si basa principalmente sui cinque pilastri dell'Unione dell'energia e sui corrispondenti obiettivi politici e normativi. Tenendo presente che «si ottiene ciò che si misura», il CESE pone in evidenza la necessità di monitorare i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi fondamentali dell'Unione dell'energia, ossia in termini di benefici che essa comporta per i cittadini e le imprese e, di conseguenza, per il futuro dell'UE.

5.3

Il CESE invita pertanto la Commissione a seguire lo sviluppo delle attività economiche legate all'energia, al fine di delineare il valore economico dell'Unione dell'energia, e parimenti a seguire i progressi realizzati in termini di posti di lavoro connessi all'energia, valutando tra l'altro anche le eventuali «perdite» di investimenti e occupazione.

5.4

Il CESE ritiene importante che, per rendere l'Unione dell'energia più vicina ai cittadini, vengano monitorati e resi noti i progressi compiuti ai fini della vita quotidiana dei consumatori, prendendo in considerazione ad esempio le bollette energetiche, le informazioni sui prodotti connessi all'energia, il diffondersi della produzione decentrata di energia a livello locale, la misurazione intelligente, le stazioni di ricarica dei veicoli elettrici, l'assistenza finanziaria per i prosumatori, gli incentivi all'efficienza energetica per la ristrutturazione degli edifici ecc.

5.5

Per seguire l'evoluzione delle tendenze sociali, si potrebbero monitorare i cambiamenti nella percezione di alcune questioni energetiche, come ad esempio le crescenti preoccupazioni circa l'inquinamento atmosferico, il sempre maggior interesse per le opportunità occupazionali legate all'energia, le implicazioni degli sviluppi tecnologici e l'emergere di nuovi soggetti.

5.6

Inoltre, sarebbe utile valutare le misure adottate dagli Stati membri al fine di accertarsi se esse promuovano una maggiore coerenza oppure creino divergenze nel mercato europeo e nelle relazioni esterne. E al riguardo il compito più importante è oggi quello di valutare le conseguenze che l'uscita del Regno Unito dall'UE avrà sull'Unione dell'energia.

5.7

Infine, garantire la qualità dei dati è un aspetto essenziale per migliorare il sistema di monitoraggio. I dati dovrebbero essere tempestivi, accurati, comparabili e affidabili, il che richiederà il costante sviluppo dei metodi di raccolta ed elaborazione dei dati stessi.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/107


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi, degli uffici e delle agenzie dell’Unione, nonché la libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE»

[COM(2017) 8 final — 2017/0002 (COD)]

(2017/C 288/15)

Relatore:

Jorge PEGADO LIZ

Consultazione

Commissione europea, 26.4.2017

Base giuridica

Articolo 16, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

16.5.2017

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

161/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Con la proposta in oggetto, la Commissione provvede, in modo generalmente corretto e adeguato da un punto di vista strettamente tecnico e giuridico, al necessario adeguamento dell’attuale regime, stabilito con il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio  (1) e la decisione n. 1247/2002/CE del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione  (2) , relativi alla protezione dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli uffici dell’Unione, al nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) (3), che sarà di applicazione in tutta l’UE a partire dal 25 maggio 2018.

1.2

Il CESE ricorda tuttavia il contenuto delle osservazioni e raccomandazioni a suo tempo formulate in merito alla proposta di RGPD, ora adottata, e si rammarica che la versione definitiva non ne abbia tenuto pienamente conto; il CESE teme altresì che i ritardi verificatisi nella sua adozione ed entrata in vigore, alla luce della rapida evoluzione tecnologica in questo settore, aumentino il rischio di appropriazione indebita e di abuso del loro trattamento e commercializzazione, e che il regolamento stesso diventi obsoleto ancor prima della sua attuazione. Poiché la proposta in oggetto costituisce un adattamento del RGPD al funzionamento delle istituzioni europee, questi timori valgono, mutatis mutandis, anche per il testo in esame, in particolare per quanto riguarda la mancanza di trasparenza del suo linguaggio, di difficile comprensione per il cittadino medio.

1.3

D’altro canto, il CESE ritiene che quanto avviene nelle istituzioni europee debba essere preso come esempio per le procedure a livello nazionale, e pertanto considera necessario prestare un’attenzione particolare nell’elaborazione della proposta.

1.4

A questo proposito, il CESE è dell’avviso che sarebbe stato opportuno trattare in modo esplicito aspetti quali il legame della proposta con lo statuto dei funzionari dell’Unione europea, il trattamento dei casi di molestie e cyberbullismo e delle denunce di irregolarità all’interno delle istituzioni dell’UE, la sua applicazione — per quanto riguarda l’internet degli oggetti — ai megadati e all’utilizzo di motori di ricerca a fini di accesso, creazione o utilizzo di dati personali, nonché le informazioni personali pubblicate sulle pagine delle singole istituzioni nelle reti sociali (Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin, ecc.).

1.5

Allo stesso modo, il CESE avrebbe apprezzato che la proposta si fosse premurata di enunciare le condizioni della sicurezza dei sistemi informatici che saranno di sostegno al trattamento dei dati e le garanzie contro gli attacchi informatici e le violazioni o la fuga di tali dati, assicurandone la neutralità tecnologica, e non le avesse relegate tra le norme interne specifiche di ciascun servizio; sarebbe stato inoltre opportuno chiarire meglio il rapporto tra la protezione dei dati e la lotta alla criminalità e al terrorismo, che non deve comportare l’adozione di misure sproporzionate o eccessive di sorveglianza, misure che in ogni caso devono essere sempre soggette al controllo del Garante europeo della protezione dei dati (GEPD).

1.6

Apprezzerebbe inoltre che la proposta definisse le competenze e le caratteristiche di formazione e di idoneità necessarie per essere designato come responsabile della protezione dei dati, titolare del trattamento dei dati e responsabile del trattamento dei dati presso le istituzioni dell’UE, sempre sotto il controllo e il monitoraggio del GEPD.

1.7

Inoltre, secondo il CESE — data la specificità dei dati raccolti, che incidono direttamente sulla vita privata dei titolari in particolare in termini di salute — i dati fiscali e sociali dovrebbero essere limitati a quanto è strettamente necessario per le finalità a cui sono destinati; nel trattamento di tali dati personali particolarmente sensibili dovrebbero inoltre essere assicurate la massima protezione e le massime garanzie, sulla base delle norme internazionali e delle legislazioni nazionali più avanzate, nonché delle migliori pratiche di taluni Stati membri.

1.8

Il CESE sottolinea la necessità che la proposta preveda esplicitamente il rafforzamento dei mezzi del GEPD e l’assegnazione allo stesso di personale sufficiente e dotato di elevate conoscenze e competenze tecniche nel settore della protezione dei dati.

1.9

Il CESE sottolinea una volta di più la necessità che anche i dati delle persone giuridiche (imprese, ONG, società commerciali, ecc.) legalmente costituite siano oggetto di protezione nel quadro della loro raccolta e del loro trattamento.

1.10

Infine, il CESE segnala nelle sue osservazioni particolari una serie di modifiche a diverse disposizioni le quali, se adottate, contribuiranno a rendere più efficace la protezione dei dati personali all’interno delle istituzioni dell’UE, a beneficio non solo dei loro funzionari ma anche di migliaia di cittadini europei che entrano in contatto con esse, e pertanto esorta la Commissione, oltre che il Parlamento europeo e il Consiglio, a prenderle in considerazione per la stesura definitiva della proposta.

2.   Oggetto e contesto della proposta

2.1

Come indicato dalla Commissione nella relazione allegata, l’obiettivo della proposta è quello di abrogare il regolamento (CE) n. 45/2001  (4) e la decisione n. 1247/2002/CE relativi alla protezione dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli uffici dell’Unione, con due finalità:

salvaguardare il diritto fondamentale alla protezione dei dati,

garantire la libera circolazione dei dati personali all’interno dell’UE.

2.2

Dopo una lunga e travagliata gestazione, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno infine adottato il regolamento generale sulla protezione dei dati (5) (RGPD), che sarà di applicazione in tutta l’UE a partire dal 25 maggio 2018; il regolamento richiede un adattamento di vari strumenti legislativi (6), in particolare il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE.

2.3

Tenendo conto dei risultati delle inchieste e delle consultazioni delle parti interessate, nonché dello studio di valutazione sull’applicazione negli ultimi 15 anni, risultati che sono illustrati nel dettaglio, la Commissione ha concluso in particolare che:

il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio potrebbe essere applicato in modo più rigoroso conferendo al Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) il potere di irrogare sanzioni,

un utilizzo più deciso dei suoi poteri di autorità di controllo potrebbe portare a una migliore attuazione delle norme in materia di protezione dei dati,

è necessario semplificare il sistema delle notifiche e dei controlli preventivi per accrescere l’efficacia e ridurre gli oneri amministrativi,

i titolari del trattamento dei dati devono adottare una procedura di gestione del rischio ed effettuare valutazioni del rischio prima di intraprendere il trattamento, al fine di migliorare l’attuazione dei requisiti in materia di conservazione e sicurezza dei dati,

le norme relative al settore delle telecomunicazioni sono obsolete ed è necessario allineare questo capo con la direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche,

è necessario chiarire alcune definizioni essenziali contenute nel regolamento, come quelle relative all’identificazione dei titolari del trattamento dei dati in seno alle istituzioni, agli organi, agli uffici e alle agenzie dell’Unione, la definizione dei destinatari e l’estensione dell’obbligo di riservatezza ai responsabili del trattamento esterni.

2.4

Considerando la natura e la portata delle modifiche da apportare ai precedenti strumenti giuridici, la Commissione ha deciso di abrogarli in toto e di sostituirli con il regolamento in esame, che è in linea con le altre disposizioni citate, le quali entreranno in vigore contemporaneamente al regolamento (UE) 2016/679, come previsto all’articolo 98 di quest’ultimo.

3.   Osservazioni generali

3.1

Da un punto di vista strettamente tecnico-giuridico, il CESE è d’accordo in linea di principio per quanto riguarda:

la necessità e l’opportunità dell’iniziativa in esame,

la scelta dello strumento giuridico, ossia il regolamento,

l’opzione di abrogare in toto gli strumenti esistenti,

la base giuridica scelta per la sua adozione,

il rispetto evidente dei criteri di proporzionalità, di sussidiarietà e di responsabilità («accountability»),

la chiarezza e la struttura del testo,

una migliore definizione di taluni concetti, come quello di valido consenso,

la coerenza dimostrata con gli altri strumenti giuridici con cui è connessa, in particolare il regolamento (UE) 2016/679, la proposta di regolamento COM(2017) 10 final e la stessa comunicazione della Commissione — Costruire un’economia dei dati europea  (7),

la possibilità, introdotta per la prima volta, di irrogare espressamente delle sanzioni pecuniarie per le eventuali inadempienze e violazioni,

il rafforzamento dei poteri del GEPD,

l’esclusione di questa iniziativa dal programma REFIT,

lo sforzo di allineamento con altri diritti fondamentali, in particolare, quelli sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea relativi alla libertà di espressione (articolo 11), alla tutela della proprietà intellettuale (articolo 17, paragrafo 2), al divieto di discriminazione fondata sulla razza, l’origine etnica, le caratteristiche genetiche, la religione o le convinzioni personali, l’opinione politica o di qualunque altro genere, la disabilità o l’orientamento sessuale (articolo 21), ai diritti dei minori (articolo 24), al diritto a un livello elevato di protezione della salute umana (articolo 35), al diritto di accesso ai documenti (articolo 42) e al diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (articolo 47).

