Risoluzione del Parlamento europeo del 9 luglio 2015 sulla situazione di due pastori cristiani in Sudan (2015/2766(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Sudan,
– vista la relazione del 19 maggio 2014 elaborata dagli esperti in materia di diritti umani nell'ambito delle procedure speciali previste nel quadro del Consiglio dei diritti umani dell'ONU,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici,
– viste la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto l'Accordo di Cotonou del 2000,
– visti gli orientamenti dell'UE sulla libertà di religione o di credo del 2013,
– visto il piano nazionale del Sudan sui diritti umani adottato nel 2013, che si fonda sui principi di universalità e uguaglianza di tutte le persone,
– viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare le risoluzioni 62/149 del 18 dicembre 2007, 63/168 del 18 dicembre 2008, 65/206 del 21 dicembre 2010, 67/176 del 20 dicembre 2012 e 3/69 del 18 dicembre 2014 relative alla questione di una moratoria sull'applicazione della pena di morte, nelle quali si esortano i paesi in cui vige ancora la pena di morte a istituire una moratoria sulle esecuzioni, in vista della sua abolizione,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il pastore Michael Yat della Chiesa evangelica presbiteriana sud sudanese è stato arrestato dal Servizio di intelligence nazionale del Sudan (NISS) dopo aver tenuto un sermone presso la Chiesa di Khartoum Nord, appartenente alla Chiesa evangelica presbiteriana sudanese, mentre si trovava in visita in Sudan il 21 dicembre 2014; che il pastore Michael Yat è stato arrestato immediatamente dopo aver tenuto il sermone nel quale avrebbe condannato la controversa vendita dei terreni e delle proprietà della Chiesa, nonché il trattamento dei Cristiani in Sudan;
B. considerando che il pastore Peter Yen Reith è stato arrestato l'11 gennaio 2015 dopo aver presentato una lettera all'ufficio degli Affari religiosi sudanese in cui chiedeva notizie del pastore Michael e maggiori informazioni sul suo arresto;
C. considerando che i due uomini sono stati tenuti in isolamento fino al 1º marzo 2015 e che il 4 maggio 2015 sono stati accusati entrambi di diversi capi di imputazione a norma del Codice penale del Sudan, del 1991, tra cui: atti criminali congiunti (articolo 21), attentato al sistema costituzionale (articolo 51), incitamento alla guerra contro lo Stato (articolo 50), spionaggio (articolo 53), ottenimento o divulgazione illecita di documenti ufficiali (articolo 55), istigazione all'odio (articolo 64), disturbo dell'ordine pubblico (articolo 69) e blasfemia (articolo 125);
D. considerando che le accuse che hanno come base gli articoli 50 e 53 del Codice penale del Sudan prevedono la pena di morte in caso di verdetto di colpevolezza;
E. considerando che il 1º luglio 2015 le autorità sudanesi hanno distrutto parte del complesso della Chiesa evangelica di Bahri; che l'avvocato della Chiesa, Mohamed Mustafa, che è anche il difensore dei due pastori arrestati, e il pastore Hafez della Chiesa evangelica di Bahri hanno denunciato che il dipendente del governo stesse demolendo la parte sbagliata del complesso; che entrambi sono stati arrestati per ostruzione a pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni; che il funzionario del governo ha continuato a demolire la parte sbagliata del complesso;
F. considerando che le minacce contro gli esponenti della Chiesa, le intimidazioni nei confronti delle comunità cristiane e la distruzione dei beni della Chiesa in Sudan sono perpetrate a un ritmo accelerato dopo la secessione del Sud Sudan;
G. considerando che 12 ragazzine cristiane delle Montagne di Nuba sono state arrestate il 25 giugno 2015 all'uscita di una chiesa battista con l'accusa di indossare abiti indecenti; che due delle ragazzine sono state rilasciate senza accuse il giorno seguente e le altre 10 sono state liberate su cauzione;
H. considerando che le ragazzine cristiane dovranno comparire dinanzi a un tribunale, accusate ai sensi dell'articolo 152 del codice penale sudanese, il quale recita: "Chiunque commetta in un luogo pubblico un atto indecente o contrario alla moralità pubblica o indossi abiti indecenti o contrari alla morale pubblica o offensivi per la sensibilità pubblica è punito con la flagellazione, che non può eccedere 40 frustate, o un'ammenda o entrambe";