3.2

Questo accordo di principio non pregiudica il contenuto delle proprie osservazioni e raccomandazioni in merito alla proposta di RGPD (8), ora trasformata nell’attuale RGPD (9), che non sono riprese nello loro integralità in questa versione finale, la cui adozione ed entrata in vigore tardive compromettono ulteriormente, tenuto conto della rapida evoluzione tecnologica in questo settore, che incrementa i rischi di appropriazione indebita dei dati e di abuso del loro trattamento e della loro commercializzazione, facendo sorgere il timore che diventi obsoleta ancor prima di essere attuata. Nella misura in cui la proposta in oggetto costituisce un adattamento del RGPD al funzionamento delle istituzioni europee, questi timori valgono, mutatis mutandis, anche per il testo in esame — in particolare per quanto riguarda la mancanza di trasparenza del suo linguaggio, di difficile comprensione per il cittadino medio — che sarebbe stato meglio presentare e discutere contemporaneamente a quella proposta.

3.3

D’altro canto, dato che quanto avviene nelle istituzioni europee deve valere come esempio per le procedure a livello nazionale, il CESE avrebbe apprezzato che alcuni temi fossero affrontati nella proposta in esame.

3.4

Non è poi chiaro se essa sia stata opportunamente messa in rapporto con lo statuto dei funzionari dell’Unione europea (regolamento n. 31 CEE (10)), data l’assenza di disposizioni normative specifiche volte a garantire che i dati personali dei funzionari e dei collaboratori delle istituzioni siano coperti da una garanzia di protezione più efficace per quanto riguarda la loro assunzione, la carriera, la durata del contratto e gli eventuali rinnovi, oltre che la relativa valutazione.

3.4.1

Anche se non nel testo in esame, dovrebbero essere previste disposizioni generali comprendenti norme riguardanti la documentazione sanitaria dei funzionari e dei loro familiari, la protezione dei dati creati o utilizzati dai funzionari e i rispettivi dati genetici, il trattamento e la protezione dei messaggi di posta elettronica (sia quelli inviati dai cittadini agli uffici dell’UE che quelli inviati o scambiati tra i funzionari di tali uffici e con l’esterno), il loro contenuto e le pagine Internet visitate (11).

3.4.2

Analogamente, avrebbero meritato un trattamento speciale i casi di molestie e cyberbullismo e le denunce di irregolarità all’interno delle istituzioni dell’UE, indipendentemente da quanto disposto all’articolo 68.

3.4.3

Il CESE si interroga inoltre sulle condizioni di applicazione della proposta in esame e del regolamento (UE) 2016/679 per quanto riguarda l’Internet degli oggetti, i megadati e l’utilizzo dei motori di ricerca a fini di accesso, creazione o utilizzo di dati personali, nonché le informazioni personali pubblicate sulle pagine delle singole istituzioni nelle reti sociali (Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin, ecc.) anche senza l’esplicito consenso dell’interessato.

3.5

Il CESE avrebbe apprezzato che la proposta della Commissione, oltre al riferimento alla riservatezza delle comunicazioni elettroniche di cui all’articolo 34 della proposta di regolamento, si fosse premurata di enunciare le condizioni della sicurezza dei sistemi informatici che saranno di sostegno al trattamento e le garanzie contro gli attacchi informatici e le violazioni o le fughe di tali dati (12), assicurandone la neutralità tecnologica, e non le avesse relegate tra le norme interne specifiche di ciascun servizio; sarebbe stato inoltre opportuno chiarire meglio il rapporto tra la protezione dei dati e la lotta alla criminalità e al terrorismo, che non deve comportare l’adozione di misure sproporzionate o eccessive di sorveglianza, misure che, in ogni caso, devono essere sempre soggette al controllo del GEPD.

3.6

Il CESE sottolinea che l’interconnessione dei dati personali all’interno delle istituzioni dell’UE non può essere disciplinata solo dal principio della responsabilità di cui al considerando 16, e a tale proposito esorta la Commissione a introdurre una norma specifica secondo la quale l’interconnessione può essere effettuata solo una volta ottenuta l’autorizzazione del GEPD su richiesta de titolare del trattamento e/o del responsabile del trattamento.

3.7

Il Comitato preferirebbe inoltre che — fatte salve le disposizioni di cui al punto 51 del preambolo e all’articolo 44, paragrafo 3, della proposta — fossero state definite le competenze e le caratteristiche di formazione e idoneità necessarie per essere designato come responsabile della protezione dei dati, titolare del trattamento dei dati e responsabile del trattamento dei dati presso le istituzioni dell’UE (13); le eventuali violazioni dei loro obblighi operativi dovrebbero essere oggetto di sanzioni realmente dissuasive a livello disciplinare, civile e penale, enunciate nella proposta e sempre soggette al controllo e al monitoraggio del GEPD.

3.8

Pur riconoscendo che la proposta in esame rappresenta un miglioramento nel livello di protezione rispetto all’attuale regolamento (CE) n. 45/2001, il CESE ritiene che — data la specificità dei dati raccolti e il loro impatto diretto sulla vita privata degli interessati, in particolare in termini di salute e di dati fiscali e sociali — la proposta debba limitare tali dati a quanto strettamente necessario per le finalità a cui sono destinati e offrire la massima protezione e le massime garanzie nel trattamento dei dati personali, sulla base delle norme internazionali e delle legislazioni nazionali più avanzate, nonché delle migliori pratiche di taluni Stati membri (14).

3.9

Pur consapevole del fatto che il regolamento (UE) 2016/679 e la proposta in esame si applicano soltanto ai dati riguardanti le persone fisiche, il CESE sottolinea una volta di più la necessità che anche i dati delle persone giuridiche (imprese, ONG, società commerciali, ecc.) legalmente costituite siano oggetto di protezione nel quadro della loro raccolta e del loro trattamento.

4.   Osservazioni particolari

4.1

L’esame particolareggiato del testo della proposta fa sorgere una serie di dubbi e riserve, in considerazione dei principi fondamentali di protezione della vita privata stabiliti nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dei principi di proporzionalità e di precauzione.

4.2   Articolo 3

Le istituzioni e gli uffici dell’Unione sono definiti al paragrafo 2, lettera a), come le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell’Unione istituiti dal Trattato sull’Unione europea, dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o dal Trattato Euratom, oppure sulla base di tali trattati. Il CESE si chiede se tale definizione comprenda anche i gruppi di lavoro, i consigli consultivi, i comitati, le piattaforme, i gruppi ad hoc, ecc., nonché le reti informatiche internazionali delle quali le istituzioni fanno parte senza esserne proprietarie.

4.3   Articolo 4

4.3.1

Dato che il regolamento proposto si applica ai dati trattati all’interno delle istituzioni dell’UE, il CESE auspicherebbe un’introduzione esplicita del principio di non discriminazione, in considerazione della natura dei dati trattati.

4.3.2

Per quanto riguarda l’articolo 4, 1, lettera b), il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici deve essere soggetto a un’autorizzazione previa del Garante europeo della protezione dei dati, attualmente non prevista dall’articolo 58.

4.3.3

Il CESE ritiene infine che occorra inserire una disposizione esplicita, equivalente all’attuale articolo 7 del regolamento (CE) n. 45/2001, riguardante il trasferimento di dati tra le istituzioni dell’UE.

4.4   Articolo 5

4.4.1

Non si capisce per quale motivo la lettera b) del paragrafo 1 dell’articolo 5 della proposta di regolamento non sia soggetta alle disposizioni di cui al paragrafo 2 dello stesso articolo, a differenza delle lettere c) ed e) dell’articolo 6, entrambe soggette alle disposizioni del paragrafo 3 del regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD).

4.4.2

Il CESE ritiene opportuno aggiungere alla lettera d) che il consenso deve essere soggetto a un principio di buona fede.

4.5   Articolo 6

4.5.1

L’applicazione di questo articolo deve essere sempre soggetta a un’autorizzazione del Garante europeo della protezione dei dati.

4.5.2

In questi casi, l’interessato deve sempre essere informato in anticipo di tale eventualità nel momento in cui i dati sono raccolti o è adottata una nuova decisione, e deve avere la facoltà di chiedere la rettifica o la cancellazione dei dati, di opporsi a loro trattamento o di chiederne una limitazione.

4.6   Articolo 8

4.6.1

Il CESE ritiene che l’eccezione alla regola sulla validità del consenso da parte dei minori di 16 anni (tra 13 e 16), già di per sé aberrante, sia ammissibile soltanto per gli Stati membri, per motivi culturali di diritto nazionale (articolo 8 del RGPD), ma questa non deve essere ammessa come regola per le istituzioni dell’UE (articolo 8, paragrafo 1), che stabilisce il limite a 13 anni.

4.6.2

D’altro canto non vengono specificate le modalità con cui il GEPD dovrebbe sviluppare l’«attenzione particolare» nei confronti dei minori di cui all’articolo 58, 1, lettera b), in particolare nel caso degli elenchi di utenti di cui all’articolo 36, quando i loro dati sono accessibili al pubblico.

4.7   Articolo 10

4.7.1

Al paragrafo 1 devono essere incluse anche l’appartenenza a un partito (che non è sinonimo di opinione politica) e la vita privata.

4.7.2

Al paragrafo 2, lettera b), ai fini della conformità con gli obblighi e l’esercizio dei diritti specifici dell’interessato, occorre precisare che quest’ultimo deve essere sempre precedentemente informato.

4.7.3

Al paragrafo 2, lettera d), il trattamento deve essere possibile solo se vi è il consenso dell’interessato.

4.7.4

La lettera e) dovrà costituire un’eccezione solo qualora si possa ragionevolmente desumere dalle sue dichiarazioni il consenso al trattamento dei dati.

4.8   Articolo 14

Dato che le istituzioni dell’UE non sono autorizzate ad addebitare compensi per i servizi prestati, il rifiuto di soddisfare una richiesta dev’essere applicato solo in ultima istanza.

4.9   Articoli 15, 16 e 17

4.9.1

Per quanto concerne le informazioni complementari di cui all’articolo 15, paragrafo 2, si dovrà aggiungere il requisito che l’interessato sia informato della natura obbligatoria o facoltativa della risposta del titolare del trattamento, nonché delle possibili conseguenze di una mancata risposta.

4.9.2

Se i dati sono raccolti in reti aperte, l’interessato deve sempre essere informato della possibilità che i suoi dati personali circolino nelle reti senza sicurezza, con il rischio che siano visti e utilizzati da parte di terzi non autorizzati.

4.9.3

Il diritto di cui all’articolo 17, paragrafo 1, deve poter essere esercitato liberamente e senza limitazioni, a intervalli ragionevoli, in modo rapido o immediato e a titolo gratuito.

4.9.4

Secondo il CESE, l’interessato dovrebbe inoltre avere il diritto di ottenere la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati che lo riguardano.

4.9.5

Le informazioni fornite a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, devono essere presentate in modo intellegibile, chiaro e comprensibile, in particolare quando riguardano i dati oggetto di trattamento e qualsiasi informazione sulla loro origine.

4.10   Articolo 21

A giudizio del CESE, l’esclusione dalla proposta di regolamento di disposizioni identiche ai paragrafi 2 e 3 dell’articolo 21 del RGPD significherà che i dati non potranno mai essere trattati per finalità di marketing diretto, il che è senz’altro positivo, ma tale interpretazione, dato che è incerta, dovrebbe essere chiarita in maniera esplicita nel testo della disposizione.

4.11   Articolo 24

4.11.1

Il CESE raccomanda di aggiungere alla lettera c) del paragrafo 2 che tale consenso potrà essere dato soltanto dopo la fornitura di informazioni esplicite circa l’impatto delle decisioni sulla sfera giuridica dell’interessato, poiché solo in tal modo il consenso potrà dirsi debitamente informato.

4.11.2

Per quanto riguarda il paragrafo 3, il CESE ritiene che le misure adeguate debbano essere definite dal Garante europeo per la protezione dei dati anziché dal titolare del trattamento.

4.12   Articolo 25

4.12.1

Il CESE teme che la formulazione dell’articolo 25 della proposta di regolamento costituisca un’interpretazione troppo ampia dell’articolo 23 del RGPD quanto alla portata delle limitazioni all’applicazione delle disposizioni che stabiliscono i diritti fondamentali degli interessati, e raccomanda di rivederla, con spirito critico, sulla base di un’analisi attenta ed eventualmente limitativa dei vari punti, in particolare per quanto riguarda la limitazione del diritto al rispetto della vita privata nelle reti di comunicazioni elettroniche prevista dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, contemplata nell’attuale direttiva e-privacy e mantenuta nella proposta di regolamento oggetto di un altro parere del CESE.

4.12.2

Il CESE è fermamente contrario alla possibilità — prevista all’articolo 25, paragrafo 2 — di cui dispongono le istituzioni e gli uffici dell’Unione per limitare l’applicazione delle restrizioni ai diritti degli interessati che non siano autorizzate espressamente da atti giuridici. Lo stesso vale per l’articolo 34.

4.13   Articolo 26

È opportuno chiarire che i titolari e i responsabili del trattamento dei dati personali, così come le persone che, nell’esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza dei dati personali trattati, sono vincolati dal segreto professionale, anche dopo la cessazione delle loro funzioni e per un arco di tempo ragionevole.

4.14   Articoli 29 e 39

Dato che le disposizioni degli articoli 24, paragrafo 3, e 40 e seguenti del RGPD non sono state riprese nel progetto di regolamento (codici di condotta), come espressamente menzionato nel preambolo nella parte relativa all’articolo 26, non appare opportuno che negli articoli 29, paragrafo 5, e 39, paragrafo 7, della proposta di regolamento si ammetta che la semplice adesione a un codice di condotta, di cui all’articolo 40 del RGPD, possa essere considerata una garanzia sufficiente per svolgere le funzioni di responsabile del trattamento quando esso non sia un’istituzione o un ufficio dell’Unione.

4.15   Articolo 31

Il CESE ritiene che la semplice «possibilità» di cui all’articolo 31, paragrafo 5, debba essere convertita in «obbligo» di conservare i registri delle attività di trattamento in un registro centrale, accessibile al pubblico.

4.16   Articolo 33

Il CESE propone inoltre che il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento debbano esercitare il controllo dei supporti di dati e il controllo dell’inserimento, dell’utilizzazione e della trasmissione di dati e che, a tal fine, debbano:

impedire a qualsiasi persona non autorizzata di accedere alle installazioni utilizzate per l’elaborazione di tali dati,

impedire che i supporti di dati possano essere letti, copiati, modificati o asportati da persone non autorizzate,

impedire che siano inseriti, senza autorizzazione, dei dati di natura personale e che di tali dati sia presa visione, o che siano modificati o cancellati senza autorizzazione,

impedire che persone non autorizzate utilizzino i sistemi di elaborazione automatizzata di dati mediante apparecchiature per la trasmissione di dati,

garantire la verifica delle entità a cui i dati personali possono essere trasmessi,

garantire che le persone autorizzate possano accedere esclusivamente ai dati oggetto di autorizzazione preliminare.

4.17   Articolo 34

Il CESE auspica che questo articolo venga allineato alle disposizioni della proposta di regolamento in materia di e-privacy e che le istituzioni e gli uffici dell’UE siano soggetti al controllo del GEPD per quanto riguarda la riservatezza delle comunicazioni elettroniche.

4.18   Articolo 42

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che il termine «dopo» di cui al paragrafo 1 possa essere inteso nel senso che l’obbligo di consultazione scatta solo dopo l’adozione del provvedimento, escludendo quindi la possibilità di una consultazione anche informale, come avviene attualmente.

4.19   Articolo 44

Il CESE ritiene che, in linea di principio, soltanto i funzionari possano essere designati come responsabili della protezione dei dati. Se in via eccezionale questo non fosse possibile, tali responsabili dovranno essere nominati mediante un contratto disciplinato dalle norme sugli appalti pubblici per la prestazione di servizi ed essere soggetti alla valutazione del GEPD.

4.20   Articolo 45

4.20.1

Fatto salvo quanto suindicato, in virtù della natura delle sue funzioni, il responsabile della protezione dei dati, qualora non sia un funzionario, deve poter essere destituito in qualsiasi momento, essendo sufficiente a tal fine il parere favorevole del GEPD (articolo 45, paragrafo 8, del regolamento).

4.20.2

La durata del suo mandato deve essere fissata in 5 anni ed essere rinnovabile una sola volta.

4.21   Articolo 56

Avvenimenti recenti e ben noti, che hanno coinvolto i più alti funzionari delle istituzioni, rendono auspicabile l’introduzione di incompatibilità e impedimenti relativi allo svolgimento di talune funzioni, in particolare nelle imprese private, per un arco di tempo ragionevole dopo il termine del loro mandato.

4.22   Articolo 59

In alcune lingue, e in particolare in inglese, il termine «actions» utilizzato al paragrafo 5 è troppo restrittivo e dovrebbe essere sostituito dal termine «proceedings» (nella versione portoghese il concetto è correttamente espresso).

4.23   Articolo 63

Con riguardo al paragrafo 3, e in considerazione della delicatezza della questione oggetto della proposta, il CESE ritiene opportuno invertire il principio del tacito rigetto, obbligando così il Garante europeo della protezione dei dati a rispondere espressamente a tutti i reclami a esso proposti, altrimenti — in assenza di risposta — dovranno essere considerati accolti.

4.24   Articolo 65

Come affermato nel parere del CESE sulla proposta all’origine del regolamento (UE) 2016/679, si sottolinea la necessità che la proposta, oltre a quanto disposto all’articolo 67, preveda, in caso di violazione dei dati personali la possibilità di reagire per mezzo di ricorso collettivo, senza necessità di mandato individuale, poiché tali violazioni in generale non riguardano solo una persona ma una pluralità, a volte indeterminata, di persone.

4.25

La proposta di regolamento è viziata da una serie di espressioni o concetti di carattere ambiguo e soggettivo, che sarebbe opportuno rivedere e sostituire. È il caso, ad esempio, di espressioni quali «per quanto possibile», «se possibile», «senza ritardo», «rischio elevato», «tenere in debito conto», «termine ragionevole», «particolare importanza».

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.

(2)  GU L 183 del 12.7.2002, pag. 1.

(3)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(4)  Il CESE ha elaborato un proprio parere al riguardo (GU C 51 del 23.2.2000, pag. 48).

(5)  Regolamento (UE) 2016/679 del 27.4.2016 (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(6)  COM(2017) 10 final, COM(2017) 9 final.

(7)  COM(2017) 9 final.

(8)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 90.

(9)  Regolamento (UE) 2016/679.

(10)  GU 45 del 14.6.1962, pag. 1385/62 e successive modifiche.

(11)  Quali risultano, ad esempio, nella raccolta Avis et Recommandations de la Commission de la Vie privé de la Belgique sur la vie privé sur le lieu de travail, 01.2013 («Pareri e raccomandazioni della commissione belga per la protezione della privacy in merito alla privacy sul luogo di lavoro, 01.2013»).

(12)  Quali figurano, ad esempio, nella Recommandation d’initiative relative aux mesures de sécurité à respecter afin de prévenir les fuites de données («Raccomandazione d’iniziativa relativa alle misure di sicurezza da rispettare al fine di prevenire le fughe di dati») della commissione belga per la protezione della vita privata, 1/2013 del 21 gennaio 2013.

(13)  Come indicato, ad esempio, nei Guidelines on Data Protection Officers («Orientamenti sui responsabili della protezione dei dati»), WP 243 dell’articolo 29, del 13 dicembre 2016.

(14)  Cfr., ad esempio, la legge portoghese sulla protezione dei dati (legge 67/98, del 26 ottobre 1998).


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/115


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/59/CE sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, e la direttiva 2006/126/CE concernente la patente di guida»

[COM(2017) 47 final/2017/0015 (COD)]

(2017/C 288/16)

Relatore:

Pasi MOISIO

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 20.2.2017

Parlamento europeo, 1.3.2017

Base giuridica

Articolo 91 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

16.5.2017

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

185/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce che la direttiva sulla qualificazione e sulla formazione dei conducenti di automezzi pesanti (1), fatta eccezione per alcune lacune, ha avuto nel complesso un impatto positivo sul settore europeo del trasporto su strada. La creazione di un sistema di formazione armonizzato ha contribuito a migliorare la capacità dei conducenti professionali di eseguire le loro mansioni, elevato il livello generale di servizio del settore dei trasporti su strada, e accresciuto l’attrattiva del settore trasporti nel suo complesso, dal punto di vista dei nuovi operatori.

1.2

Il CESE ritiene che l’aggiornamento della direttiva previsto dalla proposta in esame (2) consenta, dal canto suo, di promuovere il principio della libera circolazione nell’UE e di fare un ulteriore passo verso un mercato dei trasporti dell’UE più sano, aperto e fondato su una concorrenza leale, nonché soggetto a un monitoraggio più efficace ed equo.

1.3

Il CESE sostiene la revisione della direttiva sulla qualificazione iniziale e la formazione periodica dei conducenti, intesa a migliorare la sicurezza stradale in Europa, come pure la sicurezza sul lavoro e la salvaguardia delle condizioni di lavoro dei conducenti. Il CESE ha sottolineato in particolare che, nel corso degli ultimi anni, nel settore della sicurezza stradale sono stati raggiunti eccellenti risultati, e incoraggia la Commissione a proseguire con l’adozione di misure volte a rafforzare tali sviluppi positivi.

1.4

Il CESE concorda altresì con l’obiettivo della direttiva di armonizzare e razionalizzare le procedure amministrative dei diversi Stati membri, affinché in qualsiasi Stato membro le misure e i programmi di formazione periodica destinati ai conducenti eseguiti conformemente alla direttiva siano riconosciuti automaticamente e accettati reciprocamente senza ambiguità o l’aggiunta di ulteriori requisiti a parte. Il CESE sottolinea, tuttavia, che il reciproco riconoscimento delle formazioni richiede un’assoluta uniformità, in termini di portata e di qualità, delle formazioni predisposte nei diversi Stati membri. Per garantire ciò serviranno un controllo più efficace e una cooperazione più stretta tra la Commissione e le autorità degli Stati membri.

1.5

Le patenti di guida contraffatte, che pretendono di attestare la qualificazione del titolare, e i diplomi di formazione professionale contraffatti, attestanti la partecipazione a corsi non effettivamente frequentati, conducono a distorsioni della concorrenza nel mercato dei servizi di trasporto e violano gli interessi dei conduttori professionali in regola con la legge. Il CESE chiede che, per garantire l’autenticità delle patenti di guida e degli attestati di qualificazione professionale, venga creato un sistema a prova di violazioni. Inoltre, in riferimento alle raccomandazioni formulate al punto 1.4, occorre rafforzare il controllo degli istituti di formazione professionale situati nei vari Stati, in modo che la portata e la qualità della formazione che impartiscono sia verificata sempre e senza eccezioni.