I. considerando che la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, che il Sudan ha ratificato, include il diritto alla vita e il divieto della tortura e di trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, ma che la pena di morte così come l'amputazione, la fustigazione e altre forme di punizione corporale sono ancora applicate nel paese per una serie di reati;
J. considerando che l'istituzione di una moratoria universale sulla pena di morte mirante ad abolirla completamente deve rimanere uno dei principali obiettivi della comunità internazionale, come ribadito dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
1. invita le autorità sudanesi a far cadere tutte le accuse contro il pastore Michael Yat e il pastore Peter Yen Reith e chiede che siano rilasciati immediatamente e senza condizioni; invita al tempo stesso il governo del Sudan ad assicurare che, in attesa del loro rilascio, i due pastori non siano sottoposti a tortura o altre forme di maltrattamento e che sia debitamente rispettata la loro integrità fisica e psichica;
2. chiede alla delegazione dell'UE in Sudan di seguire le procedure giudiziarie e di fornire assistenza ai pastori; invita l'Unione a svolgere un ruolo guida nel portare alla luce e condannare le gravi e diffuse violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani e umanitario nel paese;
3. ricorda alle autorità sudanesi il loro obbligo a livello nazionale e internazionale di tutelare la libertà di religione e di credo; ribadisce che la libertà di religione, di coscienza e di credo è un diritto umano universale che deve essere protetto ovunque e per tutti; condanna fermamente tutte le forme di violenza e intimidazione che compromettono il diritto di avere, di non avere o di adottare una religione di propria scelta, compreso l'uso di minacce, di forza fisica o di sanzioni penali per costringere i credenti o i non credenti a rinunciare alla propria religione o convertirsi;
4. condanna l'arresto delle 12 ragazzine cristiane; invita il governo del Sudan a porre fine ai procedimenti a carico delle 10 ragazze che non sono ancora state prosciolte dalle accuse;
5. invita il governo del Sudan ad abrogare tutta la legislazione che discrimina in base alla religione e a proteggere l'identità delle minoranze, di qualsiasi confessione;
6. condanna le vessazioni a danno dei cristiani e le ingerenze negli affari della Chiesa; esorta il governo del Sudan ad astenersi dal compiere tali azioni; invita il Sudan ad abrogare le leggi sull'apostasia e a porre fine alla chiusura delle chiese e di altri siti religiosi;
7. invita il governo del Sudan a riformare l'ordinamento giuridico del paese, conformemente alle norme internazionali in materia di diritti umani, al fine di tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali e assicurare la tutela dei diritti umani di ogni individuo, soprattutto per quanto riguarda le discriminazioni nei confronti delle donne, delle minoranze religiose e dei gruppi svantaggiati;
8. ribadisce la propria condanna nei confronti della pena di morte in ogni circostanza e la necessità di introdurre una moratoria a livello mondiale mirante alla sua abolizione; invita di conseguenza il governo del Sudan ad abolire la pena capitale come pure la pratica della fustigazione, che è ancora applicata, e a commutare le condanne a morte attuali;
9. si preoccupa fortemente per l’aumento di atti repressivi nei confronti dei membri dell’opposizione, denuncia fermamente la decisione del tribunale di Oumdourman, del 6 luglio 2015, di condannare a 20 frustate, con applicazione immediata, Mastour Ahmed Mohamed, vice presidente del partito del Congresso e altri due dirigenti del suo partito: Assem Omar e Ibrahim Mohamed; esprime il proprio sostegno agli sforzi profusi, in particolare dalle Nazioni Unite, dall'Unione europea, dall'Unione africana e dalla troika (Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti), per giungere a una soluzione negoziata della situazione in Sudan e sostenere le azioni della società civile e dei partiti di opposizione volte a promuovere un processo di pace inclusivo;
10. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo della Repubblica del Sudan, all'Unione africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al parlamento panafricano.