1.6

Allo stesso modo, è indispensabile accrescere la pertinenza e la coerenza reciproche della legislazione dell’UE applicabile a uno stesso gruppo e settore di attività, nel caso specifico i conducenti professionali di automezzi pesanti. Ciò rafforzerà sia la certezza giuridica degli operatori rispettosi delle norme che la generale credibilità della legislazione dell’UE.

1.7

La revisione della direttiva persegue una più stretta aderenza alle nuove tendenze generali di grande rilievo per il settore dei trasporti, quali la digitalizzazione e la decarbonizzazione. Il CESE condivide l’approccio e rammenta che, sebbene i trasporti si stiano rapidamente automatizzando e la robotizzazione stia guadagnando terreno, occorre continuare a riconoscere un ruolo di primo piano al fattore umano. Nella formazione dei conducenti occorre inoltre tenere conto della crescente esigenza di competenze digitali e dell’importanza delle conoscenze del conducente ai fini degli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio.

1.8

Una sfida fondamentale per quanto riguarda il campo di applicazione della direttiva consiste nel fare in modo che la formazione periodica corrisponda alle esigenze personali dei conducenti professionali, e che i relativi contenuti siano definiti su misura per sostenerli nel modo migliore possibile in ciascuna delle loro mansioni. Pertanto, la direttiva dovrebbe consentire una certa flessibilità e lasciare un margine di manovra per quanto concerne sia il contenuto dei cicli di formazione che le modalità di offerta di tale formazione.

1.9

Il CESE sottolinea l’esigenza di concedere in modo uniforme, durante la fase di formazione, la possibilità di condurre un veicolo già prima del conseguimento della qualificazione iniziale. I partecipanti alle misure di formazione devono mantenere il diritto di condurre i veicoli utilizzati anche nei trasporti commerciali — indispensabile ad esempio nei cicli di formazione e lavoro organizzati, sotto sorveglianza e supervisione, nelle imprese — e di conseguire la patente nel quadro della formazione iniziale. Tale diritto non va quindi soppresso nel quadro della revisione della direttiva. Al tempo stesso bisogna tuttavia garantire che il diritto di integrare operazioni commerciali di trasporto con misure di formazione non conduca a distorsioni della concorrenza o a un indebolimento della posizione dei lavoratori nel settore dei trasporti.

1.10

Sebbene la proposta della Commissione sia nel complesso bilanciata e orientata nella giusta direzione, il CESE desidera proporre una serie di modifiche, aggiunte e suggerimenti che, a nostro avviso, consentirebbe di migliorare ulteriormente l’attuazione pratica della direttiva e la formazione dei conducenti. Dette proposte sono illustrate più dettagliatamente nelle osservazioni generali e specifiche del parere.

2.   Contesto

2.1

Nel periodo 2007-2009 è stata data attuazione sul territorio dell’UE alla direttiva 2003/59/CE, che impone a tutti i conducenti professionali di autocarri e autobus operanti sul territorio dell’UE e in servizio presso imprese di trasporti registrate negli Stati membri dell’UE, nonché agli autotrasportatori commerciali autonomi, di seguire una formazione di base obbligatoria e conseguire la relativa qualificazione iniziale.

2.2

Inoltre, la direttiva 2003/59/CE ha integrato nell’attività di conducente professionale il principio della formazione permanente, attraverso l’obbligo di partecipare a intervalli regolari a un certo numero di misure di formazione professionale, secondo quanto previsto nella direttiva, allo scopo di mantenere la qualificazione.

2.3

Secondo le stime della Commissione europea, i conducenti di autocarri e autobus — in servizio presso imprese di trasporti — che rientrano nel campo di applicazione della direttiva sono, nei 28 Stati membri, circa 3,6 milioni, (2,8 milioni di conducenti di autocarri e 0,8 milioni di conducenti di autobus) (3).

2.4

La formazione iniziale ammonta a 140 o 280 ore, in funzione dell’età e di eventuali precedenti qualifiche professionali. Ogni conducente deve beneficiare di misure di formazione della durata di almeno 35 ore per periodo di cinque anni.

2.5

Il gran numero di esaurienti studi e valutazioni d’impatto realizzati negli ultimi anni per conto della Commissione hanno evidenziato numerose esigenze di riforma. Allo stesso tempo sono stati individuati problemi e divergenze di applicazione e di interpretazione della direttiva nei vari Stati membri.

2.6

In risposta a una consultazione pubblica (4) condotta in vista della revisione della direttiva, la Commissione ha ricevuto quasi 400 contributi da conducenti professionali, imprese e lavoratori dei trasporti e organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro del settore, di diversi Stati membri.

2.7

Sia la consultazione che vari studi hanno portato alle stesse conclusioni riguardo ai problemi connessi alla direttiva. Secondo la Commissione i problemi individuati riguardano in generale l’attività quotidiana delle imprese di trasporto di merci e di passeggeri su strada, e ostacolano a loro volta lo svolgersi di un’attività uniforme ed equilibrata del settore dei trasporti dell’UE.

2.8

Tali problemi possono essere suddivisi in tre categorie (5):

la formazione non è sempre riconosciuta reciprocamente,

il contenuto della formazione non coincide sempre pienamente con le esigenze connesse alle mansioni individuali del conducente,

nell’interpretazione delle deroghe consentite al campo d’applicazione della direttiva sussistono problemi e divergenze, che hanno causato incertezza giuridica tra i conducenti professionali.

2.9

In aggiunta ai problemi sopra elencati, si riscontrano, per quanto riguarda i limiti di età, gravi incoerenze e contraddizioni tra la direttiva sulla qualificazione iniziale e la formazione periodica dei conducenti e la direttiva sulla patente di guida recante la disciplina generale in materia. Tali incoerenze e contraddizioni hanno causato problemi concreti negli Stati membri, e devono essere risolte senza indugio.

2.10

A giudizio della Commissione anche l’obiettivo di migliorare e semplificare la legislazione, conformemente ai principi del programma REFIT, costituisce un argomento a favore della revisione della direttiva.

2.11

Si ritiene che grazie alla revisione la direttiva diverrà più chiara e coerente e porterà alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore dei trasporti, comprese le piccole e medie imprese. A giudizio della Commissione, affrontando i problemi menzionati e procedendo di conseguenza a una revisione della direttiva si possono realizzare anche considerevoli risparmi di costi, a favore sia dei conducenti che dei loro datori di lavoro.

3.   Osservazioni generali

3.1

Oggi gli Stati membri hanno due alternative riguardanti l’approccio di attuazione a livello nazionale della qualificazione iniziale dei conducenti: a) partecipazione a un corso e superamento di un esame limitato, oppure b) superamento di un esame più ampio. Al fine di accrescere la flessibilità e le possibilità di scelta, e tenendo conto delle differenze tra i livelli individuali di qualificazione, il CESE propone di ammodernare la direttiva anche sotto questo profilo, inserendovi un chiaro diritto all’applicazione parallela dei due modelli (6).

3.2

È importante che nella formazione pratica dei conducenti professionali venga dato particolare rilievo ai temi della sicurezza dei trasporti, della sicurezza stradale, della sicurezza sul lavoro e della salvaguardia delle condizioni di lavoro, nonché allo sviluppo delle competenze e delle capacità digitali e all’insegnamento di una guida rispettosa dell’ambiente, economica e prudente.

3.3

Nel considerare la questione occorre tenere a mente un’importante disparità che è emersa nella consultazione dei conducenti professionali e di altri operatori del settore dei trasporti: i contenuti delle misure di formazione e le personali esigenze di formazione dei conducenti, derivanti dal loro proprio profilo professionale, non sempre coincidono. Per tale ragione i contenuti della formazione devono essere concepiti in modo da adeguarsi nel modo migliore possibile alle esigenze di ciascun conducente. Il CESE sottolinea che ciò rafforzerà anche l’utilità della formazione e incoraggerà i conducenti all’apprendimento.

3.4

Di conseguenza, se la nuova direttiva mira a rendere obbligatorio l’inserimento di alcuni temi nei programmi di base e/o avanzati dell’istruzione professionale, tali temi andrebbero definiti in maniera quanto più possibile flessibile, ampia ed estesa, tenendo conto tuttavia, delle osservazioni formulate nel punto 3.1.

3.5

Poiché i conducenti di automezzi pesanti sono spesso obbligati, in base alle loro funzioni, a seguire anche altre misure di formazione previste dalla legislazione dell’UE, sarebbe opportuno che queste misure di formazione fossero riconosciute in maniera più estesa nel quadro della formazione periodica prevista dalla direttiva in esame. Ciò consentirà di evitare duplicazioni tra le misure di formazione, ridurre l’onere amministrativo, risparmiare sui costi e aumentare la motivazione dei conducenti a seguire i corsi di formazione.

3.6

Nella revisione della direttiva è stata introdotta la possibilità di organizzare cicli di formazione online. Il CESE ritiene che si tratti di un passo utile e necessario nella formazione dei conducenti professionali. Tale misura accresce di per sé le competenze digitali e aiuta in particolare gli operatori delle aree remote. Con l’apprendimento online la formazione arriva al domicilio del discente, e questi non deve viaggiare frequentemente percorrendo anche grandi distanze per partecipare ad un insegnamento attuato in forma tradizionale.

3.7

Suscita rammarico il fatto che la Commissione non abbia previsto la possibilità di suddividere in più parti una sessione di insegnamento di 7 ore, e sia quindi previsto che tali sessioni siano organizzate in un’unica soluzione. Ciò costituisce un problema reale per i conducenti e le imprese di trasporto. Conciliare il lavoro e la formazione, migliorare i risultati della formazione e le possibilità della formazione online richiedono una maggiore flessibilità. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi della formazione periodica è essenziale la frequentazione di 35 ore di lezione, non la durata delle singole giornate di formazione. In tal modo si perseguirebbero anche gli obiettivi del programma REFIT.

3.8

L’ottenimento della qualificazione è attestato da un’apposita carta o dall’annotazione della qualificazione ottenuta su una patente rilasciata in base al pertinente codice dell’UE. La scelta tra tali opzioni avviene a livello di Stato membro. La contraffazione delle attestazioni si è rivelata un problema pratico sempre più rilevante. Il CESE propone quindi di creare a livello UE una banca dati in cui i vari soggetti possano verificare in tempo reale che le qualifiche professionali acquisite da un conducente siano effettivamente valide. Ciò potrebbe essere conseguito riversando i dati concernenti le qualificazioni nella banca dati RESPER, che riunisce i dati degli Stati membri sulle patenti di guida (7), in modo che le autorità degli Stati membri possano verificare al tempo stesso la validità sia della patente di guida che della qualificazione.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE sottolinea che occorre eliminare senza indugio le divergenze tra le disposizioni minime sull’età contenute nella direttiva sulla patente di guida (8) e quelle della direttiva sulla qualificazione iniziale e la formazione periodica dei conducenti. Si propone di attuare quanto sopra mediante la deroga disposta dalla direttiva sulla patente di guida, in base alla quale la patente può essere concessa conformemente ai limiti di età previsti dalla direttiva 2003/59/CE.

4.2

Il CESE ritiene che le deroghe al campo di applicazione da inserire nella direttiva dovrebbero necessariamente essere identiche in ogni parte a quelle (9) relative ai conducenti di veicoli pesanti contenute nel regolamento sui periodi di guida e di riposo (10). Sebbene a tale proposito siano stati fatti dei progressi con la proposta di revisione della direttiva, permangono delle differenze tra le eccezioni previste alle regole di cui sopra. In assenza di una piena armonizzazione degli elenchi di eccezioni non si possono eliminare del tutto gli importanti conflitti e contraddizioni tra le disposizioni riguardanti i conducenti professionali.

4.3

Sebbene l’obiettivo del miglioramento della sicurezza stradale meriti particolare sostegno, il CESE esprime perplessità riguardo all’obbligo, previsto dalla proposta, di includere almeno una materia (in pratica, 1 giorno di formazione sui 5 previsti) connessa esclusivamente alla sicurezza stradale. In alternativa il requisito potrebbe essere formulato in linea con la direttiva attuale (11), e successivamente integrato nel senso che la formazione periodica deve comprendere almeno una giornata nel corso della quale si pone «particolare enfasi sulla sicurezza stradale, sulla sicurezza sul lavoro, sulla salvaguardia delle condizioni di lavoro e sulla razionalizzazione del consumo di carburante». In tal modo si garantirebbe che anche la guida economica e difensiva figuri tra i contenuti di ogni programma di formazione destinato ai conducenti professionali dell’UE. Tali programmi devono infatti procedere di pari passo con il tema della sicurezza dei trasporti.

4.4

In numerosi Stati membri la formazione che conduce alla qualificazione di base dei conducenti è parte integrante dell’apprendistato, durante il quale essi partecipano, sotto sorveglianza e supervisione, all’esecuzione di mansioni pratiche dei trasporti commerciali. Tale possibilità dovrebbe essere mantenuta per fare in modo che gli autisti si familiarizzino con il lavoro già durante la formazione e garantire quindi pienamente che i nuovi operatori abbiano le pertinenti capacità professionali. Il CESE esprime pertanto un parere fortemente negativo nei confronti della modifica contenuta nella proposta di direttiva che impedirebbe ai conducenti l’esecuzione di operazioni commerciali di trasporto nel corso della loro formazione per la qualificazione iniziale. Va tuttavia sottolineato che tale diritto di guida durante operazioni di trasporto commerciali dev’essere sempre esercitato in maniera controllata come parte integrante di misure di formazione, e non deve in nessun caso condurre a distorsioni della concorrenza o a casi di dumping sociale.

4.5

Il CESE accoglie favorevolmente la possibilità, introdotta con la revisione della direttiva, di approvare formazioni obbligatorie basate su altre misure legislative dell’UE (come la formazione aggiuntiva per conducenti di veicoli passeggeri sulla sensibilizzazione alla disabilità, la formazione dei conducenti addetti al trasporto internazionale delle merci pericolose su strada, o addetti al trasporto di animali) della durata di 7 ore, o di una giornata, nel quadro della formazione professionale. Tuttavia, è importante estendere questa possibilità a un maggior numero di giorni di formazione, al fine di evitare le duplicazioni e di risparmiare sui costi. I requisiti multipli in materia di formazione non sono in linea con i principi di una legislazione più snella e migliore, e non trattano alla stessa maniera i conduttori addetti ai differenti servizi di trasporto, una parte dei quali sarà obbligata a seguire regolarmente non solo i corsi di formazione previsti dalla direttiva, ma anche altre formazioni obbligatorie pertinenti per lo svolgimento delle loro mansioni.

4.6

La proposta di revisione della direttiva consentirebbe in futuro anche l’apprendimento online, grazie al quale parte della qualificazione iniziale e della formazione periodica potranno essere seguite in maniera autonoma nel quadro dell’e-learning. Ciò costituisce di per sé una riforma molto positiva. Il CESE ritiene, tuttavia, che occorra definire più precisamente la quota massima della formazione organizzata online, in modo che la definizione alquanto generica di «accesso parziale» non conduca a interpretazioni e pratiche sensibilmente discordanti nei vari Stati membri.

4.7

A giudizio del CESE è indispensabile che le singole giornate di formazione periodica possano essere suddivise in più parti, ma purtroppo questo non è previsto nella proposta di direttiva. Vi è un rischio reale che da ciò derivino situazioni divergenti. Poiché una parte della formazione può essere offerta online, occorrerebbe una soluzione flessibile, ad esempio per suddividere una sessione di formazione di sette ore sullo stesso tema in modo tale che una parte della formazione avvenga in un determinato giorno in una sessione in classe o attraverso esercitazioni pratiche, e che l’altra parte prosegua un altro giorno online. Ciò risulta essenziale, anche perché le infrastrutture necessarie alla formazione sono spesso situate in luoghi diversi.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 226 del 10.9.2003, pag. 4).

(2)  COM(2017) 47 final.

(3)  SWD(2017) 27 final — Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Valutazione d’impatto, 1o febbraio 2017, pagina 10.

(4)  Per i risultati della consultazione cfr.:

https://ec.europa.eu/transport/road_safety/sites/roadsafety/files/pdf/consultations/cpc_main_conclusions.pdf

(5)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD (2017) 26 final — Sintesi della valutazione d’impatto che accompagna la proposta di direttiva che modifica le direttive 2003/59/CE e 2006/126/CE.

(6)  COM(2012) 385 final, tabella 1, pag. 6.

(7)  https://www.eucaris.net/kb/resper/.

(8)  Direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 18).

(9)  Regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 1).

(10)  Regolamento (CE) n. 561/2006, articoli 3 e 13.

(11)  Direttiva 2003/59/CE, articolo 7, primo comma.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/120


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio - Verso una strategia dell’Unione europea per le relazioni culturali internazionali»

[JOIN(2016) 29 final]

(2017/C 288/17)

Relatore:

Luca JAHIER

Consultazione

Commissione europea, 23.9.2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

2.5.2017

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

165/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La cultura ha un ruolo importante da svolgere nell’attuale contesto politico mondiale, in cui il rispetto dei diritti umani, la tolleranza, la cooperazione e la solidarietà reciproca sono ancora una volta minacciati. Il CESE accoglie pertanto con favore la comunicazione congiunta, che dimostra una chiara comprensione dell’impatto della cultura, costituisce un’eccellente rassegna dei programmi in corso a livello UE e nazionale, e mette in rilievo possibili ambiti di intervento in materia di scambi culturali internazionali.

1.2

Il CESE chiede ora di compiere un passo in avanti da un documento intitolato «verso una strategia dell’UE» all’adozione e alla successiva attuazione di una chiara strategia e di un piano d’azione. Quest’ultimo dovrebbe rispondere a quattro esigenze strutturali: assicurare una governance chiara a livello dell’UE; cercare di coordinare e offrire un sostegno complementare a livello di Stati membri; chiarire gli aspetti finanziari; e promuovere reti di operatori culturali interconnessi, che rappresentino una società civile culturale dinamica.

1.3

Per consentire il pieno riconoscimento dell’importanza della cultura per la sostenibilità, il CESE raccomanda che la cultura sia riconosciuta come il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, su un piano di parità con gli altri tre pilastri: economico, sociale e ambientale.

1.4

Il CESE accoglie con favore il fatto che la cultura sia riconosciuta come una condizione imprescindibile per la pace e la stabilità. La cultura è quindi di importanza fondamentale per il conseguimento dell’obiettivo principale dell’Unione europea, ovvero «promuovere la pace, i valori dell’Unione e il benessere dei suoi popoli» (articolo 3 del TUE). Il CESE invita pertanto l’UE ad assumere, sulla base dell’esperienza da essa maturata, un ruolo di leader mondiale nell’attuazione, nella tutela e nella promozione della pace a livello mondiale.

1.4.1

Tale obiettivo potrebbe essere promosso ad esempio attraverso lo sviluppo di iniziative sperimentali, come la nuova iniziativa Colomba bianca, che prende spunto dal ruolo dell’UE nel processo di pace in Irlanda del Nord, aggiungendo alle strategie di risoluzione dei conflitti la dimensione assolutamente necessaria della cultura e della costruzione della pace.

1.4.2

La promozione della cultura come pilastro per la pace e la stabilità procede di pari passo con l’invito a vigilare sulla libertà di espressione artistica in quanto diritto umano, a sostenere iniziative mondiali per la tutela dei diritti degli artisti, e a sviluppare ulteriormente tali iniziative a livello europeo.

1.4.3

Il CESE è consapevole che la cultura può essere utilizzata in maniera indebita e manipolata per alimentare agende politiche autoritarie, populiste o di altro genere. Gli scambi dell’UE consentono l’espressione di punti di vista di molteplici attori e una pluralità di approcci, e risultano esenti da quell’elemento di controllo tipico della propaganda. Fondata sulla straordinaria ricchezza della diversità, la cultura combatterà inevitabilmente le tendenze populiste e la propaganda culturale promossa dallo Stato, costruirà ponti tra i popoli e creerà opportunità per instaurare più stretti rapporti di cooperazione e di scambio.

1.5

Il CESE sottolinea l’importanza della società civile in quanto protagonista nell’ambito di una società sostenibile e nello sviluppo di tutte le iniziative nel settore della cultura. L’UE dovrebbe pertanto investire nel sostenere lo sviluppo di una società civile strutturata nel settore della cultura.

1.5.1

Il CESE sottolinea l’importanza dei programmi che esplorano i collegamenti della cultura con le strategie di sviluppo economico, sociale e politico, e che portano la cultura dai margini al centro della sfera politica.

1.5.2

Il CESE incoraggia lo sviluppo di programmi di studio e di scambio nel settore della cultura in senso lato, mediante l’adattamento del modello di successo del programma Erasmus+.

1.5.3

Il CESE accoglie con favore la creazione di un forum della società civile culturale che includa tutte le parti interessate pertinenti. E nei prossimi anni si impegnerà a sostenere questo modello strutturato di consultazione e di dialogo.

1.6

Il CESE riconosce l’importanza della cultura e delle industrie creative, in quanto fattori chiave della crescita economica, della creazione di occupazione e dello sviluppo sostenibile. La comunicazione pone in evidenza una serie di aspetti e di programmi che il CESE sostiene pienamente. Il Comitato incoraggia pertanto la realizzazione di adeguati investimenti in questo settore.

1.6.1

Lo sviluppo di competenze nel settore della cultura e delle industrie creative getta le basi per la valorizzazione di questo potenziale.

1.6.2

Il CESE sostiene lo sviluppo di un programma Capitali della cultura a livello internazionale, in cooperazione con il Consiglio d’Europa e l’UNESCO, nonché il rafforzamento degli scambi culturali nell’ambito delle reti di città attualmente esistenti.

1.7

Il CESE sottolinea la necessità di integrare una prospettiva culturale nella base di tutti i futuri accordi internazionali, ad esempio il nuovo partenariato con i paesi ACP dopo il 2020.

1.8

Il CESE ritiene che la dinamica positiva dell’imminente Anno europeo del patrimonio culturale 2018 andrebbe sfruttata per stimolare l’adozione e la successiva attuazione di un piano d’azione per la cultura nelle relazioni internazionali.

2.   Panoramica della comunicazione congiunta della Commissione e dell’Alto rappresentante

2.1

La comunicazione congiunta descrive gli approcci a una strategia dell’Unione europea per le relazioni culturali internazionali nel quadro del ruolo dell’UE in quanto attore globale.

2.2

La comunicazione propone di improntare tale strategia su tre pilastri di intervento: 1) principi guida per l’azione dell’UE; 2) tre filoni principali per tale azione; 3) una proposta di approccio strategico alla diplomazia culturale.

2.3

I principi guida proposti mettono in risalto la necessità di promuovere la diversità culturale e il rispetto dei diritti umani, che costituiscono la base essenziale della democrazia, della stabilità e dello sviluppo sostenibile, compresa la libertà di opinione e di espressione artistica, e l’esigenza di andare oltre la mera proiezione della diversità delle culture europee, sottolineando la reciprocità e quindi il rispetto reciproco e il dialogo interculturale. La comunicazione evidenzia inoltre la necessità di garantire il rispetto della complementarità e sussidiarietà con gli attuali sforzi degli Stati membri. Incoraggia un approccio trasversale che non si limiti all’arte in senso stretto, ma abbracci politiche e azioni che spaziano dal dialogo interculturale al turismo, dall’istruzione e ricerca alle industrie creative. Infine, la comunicazione sottolinea la necessità di evitare sovrapposizioni, ricorrendo ai quadri di cooperazione e agli strumenti di finanziamento attuali, e quindi ai programmi tematici specifici e ai quadri di cooperazione geografici già proposti dall’UE.

2.4

Per far progredire la cooperazione culturale con i paesi partner, vengono proposti i seguenti tre settori operativi: a) sostenere la cultura come volano dello sviluppo sociale ed economico sostenibile; b) promuovere la cultura e il dialogo interculturale per garantire relazioni interetniche pacifiche; c) rafforzare la cooperazione nel campo del patrimonio culturale.

2.5

Nell’ambito del primo settore (sostenere la cultura come volano dello sviluppo sociale ed economico sostenibile) viene proposto di aiutare gli altri paesi ad elaborare politiche culturali, di rafforzare l’industria culturale e creativa, e di sostenere il ruolo degli enti locali nei paesi partner.

2.6

Lo sviluppo delle politiche culturali può essere sostenuto tramite l’approfondimento del dialogo politico e il rafforzamento dei sistemi di governance, anche mediante lo scambio mirato di esperienze.

2.7

Viene posto l’accento sul ruolo dell’industria culturale e creativa nella promozione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, e viene osservato che nei paesi a reddito medio-basso la cultura contribuisce al PIL in misura compresa tra l’1,5 e il 3,7 % (indicatori relativi alla cultura e allo sviluppo dell’UNESCO). La comunicazione propone pertanto di condividere le esperienze per sviluppare ulteriormente questo settore, rafforzare poli e cluster creativi, sviluppare competenze, e varare un solido quadro normativo per sostenere le PMI e la cooperazione territoriale.

2.8

Viene evidenziata l’importanza di sostenere la cultura nello sviluppo urbano, ne viene sottolineato l’impatto in termini di crescita e coesione sociale, e viene altresì fatto riferimento alla necessità di spazi pubblici a disposizione di tutti i cittadini, nonché all’impatto dei programmi audiovisivi e dell’architettura.

2.9

Nell’ambito del secondo settore (promuovere la cultura e il dialogo interculturale per garantire relazioni interetniche pacifiche), si suggerisce di sostenere la cooperazione, il dialogo e la mobilità degli operatori culturali e degli artisti.

2.10

Viene menzionata la capacità del dialogo interculturale di promuovere la costruzione della pace, utilizzando la cultura come strumento sia per la prevenzione dei conflitti che per la riconciliazione nelle società in situazioni post-conflitto; e vengono elencati diversi strumenti già esistenti.

2.11

Nell’ambito del terzo settore (rafforzare la cooperazione nel campo del patrimonio culturale) il patrimonio culturale viene descritto come un’importante manifestazione della diversità culturale e come uno strumento per attirare il turismo e stimolare la crescita economica. Vengono quindi formulate raccomandazioni sul sostegno alla ricerca relativa al patrimonio culturale, sulla lotta al traffico di beni culturali e sul contributo agli sforzi internazionali, guidati dall’Unesco, per proteggere i siti del patrimonio culturale.

2.12

Nell’ambito del terzo pilastro, la Commissione propone un approccio strategico dell’UE alla diplomazia culturale, nell’ambito del quale incoraggiare tutte le parti in causa a unire le forze al fine di assicurare complementarità e sinergie. Tali soggetti comprendono i governi a tutti i livelli, gli organismi culturali locali e della società civile, la Commissione e l’Alto rappresentante, gli Stati membri e i loro istituti culturali. Vengono presentate diverse forme di cooperazione rafforzata.

2.13

La comunicazione evidenzia inoltre l’importanza degli scambi interculturali di studenti, ricercatori ed ex studenti, attraverso i programmi di scambio già esistenti e quelli che dovranno essere sviluppati.

3.   Osservazioni generali sulla comunicazione

3.1

Il CESE accoglie con favore la comunicazione congiunta presentata dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. In un momento come quello attuale, nel quale la frammentazione sociale e le tendenze populiste stanno guadagnando terreno, la cultura ha un ruolo sempre più importante da svolgere per rafforzare i legami in seno alla società civile, promuovere la comprensione reciproca, stimolare la diversità e lo scambio e contrastare le opinioni semplicistiche.

3.2

La comunicazione, dalla quale emerge una chiara comprensione dell’impatto della cultura, costituisce un’esauriente rassegna delle misure in vigore a livello UE e nazionale, e mette in rilievo diversi possibili ambiti di intervento in materia di scambi culturali e diplomazia culturale.

3.3

Il CESE ribadisce tuttavia che occorre ora far progredire ulteriormente la strategia. Un piano d’azione deve individuare punti di contatto precisi e paesi che rivestono un’importanza strategica, consentendo un approccio mirato e una valutazione coerente di una prima fase della strategia, tenendo conto dello strumento esistente di cooperazione allo sviluppo (DCI 2014-2020). Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla rilevanza della strategia in termini di cooperazione con i paesi vicini dell’UE e con i paesi dell’allargamento.

3.4

La cultura nelle relazioni esterne non può essere considerata neutrale e indipendente dal contesto politico dei paesi interessati. Esempi sia storici che attuali dimostrano che la cultura può essere utilizzata in maniera indebita e manipolata per alimentare progetti autoritari, populisti o politiche di altro genere. Pertanto, mentre la cultura negli scambi dell’UE è certamente al servizio di un programma, è importante sottolineare che, contrariamente alla propaganda, gli scambi dell’UE consentono l’espressione di punti di vista di molteplici attori e una pluralità di approcci. L’UE è quindi esente da quell’elemento di controllo tipico della propaganda. In questo senso, una cultura fondata sulla straordinaria ricchezza della diversità combatterà inevitabilmente le tendenze populiste e la propaganda culturale promossa dallo Stato, costruirà ponti tra i popoli, abbatterà i muri che si stanno sempre più diffondendo, lotterà contro i crescenti pregiudizi e creerà opportunità per instaurare più stretti rapporti di cooperazione e di scambio.

3.5

L’educazione alla cultura, basata su processi creativi e sulla valorizzazione della diversità, compresi gli scambi interculturali, può sviluppare ulteriormente la consapevolezza dei cittadini e la capacità di resistenza all’uso della cultura in senso populista.

3.6

Il CESE sottolinea inoltre che, in considerazione delle diverse direzioni e parti interessate coinvolte, dovrebbe essere definita una struttura di governance chiara, per orientare la cooperazione al fine di giungere a proposte e risultati chiari. Tale struttura dovrebbe però dimostrare flessibilità in modo da non aggiungere ulteriori oneri amministrativi. Dovrebbe essere anche nominato un amministratore capofila dei fondi disponibili.

3.7

Sebbene la cultura debba avere un valore a sé stante, il CESE sottolinea altresì la necessità di integrarla nei settori limitrofi, permettendole di promuovere finalità e azioni concordate e riconoscendone l’importanza per il progetto europeo. Attualmente, tuttavia, la cultura è assente nei piani d’azione esistenti, compreso il programma di lavoro della Commissione per il 2017. La cultura deve risultare sempre più presente nelle priorità e nelle azioni della Commissione europea e i primi interventi concreti devono essere inseriti nel programma di lavoro della Commissione europea per il 2018.

3.8

La cultura è fondamentale per il rafforzamento del ruolo dell’UE in quanto attore globale, anche nei settori prioritari esplicitamente citati, in particolare la strategia dell’UE per la Siria, la strategia globale dell’UE e il partenariato Africa-UE.

3.9

In considerazione dell’importanza della cultura e delle industrie creative, il CESE suggerisce di adottare disposizioni intese a garantire che le questioni afferenti ai settori della cultura e delle industrie creative siano prese in considerazione in tutti i futuri negoziati a livello internazionale, ad iniziare dal prossimo mandato negoziale per il nuovo partenariato con i paesi ACP dopo il 2020. Sono compresi i negoziati commerciali, nell’ambito dei quali l’UE dovrebbe adottare le misure necessarie per sostenere, proteggere e promuovere le attività culturali europee (1).

3.10

Il CESE dovrebbe includere il tema della cultura negli organi permanenti che gestisce e nella sua attività ordinaria.

3.11

Il CESE accoglie con favore il riconoscimento dell’importanza della cultura per lo sviluppo delle nostre società e il suo impatto sulle questioni politiche fondamentali; sottolinea tuttavia che l’arte e la cultura non dovrebbero essere unicamente ridotte al loro valore strategico e materiale, ma dovrebbero anche essere apprezzate per il loro valore intrinseco di ispirazione per la nostra comune umanità.

3.12

I «diritti culturali» sono citati brevemente, ma la strategia dovrebbe riflettere su questo principio dei valori europei come un fondamento per la comprensione, lo scambio e lo sviluppo a livello culturale. La strategia potrebbe anche prendere atto dell’importante lavoro svolto dal relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti culturali (OHCHR) (2).

3.13

La comunicazione afferma che le persone sempre più frequentemente si cimentano in progetti transfrontalieri con l’ausilio delle tecnologie digitali e che la domanda di scambi e di cooperazione interculturale è cresciuta di pari passo con la rivoluzione digitale, senza tuttavia prestare sufficiente attenzione alle implicazioni e alle potenzialità di questo passaggio al digitale per quanto riguarda le relazioni culturali internazionali. È pertanto fondamentale studiare e prendere in considerazione l’impatto del passaggio al digitale, tenendo conto in particolare degli effetti sugli scambi interculturali tra persone, ed esaminarne sia il potenziale sia il rischio di parzialità e disinformazione. In questo senso, gli scambi culturali, consentono alle persone di sviluppare interessi e incoraggiano l’accesso a informazioni e risorse disponibili on line.

3.14

Affermare che gli strumenti digitali sono all’origine di questa intensificazione di scambi appare discutibile, in quanto sono le evoluzioni economiche e le sfide sociali che possono essere considerate come la forza dominante responsabile dell’evoluzione degli spostamenti a livello mondiale.

3.15

Alla luce degli eventi attuali, il CESE propone di inserire nella comunicazione il dialogo interreligioso tra le componenti del dialogo interculturale, includendo le organizzazioni filosofiche e non confessionali, in linea con il preambolo del Trattato sull’Unione europea («ispirandosi alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa») e con l’articolo 17 del TFUE. L’idea potrebbe essere promossa attraverso iniziative sperimentali: ad esempio servizi per studenti e studiosi di università confessionali e istituti scolastici religiosi nel quadro del programma Erasmus+.

3.16

La comunicazione fa riferimento all’impatto della cultura per lo sviluppo sostenibile come sottosezione della crescita economica inclusiva ed equilibrata (3). Il CESE si rammarica che tale questione non venga ulteriormente approfondita, tenendo conto delle idee sulla trasformazione della cultura in un pilastro autonomo in grado di favorire la sostenibilità. Negli ultimi anni un numero crescente di organizzazioni (4) ha fatto proprio questo punto di vista, sottolineando la necessità di riconoscere alla cultura altrettanta importanza quanto alle altre dimensioni dello sviluppo: economia, inclusione sociale e ambiente. Il CESE sostiene attivamente questo approccio, che è a sua volta collegato al fatto di considerare la cultura come componente essenziale della costruzione di comunità inclusive.

3.17

Il CESE sottolinea la centralità dei processi di co-creazione per lo sviluppo e gli scambi in ambito artistico, elemento questo non menzionato nella comunicazione. La co-creazione non solo rafforza lo scambio e l’apprendimento su un piano di parità, ma può anche sfociare nella realizzazione di opere innovative che promuovono sia la crescita che lo sviluppo artistico, compreso lo sviluppo economico e sociale.

3.18

Il CESE sottolinea che il dialogo e gli scambi culturali dovrebbero basarsi su dati oggettivi, per consentire alle relazioni culturali e artistiche con un determinato paese o regione di svilupparsi nelle migliori condizioni possibili. Ciò presuppone lo studio delle pratiche culturali, nonché dei punti di forza e delle sfide sia con i paesi partner che al loro interno. Un’iniziativa interessante è rappresentata dal Compendium of Cultural Policies and Trends in Europe, un’operazione di mappatura paneuropea della politica nel settore culturale realizzata dal Consiglio d’Europa.

3.19

Inoltre, i necessari approcci a lungo termine richiedono una continua attività di monitoraggio e revisione, per garantire l’efficacia e i benefici reciproci delle interazioni e degli scambi culturali.

3.20

In sede di elaborazione dei programmi di promozione degli scambi culturali, si dovrebbe tener conto del finanziamento delle attività di traduzione e interpretazione nell’ambito degli scambi.

3.21

Quando viene definito un nuovo programma, il CESE sottolinea la necessità di comunicare tale programma sia all’interno dell’UE che ai paesi partner e ai loro cittadini, spiegando l’approccio, promuovendo iniziative e fornendo informazioni in merito alle opportunità di finanziamento. I diversi canali esistenti (Euronews, premi culturali) potrebbero essere ulteriormente sviluppati per sostenere tale processo.

3.22

Il CESE sottolinea, inoltre, che il ruolo delle strutture subnazionali, delle regioni e delle città dovrebbe essere preso in considerazione, come evidenziato nel parere adottato dal Comitato europeo delle regioni il 7 e 8 febbraio 2017.

3.23

Il CESE insiste sull’estrema importanza di incoraggiare uno scambio aperto e la risoluzione delle controversie tra Stati sul possesso di beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale.

3.24

Il CESE accoglie con favore la comunicazione in esame, e attende con interesse che le proposte si traducano in azioni specifiche; inoltre desidera approfondire ulteriormente gli aspetti non trattati con sufficiente attenzione nella proposta, ovvero: a) cultura come pilastro per la pace e la stabilità; b) cultura e società civile; e c) cultura e industrie creative per la crescita e lo sviluppo sostenibili.

3.25

In considerazione dell’importanza e della visibilità dell’imminente Anno europeo del patrimonio culturale, il CESE suggerisce di approfittare di questo contesto e di questa dinamica positiva per sviluppare e lanciare il piano d’azione per la cultura nelle relazioni esterne nel 2018.

4.   La cultura come pilastro per la pace, la stabilità e la sicurezza

4.1

Il CESE accoglie con favore il fatto che la cultura sia riconosciuta come un pilastro fondamentale per la pace e la stabilità. La cultura è quindi di importanza fondamentale per il conseguimento dell’obiettivo principale dell’Unione europea, ovvero «promuovere la pace, i valori dell’Unione e il benessere dei suoi popoli» (articolo 3 del TUE).

4.2

L’Unione europea deve assumere il suo legittimo ruolo di leader mondiale nella pratica, nella tutela e nella promozione della pace a livello mondiale. Il modello grazie al quale ha vinto il premio Nobel, per aver creato il più lungo periodo di pace e prosperità in Europa dopo le guerre mondiali, è una dimostrazione della sua capacità di assumere la leadership mondiale in questo ambito. Per i risultati conseguiti in materia di diritti umani e democrazia, uguaglianza, tolleranza, comprensione e rispetto reciproci, l’UE non è seconda a nessuno nel contesto internazionale. Il motto dell’UE («Unita nella diversità»), di fronte alle sfide globali del mondo di oggi, ha il più alto livello di risonanza mai raggiunto nei suoi sessant’anni di storia.

4.3

Il CESE sottolinea l’importanza degli scambi in materia di prevenzione e risoluzione dei conflitti e riconciliazione nelle situazioni postconflittuali. Lo spazio reso disponibile attraverso l’arte e la cultura consente uno scambio aperto e lo sviluppo di una fiducia reciproca. Sebbene venga fatto riferimento alla cultura nelle situazioni pre- e postconflittuali, questo aspetto merita di essere approfondito soprattutto poiché anche gli operatori culturali dei paesi terzi dispongono di un patrimonio di competenze in questo campo, che rende possibile riflessioni reciprocamente vantaggiose. Il rispetto per i diritti umani culturali dovrebbe essere integrato negli accordi di pace, poiché consente anche alle minoranze culturali nelle aree di post-conflitto di essere rispettate (5).

4.4

Il ruolo svolto dall’UE nel processo di pace in Irlanda del Nord offre interessanti spunti su cui sviluppare un’eventuale strategia per la costruzione della pace a livello mondiale. Tale ruolo, svolto attraverso l’esclusivo programma PEACE dell’UE (6), potrebbe ad esempio servire da ispirazione per promuovere una nuova iniziativa Colomba bianca. Tale iniziativa, di portata mondiale, potrebbe essere onnicomprensiva, assicurando il contributo, a livello di base, della società civile e politica. Potrebbe essere collegata con il Corpo europeo di solidarietà e rispecchiare il modello Erasmus+, senza tuttavia essere rivolta esclusivamente ai giovani. Inoltre potrebbe interagire con tutte le azioni dell’UE in materia di difesa, sicurezza e diplomazia, aggiungendo alle strategie di risoluzione dei conflitti la dimensione assolutamente necessaria della cultura e della costruzione della pace, e promuovendo in tal modo il dialogo interculturale, il rispetto reciproco, la tolleranza e la comprensione attraverso la cultura, l’istruzione e i media.

4.5

Il CESE richiama l’attenzione sul ruolo della società civile organizzata, delle fondazioni politiche e degli enti locali nel rafforzamento della pace e nella riconciliazione. Le loro competenze devono essere sfruttate e i loro punti di vista integrati e promossi.

4.6

Il CESE sottolinea che, al fine di promuovere la pace e la stabilità, le iniziative e gli scambi culturali devono essere sviluppati in collaborazione con gli attori locali e devono essere compiuti sforzi per coinvolgere i cittadini locali, andando oltre gli ambiti ai quali si rivolgono spesso i programmi culturali e artistici.

4.7

A livello intergovernativo, iniziative lodevoli sono state realizzate dal Consiglio d’Europa, con cui si potrebbe rafforzare la cooperazione per sfruttarne l’esperienza relativa ai paesi che ne fanno parte e che sono anche vicini dell’UE. Il CESE richiama, ad esempio, l’attenzione sul quadro di indicatori sulla cultura e la democrazia, nonché sull’iniziativa di pace Youth Peace Camp che consente a giovani e organizzazioni giovanili provenienti da regioni interessate da conflitti di impegnarsi in attività di dialogo e di trasformazione dei conflitti basate sull’educazione ai diritti umani e l’apprendimento interculturale. Questa iniziativa potrebbe essere presa a modello per il dialogo culturale tra i giovani.

4.8

Il CESE richiama inoltre l’attenzione sull’impatto della cultura sulla sicurezza (in tutte le sue dimensioni) negli spazi urbani, come indicato nel suo recente studio sulla Cultura, città e identità in Europa e raccomanda di promuovere la condivisione di esperienze positive in questo campo (7).

4.9

Occorre migliorare la comprensione dell’impatto della presenza e dell’assenza di cultura sulla radicalizzazione dei giovani, sottolineando altresì gli effetti delle attività culturali e del patrimonio sulla stabilità e la coesione sociali, ed impedendo l’uso indebito della cultura e del patrimonio come strumenti di promozione di politiche radicali o nazionaliste.

4.10

La promozione della cultura come pilastro per la pace e la stabilità deve procedere di pari passo con l’invito a prestare attenzione alla libertà di espressione artistica in quanto diritto umano. A sostegno degli artisti perseguitati sono state realizzate in tutto il mondo iniziative a livello di organizzazioni della società civile (ad es. Freemuse, Observatoire de la Liberté de la Création Artistique), che dovrebbero essere promosse e messe in rete anche nel contesto delle organizzazioni della società civile europee.

5.   Cultura e società civile

5.1

Il CESE sottolinea la necessità di promuovere una società civile attiva per favorire una crescita partecipativa e inclusiva e lo sviluppo culturale. Le attività della società civile dovrebbero essere rafforzate attraverso dialoghi e scambi culturali e attività di sviluppo delle capacità (8). Lo sviluppo della capacità amministrativa in seno alle organizzazioni della società civile è un elemento chiave per assicurare la co-creazione e lo scambio su un piano di parità.

5.2

Il CESE condivide quindi l’obiettivo di incentivare il sostegno alle organizzazioni della società civile operanti nel settore culturale dei paesi partner. Viene giustamente posto l’accento sulla necessità di integrare gli operatori culturali, e il CESE desidera sottolineare l’importanza di questo sforzo non solo per il dialogo interculturale ma anche per la diversità culturale e i diritti culturali.

5.3

Il CESE desidera sottolineare la necessità di coinvolgere le fondazioni e le organizzazioni non governative, sia in Europa che nei paesi partner, in quanto soggetti e risorse indispensabili per uno scambio e un dialogo efficaci. Come tali, i programmi degli operatori nazionali dovrebbero essere utilizzati e i punti di forza, da cui dovrebbe essere tratto insegnamento, dovrebbero essere condivisi, ad es: le attività della Fondazione Robert Bosch nel campo delle relazioni internazionali e i progetti di Interarts, come il progetto Southmed CV (Comunità di pratica per il valore pubblico della cultura nel Mediterraneo meridionale) finanziato dal programma Euromed della DG NEAR, che si propone di spostare la cultura dai margini al centro della sfera pubblica, esplorando i suoi potenziali collegamenti con le strategie di sviluppo economico, sociale e politico.

5.4

Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che gli scambi (inter)culturali non dovrebbero limitarsi agli artisti e agli operatori culturali, ma dovrebbero includere una forte dimensione di sensibilizzazione e partecipazione di tutti i cittadini. Nonostante gli sforzi compiuti per porre rimedio a tale situazione, gli scambi culturali e artistici tendono a interessare un numero ristretto di persone che hanno spesso esperienze simili a livello sociale, culturale e educativo. Pertanto, nei programmi culturali dovrebbero essere previsti l’inclusione esplicita degli scambi nelle iniziative culturali partecipative e lo sviluppo dell’educazione artistica. Solo in questo modo possono essere sfruttate le potenziali capacità dell’arte e della cultura di promuovere la stabilità, la pace e lo sviluppo sostenibile.

5.5

Il CESE tiene in alta considerazione il programma Erasmus+ e il suo importante ruolo per lo scambio e la comprensione e l’apprendimento reciproci. Mancano a livello UE iniziative analoghe per gli operatori culturali e i cittadini attivi nel settore della cultura e dell’arte. Potrebbe quindi essere preso in considerazione lo sviluppo di un programma specifico per la mobilità e gli scambi nel settore dell’arte e della cultura in senso ampio.

5.6

Attualmente esistono numerosi programmi per artisti e operatori culturali che prevedono visite di studio e scambi, e che sono finanziati su base bilaterale attraverso gli istituti culturali nazionali. Occorre quindi esplorare la possibilità di rafforzare le sinergie tra questi programmi, comprese le iniziative non governative, quali il Fondo Roberto Cimetta, ecc.

5.7

La cooperazione e la mobilità a livello internazionale devono essere riconosciute come una risorsa per lo sviluppo dell’identità culturale in un momento in cui le trasformazioni demografiche, sociali ed economiche evidenziano anche una riduzione delle distanze tra i paesi e al loro interno. Questi fenomeni esercitano un impatto sui processi culturali oltre ad avere un potenziale crescente in termini di creazione di reti culturali transfrontaliere. Se debitamente sostenuta, questa mobilità, oltre a ripercuotersi positivamente sugli scambi economici, può contribuire allo sviluppo dell’identità culturale, e favorire conseguentemente la costruzione della pace e la coesione sociale. Questa mobilità deve essere attentamente conciliata con il sostegno allo sviluppo di solide strutture in grado di assicurare un futuro per le iniziative culturali e creative.

5.8

Il CESE sottolinea la capacità delle reti culturali di promuovere scambi tra professionisti della cultura, strutturare il paesaggio culturale e sviluppare una società civile culturale attiva. Suggerisce pertanto di incentivare gli scambi con le reti culturali europee, attraverso una linea di finanziamento nell’ambito del programma Europa creativa. Potrebbero essere promossi collegamenti con le reti esistenti a livello internazionale e lo sviluppo di reti in diverse regioni.

5.9

Analogamente, il CESE sottolinea i benefici di altri filoni dell’attuale programma Europa creativa e raccomanda di esaminare tutte le opzioni di finanziamento, alla luce del loro potenziale in termini di scambi culturali a livello internazionale.

5.10

Il CESE accoglie con favore l’invito a creare un forum della società civile che includa tutte le parti interessate pertinenti e svolga un ruolo chiave nello sviluppo del piano d’azione sopramenzionato per le relazioni culturali internazionali. Tale forum potrebbe tenersi con cadenza annuale e potrebbe essere basato su dibattiti e scambi orizzontali, con riunioni satellite in diverse regioni geografiche sia nell’UE che al di fuori dell’Unione.

5.11

Il CESE nei prossimi anni si impegnerà a sostenere questo modello strutturato di consultazione e di dialogo con le parti interessate in materia di relazioni esterne. Il CESE intende riflettere ulteriormente su come fornire un contributo concreto e strutturato nel quadro del suo ruolo e dei suoi metodi di lavoro, per garantire un migliore sviluppo del piano d’azione sopramenzionato.

6.   La cultura e le industrie creative per la crescita e lo sviluppo sostenibili

6.1

La cultura dovrebbe essere riconosciuta a pieno titolo come il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile. Ciò consentirebbe di conciliare le due visioni divergenti della cultura: in quanto strumento di crescita economica o come portatrice di un valore intrinseco che non dovrebbe dipendere da priorità economiche.

6.2

Il CESE sottolinea l’importanza della sostenibilità e di misure alternative per la crescita, quali un maggiore benessere nelle società.

6.3

La comunicazione mette in rilievo alcuni punti importanti riguardanti il contributo della cultura e delle industrie creative, che sono soprattutto PMI (9), in termini di sviluppo sostenibile, crescita economica e creazione di occupazione, che il CESE appoggia espressamente. Come sottolinea la comunicazione, gli scambi mondiali di prodotti creativi sono più che raddoppiati tra il 2004 e il 2013 (10), e le industrie culturali e creative rappresentano circa il 3 % del PIL mondiale e oltre 30 milioni di posti di lavoro (11).

6.4

Occorre sottolineare la necessità di investire nello sviluppo di competenze pertinenti per sfruttare il potenziale di crescita del settore creativo. È inoltre necessario sostenere i mercati locali. I programmi di mobilità intesi a potenziare lo sviluppo di competenze non dovrebbero rafforzare una fuga dei cervelli a danno dei paesi partner.

6.5

L’esperienza delle capitali europee della cultura ha dimostrato che la promozione della cultura ha un impatto sullo sviluppo economico e sociale nelle aree urbane. Potrebbero quindi essere adottate, in collaborazione con altri paesi, iniziative di scambio e potenziamento delle capacità sulle sfide e le strategie che hanno favorito la crescita.

6.6

Altre regioni e organizzazioni transnazionali hanno ripreso il concetto delle capitali della cultura, come esempio di buona pratica (cfr. ad esempio la designazione delle capitali islamiche della cultura da parte dell’ISESCO, Organizzazione islamica per l’educazione, le scienze e la cultura). Dovrebbero quindi essere esplorate le possibilità di collaborazione e di sinergie per massimizzare i vantaggi e l’apprendimento reciproci. Nel quadro di questo programma potrebbe essere presa in considerazione l’istituzione di una capitale internazionale della cultura o di iniziative di gemellaggi tra città.

6.7

Un altro esempio di collegamenti tra luoghi e città sono gli Itinerari culturali del Consiglio d’Europa. Questo programma potrebbe essere studiato e promosso a livello internazionale, rafforzandone le potenzialità in termini di incremento del turismo culturale e miglioramento della comprensione delle radici culturali internazionali comuni.

6.8

Il CESE sottolinea la necessità di incoraggiare e agevolare la collaborazione e la creazione di reti tra le città in Europa e non solo. Molte città europee hanno acquisito importanti esperienze in materia di definizione delle politiche culturali e interazione di tali politiche con altri ambiti dello sviluppo sostenibile (ad es: crescita economica, creazione di posti di lavoro, inclusione sociale, educazione creativa, turismo culturale, ecc.). Ciò rappresenta un vantaggio per la collaborazione a lungo termine tra Europa e Sud del mondo, e l’UE potrebbe altresì svolgere un ruolo nell’agevolare la collaborazione e la creazione di reti tra città in Europa e al di fuori. A tal fine sono già in corso iniziative pertinenti che possono fornire contributi utili per una collaborazione a lungo termine (cfr. ad es. i programmi Pilot Cities e Leading Cities).

6.9

In tale contesto andrebbero considerate particolarmente utili le reti di città che promuovono iniziative culturali, ad esempio: Eurocities, Mercociudades, Africittà, rete delle città creative dell’UNESCO, Les Arts et la Ville, rete di sviluppo culturale dell’Australia, rete di città creative del Canada.

6.10

Il CESE si rammarica dell’assenza di una prospettiva di genere nelle misure proposte per una strategia comune. Mentre la parità di genere costituisce la spina dorsale dei nostri valori europei, gli studi mostrano che gli artisti ai quali vengono offerte visibilità e posizioni chiave non costituiscono una rappresentanza equilibrata in termini di genere. Analogamente, l’UNESCO ha constatato pregiudizi nei benefici derivanti da misure in materia di turismo culturale e sviluppo culturale. Il CESE insiste pertanto affinché tale dimensione venga presa in considerazione.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  A questo proposito, il CESE ribadisce il proprio sostegno a favore dell’eccezione culturale, già sottolineato nel parere sul tema «Imprese del settore creativo e culturale: una risorsa europea nell’ambito della concorrenza mondiale» (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 83).

(2)  L'Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) rappresenta l’impegno del mondo a favore degli ideali universali di dignità umana.

(3)  Cfr. risoluzione 70/214 sul tema Cultura e sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 22 dicembre 2015.

(4)  Cfr. ad esempio il lavoro svolto da Agenda 21 per la cultura e Culture Action Europe, nel quadro della campagna Il futuro che vogliamo comprende la cultura, sul ruolo della cultura negli obiettivi di sviluppo sostenibile.

(5)  Cfr. anche Information presented by the Northern Ireland Human Rights Commission to the United Nations on The Derry/Londonderry Report on Upholding the Human Right to Culture in Post-Conflict Societies (Informativa presentata alle Nazioni Unite dalla commissione per i diritti umani dell’Irlanda del Nord, sulla relazione di Derry/Londonderry sulla difesa del diritto umano alla cultura nelle società in situazioni post-conflitto) (Assemblea generale delle Nazioni Unite A/HRC/25/NI/5 del 27 febbraio 2014).

(6)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo dell'UE nella costruzione della pace nel contesto delle sue relazioni esterne: buone pratiche e prospettive (GU C 68 del 6.3.2012, pag. 21).

(7)  Cultura, città e identità in Europa, studio commissionato dal CESE: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.events-and-activities-europe-culture-cities-study

Conclusioni del convegno A Hope for Europe: Culture, Cities and New Narratives («Una speranza per l'Europa: Cultura, città e nuove narrazioni») organizzato dal gruppo Attività diverse del CESE, Bruxelles, 20 e 21 giugno 2016: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.events-and-activities-europe-culture-cities-conclusions

(8)  Parere del CESE sull'Anno europeo del dialogo interculturale (GU C 185, dell’8.8.2006, pag. 42).

(9)  Eurostat. Key size-class indicators for enterprises in selected cultural sectors («Indicatori chiave, per classe di dimensione, relativi alle imprese attive in determinati settori culturali»), UE-28, 2013.

(10)  The Globalisation of Cultural Trade: A Shift in Cultural Consumption — International flows of cultural goods and services 2004-2013 (La globalizzazione degli scambi culturali: un cambiamento nel consumo culturale — Flussi internazionali di beni e servizi culturali 2004-2013), Istituto di statistica dell’UNESCO (UIS), 2016.

(11)  Cultural Times, relazione di CISAC e UNESCO, 2015.


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/129


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona della convenzione dell’Organizzazione regionale di gestione della pesca per il Pacifico meridionale (SPRFMO)»

[COM(2017) 128 final – 2017/0056 (COD)]

(2017/C 288/18)

Consultazione

Parlamento europeo, 3.4.2017

Consiglio dell’Unione europea, 10.4.2017

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Organo competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

181/0/1

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 526a sessione plenaria dei giorni 31 maggio e 1o giugno 2017 (seduta del 31 maggio 2017), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 181 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


31.8.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 288/130


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 per l’anno civile 2017»

[COM(2017) 150 final — 2017/0068 (COD)]

(2017/C 288/19)

Consultazione

Parlamento europeo, 6.4.2017

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sessione plenaria

31.5.2017

Sessione plenaria n.

526

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

177/0/0

Essendosi già pronunciato sul contenuto della proposta nel proprio parere CES2942/2013, adottato in data 25 maggio 2013 (*1), il Comitato, nel corso della 526a sessione plenaria dei giorni 31 maggio e 1o giugno 2017 (seduta del 31 maggio 2017), ha deciso, con 177 voti favorevoli, nessun voto contrario e nessuna astensione, di non procedere all’elaborazione di un nuovo parere in materia, ma di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 31 maggio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(*1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adeguamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (CE) n. 73/2009 per l'anno civile 2013, COM(2013) 159 final — 2013/0087 (COD) (GU C 271 del 19.9.2013, pag. 143).